Teneva la maschera nera che copriva
metà del volto e da cui
partivano un paio di corna, con entrambe le mani. Ancora indeciso se
indossare
qualcosa in più oltre alla facciata che era ancora
più fitta di un semplice
pezzo di plastica nera che doveva indossare per uno stupido ballo. Nera
come la
sua anima, come faceva credere a tutti.
Fece uno dei suoi sorrisetti solo dove metà dei suoi
splendidi bianchi brillava, dove solo metà labbra veniva
piegata in una sforfia
divertita al solo pensiero di quella frase che tanto lo avrebbe
rappresentato,
con o senza costume: il diavolo mascherato. La storia aveva
rappresentato lui e
i suoi fratelli e quelli a venire, come mostri, demoni, qualcosa da
temere ma
che allo stesso tempo affascinava con la loro bellezza e niente era
più
calzante di quelle semplici tre parole. Si chiese allora che senso
avesse
mettere quella maschera quando già lui camuffava la sua vera
natura senza che
occhio umano potesse davvero farci caso, non a Mystic Falls almeno;
quella era
New Orleans però, quella era la sua casa.
Passeggiava tra le stanze, posava a volte un palmo sui muri
riportando memorie antiche alla mente ma ormai quel posto non gli
apparteneva
più. Sospirò a lungo prima di fare mente locale e
scacciare ogni più buio
sentimento che potesse portare alla luce quelli che più
erano un tormento per
lui: gioia, affetto, amore, speranza. Doveva diventare Re e non avevo
tempo per
stare dietro a quegli stupidi sentimentalismi umani. Doveva mentire,
imbellire
le cose, le parole, i modi; avere mille maschere addosso e quella nera
che
adesso aveva lanciato sul letto, era solo un intoppo verso la
trasparenza che
doveva mostrare. Mai avrebbe messo in conto l’intoppo che
stava per crearsi.
Marcel era astuto, avrebbe usato ogni
arma in suo potere per
far cadere Klaus, fargli commettere un errore tanto grande da poterlo
bandire
da quella che era la sua dimora. Non importava se la realtà
fosse ben diversa,
se il demone fosse diventato lui ancor prima di trasformarsi.
La prima volta era stata una semplice scelta: la vita eterna
al posto dell’amore. Poi rimanere indietro anziché
seguire la famiglia; la sua sicurezza
sopra la vita delle streghe; Davina sopra tutto quello che poteva
intralciarlo.
Già, Davina, colei che l’avrebbe aiutato senza
fiatare, colei che al minimo
spostamento di qualcosa di nuovo o ‘strano’,
avrebbe fatto di tutto per il suo
unico amico.
Il giovane vampiro di sicuro non aveva messo in conto la
bionda però. Anzi, le bionde.
Con l’arrivo
di Klaus, ben presto arrivò Rebekah e vecchi dissapori e
passioni si erano
fatti strada dentro di lui, serpeggiando contro un animo più
nobile e puro che
aveva sempre mostrato invece a Camille che sembrava aver fatto
rinascere in lui
l’amore che credeva di non riuscire a provare mai
più dopo essersi lasciato
alle spalle l’Originaria. Proprio lei aveva preso sottogamba,
ricordandola
ancora come un burattino plasmato dal suo creatore, aveva lasciato che
vagasse;
era passato sopra il massacro dei suoi Notturni pur essendo sicurissimo
che lei
ne fosse l’artefice, non sarebbe passato oltre
l’ultimo smacco che aveva
iniziato la guerra però.
❦☩❦
Scosse il capo per
l’ennesima volta mentre era in quell’aereo
privato che la stava portando a New Orleans. Si era fatta incastrare
dalla Barbie
bionda senza sapere come, anzi, in realtà lo sapeva eccome:
lei ed il suo essere
sopra ogni altro vampiro. Avrebbe maledetto chiunque non fosse riuscito
a
tenerla in quella bara per altri cento anni. Avrebbe maledetto lui.
Soggiogata dalle parole di Rebekah al telefono, si era
lasciata convincere a mollare tutto per un paio di giorni per poter
essere a
New Orleans come ‘espediente’. Visto che non era
sotto uso di verbena non si
era potuta tirare indietro e l’Originaria, fin troppo
scaltra, aveva chiuso la
conversazione anncor prima che la giovane potesse anche solo porle una
semplice
domanda come ‘perché?’ anche se sapeva
bene che c’entrava Klaus. Era sempre
colpa di Klaus e se si fosse messa nei guai anche in questo caso, si
disse che
era la volta buona che si abituasse a quella sostanza che poteva
bruciarle ogni
singola fibra all’interno del suo corpo se questo voleva dire
non essere più soggiogata
e non farsi tirare in ballo dall’unica persona che aveva
evitato solo per non
ammettere a sé stessa che la sua ossessione verso Tyler era
il suo di
espediente per rimanere attaccata ad una vita che sua non era
già da troppo
tempo.
E poi le distanze
facevano schifo, ok? E sapeva che non l’aveva
pensato per il ragazzo
storico ma per quello stupido viaggio che stava affrontando e per
quello
stupido vestito che si era portata dietro e la maschera che Bekah le
aveva
fatto trovare e per altre mille ragioni che avrebbe trovato se,
esasperata al
limite della stanchezza, non si fosse addormentata.
Si svegliò solo quando il pilota annunciò
l’atterraggio e ad
attenderla trovò proprio la Barbie che, con poca grazia nei
suoi confronti –
cosa che ricordava senza fare tutti quei chilometri – la
avvertì di sbrigarsi e
di non farsi vedere, anzi, di correre fino a casa; per
l’esattezza di
attraversare la strada peggiore che avesse mmai dovuto percorrere e
aveva dei
nuovi jeans bianchi che sapeva già sarebbero diventati come
una tuta militare
una volta trovatasi di fronte la villa bianca e immacolata che ospitava
i Mikaelson.
Scosse il capo, come quella mattina,
anche mentre continuava
a ripetersi che quella era una pessima, pessima
idea, che non c’era ragione per cui il piano di
Rebekah – che aveva chiesto
per tutto il giorno notizie di Matt, cosa che incuriosì
l’interesse della
nemica/amica – dovesse funzionare, dopotutto lei non era
più niente per Klaus,
no? Certo, stava mentendo a se stessa, di nuovo.
Le chiamate, i messaggi, i regali recapitate dio solo sapeva
come erano tutti là, nella sua stanza che adesso divideva
con Elena nei
dormitori del college, a ricordarle che lui non era sparito, che faceva
ancora
parte della sua vita. Alla fine era stato quello a spingerla ad
indossare l’abito
bianco tempestato di diamanti, con lo scollo a cuore e la coda a
sirena; mentre
acconciava i capelli in uno chignon basso lasciando qualche ciocca
arricciata,
ricaderle sul viso. L’ultimo tocco che si concesse, oltre il
trucco, furono
quello splendido paio di ali piumate candide per completare il suo
costume. La
maschera che avrebbe tenuto su tutta la sera grazie alla stecca che
l’accompagnava,
al momento giaceva sul letto e se non fosse stato per Rebekah,
probabilmente l’avrebbe
lasciata lì come nulla fosse, come se il pensiero di lui
adesso l’annebbiasse
tanto da farle dimenticare il piano.
Maledetta Barbie
bionda e le sue idee stralunate!
❦☩❦
Si rimirò allo specchio
primo di aggiustare l’acconciatura
che dava volume e una lunghezza più armoniosa al viso di per
sé magro e poi
prese le ali bianche e la maschera che dava sull’argento
prima di uscire di
casa e trovare una macchina ad attenderla. Camille pensò
fosse un gesto carino
da parte della nuova amica, conosciuta quel pomeriggio al bar. Certo,
quando
notò che l’autista era uno degli scagnozzi di
Marcel pensò fosse stata una sua
premura, ma scacciò presto il suo pensiero quando
trovò proprio la Mikaelson in
uno splendido abito nero – completamente in contrasto con il
suo – ad attenderla
all’entrata con colui che aveva una connessione particolare
con lei. Colui che
però l’aveva spinta tra le braccia
dell’amico, per altruismo forse; per forte
senso di amicizia, si convinse.
Raggiunse così i due, ma si ritrovò ben presto
sola con
Klaus notando come Rebekah aveva puntato proprio Marcel. Troppo buona
per
vedere malignità nella vicinanza tra i due,
accettò l’invito dell’uomo che le
porgeva adesso il braccio per andare verso il bancone del bar a
prendere da
bere.
“Uno sguardo tormentato e
allo stesso tempo fin troppo
sicuro di sé è la tua maschera?”
La domanda della giovane donna al suo fianco, ridestò
l’Originario
dalla sua momentanea distrazione, alla ricerca di conversazioni
interessanti da
poter usare come suo
tornaconto
personale.
“Oh love, se fosse solo questo il mio travestimento, non mi
sarei premurato neanche di indossare uno smoking.”
Il suo mezzo sorriso e le sue parole enigmatiche a lasciare
sempre cinque passi indietro rispetto a lui, tutti gli altri.
“Ti saresti perso questo magnifico
spettacolo…”
“Oh già, sfarzo e lussuria in una serata sola,
giusto? I
demoni nella loro vera natura che potrebbero nascondere un cuore puro e
gli
angeli che spesso si rivelano i veri diavoli, non pensi?”
Camille trovava sempre stimolanti le conversazioni con il
giovane straniero che le dava così tanto da pensare ma anche
così tanto da studiare,
da scavare sotto quella persona che doveva essere afflitto da mostri
ben più
grandi di quelli che si erano mascherati in quella sala; mostri che
neanche lei
sapeva di avere davanti in carne ed ossa e non solo come mere
rappresentazioni
di traumi passati.
“Godiamoci allora il buon vino e la buona musica.”
Non voleva rovinare la serata con le sue psicoanalisi,
quelle le avrebbe lasciate ad un altro momento, davanti un altro tipo
di
alcolico e con meno gente attorno magari. Eppure non riuscì
a non notare l’espressione
di Klaus, annoiata e al tempo stesso sempre troppo all’erta
per potersi
rilassare come si doveva.
“Quando neanche la musica... l'arte, può
redimerti, pensi
che farai qualcosa? Che ti lascerai mangiare dal buio? Non è
la sol-“
“Tesoro, basta. Balliamo, abbiamo già parlato
abbastanza.”
L’aveva zittita e le aveva porto la mano per allontanarla da
Marcel e portarla in pista, per far sì che il suo amico
venisse distratto da
ciò che succedeva tra loro più che la guerra che
veniva affrontata per le
strade.
❦☩❦
Vampiri e streghe si erano ritrovati
in una lotta proprio
sotto la chiesa di St. Anne, sotto il naso di Davina; sotto Elijah
sveglio che
la teneva occupata con le sue parole esperte che avrebbero convinto
persino il
santo tra i santi che i vampiri non erano una specie cattiva, che la
redenzione
esisteva per tutti se ci si credeva. Magari non un
‘oltre’, ma il perdono,
quello sì che era per tutti.
L’aveva convinta che se lasciava Klaus libero di riprendersi
la città, lei avrebbe potuto riavere Tim, avrebbe potuto
riavere la sua vita,
la sua libertà; il sangue che quella sera avrebbe macchiato
il quartiere latino
erano solo l’unica soluzione per smetterla con queste
rivalità, per riavere il
potere che le spettava. In cambio, Mikaelson voleva la sua di
libertà.
Davina, accecato dall’idea di poter passare una vita intera,
al di fuori di quell’angusta e buia soffita da solitaria, si
era lasciata
convincere, aveva estratto il pugnale ancora una volta dal corpo
dell’Originario
e l’aveva lasciato scappare mentre lei scendeva lentamente le
scale trovando un
ultimo segno del passaggio dell’uomo dall’anima
antica che l’aveva fatta
ragionare: un invito al ballo e un vestito nero, così
diverso dai vestiti
bianchi e puri a cui era abituata.
❦☩❦
Il lento era al termine e Camille e
Klaus non avevano
proferito parola. Solo quando le ultime note rimasero per un momento
sospese in
aria, l’Originale rispose lasciando la bionda
all’amico, porgendogliela quando
Marcel si fece tanto vicino da poter sentire quell’unica
frase che sarebbe
potuta essere la rovina o la più totale redenzione del suo
creatore.
“Mi innamorerò di nuovo.”
E poi la videro, tutti. Una ragazza simile a quella che
adesso era tra le braccia del ‘protettore’ della
città – come Marcel piaceva
definire sé stesso – ma con un vestito diverso,
con una classe ed eleganza pari
a quelle di una Regina che aveva solo bisogno del suo Re e due mani
macchiate
di sangue come le labbra zuppe di rosso scuro.
GirlOnFire’s
Notes.
Completamente
di getto e non
betata,
probabilmente si nota anche, questa shot è nata allo scopo
di non farmi pensare
essenzialmente, di riuscire a ritagliarmi un po’ di tempo per
me e dedicarmi a
ciò che amo: scrivere. Che poi sia Klaroline e abbia
mischiato qualche elemneto
di un paio di puntate, spero me lo perdoniate.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se magari voleste saperne di
più anche se
nasce come una storia senza seguita, lasciata alla libera fantasia del
lettore.
In ogni caso potete chiedermi tutto qui.
Alla
prossima, V. ♥