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Autore: Seki    23/10/2013    3 recensioni
Questo elemento, questa certezza assoluta, portava il nome di Hibari Kyouya.
Conosceva Kyouya da quando, a cinque anni appena compiuti, il bambino gli si era avvicinato, con la sua divisa perfettamente pulita in un mondo fatto di bambini che si rotolavano a terra per giocare, e con il faccino più serio che Kusakabe avesse mai visto aveva espresso la sentenza che avrebbe cambiato la sua vita.
-Da oggi tu diventerai mio amico.-
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le certezze della vita
 
Kusakabe aveva sempre potuto vantarsi –per quanto uno come lui possa mai provare il desiderio di sentirsi superiore agli altri- di essere un tipo tranquillo, ordinario quasi, ma con alcuni punti fermi inattaccabili che fungevano da perno assoluto nella sua vita.
C’erano –e ci sono ancora- alcuni elementi che lui reputava certezze assolute, appigli a cui aggrapparsi in caso di smarrimento e ancore di salvezza nel malaugurato caso in cui qualcosa, nel suo ordinario mondo, cominciasse a girare nel verso sbagliato.
Erano cose piccole, insignificanti e futili forse, ma che per lui rappresentavano il suo tutto.
Ad esempio: Kusakabe sapeva che, al mattino, la sveglia suonava sempre e solo alle cinque e trenta in punto, non un minuto prima, non un minuto dopo, e grazie a quel piccolo segnale la sua giornata iniziava; sapeva che quando sarebbe andato a scuola avrebbe seguito sempre lo stesso viale; sapeva che alla sera, quando sarebbe rientrato a casa, ci sarebbe stato suo padre ad aspettarlo seduto al tavolo, stanco e annoiato dal lavoro, che con la sua espressione più seria gli avrebbe chiesto com’era andata la giornata, prima di iniziare a preparare la cena canticchiando un motivetto stonato.
Erano tutti elementi che andavano a sommarsi nella quotidianità che riuscivano a dare a Tetsuya quel senso di calma che lo pervadeva fin dal giorno in cui era nato.
Eppure, tra tutti questi piccoli fattori, ce n’era uno che spiccava su tutti: un colosso dall’importanza spropositata; l’albero madre da cui partivano tutti quei piccoli rami di cui Kusakabe si nutriva; il centro su cui girava il suo mondo e che, forse in modo un po’ stupido, non aveva nessuna intenzione di scavalcare per porre se stesso al centro della propria vita.
Questo elemento, questa certezza assoluta, portava il nome di Hibari Kyouya.
Conosceva Kyouya da quando, a cinque anni appena compiuti, il bambino gli si era avvicinato, con la sua divisa perfettamente pulita in un mondo fatto di bambini che si rotolavano a terra per giocare, e con il faccino più serio che Kusakabe avesse mai visto aveva espresso la sentenza che avrebbe cambiato la sua vita.
-Da oggi tu diventerai mio amico.-
Se ci pensava ancora oggi trovava assurdo che, tra tutti , avesse scelto proprio lui, ma quando aveva provato a chiedere al diretto interessato il motivo la risposta era stata un semplice e laconico: -Eri quello che urlava di meno-
Mai come in quel momento Tetsuya aveva ringraziato di essere un tipo tranquillo.
Così il pezzo centrale del suo personalissimo puzzle era stato inserito e la sua vita aveva preso a muoversi in un modo tutto suo.
La sveglia era impostata a quel ora assurda, nonostante abitasse a dieci minuti a piedi dalla Namimori , solo ed esclusivamente perché così sarebbe giunto a scuola allo stesso orario di Kyouya, evitando così una punizione degna del Presidente del Comitato Disciplinare; alla sera sapeva di essere tornato a casa stanco per colpa di tutte quelle faccende assurde che Hibari gli rifilava, ma per le quali era lui a proporsi per primo e ne era felice.
In questo modo si era ritrovato ad essere la persona più vicina a quel ragazzo che tutti definivano terribile e spaventoso, ma che per lui era solo troppo serio e troppo chiuso a riccio su se stesso per provare a lasciarsi andare con gli altri, come se fosse spaventato dall’avere qualcuno in più accanto.
Certe volte si era quasi convinto che Kyouya non volesse avere nulla a che fare con gli altri perché convinto di non meritarsi l’amicizia o l’affetto di nessuno, ma questo era un pensiero che Tetsuya –che nonostante tutto teneva a quella sua vita così ordinaria- lasciava rinchiuso nella sua testa da sempre, come un piccolo sogno dimenticato da tempo.
Poi arrivò una scossa: all’inizio lui non l’aveva nemmeno sentita, dopotutto chi mai aveva fatto caso al piccolo Sawada Tsunayoshi? Un ragazzino imbranato, senza amici e senza alcuna particolare caratteristica a renderlo interessante o, quantomeno, diverso da quelli che Kyouya definiva “inutili erbivori”.
Pian piano però, la piccola ed insignificante presenza di Sawada si era fatta più grande, più forte…fino al giorno in cui non si ritrovò all’ospedale per colpa di alcuni tipi sconosciuti comparsi dal nulla provenienti dalla Kokuyo.
Era rimasto in ospedale convalescente per tutto il tempo in cui quella questione era andata prima ad ingigantirsi, per poi sgonfiarsi come un palloncino. Eppure fu proprio quando il palloncino senz’aria raggiunse il pavimento che sentì il primo fremito.
Vedere Hibari steso in un letto d’ospedale ferito –sconfitto- era stato un colpo tremendo e in quel momento, poteva giurarlo, aveva sentito tremare tutto il suo mondo.
Ma alla fine avevano superato anche quello, senza pesanti cambiamenti se non l’includere il “tenere d’occhio Sawada Tsunayoshi” nei doveri del Comitato e un rinforzo dell’allenamento da parte di Kyouya.
Kusakabe sapeva che Hibari era furioso, ferito nell’orgoglio per via della sconfitta; lo sapeva perché era stato lo stesso ragazzo a farglielo capire, in uno di quei rari momenti in cui si ritrovavano sul tetto della loro scuola, solo loro due e il piccolo uccellino che ormai era parte integrante del Comitato.
Quel giorno Kyouya se n stava appoggiato alla balaustra a guardare con odio il tramonto, come se tutti i mali del mondo fossero causati da quel immensa palla di fuoco che spariva all’orizzonte.
Lui si era limitato ad affiancarlo, silenzioso come sempre, e, dopo qualche minuto, era stato proprio Kyouya a rompere il silenzio.
-Non diventerò mai uno stupido erbivoro come gli altri.-
Se n era andato, senza lasciargli il tempo di rispondere o di fare qualsiasi altra cosa, ma aveva capito e andava bene così.
Tuttavia quello non era nulla, nulla, in confronto allo straordinario evento che avvenne dopo qualche settimana.
Nuovamente il passo per iniziare a far girare la ruota del cambiamento era stato breve, nuovamente era stato per colpa di Sawada Tsunayoshi: quando quel uomo sconosciuto consegnò l’anello della Nuvola a Kyouya nessuno dei due aveva ancora ben chiaro cosa quel semplice gesto avrebbe significato, ma Kusakabe sentì la scossa e ne fu preoccupato.
Quando, pochi giorni dopo, una seconda figura fece il suo ingresso trionfale nella sede del Comitato, la preoccupazione si trasformò in vero e proprio terrore.
-Sei tu Hibari Kyouya? Io sono Dino Cavallone, il fratellone di Tsuna, sono qui per parlarti dell’anello della Nuvola…-
Eccolo lì: il terremoto, lo tsunami, l’uragano…la devastazione di un’intera vita fatta di certezze aveva capelli biondi, occhi color del miele e si chiamava Dino Cavallone.
Quando quella storia fatta di combattimenti e sguardi fugaci ebbe inizio, Kusakabe non capì esattamente cosa non andasse.
Non capiva perché provava quella strana sensazione che gli suggeriva che qualcosa in Kyouya stava cambiando e che questo qualcosa avrebbe influenzato lo status quo delle cose, fino a ribaltare completamente alcuni elementi che avevano fatto sì che il suo perno fosse totalmente intaccabile ed indistruttibile. Irraggiungibile.
Fino ad allora Kusakabe non aveva mai pensato alla possibilità che Hibari si innamorasse.
Non che non lo ritenesse possibile –era pur sempre un ragazzo- solo che non credeva che ci fosse qualcosa che potesse interessarlo fino a quel punto.
Eppure, più guardava il suo Presidente e il giovane Boss, più si rendeva conto che qualcosa stava crescendo, ben nascosta e al riparo dallo sguardo indiscreto di tutti, persino da quelli dei due diretti interessanti.
I gesti di Dino, al di fuori dei loro combattimenti assurdi, erano posati e attenti, come lievi carezze che avevano il solo scopo quello di raggiungere, anche solo sfiorandolo, il ragazzino problematico che si trovava davanti, nella speranza di creare un qualsiasi tipo di contatto. Un legame.
Dall’altro canto gli occhi di Kyouya avevano cominciato a farsi inquieti e, più volte, Kusakabe li aveva visti frugare tra la massa di ragazzi che popolavano la loro scuola nella speranza di trovare una testa bionda che non avrebbe dovuto esserci e, una volta che si trovava di fronte al giovane uomo, li aveva visti agganciarsi a quelli di lui, senza mai lasciarli –a volte quasi per ore-, come se fossero stati in qualche modo stregati.
Kusakabe ci mise davvero poco a fare le sue teorie, ancora meno a trovarne la conferma.
Ingenuamente aveva pensato che, una volta finito lo scontro con i Varia, tutto sarebbe finito, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Fu l’errore più grande della sua vita.
Quando lo scontro per l’anello della Nuvola fu finito e il ragazzo tornò a casa, Tetsuya era lì ad aspettarlo, seduto sulla soglia, in attesa di controllare che avesse ancora tutti i pezzi al proprio posto. Lo vide arrivare tranquillo -sul volto la chiara espressione di chi ha vinto-, ma nei suoi occhi aleggiava una piccola nota stonata a cui non riusciva a dare un nome.
Kusakabe chiamò semplicemente il suo nome e Hibari non rimase molto sorpreso dal vederlo lì.
Tuttavia non gli disse nulla fino a quando non lo raggiunse, affiancandolo con la testa bassa, mentre i suoi piedi si fermavano e le nuvole in cielo cominciavano a scurirsi, promettendo tempesta.
-Non è venuto…-
In tre parole Hibari gli disse tutto.
Senza sapere come reagire, tuttavia, Kusakabe non fece nulla, incapace di trovare le parole adatte da dire in una situazione del genere.
Kyouya rimase fermo per qualche istante, come in attesa di qualcosa da parte sua, poi, con un sospiro leggero, riprese ad avanzare verso la porta.
Forse fu il vederlo tendere la mano verso la maniglia; forse fu quel sospiro così flebile; forse fu solo un puro e semplice momento di pazzia che lo spinse a voltarsi di scatto, afferrando quel polso che non aveva sfiorato mai nemmeno per sbaglio, scoprendolo più sottile di quello che aveva pensato che fosse.
Per qualche istante rimasero così, fermi in quella posizione insolita, mentre lui osservava la sua mano avvolgere completamente la pelle dell’altro e Hibari lo guardava come se fosse pronto ad ucciderlo da un momento all’altro. Fu una fortuna che la pazzia non avesse ancora abbandonato del tutto la sua mente, altrimenti sarebbe scappato.
-Tu lo ami.-
Le parole gli fuggirono di bocca, incapaci di trattenersi, formulando la sentenza definitiva che avrebbe cambiato tutto.
Gli occhi di Kyouya lo osservarono prima sorpresi, prima di essere travolti dalla confusione che la consapevolezza porta con se, per poi abbassarsi mestamente, rispondendogli ancora una volta senza bisogno di dire nulla.
Kusakabe lo lasciò andare, ma Kyouya non si mosse.
-Anche lui ti ama.-
Si riscoprì a sorridere a quella che, adesso, era sicuro essere la pura e semplice verità.
Aveva ancora una tremenda paura che qualcosa –tutto?- potesse cambiare, dopotutto Hibari non è mai stato un tipo prevedibile, ma andava bene così.
Per quanto assurdo potesse apparire agli occhi degli altri, Kyouya era il suo migliore amico e, finché il centro del suo mondo non si fosse sgretolato sotto i suoi occhi, avrebbe accettato ogni cambiamento possibile, anche se questo andava a spezzare tutte le sue certezze.
Il silenzio che seguì la sua brillante uscita era a dir poco pesante, ma lui non vi si sottrasse: era pronto a tutto.
Poi il ragazzo che aveva davanti fece un suono molto spaventoso –che assomigliava terribilmente ad una risata- e si voltò verso la porta, lasciandolo lì, con la mano ancora leggermente tesa verso di lui e un espressione confusa dipinta sul viso.
-Ti aspetto alla solita ora, erbivoro.-
Quando Hibari sparì all’interno di casa sua, Kusakabe si lasciò sfuggire un sospiro liberatorio prima di cominciare a ridere, sollevando gli occhi al cielo per ammirare le grandi nuvole nere che lo avevano oscurato.
Sì, andava bene.
Le sue certezze erano ancora tutte lì, tutte in file. Il giorno dopo la sveglia sarebbe suonata ancor alle cinque e mezza.
Sarebbe cambiato tutto, così come non sarebbe cambiato nulla: si trattava solo di inserire un pezzettino in più al puzzle.
Il suo mondo non era così debole, dopotutto.
*****

Kusakabe aveva sempre potuto vantarsi di essere un tipo tranquillo, ordinario quasi, ma con alcuni punti fermi inattaccabili che fungevano da perno assoluto nella sua vita.
Ad esempio: Kusakabe sapeva che, al mattino, la sveglia suonava sempre e solo alle cinque e trenta in punto, non un minuto prima, non un minuto dopo, e grazie a quel piccolo segnale la sua giornata iniziava; sapeva che quando sarebbe andato in missione per conto dei Vongola avrebbe seguito sempre lo stesso viale per raggiungere l’aeroporto; sapeva che alla sera, prima di rientrare a casa, sarebbe passato a salutare la tomba di suo padre, per raccontagli com’era andata la sua giornata.
In dieci anni alcune cose erano inevitabilmente cambiate.
Eppure, tra tutti questi insoliti su e giù che avevano caratterizzato la sua vita, c’era ancora quel unico elemento, quella certezza assoluta, che portava il nome di Hibari Kyouya a fargli da punto di riferimento.
Poco importava se adesso era il Guardiano della Nuvola dei Vongola; poco importava se passava più tempo in Italia che in Giappone, per stare al fianco di Dino Cavallone; poco importava se gli incarichi che gli affidava erano mille volte più assurdi di quelli che aveva quando erano solo ragazzi…
Andava bene così.
Le sue certezze non sarebbero crollate. Mai.
 
 
 
 
 
 
 
°Sproloqui vari°
Oh mamma quanto tempo!
È sempre bello tornare in questo fandom! Non che io me ne sia mai andata eh….solo che non ho più avuto tempo per scrivere/leggere/recensire a causa di Lucca che mi sta decisamente uccidendo e oddiononfiniròmaituttiimieicosplay!
Ma ok, a nessuno importa della mia schizofrenia! E comunque non sono riuscita a stare lontana dalla penna troppo a lungo (poveri voi…).
Dunque la storia è…è…boh. Volevo scrivere qualcosa sul rapporto tra Kyo-chan e Kusakabe perché oddio quel uomo è l’unico, oltre a Dino ovviamente, a capirci qualcosa di quel ragazzino problematico quindi merita più amore!
Solo che credo di essere andata brutalmente ooc XD
E naturalmente ho dovuto sbatterci dentro la D18 perché altrimenti non sono felice! Cercate di capirmi XD
Detto ciò mi eclisso e torno alla macchina da cucire…non vi prometto più che è l’ultima tanto sapete che non è così.
Vi amo tutti!
Baci, Seki
   
 
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