Sono tornata con una nuova fic! Protagonisti, questa volta, i fratelli della Sabbia e il carissimo Shikamaru. I capitoli saranno un po' più corti del mio solito, ma spero che vi piacerà lo stesso.
“Fammi capire.” borbottò Kankuro, osservando la sorella. “Vuoi che lui resti
qui?” La ragazza gli lanciò uno sguardo cattivo e annuì con vigore.
“Ma
certo! Dove vuoi che vada, conciato così? Deve rimanere fino a che non si sarà
ripreso.”
Il giovane scosse più volte il capo.
“Perché non possiamo
semplicemente portarlo in ospedale?” esclamò, esasperato.
“Perché” ringhiò
Temari “è un ninja della Foglia. Konoha, lo capisci? Lo uccideranno.”
“Sì, ma
a noi cosa importa? Siamo in guerra con Konoha...”
“Ma abbiamo un debito con
loro. Naruto ha salvato Gaara. E ora, non voglio più sentirti discutere. Vai dal
Kazekage, ti vuole parlare.” concluse Temari, inginocchiata accanto ad un
ragazzo privo di sensi. Gli puliva le ferite con un panno umido, ogni tanto
glielo passava sul volto sudato.
“Come vuoi” replicò Kankuro alzandosi e
dirigendosi verso la porta. Uscì, sbattendola alle sue spalle.
Temari
sospirò. Gli avvenimenti degli ultimi mesi stavano rendendo tutti troppo
nervosi. Quando Gaara era diventato Kazekage, Suna aveva goduto di un periodo di
pace. Poi, però, il Consiglio aveva deciso che quel ruolo non era adatto ad un
ragazzino che, per l'altro, aveva passato anni ad uccidere senza alcun motivo.
Al suo posto era subentrato un uomo crudele e avido, che ben presto aveva
trascinato il villaggio sul lastrico, e aveva dichiarato guerra a Konoha. Gli
abitanti non avevano trovato il coraggio di ribellarsi al suo dominio, ma i tre
fratelli della Sabbia, di nascosto, aiutavano i ninja della Foglia ad entrare
clandestinamente nel Paese del Vento, e fornivano loro informazioni in cambio di
cibo e farmaci, che scarseggiavano sempre più. Tre settimane prima erano
riusciti a riportare Choji, che era stato ferito, nel Paese del Fuoco, e proprio
in quel momento Temari si stava occupando di Shikamaru, che era stato coinvolto
in un'esplosione che aveva devastato gran parte del Villaggio.
Il ragazzo si
mosse lievemente quando Temari prese a chiudergli un taglio con dei punti di
sutura.
“Shikamaru...” provò a chiamarlo, ma lui non rispose. La kunoichi
chiuse per un secondo gli occhi. Non era un ninja medico e al villaggio non ne
era rimasto neppure uno che non agisse per conto del Kazekage. Le ferite che il
giovane aveva riportato sembravano gravi, e lei non sapeva come comportarsi. I
ninja di Konoha non sarebbero tornati per tre settimane, e lei non poteva
chiedere aiuto a nessuno. Gaara era stato mandato in missione da qualche parte,
lontano. Kankuro invece si era lasciato trasportare troppo dalla situazione, era
stato messo sotto pressione dal Kazekage ed aveva reagito male, diventando
irascibile e scontroso.
Continuò a medicarlo per ore, fino a che non le sembrò che il suo volto
avesse ripreso colore. Si alzò, e si avviò verso la cucina. Kankuro sarebbe
arrivato, sperava, di lì a poco, dato che era già sera, e avrebbe voluto
qualcosa da mangiare.
Aveva appena iniziato a cucinare che la porta s'aprì.
Andò nell'ingresso, e vide il fratello avanzare verso di lei, pallido e
barcollante. Gli corse incontro, e lo aiutò a raggiungere la
cucina.
“Gaara...” mormorò Kankuro, facendole cenno di sedersi.
“Cosa?
Cosa è successo a Gaara?” domandò la ragazza, preoccupata.
“L'hanno arrestato
per sospetto di tradimento, e l'hanno condannato a morte. Senza processo. C'è un
mandato di cattura anche per te. Credo che abbiano scoperto che nascondi
Shikamaru. Io sono agli arresti domiciliari.” spiegò il fratello.
Temari
impallidì.
“Cosa facciamo?” sussurrò. “Cosa facciamo?”
“Ho pensato a
tutto. Abbiamo una settimana per salvare Gaara, sarà impiccato tra sette
giorni... Tu e Shikamaru dovete andarvene stanotte. Ho parlato con Baki, vi
aiuterà a superare il deserto. C'è un posto dove sarete al sicuro... Starai lì.
Io invece andrò a Konoha. Parlerò con l'Hokage, le chiederò aiuto.”
Temari
approvò il piano del fratello, nonostante vi trovasse ancora delle enormi falle.
Sicuramente sarebbero stati entrambi sorvegliati, come avrebbero fatto ad
allontanarsi dal Villaggio? Come sarebbero riusciti a portare Shikamaru, che era
ferito e privo di sensi, al di là del deserto? Come avrebbero salvato Gaara? Era
stata una volta soltanto nelle prigioni del Villaggio della Sabbia. Era
impossibile scappare. Il caldo soffocante, la mancanza di aria e di acqua
debilitavano i prigionieri, e c'erano centinaia di guardie ad ogni accesso.
Tuttavia, bisognava tentare.
“Quando partiamo?” chiese la ragazza,
alzandosi.
“Tra dieci minuti. Prendi solo l'essenziale.” ordinò Kankuro, e si
alzò a sua volta. Iniziarono a preparare silenziosamente i bagagli. Presero ben
poco; Kankuro si accontentò di un abito di riserva e delle sue marionette,
Temari invece prese un abito per sé e uno per Shikamaru, dei farmaci e del cibo.
Alla fine, afferrò il suo grande ventaglio.
“Andiamo?”
“No, bisogna
aspettare Baki. Come pensi di fare a trasportare Shikamaru,
altrimenti?”
Rimasero entrambi in silenzio, seduti accanto al ragazzo di
Konoha, che giaceva a terra.
Temari respirava a fondo per mantenere la
calma. Le pareva di vedere, fuori dalla finestra con le serrande sbarrate, la
squadra speciale di Suna che la veniva a prendere. Le sembrava di sentire la
voce di Gaara che implorava aiuto. Cosa stava facendo in quel momento suo
fratello? Era solo, forse al buio... Magari non l'avevano neppure fatto
mangiare, forse lo stavano torturando. Aveva letto da qualche parte, tanti anni
prima, che le prigioni del Villaggio della Sabbia erano famose per la severità
dei suoi carcerieri. E se Gaara avesse perso il controllo, se avesse distrutto
tutto con la sua potenza?
Scosse la testa. Gaara amava il suo villaggio ed
ogni suo abitante, non avrebbe mai fatto male a nessuno.
Guardò Kankuro. Il
ragazzo fissava un punto imprecisato davanti a sé, corrucciato. Cosa sarebbe
successo a lui? Era agli arresti domiciliari, e quindi era più al sicuro sia di
lei che di Gaara, ma se il Kazekage avesse cambiato idea? Se avesse saputo che
miravano a farsi aiutare da Konoha, che erano dei traditori, che avrebbe fatto?
Aveva assistito ad un processo fatto ad una famiglia di traditori
qualche mese prima. Tutto il popolo era presente. Una madre con due ragazzini,
il più grande dei quali non poteva avere più di una decina di anni. Erano stati
accusati perché avevano accettato del cibo dai ninja della Foglia che avevano
occupato una parte del Villaggio. Prima avevano ucciso i due ragazzini,
obbligando la madre a guardare. Poi l'avevano rinchiusa in carcere.
Avrebbero fatto lo stesso anche con loro, se li avessero scoperti? Avrebbero
ucciso Gaara e Kankuro davanti ai suoi occhi, per poi costringerla a vivere con
il ricordo della morte dei fratelli?
Un rumore sordo la fece sussultare.
Qualcuno aveva bussato pianissimo alla porta sul retro. Kankuro corse ad aprire,
e si trovò davanti la figura altera di Baki. Senza dire una parola, lo fece
entrare. Si avvicinarono in silenzio a Shikamaru, e Baki gli diede un'occhiata
veloce.
“Penso che possiamo arrivare al di là del deserto, se ci sbrighiamo,
in una notte. Dobbiamo cercare di evitare di esporlo al calore eccessivo, se
possiamo. Non gli farebbe per niente bene.” constatò.
Non aspettò una
risposta da parte di uno dei due fratelli. Si inginocchiò e lo sollevò; le
braccia e la testa caddero all'indietro, come prive di vita. Si voltò verso la
porta.
“Andiamo, Temari.” ordinò. La ragazza abbracciò frettolosamente il
fratello, poi seguì il suo maestro fuori dalla casa.
La strada era deserta. Temari si sarebbe aspettata un gran numero di guardie
a controllare lei e la sua famiglia. Incrociò lo sguardo di Baki solo per un
istante, e la sua espressione le fece capire quello che temeva. Erano
state eliminate. Una morsa le strinse lo stomaco, come accadeva sempre quando
uccideva qualcuno. Quante vite era costato il tentativo di salvare lei, i suoi
fratelli, e un ninja della Foglia?
Baki si fermò improvvisamente,
interrompendo i suoi pensieri. Anche Temari aveva sentito. Qualcuno veniva dalla
loro parte. Si nascosero dietro al muro di una casa, in silenzio. La ragazza
pregò perché, chiunque fosse quella persona, non si accorgesse del respiro un
po' affannoso di Shikamaru e non venisse a controllare. Il cuore le batteva
furiosamente in petto, nonostante apparisse tranquilla. Si tranquillizzò un po'
quando le venne in mente che nessuno avrebbe potuto udire il rumore del suo
cuore, a meno che non le avesse poggiato l'orecchio sul petto, cosa che lei non
avrebbe certamente permesso. Sorrise lievemente a quel pensiero.
Baki le fece
un cenno con il capo, indicandole che si poteva proseguire. Lo seguì.
Avvicinandosi alle porte del Villaggio notò un corpo insanguinato a terra. Era
evidente che il suo maestro aveva già provveduto a sgomberare la strada.
Arrivarono al deserto senza intoppi. Iniziarono a correre più velocemente
che potevano, senza parlare, senza guardarsi, preoccupandosi soltanto di non
lasciare tracce.
Quando era ormai l'alba, Baki si fermò. Erano nel bel mezzo
del deserto di Suna, ed entro poche ore sarebbe sorto il sole. Si avvicinarono
ad un'oasi. Temari ricordava quel posto. Era lì che aveva scoperto ciò che era
Gaara. Era lì che aveva visto per la prima volta Shukaku.
“Baki...” mormorò.
“Qui non possiamo nasconderci.”
L'uomo scosse il capo. Posò a terra
Shikamaru, e si avvicinò ad un'alta palma.
“Neppure io sapevo che esistesse.
Me ne ha parlato Gaara appena lo hanno catturato.” Temari annuì. Dopotutto, Baki
era diventato una delle guardie della prigione.
“Lo ha costruito lui. E' un
rifugio sotterraneo, veniva qui da piccolo per non farsi trovare.” Si
inginocchiò accanto al fusto della pianta, e si mise a muovere la sabbia con le
mani, febbrilmente. Continuò la sua operazione fino a che non scoprì una piccola
botola di legno. Temari sgranò gli occhi, stupita. Suo fratello, quando era
ancora un bambino, si nascondeva sotto alla terra? Stava solo, sepolto dalla
sabbia?
Quanto poteva essere sicuro quel rifugio, se Gaara non poteva
essere ferito? Quanto erano state curate le sue difese?
Baki aprì la botola.
Infilò le mani nell'apertura, e cercò a tentoni una scala, una corda, qualcosa
con cui poter scendere. Alla fine, sorrise trionfante. Prese Shikamaru e iniziò
a scendere. Quando fu sotto, Temari lo raggiunse.
Baki estrasse una candela
dalla tasca e l'accese. Aveva posato a terra Shikamaru, che si agitava nel
sonno. Si guardò intorno fino a quando non individuò un interruttore della luce.
Lo premette e una piccola lampadina illuminò l'ambiente.
Gaara aveva avuto
così tanto tempo da passare solo da essere riuscito a portare
l'elettricità in mezzo al deserto? Temari osservò a lungo il luogo in cui si
trovava.
Il rifugio era composto da un'unica stanza, con le pareti, il
soffitto e il pavimento rivestite di spesso legno chiaro. In un angolo erano
sistemati alcuni orsacchiotti di peluche; compagni di giochi e unici amici di un
Gaara bambino che si era costruito un mondo a parte, lontano dalla sua famiglia.
Nonostante la povertà dell'arredamento, che consisteva in un tavolino di legno
traballante e un vecchio fornello elettrico, il posto le dava uno strana
sensazione, a metà tra un profondo senso di solitudine e di accoglienza.
Spostò lo sguardo su un fu ton colorato piegato in un angolo. Gaara non
poteva dormire, e allora perché quello era lì?
“Rimarrete qui.” disse Baki.
“Quando uscirò da qui, coprirò di nuovo la botola con la sabbia, in modo che
nessuno la veda. Tu togli la scala, in questo modo, se mai doveste essere
scoperti, il nemico partirà svantaggiato. Vi porterò cibo ogni notte, non uscite
da qui. Gaara mi ha assicurato che di giorno è fresco e che da quel rubinetto”
lo indicò con il dito “esce acqua potabile.” aggiunse. “Devo andare, adesso. Mi
aspettano alla prigione per il mio turno.”
“Baki? Se vedi Gaara... digli che
andrà tutto bene. Lo tireremo fuori di lì.” L'uomo annuì.
La ragazza si
morse un labbro, mentre osservava uscire.
“Aspetta!” esclamò. Baki mise la
testa dentro.
“Che vuoi ancora? E' tardi.”
“Digli anche che gli voglio
bene.”
Temari si sedette accanto a Shikamaru. Gli sfiorò la fronte con una mano. Era
caldo, e il sudore gli imperlava la fronte. Non era sicura che fosse stata
l'esplosione a causargli quella febbre alta. Tuttavia, importava poco perché gli
fosse venuta, quello che era fondamentale era rimetterlo in sesto. Durante il
viaggio gli si era riaperta una ferita sul petto. Il sangue scuro gli macchiava
la maglietta.
Temari sospirò, prese uno straccio pulito, ago e filo. Aprì il
rubinetto che le aveva indicato Baki, sperando che avesse detto la verità.
Inizialmente caddero solo poche gocce, poi, con immenso sollievo della ragazza,
il flusso dell'acqua si regolarizzò, e lei riuscì a bagnare completamente la
stoffa. Richiuse il rubinetto e si avvicinò a Shikamaru.
Gli tolse la maglia,
strappandogli un gemito di dolore, e si chinò sulla ferita. I punti si erano
strappati. Levò quello che rimaneva del filo, pulì bene il taglio, ed iniziò a
cucirlo nuovamente. Ogni volta che l'ago passava attraverso la pelle del ragazzo
veniva colta da un senso di nausea, ma cercò di resistere. Da quando Gaara era
stato deposto, aveva dovuto imparare a fare anche quello.
Quando ebbe
finito, aprì il futon e vi si sdraiò sopra.
Pensò a Kankuro. Forse era già
partito per Konoha. E se l'avessero preso? Se se ne fossero accorti? L'avrebbero
ucciso, l'avrebbero torturato? L'avrebbero costretto a rivelare dove lei si
stava nascondendo?
Un gemito di Shikamaru la distolse dai suoi pensieri. Si
alzò e lo raggiunse.
“Ti sei svegliato...” mormorò, incrociando gli occhi
scuri del ragazzo, che si tirò a sedere.
“Dove sono? Cosa è successo?”
domandò guardandosi intorno.
“C'è stata un'esplosione al villaggio.” spiegò
Temari.
“Questo me lo ricordo.” replicò il giovane. “Ma poi? Cosa è successo
poi?”
“Ti ho trovato e ti ho portato via di lì. Ma ora hanno arrestato Gaara
e l'hanno condannato a morte,” la voce le si incrinò appena “Kankuro è agli
arresti domiciliari, ma è diretto a Konoha per cercare aiuto, io invece sono
ricercata, quindi siamo nascosti. Siamo sotto al deserto.”
“Dov'è Choji? So
che quando è stato ferito l'hanno portato da voi...”
“A Konoha. Siamo
riusciti a riportarlo indietro.” Il giovane sospirò, sollevato.
“Quindi ora
io e te dobbiamo rimanere nascosti qui finché non ci saranno novità?”chiese dopo
un po'. Temari annuì.
“Che seccatura...”
“Senti un po', cry-baby, pensi
davvero che a me faccia piacere rimanere qui ad aspettare che i miei fratelli si
facciano impiccare?” esclamò la ragazza furibonda.
“N-no...” farfugliò
Shikamaru, spiazzato dallo scatto d'ira della giovane.
“E allora non iniziare
con i tuoi lamenti, la situazione è già abbastanza incasinata senza che ti ci
metti anche tu.”
Gli ci vollero pochi secondi per capire ciò che stava
succedendo. La fissò; era rossa in volto per la collera, ma i suoi occhi avevano
una luce di disperazione che non era riuscita a nascondere. Credeva davvero che
i suoi fratelli non ce l'avrebbero fatta? A Shikamaru sembrava di sentire la
preoccupazione della kunoichi, gli sembrava di poterla toccare, di poterla
provare sulla sua stessa pelle, tanto era forte. Cosa voleva dire per lei essere
rinchiusa sotto al deserto, senza sapere ciò che stava succedendo fuori? Cosa
significava temere per la vita dei propri cari?
Chiuse gli occhi.
A lui
non era mai capitato di temere per la vita dei suoi famigliari. Suo padre era
spesso in missione, certo, ma per qualche strano motivo l'idea che morisse non
gli era mai sembrata particolarmente reale. Per Temari invece era diverso,
proprio in quell'istante, mentre lui, con gli occhi chiusi, ascoltava il suo
respiro accelerato, stava pregando perché sia Gaara che Kankuro si salvassero.
Se Ino fosse stata lì, certamente gli avrebbe consigliato di dire qualcosa che
potesse tranquillizzarla, un parola gentile per assicurarle che i due ragazzi
non correvano nessun rischio. Eppure, gli sembrava stupido farle notare che i
suoi fratelli erano i due ninja migliori di Suna proprio quando uno dei due era
in carcere e l'altro in fuga. Avere un quoziente intellettivo superiore a
duecento non gli serviva a nulla, in quel momento.
Aprì gli occhi quel tanto
che bastava per notare che la ragazza si stava asciugando frettolosamente gli
occhi con la manica del kimono.
Fece finta di non accorgersene, si alzò
lentamente e le si avvicinò.
“L'Hokage aiuterà Kankuro, e si sistemerà
tutto.” le assicurò posandole una mano sulla spalla.
Lei lo fissò qualche
istante, gelida. Dopo un po' lo sguardo le si addolcì, e gli occhi le si
riempirono di lacrime. Tuttavia non pianse, le ricacciò dentro, si fece forza ed
annuì.
“Ma Gaara? Cosa può fare l'Hokage per Gaara?” A quella domanda
Shikamaru non seppe trovare risposta.
Sapeva benissimo che le probabilità di
sopravvivenza del ragazzo erano bassissime. Per qualche strano motivo era certo
che la sabbia non sarebbe intervenuta, in caso di un'impiccagione. Dopo
l'estrazione di Shukaku, la sua difesa si era mostrata sempre più inefficiente.
Inoltre, gli shinobi di Konoha non avrebbero fatto in tempo a fare
nulla.
Anche Temari sembrava averlo intuito. Shikamaru sapeva perfettamente
che non era una sciocca, probabilmente aveva già calcolato le probabilità che
aveva suo fratello di sopravvivere. Erano infinitesimali, a conti fatti.
Un
violento capogiro costrinse il ragazzo a sedersi a terra. Lei gli si inginocchiò
accanto, preoccupata.
Non disse nulla, gli portò una mano alla
fronte.
“Scotti, cry-baby.” constatò. “Dovresti riposare.” Ma il giovane non
la stava ascoltando. Era talmente diversa dalla Temari che aveva conosciuto agli
esami di selezione dei chunnin, dalla ragazza che lo aveva salvato da Tayuya...
Non sorrideva più, aveva perso peso, era pallida e stanca. Eppure aveva
l'energia di sempre. Come ci riuscisse, per Shikamaru era un mistero. Forse
proprio la situazione critica le dava la forza di continuare, forse soltanto la
speranza che si sarebbe sistemato tutto le dava il coraggio di guardare
avanti.
“Cry-baby? Mi stai ascoltando?” Shikamaru scosse il
capo.
“Possiamo andarci noi a salvare Gaara.” propose, incerto.
“Noi?”
ripeté Temari. “Ma tu non sei ancora in grado di combattere...”
“Non ha
importanza” replicò il ragazzo. “Se agiremo con cautela non ci sarà bisogno di
combattere. Stammi a sentire un attimo, Mendekouze; io e te siamo perfettamente
in grado di tenerci lontano dai guai, se tu non ti fai prendere dalla
situazione.”
“Io farmi prendere dalla situazione?!” ripeté alterata la
giovane. Shikamaru annuì, mostrandosi molto più serio e risoluto di quanto
Temari l’avrebbe mai potuto immaginare.
“Senti un po’, Mendekouze, io non
voglio litigare con te; a quanto pare, ti devo la vita. Mi hai curato, quindi mi
devo sdebitare. Quello che sto cercando di dirti è che la situazione è molto
delicata, e quindi è abbastanza normale farsi prendere dalla situazione.” spiegò
pacatamente. Avrebbe voluto aggiungere che, però, essendo ninja, avrebbe dovuto
mostrarsi più fredda, ma non lo fece. Sapeva perfettamente che un simile
intervento gli sarebbe costato la vita.
La ragazza lo fissò per un po’, con
l’aria di star meditando sulle sue parole. Alla fine sospirò, sorrise lievemente
e si sedette a gambe incrociate accanto a lui.
“D’accordo, cry-baby.” lo
incitò. “Sentiamo un po’ il tuo piano.”
***
Kankuro si fermò qualche istante per riprendere fiato. Non era stata per
nulla una buona idea partire da solo.
Sentiva attorno a sé il fruscio
sommesso delle foglie, e in ogni ombra gli sembrava di vedere la Squadra
Speciale di Suna che gli annunciava la morte dei suoi fratelli e la sua
imminente carcerazione.
A ripensarci, neppure offrire aiuto ai ninja di
Konoha era stata una buona idea. Tutto era nato a causa loro, in fondo.
Sapeva perfettamente che, dopotutto, ciò che avevano fatto era giusto e che
in quel modo avevano salvato delle vite, ma non gli importava.
Sentiva un
nodo alla gola. Il sorriso compiaciuto del Kazekage gli era impresso nella
mente, gli appariva davanti, mentre le sue parole gli rimbombavano nella
mente.
“Tuo fratello Gaara è stato arrestato”
Scosse il capo,
riprendendo a correre. Non gli sarebbe successo nulla. Si sarebbe salvato.
Certo, ma come? Lui stava andando a Konoha, e non era detto che il Villaggio
accettasse di aiutarlo. Sapeva che, se avesse chiesto a Naruto, si sarebbe
fiondato a Suna, ma quanto era prudente?
“Sarà impiccato per tradimento
tra sette giorni.”
Aveva bisogno di un aiuto più qualificato che un
ragazzino esuberante e impulsivo come il biondo. Doveva trovare qualcuno che
riuscisse a riportare la faccenda su un piano diplomatico, che riuscisse a
trattare la liberazione di Gaara.
“Senza processo.”
Ma alla fine,
a cosa sarebbe servito trattare? Avrebbe organizzato un colpo di Stato, se fosse
stato necessario. Avrebbe trovato ninja disposti ad aiutarlo, li avrebbe
istruiti, avrebbe ucciso il Kazekage e rovesciato il governo.
E l’avrebbe
fatto in sette giorni.
Ecco qui, il primo capitolo di una storia che non sarà molto lunga (ho previsto otto capitoli). Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci,
rolly too!