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Autore: Yvaine0    23/10/2013    1 recensioni
La ragazza bionda coricata nello stesso letto del padroncino, si stiracchiò sotto le coperte. «Cosa succede?» domandò nel dormiveglia, accortasi dello sbuffo del compagno.
Blaise grugnì in tutta risposta e si voltò poi per abbracciarla. «Buongiorno – la salutò con un bacio sulla tempia. – C’è il gufo di mia madre» spiegò poi a mo’ di scusa.
Heaven agitò i piedi sotto le coperte, accompagnando quel gesto con un lamento soffocato. «Nooo» mormorò, sconsolata.
I gufi di Margaux Zabini non portavano mai nulla di buono, non per lei. Cosa aveva in mente quel giorno? Una riunione di soli Purosangue in cui si discuteva dell’insignificanza dei Babbani e della loro inutile vita priva di magia? Un convegno a proposito dell’inferiorità degli Elfi Domestici? O magari un incontro sull’incoerenza dei Purosangue babbanofili.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dedico questa storia a Mary e a Fla, perché se lo meritano.
Fla perché aspettava la storia di Heaven da secoli, 
anche se alla fine non l'ho mai finita o postata;
a Mary perché l'ha letta in anteprima e, be', c'è Zabini!



Note:
- (*) Heaven è cresciuta con una madre Strega e il marito Babbano. Il Babbano non era suo padre biologico, sebbene lei lo consideri tale e mantenga sempre il suo cognome.
- (**) Ottery St. Catchpole è il paese vicino/in cui abitano le famiglie Weasley, Lovegood e Diggory - e nella mia storia anche i Froggs. Quest’informazione proviene da Potterpedia (www.potterpedia.it).
- Come è evidente a questo punto, io sono dell’idea che la famiglia Zabini abbia origini francesi. Facendo delle ricerche su Blaise Zabini, ho trovato diverse ipotesi sull’origine del cognome: secondo alcuni viene dall'italiano ‘zabaione’ – ma non ne trovo il senso-, secondo altri è un cognome africano. Riflettendo sulla quantità di persone di colore di provenienza africana in Francia e sulla vicinanza della Francia all’Inghilterra, è mia opinione che la famiglia Zabini possa appartenere a questa categoria.
- La citazione iniziale è presa da “Non so dirtelo” (o “L’ultima settimana”) di Marracash, l’unica sua canzone che mi piaccia sul serio.





Chiacchiere in francese
al tè delle cinque

Perché penso per due
ché ho sempre pensato per uno



Il barbagianni picchiettò col becco sul vetro della finestra, per palesare la propria presenza.
Dalla camera da letto, non vi furono segni di aver recepito il messaggio. Nessun grugnito, nessuno sbuffo, nessuno che si rigirasse sotto le coperte infastidito.
Gratien arruffò le penne e picchiettò più forte, tubando indispettito. Sarebbe rimasto lì a picchiare sul vetro tutta la mattina se fosse stato necessario; la sua padrona era stata chiara: il ragazzo doveva leggere quel biglietto.
Osborn, dalla cima dell’armadio, drizzò le orecchie udendo quel suono fastidioso. Sgranò gli occhi verdi e individuò all'istante il barbagianni che turbava la quiete di quel mercoledì mattina estivo. Agitò la coda e si accucciò, pronta a balzare al momento opportuno.
Ci vollero quasi cinque minuti prima che il padroncino alzasse la testa, strizzando gli occhi, riconoscesse il rumore ripetitivo e sbuffasse sonoramente.
Gratien smise di beccare il vetro, soddisfatto di essere stato visto. Nel giro di poco lui gli avrebbe aperto la finestra, lo sapeva.
La ragazza bionda coricata nello stesso letto del padroncino, si stiracchiò sotto le coperte. «Cosa succede?» domandò nel dormiveglia, accortasi dello sbuffo del compagno.
Blaise grugnì in tutta risposta e si voltò poi per abbracciarla. «Buongiorno – la salutò con un bacio sulla tempia. – C’è il gufo di mia madre» spiegò poi a mo’ di scusa.
Heaven agitò i piedi sotto le coperte, accompagnando quel gesto con un lamento soffocato. «Nooo» mormorò, sconsolata.
I gufi di Margaux Zabini non portavano mai nulla di buono, non per lei. Cosa aveva in mente quel giorno? Una riunione di soli Purosangue in cui si discuteva dell’insignificanza dei Babbani e della loro inutile vita priva di magia? Un convegno a proposito dell’inferiorità degli Elfi Domestici? O magari un incontro sull'incoerenza dei Purosangue babbanofili.
Blaise rise per la reazione della ragazza e si trascinò a fatica fuori dal letto. Aprì la finestra, lasciò entrare il barbagianni e prese la lettera. Gratien svolazzò fino a raggiungere la scrivania, dove si fermò a fissare Heaven con aria ostile. Lei sospirò, accorgendosene, e ficcò la testa sotto il cuscino con un sospiro. Anche quello stupido piccione la odiava!
Proprio in quel momento, Osborn, la gatta, decise di intervenire in difesa della padrona. Si tuffò giù dall’armadio dritto dritto sul barbagianni, che, terrorizzato, spiccò il volo giusto in tempo per non essere travolto. Rumoreggiando, furioso, prese a vorticare nella stanza attorno al lampadario.
«Oh, Osborn!» esclamò costernata Heaven, riemergendo da sotto il cuscino, attirata dal rumore provocato dall’attentato. Lo sguardo soddisfatto del gatto la diceva lunga sull’accaduto, anche se lei non era riuscita a vederlo con i propri occhi.
Blaise ridacchiò e fece l’occhiolino alla ragazza; quell’uccellaccio del malaugurio si meritava più di qualche piccolo scherzetto della gatta. «Grazie, Gratien. Ora puoi andare» lo intimò, prima che decidesse di vendicarsi in qualche modo.
Il gufo arruffò di nuovo le penne, offeso, poi virò e volò, lesto, fuori dalla finestra.
Blaise lo guardò allontanarsi, poi richiuse i vetri e si sedette ai piedi del letto per leggere il messaggio di sua madre. Osborn saltò sulle coperte a sua volta, facendo le fusa. Si strusciò contro il suo fianco, poi andò ad accocolarsi in braccio alla padrona.
Heaven si tirò su a sedere e attese paziente. «Cosa dice?» domandò, incerta, quando lui incrociò il suo sguardo.
«Mi vuole là per il tè delle cinque» spiegò Blaise con fin troppa semplicità. La cosa gli puzzava. Il tè delle cinque? Da quando i francesi – sua madre! – seguivano le tipiche tradizioni inglesi? «Carl è al lavoro e vorrebbe che andassi là per farle compagnia. Avrà ospiti» completò.
Per l’ennesima volta da quando l’aveva conosciuta, Margaux aveva invitato il figlio a casa propria senza di proposito estendere l’invito a Heaven. Non che lei si entusiasmasse all’idea di poter rivedere la signora Zabini, ma veniva continuamente scoraggiata dai tentativi della donna di allontanare Blaise da lei.
«Ah. – mormorò. – Ci andrai?» domandò poi, cercando di suonare tranquilla. Sapeva, ne era certa, che qualunque tentativo di separarli sarebbe stato vano; avevano già superato qualche momento di crisi, si erano lasciati e rimessi insieme due o tre volte, aveva fiducia in Blaise; ma l’ostinazione di quella donna la preoccupava. Heaven sapeva di non averle fatto una bella impressione, accigliandosi visibilmente quando la signora Zabini le aveva chiesto se fosse Purosangue. Aveva forse peggiorato la propria situazione quando, nel periodo in cui aveva abitato alla villa, si era fatta trovare in cucina ad armeggiare con i fornelli, nonostante ci fossero ben tre Elfi Domestici in casa. Eppure era certa di non aver mai fatto nulla di male, niente che potesse aver portato la padrona di casa ad odiarla al punto di doversene tornare alla vuota abitazione materna di Ottery St. Catchpole, litigando con Blaise e causando la loro seconda separazione.
Blaise la osservò qualche istante, cercando nel suo sguardo qualche nota di risentimento, di incertezza. Trovò il solito timore di avere a che fare con qualcuno a cui non piaceva, lo stesso timore che ogni volta lo faceva discutere con sua madre. Si passò una mano sui cortissimi capelli ruffi. «È ora di tagliarli...» buttò lì, come se quel commento c’entrasse con sua madre.
Heaven rise. «Stai bene anche così» rettificò.
Lui le sorrise, osservando la ragazza che accarezzava assorta il gatto, decidendo probabilmente cosa fare quel pomeriggio mentre lui era da sua madre.
Blaise non capiva. Non capiva come sua madre potesse essere così severa con lei. Era minuscola, indifesa, gentile con tutti, anche con chi non lo meritava. Heaven non era perfetta, ma erano proprio i suoi difetti ad averlo fatto innamorare. Era timida ai limiti dell’asocialità, tanto per cominciare. Era stato quel suo starsene sempre in disparte, da sola, ad aver attirato la sua attenzione. Era anche gelosa e, una volta presa confidenza, estremamente dispettosa. Niente – o quasi – lo gratificava quanto vederla arrossire di rabbia e sputare commenti acidi sottovoce, quando qualche ragazza lo avvicinava. Blaise non era un tipo particolarmente socievole o popolare, non lo era mai stato, ma il suo carattere riservato e schivo, come aveva appurato nel tempo, stimolava l’immaginazione altrui rendendolo misterioso e affascinante agli occhi della gente. Non era quindi difficile per lui attirare l’attenzione, quando voleva. Fortunatamente, per i nervi di Heaven, la sua riservatezza il più delle volte superava il suo lato sadico.
Era d’accordo sul fatto che lui e lei fossero molto diversi, per molti aspetti. Lui era fin troppo sicuro di sé, lei troppo poco. Lui evitava la gente perché la riteneva stolta, lei aveva paura di essere ritenuta tale. Lui era nero, alto e robusto e lei era bianca, minuta e gracile. Lui era stato Serpeverde, lei Grifondoro. Lui non sapeva nemmeno cosa fosse un telefono, lei era cresciuta tra i Babbani. (*) Tutto ciò non poteva però giustificare la repulsione di Margaux Zabini per la giovane Heaven come l’aveva conosciuta: una giovane, educata, Strega Purosangue, perdutamente innamorata del suo compagno. Blaise sorrise pensando quelle parole. Perdutamente innamorata. Le avrebbe ripetute – mentalmente e non – all’infinito, se solo questo non lo facesse sentire un tantino ebete.
«Perché quella faccia?» domandò lei, divertita.
Blaise le sorrise. «Perché ti amo» rispose con semplicità, guardandola negli occhi.
Heaven abbassò lo sguardo, imbarazzata, e arrossì violentemente.
Ecco un’altra scena che Blaise sarebbe rimasto a guardare tutto il santo giorno: le sua Heaven che arrossiva e sorrideva impacciata.
Si lasciò cadere di schiena sul materasso, ridacchiando, e la trascinò al suo livello, tirandola per i fianchi. «Perché arrossisci, biondina?» la prese in giro, mentre la prendeva tra le braccia. Le soffiò tra i capelli e la ascoltò ridere.
«Subdolo prepotente» lo rimbeccò.
Lui sogghignò. «Cosa farai oggi?» le chiese.
Lei alzò la testa e lo guardò. «Quando?»
«Quando andrò da mia madre. Non voglio lasciarti a casa da sola».
Scosse il capo e sorrise per rassicurarlo. «Non preoccuparti. Oggi è mercoledì, giusto? Andrò con Katie al fare il bucato a Londra».
«Nella... – come si chiamava? - nel negozio?»
«Nella lavanderia a gettoni – confermò. – È divertente, prima o poi dovresti venire con noi».
Blaise rise, allargando le braccia. «Io non faccio cose da Elfi Domestici, biondina».
Lei gli diede un pizzico su un fianco. «Sei arrogante, signor Zabini!» lo apostrofò, divertita. Saltò giù dal letto e uscì dalla stanza, comunicando che se voleva far colazione avrebbe dovuto alzarsi, perché nessun Elfo Domestico gliela avrebbe portata in camera.
Lui era abituato a pensare solo a se stesso, lei a prestare attenzione sempre e solo ai bisogni altrui.
Si alzò dal letto e si avviò verso il piano inferiore, sorridendo tra sé. Da quando Heaven era entrata nella sua vita, Blaise aveva iniziato a pensare più a lei che a chiunque altro, se stesso incluso.
«Ti porto con me!»
«Cosa?»
«Oggi ti porto con me. Non mi importa se mia madre avrà ospiti: se vuole me, deve accettare anche a te. Siamo un pacchetto unico».
«Oh, ho capito: questa mattina niente zucchero nel caffè per te, ne hai già troppo in circolo».

La villa di Margaux Zabini era discretamente grande e ben curata. Circondata da una siepe alta e protetta magicamente affinché ai Babbani non venisse in mente di suonare il campanello, si trovava appena fuori Greenwich, in una zona tranquilla e poco trafficata.
Per quanto quella casa fosse magnifica, sia all’interno che all’esterno, a Heaven quel luogo aveva sempre messo un po’ d’ansia. Non perché ci fossero teste di vecchi Elfi Domestici attaccate alle pareti – Blaise le aveva raccontato che uno degli ex mariti di sua madre aveva questa macabra usanza–, ma la prospettiva di essere al cospetto della madre di Blaise l’aveva sempre messa a disagio. All’inizio perché non sapeva come comportarsi, non sapeva se sarebbe piaciuta o meno; in seguito aveva capito di non piacere affatto alla padrona di casa e che sarebbe dovuta stare sulle spine tutto il tempo cercando di non fare gaffe.
«Casa dolce casa» commentò Blaise, suonando il campanello.
Heaven sospirò e lui la prese per mano per infonderle coraggio. Margaux non era uno stinco di santo, lui ne era più che consapevole, ma non aveva mai fatto del male a nessuno, checché ne dicessero le malelingue; sua madre non aveva mai ucciso né fatto uccidere alcuno dei suoi ex mariti. Non era rimasta troppo tempo a piangere nessuno di essi, quello era vero, ma questo non faceva di lei un’assassina. Era una brava madre; non forse una moglie altrettanto brava, né una persona particolarmente dolce e sensibile, ma nemmeno una collezionista di eredità, non ne aveva bisogno.
Bastarono pochi istanti perché un Elfo Domestico dall’aria pomposa comparisse con un sonoro crack dall’altra parte del cancello, proprio di fronte a loro. «Buon pomeriggio, signorino, la signora la stava aspettando» proclamò, con il naso lungo e sottile a puntare verso il cielo.
«Bene» rispose Blaise con noncuranza, mentre quello apriva il cancello. «Dov’è?»
«Nella sala da tè, signore».
Il ragazzo annuì e si incamminò attraverso il giardino.
«Grazie!» esclamò Heaven, mentre lui la trascinava via. In tutta risposta l’Elfo le rivolse un’occhiata truce e diffidente, che provocò il suo secondo sospiro da quando erano giunti alla villa. «Sospetterà che io stia cercando di portare via il suo posto in cucina» commentò sconsolata.
Blaise rise. «Non credo sia lui quello che sta in cucina. Non ce l’ha con te, Heaven: non è abituato ad essere ringraziato».
«Lo dici come se fosse una cosa normale» lo rimproverò.
«Lo è, per gli Elfi Domestici» tagliò corto lui.
«Anche i domestici vanno ringraziati, non vedo perché con gli Elfi dovrebbe essere diverso...» insistette lei, mentre camminavano.
Il ragazzo le rivolse un’occhiata di sottecchi, chiedendosi se parlasse sul serio. Una volta compreso che, sì, era così, si fermò di colpo e girò sui tacchi. «Ehi, tu!» gridò, rivolgendosi all’Elfo.
Questi sussultò appena sentendosi chiamare con tanto impeto, poi trotterellò rapido in direzione del padroncino. «Sì, signore?»
«Ti ringrazio» completò lui, forzando la parola in modo eloquente.
«Tu? Lo chiami ‘tu’? Non sai nemmeno il suo nome?» chiese Heaven incredula, seppur in parte divertita dall’obbedienza del ragazzo.
Blaise le rivolse un’occhiata esasperata, per poi chiedere all’Elfo come si chiamasse.
La creatura, già paralizzata per la sorpresa dalla battuta precedente, sgranò tanto gli occhi che sembravano dover schizzargli fuori dalle orbite da un momento all’altro. Ci volle qualche istante perché si riscuotesse dalla trance in cui era caduto e balbettasse un «Ni-Nixon, signore», con l’aria di qualcuno che teme per la propria vita.
«Bene, Ninixon, piacere di conoscerti – tagliò corto Blaise, voltandosi poi verso la ragazza. – Soddisfatta? O vuoi forse che lo inviti ad uscire con me?»
Heaven rise e gli stampò un bacio a fior di labbra. «Sei quasi simpatico, a volte» osservò.
Lui sogghignò, giusto un istante prima di stringerla a sé e baciarla come Merlino comandava, perché Blaise Zabini non si accontenta di un bacio a stampo.

«Oh, Morgana, Merlino e tutti i grandi del passato! – esclamò una voce costernata e sorprendentemente indisponente, dopo poco. – Cosa sono questi pubblici scambi di effusioni? Blaise, tesoro, mi sorprendi! Non ti ho forse insegnato le buone maniere?»
Il Blaise-tesoro in questione interruppe svogliatamente il bacio con uno sbuffo soffocato. «Si prospetta un gran pomeriggio» assicurò alla ragazza, che era arrossita fino alla punta delle orecchie. Si voltò lentamente verso la donna appena arrivata con l’espressione leggermente scocciata che Heaven gli aveva visto in volto ogni santissimo giorno a Hogwarts. «Buongiorno, mamma. Credo che all’Elfo nasone sia venuto un colpo, è un problema?» domandò, accennando al povero Nixon, ancora paralizzato dalla sorpresa.
«Oh, Blaise! Si può sapere cosa gli hai fatto?» domandò la donna, severa, vedendo l’Elfo in stato apparentemente vegetativo.
«Nulla, l’ho ringraziato e gli chiesto il nome».
La donna sospirò teatralmente, rivolgendo un’occhiata diffidente a Heaven. «È stata un’idea tua, cara, non è vero? Gli Elfi Domestici non sanno gestire le attenzioni, ecco perché nessuno li ringrazia mai».
Heaven sorrise con cortesia e annuì impazientemente, pensando che in realtà fosse esattamente il contrario: gli Elfi Domestici non sapevano gestire le attenzioni proprio perché nessuno gliene rivolgeva mai. «Mi spiace, non lo sapevo».
«Bene, ora lo sai. Tu, Elfo, va’ a preparate il tè, presto arriveranno gli ospiti. Siete in ritardo, Blaise. Avete trovato traffico? Perché immagino siate giunti per mezzo di uno di quei trabiccoli Babbani...» cominciò Margaux, precedendo i due verso casa.
«No, ci siamo Smaterializzati, in realtà» puntualizzò Blaise.

Heaven sedeva a gambe incrociate sulla stessa lussuosa poltroncina imbottita da un’ora e mezza, nella stessa identica posizione, con lo stesso sorriso di cortesia stampato in volto.
La padrona di casa intratteneva degli ospiti d’eccezione: i signori Delacour e la loro figlia più piccola, Gabrielle.
Come Blaise le aveva spiegato ormai anni prima, la famiglia Zabini era originaria della Francia. I Delacour e gli Zabini erano famiglie amiche da generazioni e, quel giorno, i primi erano giunti in Inghilterra per far visita alla figlia maggiore, approfittandone così per passare dalla villetta di Greenwich a salutare la vecchia amica e il figlioletto. Era quindi indispensabile che anche il ‘piccolo’ Blaise si recasse alla casa materna.
Lo era decisamente meno che lui si portasse Heaven, visto che, come gli piaceva sottolineare per fare arrabbiare la sua ragazza, i Delacour speravano da sempre che tra lui e Gabrielle nascesse del tenero. “Peccato che a me non piacciano le bionde” aggiungeva lui ogni volta. Dopodiché lei lo guardava male, lui rideva; allora la ragazza si indispettiva e sbottava un usuale “Maledizione a Harrison!”, riferendosi al migliore amico di Zabini, grazie al quale erano usciti insieme la prima volta.
Heaven era abituata a non far conversazione in presenza di estranei – la sua timidezza era una catastrofe naturale, riemergeva sempre nei momenti peggiori e non sarebbe mai riuscita a combatterla del tutto. Questa volta però il problema era un altro. Un problema linguistico.
All’arrivo dei Delacour, Margaux Zabini aveva accolto i nuovi arrivati in francese. «Benvenuti, miei cari! Ma che sorpresa vedervi! E questo splendore è la piccola Gabrielle? Sei incantevole, tesoro, lasciatelo dire. Vi ricordate di mio figlio Blaise? È venuto qui per potervi vedere dopo tanto tempo».
Blaise si era fatto avanti tenendo Heaven per mano, per evitare che i nuovi arrivati venissero totalmente ammaliati dall’esuberanza di sua madre e si dimenticassero di lei. O, peggio ancora, che lei si sentisse abbandonata da lui.
Gabrielle aveva leggermente sgranato gli occhi. Vedendola si era ricordata di aver visto quella piccola ragazza bionda al matrimonio di sua sorella. Non si sarebbe mai aspettata, tuttavia, di trovarla in casa della severa e tradizionalista Margaux Zabini, mano nella mano con suo figlio. Figlio che, secondo i piani e le speranze di tutta la famiglia Delacour, sarebbe dovuto diventare suo marito. Le sorrise quindi e le porse la mano, dopo aver educatamente salutato Blaise. «Sei Heaven, giusto? Eri al matrimonio di mia sorella» le aveva domandato in inglese, non senza quell’accento tipicamente francese che sfuggiva anche a Margaux quando perdeva la calma – e quando si trattava di Heaven, accadeva spesso.
Heaven aveva annuito e l’aveva educatamente salutata, senza riuscire ad evitare di arrossire. «Sì, abito anche io a Ottery St. Catchpole (**) e Arthur Weasley conosceva mia madre» aveva risposto timidamente, giustificando la sua presenza alle nozze.
Quelle parole avevano attirato l’attenzione di Margaux, che aveva ostentato un sorriso intenerito e aveva messo una mano sulla spalla del figlio. Si era dunque vista costretta ad introdurre anche la ragazza filobabbana. «Miei cari, come vi avevo accennato in una lettera, il mio caro figlio si è fidanzato e ha lasciato la casa materna» aveva comunicato con tutta l’aria di una madre nostalgica del figlio.
«Oh, tu devi essere la fidanzata, allora!» aveva esclamato la signora Delacour, provocando il rosso sul volto della ragazza.
«Sono Heaven. Molto piacere, signora» aveva risposto con un sorriso cortese ma imbarazzato, stringendo la mano ad entrambi i coniugi Delacour, uno dopo l’altro.
«Il piacere è tutto mio, mia cara. È proprio una ragazza graziosa, complimonti Blaise! Siete così carini! E, ditemi, a quando le nozze?»
Il rossore era letteralmente esploso sulle guance di Heaven, che aveva guardato Blaise in cerca d’aiuto. Non c’erano proprio nozze in programma, come riuscì a spiegare lui, dopo un breve attacco di risate nervose. «Mia madre esagera sempre con le parole» aveva aggiunto, riservando alla donna un’occhiata eloquente.
Dopo quel primo momento di interesse, la conversazione si era spostata sui successi della giovane Gabrielle alla scuola di Beauxbatons, e la compagnia si era accomodata nel salotto della casa, dove era rimasto durante l’ora e mezza trascorsa. Ben presto, notando le difficoltà dei signori Delacour nell’interloquire in inglese, Margaux aveva cominciato a discorrere nella propria lingua madre. Inizialmente i Delacour avevano cercato di parlare in una lingua che potesse essere compresa da tutti i presenti, ma dopo qualche manciata di minuti dell’insistente francese della padrona di casa si erano rassegnati.
Blaise non aveva problemi a parlare francese, come Heaven ben sapeva. Non poche volte, durante le sue visite a villa Zabini, erano scoppiati battibecchi in lingua tra madre e figlio. Sapeva che molto spesso l'oggetto di quelle discussione era lei, motivo per cui ogni volta ringraziava il cielo di non capire nulla di francese al di fuori di ‘oui’, ‘bonjour’ e ‘bonsoir’.
Le amabili chiacchiere intraprese con Gabrielle, inoltre, rendevano la destrezza di Blaise particolarmente evidente, viste le continue e allegre risate della ragazza.
Ogni volta che Gabrielle rideva, Heaven sorrideva appena, e faceva lo stesso quando Blaise la guardava come per chiederle se andasse tutto bene. Non le sarebbe sembrato educato lamentarsi, ma il fatto che tutti si fossero messi a parlare in francese la infastidiva. Non avrebbe comunque partecipato alle aristocratiche conversazioni di Margaux e dei Delacour, ma se non altro, in inglese, avrebbe potuto ascoltare e passare quelle ore annoiandosi un po’ meno.

Blaise continuava a lanciare occhiate a Heaven, consapevole del fatto che lei si sentisse a disagio e quel cambio di lingua non faceva che peggiorare la situazione.
Eppure era più forte di lui.
Era cresciuto parlando inglese a casa, a scuola e con gli amici. Aveva però ricevuto lezioni da sua madre e si era immancabilmente affezionato a quella lingua. Margaux Zabini era stata l’unica costante nella vita di Blaise, che non aveva mai avuto un vero padre, una figura maschile fissa a cui far riferimento. Il francese per lui aveva un sapore di famiglia, sapeva di sicurezza, sapeva di buono. Quando iniziava a parlarlo non riusciva più a fermarsi.
Conoscere il francese lo faceva sentire anche un po’ superiore, non poteva nasconderlo. Conosceva una lingua in più della maggior parte delle persone che conosceva e potersi destreggiare in quella disciplina davanti ad altri – davanti a Heaven – lo riempiva di orgoglio.
Era un linguaggio suadente, che lo attraeva in una maniera che non sarebbe riuscito a spiegare. Era come se anche la sua anima parlasse quella lingua, come se non potesse resistere al suo richiamo. Avrebbe solo voluto che quel richiamo potesse essere udito anche da Heaven, per poter condividere con lei anche quella gioia.
Per caso, tra una battuta e l’altra scambiata con Gabrielle, Blaise aveva poi afferrato uno stralcio della conversazione sostenuta da sua madre e non aveva potuto che fermarsi ad ascoltare.
«Non tutto è perduto, signori miei. Il richiamo della Francia è forte e lui è nato per amare una donna francese!» stava dicendo Margaux con una punta di orgoglio nella voce.
«Eppure sembra davvero innamorato, Margaux, io non sottovaluterei i sentimenti di quel ragazzo» obiettò il signor Delacour con un sorriso conciliante.
La padrona di casa rise e scosse il capo, sicura di ciò che diceva. «Certo che è preso, ma è una cotta passeggera, vedrai. Non vedi come ha smentito la domanda di Camille a proposito delle nozze? L’idea non gli è nemmeno passata per la mente. È un bravo ragazzo, sa che non può spingersi oltre certi limiti».
«Fleur ci ha parlato bene anche della ragazza, Margaux. Non siamo nel medioevo, non esistono più cose come i contratti matrimoniali. I nostri figli sono liberi di scegliere con chi passare la propria vita» continuò la signora Delacour con diplomazia.

«Blaise? Mi stai ascoltando?» domandò in quel momento Gabrielle.
Lui le rivolse un’occhiata infastidita e le fece cenno di aspettare, assorto nella concitata conversazione dei genitori.
Persino Heaven a quel punto, si era accorta che qualcosa non andava, pur non capendo di cosa stessero parlando. Lanciava continue occhiate a Blaise, Margaux e i signori Delacour, a disagio. Si sentiva paranoica a pensare che l’argomento fosse ancora una volta lei, per cui si disse che forse stavano discutendo di qualche questione aristocratica e cercò di mettersi il cuore in pace.

La donna scosse il capo con ostinazione. «Fidati di me, Camille, quei due sono fatti l’uno per l’altra. Quella ragazza è totalmente inadatta a Blaise, prima o poi se ne renderà conto.
Ha vissuto con noi per un po’, dopo la guerra. Aveva dei problemi e l’abbiamo ospitata. Pensa che l’abbiamo sorpresa a cercare di cucinare, gli Elfi erano increduli: non esiste che qualcuno prenda il loro posto. Non avevano capito che la ragazza non era una cuoca.
Senza contare che usa un nome falso, non lo sapete? Si vergogna di far parte della famiglia...»
«Mamma! Non ti sembra di esagerare?» la interruppe inaspettatamente Blaise, guardandola con durezza.
Margaux sorrise con aria colpevole. «Stavo solo raccontando qualche aneddoto. Mi sono forse lasciata un po’ andare?»
«Decisamente – rispose lui, serio. – Stavi superando il limite della scortesia».
La madre si esibì in una risata per sdrammatizzare. «Chiedo perdono, in tal caso. Sono una vecchia chiacchierona, a volte mi faccio prendere un po’ la mano!»
«Oh, mia cara, non sei affatto vecchia! Sei ancora una ragazzina e mantieni la tua bellezza di sempre!» la corresse la signora Delacour, sempre pronta a inneggiare l’estetica e a rassicurare sulla propria magnificenza chi ne aveva da vendere. Sembrava non aver capito che la padrona di casa era perfettamente consapevole del suo incantevole aspetto esteriore, nonostante gli anni iniziassero a pesare sulle torte di compleanno; quella frase era stata buttata lì per sviare l’argomento che tanto indispettiva suo figlio. Peccato che a Blaise non bastasse così poco per tranquillizzarsi: era abituato ai giochetti della madre e, avendo il suo stesso carattere altero, non sopportava che lei pensasse di averlo liquidato così facilmente. Era stato tuttavia educato a non sembrare troppo scortese in pubblico, motivo per cui decise semplicemente di andarsene. Si alzò in piedi e fece un cenno del capo a Heaven, accompagnato da un mezzo sorriso piuttosto eloquente. Quando anche lei scattò in posizione eretta, tutti gli sguardi si posarono su di loro.
«Cosa succede?» gli chiese Margaux.
Blaise la guardò, impassibile, sapendo che sua madre aveva un’idea ben precisa e plausibile delle proprie colpe. «Noi dobbiamo proprio andare ora» rispose, nel suo perfetto inglese. Questo cambiamento di linguaggio, colpì i signori Delacour come uno schiaffo, mentre si rendevano conto di aver tenuto un comportamento altamente maleducato nei confronti di quella ragazza inglese. La costernazione per tanta scortesia si dipinse sui loro volti contemporaneamente e, accorgendosene, Heaven trovò le loro espressioni quasi comiche. Si trattenne tuttavia dal ridere, intuendo la serietà della decisione di Blaise.
La padrona di casa sgranò leggermente gli occhi, sorpresa e si alzò a sua volta, pronta a sciorinare un miliardo di motivi per cui i due sarebbero dovuti rimanere ancora un po’. Cominciò con un «Almeno finite di prendere il tè, miei cari», ma non ebbe modo di continuare, vista la risolutezza del figlio. «No, mi spiace, mamma, ma è proprio ora che ce ne andiamo» tagliò corto, frettolosamente.
«E, sentiamo, cosa hanno da fare di così importante due giovani disoccupati? Voglio dire, sicuramente non dovete correre in ufficio» replicò allora, con una punta di cattiveria, mascherata da un sorriso amichevole, che aumentò l’irritazione del figlio.
Blaise le lanciò un’occhiataccia, poi si guardò intorno per calmarsi: qualunque cosa gli avrebbe trasmesso più tranquillità di sua madre, in quel momento. Si diede quindi un contegno posando lo sguardo sulla teiera di ceramica sul tavolino. «È mercoledì, oggi si va con Katie a fare il bucato in una lavanderia pubblica di Londra».
Heaven lo guardò, meravigliata e divertita al tempo stesso, mentre il volto di Margaux si trasfigurava in una smorfia grottesca nel tentativo di rimanere impassibile a quella notizia sconvolgente. «E da quando fai dei lavori da Elfo Domestico?» si informò, sforzandosi di mantenere un certo contegno.
Lui fece una smorfia e sfidò la madre pronunciando la frase successiva, che smentiva ciò che lei stessa aveva detto poco prima: «Da quando Heaven è l’unica a portare a casa uno stipendio» rispose con un sorriso provocatorio.
«Lavori, cara? Anche tu al ministero? Mi sembra di ricordare che tua madre lavorasse con Arthur Weasley, sbaglio?»
La ragazza annuì. «Sì, mia madre era una segretaria. Io invece do ripetizioni agli studenti di Hogwarts. Non è nulla di particolarmente redditizio, ma, in mancanza di altro, non è niente male».
«Vero – confermò Blaise, prendendola per mano. – Ora dobbiamo andare, Katie ci aspetta» annunciò, sorridendo cortese ai signori Delacour e Gabrielle.
«Chi è Katie, Blaise?» domandò Margaux, che proprio non riusciva a tollerare di non essere a conoscenza di tutti i dettagli della vita di suo figlio. Perché nessuno le aveva detto che Blaise si faceva mantenere da quella ragazzina babbanofila? Chi era questa Katie, ora, spuntata dal nulla? Una nuova ragazzina insolente decisa a portarle via il suo figliolo? O l’aiutante di quella...?
«Un’amica. – rispose, brusco. Poi improvvisamente si illuminò e intuì il miglior modo per dare il colpo di grazia a sua madre, che quel giorno stava davvero superando ogni limite: - È molto simpatica, dovrei proprio presentartela: gioca a Quidditch e sta facendo un provino dopo l’altro per entrare in una squadra professionale. Ha talento. E, indovina un po’, suo padre è un Babbano!» snocciolò con un sorriso sornione che la diceva lunga a proposito delle sue intenzioni. Questo però non impedì alla signora Zabini di annaspare come se si fosse dimenticata il modo corretto di respirare.
«Questo non è un problema, vero mamma?» infierì ulteriormente lui, rabbuiandosi leggermente. Lo era eccome, lo sapeva. Anche la prima volta che lui e Heaven si erano lasciati, era stata colpa di Margaux e della sua scarsissima considerazioni per i Babbani, i Nati Babbani e i loro figli. Gli era sempre sembrato naturale ritenerli inferiori, grazie alla tradizionalista educazione materna, ma poi aveva notato una biondina minuscola e introversa al tavolo dei Grifondoro, la quale col tempo era stata in grado di insegnargli un sacco di cose, cose che la maggior parte dei suoi coetanei già sapevano e di cui lei non aveva idea di essergli stata maestra – il rispetto, l’amicizia, l’amore, l'uguaglianza, il coraggio.
La donna prese un respiro profondo e scosse lentamente il capo. «No, nessun problema, caro» rispose, celando magistralmente lo stupore e l’irritazione causata dal modo in cui il figlio cercava di umiliarla. Era tutta colpa di quella ragazza: lo stava cambiando! Il suo Blaise non si sarebbe mai permesso di farle una cosa simile, prima di incontrarla.
«Bene. Allora noi andiamo. Arrivederci, signori Delacour, è stato un piacere rivedervi. Ciao, Gabrielle!».
«Arrivederci a tutti e due. Buona fortuna con la convivenza!» li salutò Camille Delacour con un sorriso bonario e il suo marcatissimo accento francese.
«Arrivederci» la imitarono il marito e la figlia.
Heaven sorrise educatamente e salutò a sua volta, mentre Margaux chiamava l’Elfo Nixon affinché li accompagnasse all’uscita. Blaise avrebbe voluto sottolineare che non ce n’era bisogno, era cresciuto in quella casa e conosceva la strada anche da solo, ma pensò di non calcare troppo la mano, quel giorno era stato già abbastanza irrispettoso. Inoltre, aveva gatte più grosse da pelare. Odiava quando sua madre gli metteva – volontariamente o meno – pulci nelle orecchie.

Il viaggio di ritorno fu piuttosto silenzioso. Optarono per prendere il Nottetempo, anziché Smaterializzarsi, visto che non avevano alcuna fretta di arrivare presto a casa e Heaven amava tanto sfruttare i mezzi di Trasporto Magico (manici di scopa esclusi).
Come la ragazza aveva notato fin da quando erano usciti da villa Zabini, Blaise sembrava essere davvero di cattivo umore. Era una persona riservata e in quanto tale non amava che gli si facessero molte domande, specie quando aveva qualche pensiero di troppo in mente, decise quindi di non disturbarlo e lasciare che seguisse il corso delle sue riflessioni senza interruzioni.
Fu solo quando scesero dal Nottetempo, che Blaise la prese per mano, la voltò verso di sé e la guardò dritto negli occhi, ignorando l’improvviso rossore e la sorpresa sul viso della ragazza. «Io non voglio sposarti» le disse, risoluto.
Heaven sgranò ancora di più gli occhi e si morse il labbro inferiore, confusa. Sembrava serio, convinto di ciò che diceva. Non capiva. Perché le stava dicendo ciò? Non aveva mai preso in considerazione l’idea delle nozze, erano ancora troppo giovani, ma sentirsi dire una frase come quella faceva comunque male. Deglutì a fatica, cercò di non farsi prendere dalle sue solite paranoie, stava cercando di superare il proprio pessimismo, eppure... eppure era impossibile non farsi prendere dal panico quando un ragazzo diceva una cosa simile alla sua compagna. «Ah» mormorò infine, distogliendo lo sguardo. Non riusciva a sostenerlo, non se contemporaneamente doveva sforzarsi di mantenere la calma.
«No, aspetta, guardami – le prese il mento con una mano, delicatamente e fece in modo che i loro sguardi si incontrassero di nuovo. – Io non ho intenzione di sposarti» sottolineò, con un sorriso spento.
Anche la pazienza di Heaven Froggs aveva un limite e in quel momento lo aveva raggiunto. «Sì, Blaise, il concetto è chiaro» replicò con amarezza, infervorandosi leggermente. Si divincolò dalla sua presa e si incamminò lentamente verso casa, guardandosi attorno per mettere in ordine le idee. Dove diavolo voleva arrivare? Come poteva calmarsi se nemmeno riusciva a capire cosa cavolo volesse comunicarle?
Lui ridacchiò, comprendendo il fraintendimento della ragazza, e scosse il capo. La raggiunse e la prese di nuovo per mano, fermandola. «Non sto dicendo che non ti amo, sto dicendo che non ti sposo».
«Be’, grazie tante dell’informazione» rispose nuovamente lei, senza sapere cosa pensare. Doveva mandarlo al diavolo o che altro?
Lui sospirò, si guardò attorno alla ricerca delle parole giuste e tornò a fissare lo sguardo in quello della ragazza. «Mia madre... mia madre ha frainteso. Quando ho detto che non abbiamo intenzione di sposarci, ha creduto che non volessi impegnarmi. Non è così. È proprio perché voglio impegnarmi, che non ho intenzione di sposarti».
Heaven lo fissò in silenzio per dei lunghi istanti, senza capire. Il discorso stava prendendo una piega leggermente più comprensibile, ma sapeva che, per indovinarne il significato, le mancava ancora qualche tassello.
«Mia madre si è sposata sette volte» buttò lì allora Blaise e in quel momento lei capì. Capì che il suo compagno non credeva nel matrimonio. Come sarebbe potuto essere diverso, quando uno dopo l’altro aveva visto passare da casa sua ben sette uomini, che magari si erano presentati come il suo nuovo papà, per poi sparire in qualche modo. Per non parlare di quelli che non avevano nemmeno pensato di sposare Margaux, limitandosi a qualche serata in sua compagnia, per poi fuggire a gambe levate una volta che scoprivano avesse un figlio.
Gli sorrise timidamente, comunicandogli che, sì, ora aveva capito. Si alzò in punta di piedi per scoccargli un bacio a fior di labbra e poi tornò alla sua solita altezza. «Forza, andiamo a casa» disse solo.
L’occhiata che lui le rivolse fu un segno eloquente di ciò che stava pensando: Blaise Zabini non si accontenta di un bacio a stampo. «Non così in fretta, biondina!» Prima che lei potesse obiettare o ridere, lui l’aveva già stretta a sé e la stava baciando come Merlino comandava.
Non avevano bisogno di qualcuno che testimoniasse la loro implicita promessa di rispettarsi e onorarsi per sempre. Non avevano bisogno che qualcuno assicurasse loro che non avrebbero mai smesso di amarsi. Lui aveva lei e lei aveva lui. Tutto ciò di cui avevano bisogno era stare insieme. Bastavano loro due.







So cosa state pensando: “Selfinsertion! Selfinsertion! Selfinsertion!”
Se devo essere sincera, è così. (No, un attimo, fatemi spiegare, non estraete torce e forconi!)
È nata come una selfinsertion, quando ho cominciato a scrivere la long fiction a cui questa one shot si riferisce (che è ancora in fase di progettazione e scrittura, quindi non la trovate da nessuna parte in rete e probabilmente non la troverete mai). Poi la storia si è evoluta, la protagonista è cambiata e anche la coppia su cui la storia si basa. Quella ragazza non sono più io da un sacco di tempo.
Non so cosa dire, esattamente, a parte questo. Prendetela com'è: un missing moment dalla vita di Blaise Zabini e della sua compagna. So che questo Blaise può non essere particolarmente Serpeverde, ma nessuno ha detto che essere Smistati in quella Casa faccia di una persona una carogna a vita, né che tutti i Serpeverde siano carogne. Questo Blaise è comunque vanitoso, egoista e un po’ subdolo, ma anche estremamente innamorato, cosa che rende il tutto – schifosamente – fluffoso.
Perdonatemi le smancerie, se a qualcuno si sono cariati i denti leggendo, pago io le cure dal dentista – e magari non è poi così fluffoso, ma io non abituata a scrivere romanticume.
Basta sto scrivendo troppo. Grazie a chi di voi è arrivato fino a quaggiù. :3
  
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