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Autore: cartacciabianca    22/10/2013    3 recensioni
Affascinata, accarezza il marchio dell'Esterno con il pollice, poi con le dita della mano libera ne percorre alcune linee.
"Cosa significa?"
Probabilmente qualcosa del tipo… dannazione eterna, o schiavo dell'Oblio, ma preferisco darle una risposta diversa e mi stringo nelle spalle.
"È per questo che sai fare quelle cose?" indica il vaso con un cenno del mento.
In un certo senso… quindi annuisco.
"Ma… ti fa male?"
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Omnia vincit amor

 

 

"Dai, Corvo, aprila!"

Ancora un attimo, Emily…

"Daiiiiii! Daiiiiiiiiiiii!"

La chiave entra nella vecchia serratura senza rumore, e mentre la giro lentamente nel chiavistello una, due, tre volte sto attento che le sorelle con cui condivide l'anello non sbattano contro il legno della porta, evitando così di mettere mezza Dunwall Tower al corrente di questa nostra scappatella notturna.

E poi…

Conosco fin troppo bene quel suono, il cui ricordo mi si ripresenta così vivido come se stessi ascoltando una registrazione al radiografo: il tintinnio metallico delle chiavi penzolanti alla cintola del mio carceriere, che per sei mesi mi ha augurato il buon giorno e la buona notte con quel lugubre scampanellio, quell'infida ninna nanna che pareva sussurrare, beffandosi di me, "ehilà, siamo la tua libertà..."

Ecco; Emily non aspetta neppure l'ultimo giro di chiave per passarmi sotto le gambe e catapultarsi letteralmente addosso alla porta, spalancando entrambi i battenti. Se non avessi avuto la prontezza di allungarmi ad afferrare le maniglie impolverate, lasciando però tintinnare le chiavi, il prezioso vaso che ora sta solo barcollando dietro la porta avrebbe potuto sfogarsi in una fragorosa risata, mandando al diavolo tutti gli sforzi fatti per arrivare fin qui nella più totale discrezione.

L'interno è completamente buio. Sento la voce di Emily lontana da qualche parte nell'oscurità e i suoi piedi scalzi muovere piccoli passi frettolosi sulla tappezzeria.

"Accendo le lampade!" dice.

Non funzioneranno. Nessuno cambia l'olio di balena di quest'ala del palazzo da mesi. Sono sicuro di quello che la servitù imperiale mi ha detto di aver fatto o non fatto durante l'interregno. Stando alle chiacchiere scambiate con la responsabile delle domestiche la parte ovest di Dunwall Tower è stata completamente abbandonata su ordine del Lord Reggente ed è rimasta così dalla morte di Jessamine ad oggi, quando Emily è venuta a svegliarmi nel cuore della notte, sgattaiolando fuori dal suo alloggio temporaneo nell'ala sud. Per arrivare qui dove mi ha chiesto, o meglio, ordinato sotto minaccia di impiccagione (scoppiando poi dalle risate), di portarla, abbiamo attraversato la biblioteca, la sala astronomica e la sala della musica senza farci vedere né sentire. Poi, quando per fare più in fretta abbiamo tagliato per il cortile interno, ho insistito perché salisse a cavalcioni sulle mie spalle: nella fretta di lasciare il suo letto, aveva dimenticato scarpe e vestaglia.

"Ta-daaaaa!"

L'improvvisa illuminazione mi ferisce gli occhi e per qualche secondo mi costringo a tenerli serrati.

"Buon olio non mente mai," ridacchia Emily, 'sta volta più vicina. Ad un tratto sento le sue mani chiudersi sul mio viso ed io rimango immobile, capendo al volo cosa ha in mente. Quando apro gli occhi lei sta dischiudendo i palmi lentamente, lasciando entrare la luce a poco a poco.

"La mamma me lo faceva sempre quando le domestiche scostavano le tende all'improvviso."

La prima cosa che vedo è il suo visetto tondo che mi guarda dal basso con un sorriso che va da un orecchio all'altro. Mi sorride, se possibile, ancora di più e poi si allontana, uscendo dal mio campo visivo.

Mi volto per chiudere la porta e la spada di luce che fende l'oscurità del corridoio si ritira sotto ai miei piedi.

Adesso tutto il resto è fuori e noi siamo soli.

Soli nella stanza di Jessamine.

Non riesco a voltarmi… Comincio ad irrigidirmi, la testa mi s'incassa tra le spalle, e in un attimo le mani si stringono convulsamente sulle maniglie, il cuore mi batte più forte contro il petto, il respiro mi trema… Troppi ricordi giacciono celati tra queste mura che non ho neppure il coraggio di guardare e una vecchia tenaglia arrugginita mi afferra lo stomaco… Non so come abbia fatto Emily ad assopire il dolore così presto, chiedendomi di tornare in questo luogo così presto, ma io ancora non ci riesco… non ci riesco… non…

Qualcosa mi tira un lembo della giaccia e quando finalmente mi volto non sono nella stanza dell'Imperatrice, ma in un luogo che posso dire di conoscere altrettanto bene…

Emily è davanti a me, immobile, pietrificata nell'atto di richiamare la mia attenzione lanciandomi qualcosa… un cuscino, sì, un cuscino, uno di quelli che orna il divanetto di fronte al focolare spento. Sulla sua bocca un sorrisetto birbante mentre gli occhi sono vitrei, spenti. Riconosco la stanza di Jessamine, aperta in più parti galleggianti su un fondale blu elettrico senza tempo e senza confini, assieme ad altri ruderi della Dunwall Tower che volteggiano ignorando le leggi della gravità. Alle spalle di Emily un curioso mobiletto che non ricordo di aver mai visto cattura subito la mia attenzione. Mi avvicino e noto che ci sono un biglietto e un oggetto di strane fattezze…

"E così, tutto sta per tornare al suo apparente stato di ordine e… pace."

L'Esterno fa la sua comparsa, frapponendosi tra me e il mobiletto.

Infatti. Quindi già che siamo qui penso che gli dirò di non aver più bisogno di lui e dei suoi poteri. Stringo i pugni e faccio per oltrepassarlo, ma qualcosa blocca i miei movimenti come non era mai successo prima e la nube attorno all'Esterno si fa più scura e profonda.

"Quanta arroganza, Corvo. E quanta ingratitudine, soprattutto…" dice fissandomi dall'alto con i suoi occhi neri. "Ma ciò che stai pensando è vero: come posso donare, posso anche togliere il mio marchio. Eppure…"

Odio quando fa così…

"Eppure tutto ha un prezzo."

Sento la morsa sulle mie membra allentarsi e lo sguardo dello spirito dell'Oblio pare… addolcirsi: ha istigato la mia curiosità e perciò confida che non mi ribellerò.

Abbasso lo sguardo, passando due dita sul dorso della mano sinistra, dove l'oscuro simbolo impresso nella mia carne sprigiona un leggero bagliore.

"Credo che tu sappia già cosa voglio..." si avvicina, abbassandosi alla mia altezza per volteggiarmi attorno. "È qualcosa che desideri da molto tempo… qualcosa che implori nel sonno… " Ad un tratto i suoi piedi toccano terra (se può essere definita tale) e una sua mano, gelida e inconsistente come un soffio di vento, si posa sulla mia spalla. "Qualcosa che porrebbe fine al tuo dolore per sempre," sussurra.

Sgrano gli occhi, continuando a fissarlo in attesa che continui dove io non oso chiedere. Potrei quasi toccarlo ma ad un tratto è di nuovo in volo, alle mie spalle, dove adesso al posto della stanza di Jessamine c'è la sala del trono, vuota, buia, drammatica. Un singolo fascio di luce scende dal soffitto ad illuminare la cattedra dell'Imperatrice.

"L'incoronazione è domani," dice l'Esterno con tono solenne, e l'intera sala sembra rimbombare della sua voce, mentre si guarda attorno come per catturare ogni dettaglio di quel luogo. Le ghirlande, le tavole imbandite, gli stemmi, il lungo tappeto rosso… a dir la verità i preparativi per la cerimonia che si terrà solo a mezzogiorno non sono ancora iniziati, ma il Mondo dell'Oblio non si piega certo alle leggi del tempo e quello che sto guardando ora non è altro che una proiezione dell'Esterno, un'immagine che lui ha creato e dalla quale non trae nessun effettivo piacere...

"Sai, Corvo," ricomincia lui a voce più bassa, accarezzando il legno pregiato dello schienale del trono, "sono eventi come questi per cui sarei disposto a pagare il mio peso in oro pur di assistervi… Una tirannia è stata deposta e un'era di grande ricchezza e benessere è alle porte. Eppure tu vacilli, piangi, ti disperi come non mai… Dubiti forse di essere all'altezza? Credi di non esserne degno?" il suo tono è sarcastico; fastidiosamente sarcastico: sa benissimo cosa mi toglie il sonno da sempre.

"Ma dopotutto posso capirti…" si allontana dal trono continuando a fluttuare sul palco e cerca il mio sguardo, incatenandolo al proprio. "Dopotutto, avevi un solo, unico, grande ma così semplice compito: proteggere l'Imperatrice. E hai fallito."

Centro.

La sua figura si dissolve nell'ombra e torna al mio fianco, inghiottendo la distanza che ci divide come potrei fare anch'io grazie ad uno dei suoi doni. La sua voce è un lugubre sussurro nelle mie orecchie: "Sì, Corvo: la morte. È la morte il mio prezzo ed è la morte il rimedio che ti offro per il tuo dolore, il tuo rimpianto. Eppure…"

Guardo a terra, smascherato, colpevole.

"Eppure non è l'unico…"

Qualcosa di soffice mi colpisce alla testa e poi fa un tonfo sul pavimento.

Sento Emily ridacchiare alle mie spalle.

"Ops!"

Sono di nuovo nella stanza di Jessamine, esattamente dove l'ho lasciata. Tolgo le mani dalle maniglie della porta d'ingresso e mi volto giusto in tempo per afferrare al volo un secondo guanciale. Emily è lì, accanto al divanetto con un terzo ed ultimo cuscino tra le mani e mi fissa giusto un attimo, prima di lanciarmi addosso anche quello. Ma 'sta volta manca di molto il bersaglio e il cuscino esplode in una nuvola di piume e polvere contro il cassettone che ospita quello stesso (davvero iellato) preziosissimo vaso. La reliquia tentenna un po' ma alla fine decide di buttarsi ed io, senza riflettere troppo, mi lancio ad afferrarlo a mezz'aria compiendo una piccola traslazione assolutamente non necessaria. Mentre rimetto il vaso al suo posto dopo averlo pulito dalla polvere fino a specchiarmici, la voce dell'Esterno mi giunge come un'eco dal regno dell'Oblio.

"Hai tempo fino all'alba per prendere la tua decisione, Corvo…"

Un brivido mi corre lungo la spina dorsale e per un breve istante mi pare di sentire di nuovo la sua mano fredda posarsi sulla mia spalla…

Quando mi volto noto che Emily mi sta fissando con un'espressione decisamente esilarante, se penso di aver appena usato uno dei poteri dell'Esterno di fronte a lei forse per la prima volta in modo così lampante. Non sembra sorpresa, tantomeno spaventata, piuttosto…

"Puoi rifarlo?"

La fisso a lungo, interdetto, come se non sapessi di cosa sta parlando.

"Ok, va bene, io non ho visto nulla!" dice stringendosi nelle spalle e trotterella verso il grande armadio di mogano e oro. Spalanca le ante e subito le luccicano gli occhi per lo spettacolo di tessuti, gioielli e merletti preziosi che le si offre. E lei, senza fare complimenti, ci si tuffa letteralmente dentro.

"Guarda, Corvo! Questo non l'ha mai messo ma era uno dei miei preferiti!"  

La osservo in silenzio e in disparte mentre tira fuori da quel mare di colori i vestiti più bizzarri che abbia mai visto, primo tra tutti un broccato verde con spacchi ovunque e merletti rosa, sovraffollato di perle che ci si potrebbe sdraiare sopra e scivolare come su un carrello senza rovinare il tessuto; pacchiano sopra ogni limite. Se c'è una cosa che la guardia dell'Imperatrice è tenuta ad ignorare è il contenuto dei suoi armadi. Comunque non stento a credere che Jessamine, la semplice, integra, pura Jessamine, preferisse non esibire abiti del genere, così appariscenti e probabilmente eredità di qualche eccentrica Imperatrice del passato. Per quanto mi riguarda, la ricorderò sempre come la donna fiera e bella che guarda il tramonto su Dunwall per l'ultima volta sotto il tempietto…

"Questo me lo ricordo."

Emily, seduta sui talloni e le ginocchia nude sul tappeto, sta accarezzando un corpetto nero con le maniche di seta bianca.

Anch'io.

"L'ha messo quando sei partito..." mormora la bambina col tono di una preghiera.

Mi avvicino a lei ma non perché abbia bisogno di guardare meglio l'abito… no… ho visto quello scollo e quei bottoni d'argento diventare sempre più piccoli sulla banchina del Porto Grande. Portava i capelli neri in una treccia fissata alla nuca e teneva Emily per mano, il sole alle spalle e…

"Mettilo sul letto," mi dice Emily porgendomi l'abito, ma io esito anche solo a toccarlo. "Voglio portarlo nella mia stanza e indossarlo quando sarò grande." Insiste col porgermelo e alla fine l'assecondo, prendendo il corpetto con la delicatezza con cui si colgono i fiori.

"Dopo l'incoronazione non avrò tempo per scegliere cosa tenere della mamma, perché voglio dare tutto in beneficenza per aiutare gli orfani e le vittime della peste. È una cosa giusta. Lei l'avrebbe fatto con le mie cose," le sento dire mentre mi dirigo verso il letto a baldacchino, dove lascio scivolare il bellissimo corpetto di velluto nero coi bottoni d'argento; sfioro appena la seta di una manica e poi mi allontano, ma Emily sembra avere un gran da fare tra tutti quei vestiti, e così per non starmene con le mani in mano vado a spalancare una portafinestra. In pochi minuti l'aria viziata lascia questo luogo, cedendo il posto al profumo della rugiada dei rampicanti che ricoprono il balcone e del gelsomino delle serre. Conosco molto bene la vista da questa finestra: nelle serate estive in cui ospiti poco graditi giravano per il palazzo, trascinavo qui fuori una sedia per lei, dove passavo le ore ad ascoltarla parlare male di quegli uomini o quelle donne…

"Volgari mentecatti, ubriaconi, gente di poca cultura. Poca!? Ma è dire troppo! Lady Farla si vanta tanto della sua sala di lettura: dovreste vederla, Maestà, più di ottomila volumi!, ma sono pronta a scommettere che non ne ha letto neanche uno in tutti i suoi venerandi settant'anni. Il lascito di suo nonno, sai, Corvo, e invece di donarli alla Biblioteca Cittadina dove accorrerebbero studiosi da tutto l'Impero per vederli, lei che fa? Li lascia lì a prendere polvere. Povera, povera donna…"

Le stelle si specchiano sulle acque nere e calme del fiume, alcune chiatte cariche di olio di balena lo attraversano implacabili, maestose come balene stesse. La città, un grumo di luci sull'altra sponda, e l'intera Dunwall Tower, fatta eccezione per le guardie, è silenziosa, profondamente assopita. L'alba è ancora molte ore lontana...

Dall'interno sento Emily starnutire e questo mi ricorda che la furbetta è uscita dalla sua stanza scalza e con indosso solo un vestitino da notte, così richiudo la finestra accostando anche un po' le tende per non lasciar passare gli spifferi. Torno da lei, mi chino per prendere gli ultimi vestiti che ha scelto e vado ad appoggiarli sul letto.

Nel frattempo Emily si alza, richiude l'armadio e rimane appoggiata con la schiena contro le ante per un tempo infinito, durante il quale fissa un punto indistinto del tappeto. Sembra così piccola, con le gambe esili e la testa incassata in quelle spalline, ma lo sguardo, perso in riflessioni profonde, le conferisce un'aria adulta e riverente. Le somiglia così tanto… 

Improvvisamente Emily si stacca dall'armadio e va a sedersi sul letto. Accarezza le maniche di seta del corpetto dai bottoni d'argento e poi sembra fare una rapida revisione dei vestiti che ha selezionato.

"Ti piacciono?" mi chiede ad un tratto con aria soddisfatta.

Annuisco. Ne ha scelti giusto un paio e sono bellissimi. Ha davvero buon gusto.

Restiamo a lungo in silenzio ma ad un tratto Emily raggruppa gli abiti da una parte e con un sorriso mi fa cenno di sedere con lei. Quando siamo una di fronte all'altro cerca di prendermi la mano sinistra, ma io la ritraggo d'istinto con uno scatto che la fa sobbalzare. Ci riprova e questa volta non aspetto che mi si minacci di essere impiccato per aver trasgredito ad un suo volere. Non le affido tutto il peso della mia mano e nelle sue dita, piccole e affusolate, che si intrecciano alle mie non avverto alcuna esitazione, anzi, e alla fine, ligio, le permetto di capovolgerla.

Affascinata, accarezza il marchio dell'Esterno con il pollice, poi con le dita della mano libera ne percorre alcune linee.

"Cosa significa?"

Probabilmente qualcosa del tipo… dannazione eterna, o schiavo dell'Oblio, ma preferisco darle una risposta diversa e mi stringo nelle spalle.

"È per questo che sai fare quelle cose?" indica il vaso con un cenno del mento.

In un certo senso… quindi annuisco.

"Ma… ti fa male?"

Sempre…

Lascia la mia mano come lascerebbe un giocattolo vecchio, gliene sono grato, e mi prende il viso tra le sue. Mi fissa dritto negli occhi, intensamente, mentre cerca di disegnarmi un sorriso modellando le mie guance, coperte ancora da quello strato di barba rada del quale non ho avuto tempo di sbarazzarmi, ma non sembra darle fastidio.

"Ti manca, vero, Corvo? Anche a me, però sai cosa penso io per tirarmi su? Penso che se quel giorno tu fossi morto al suo posto sarei triste uguale, e ancora più triste sarei se foste morti entrambi... quindi sono contenta che tu ci sia, Corvo."

Si getta ad abbracciarmi, affondando il viso nel tessuto del mio panciotto. La stringo a me, le accarezzo i capelli e appoggio una guancia sulla sua testa. Chiudo gli occhi. Una lacrima si fa largo tra la mia barba scavando come un solco nella pelle e cade tra i capelli di Emily, che mi stringe più forte.

"Domani dopo l'incoronazione giochiamo a nascondino, Corvo?"

Piango, aggrappato ad Emily come ad uno scoglio nella tempesta, e annuisco, più volte.

"E conti tu, va bene?"

 

.: * :.

 

"Sì, Corvo. È già ora."

Dicendo così l'Esterno si materializza al mio fianco.

Di fronte a me, il mobiletto. Una pergamena. Due calici.

"Vino o acqua? Morte o vita? Leggi le ultime parole della tua amata Imperatrice e poi scegli il tuo calice, Corvo."

Rompo il sigillo della pergamena senza indugio, ma ad un tratto mi volto, dubbioso, verso l'Esterno.

"Qualcosa ti turba, Corvo?" domanda lui fluttuando sopra le mie spalle.

Lascio cadere la pergamena e non ho alcuna esitazione quando afferro uno dei calici con vigore, inghiottendo il suo contenuto tutto d'un fiato.

 

.: * :.

 

"Ladyyyyy Emilyyyyy! Lord Protettoreeeee! Dove sieteeeee?!"

È la voce di Kalista, che squilla come una sirena nelle mie orecchie. Sollevo la testa di colpo dal cuscino e nello stesso istante apro gli occhi. Nella penombra della stanza, tagliata a metà da una spada di luce che filtra dalle tende, appena socchiuse, della portafinestra, impiego qualche secondo a realizzare cosa stia accadendo, fin quando non sento la voce di Kalista, di nuovo, fare i nostri nomi.

Emily è rannicchiata come un girino contro il mio petto, non vedo il suo volto ma sento il suo respiro, profondo e regolare, attraverso la camicia. Stesi sul letto di Jessamine, tra le federe accartocciate e suoi vestiti, crollati entrambi dal sonno come bambini.

All'ennesimo grido di Kalista Emily sembra sentire qualcosa dal mondo dei sogni e comincia ad agitarsi. Miagola, si nasconde più a fondo nei miei abiti. Le accarezzo i capelli. Il cerchietto è ancora là, scombinato, il fiocco stropicciato come quello di un vecchio pacco.

Quando alzo di nuovo lo sguardo Kalista è ferma sull'ingresso della stanza di Jessamine, la maniglia in una mano, l'altra alla bocca, commossa, mentre un sorriso dietro le dita affusolate le solleva le gote. Ci scambiamo uno sguardo carico di promesse (ancora cinque minuti e la sveglio; adesso te la porto; sarà alla cerimonia in tempo) e poi lascia la stanza come ci è arrivata: in silenzio, senza neppure il suono dei passi, trascinandosi dietro il resto della servitù che ha assoldato per cercarci.

"Grazie…" mormora Emily, la bocca impastata dal sonno, stringendosi più a me.

Non è esattamente una virtù degna di una buona Imperatrice dormire fino a tar…

"Grazie per essere rimasto con me, Corvo…"

Il mio cuore ha un singhiozzo.

"Grazie…"

 

 

FINE

 

 

 

 

Angolo Autrice

Siccome Umberto Eco dice che l'autore dovrebbe morire subito dopo aver scritto, per non disturbare il cammino del testo, ho intenzione di fare proprio così.

In senso metaforico, ovviamente.

Dishonored è un grande gioco che mi ha regalato i migliori sentimenti che si possa provare.

Fine.

 

   
 
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