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Autore: mamicch    24/10/2013    1 recensioni
Pensieri che feriscono Edmund come la penna intinta nel calamaio ferisce un foglio di carta bianco, tabula rasa.
La monotonia delle sue giornate si faceva sentire ogni ora di più: una tracolla di libri, un contenitore di caffè
Starbucks depositato malamente sul fondo del cestino vicino il semaforo, la solita stradina piena di ciottoli che
conduceva alla stazione ferroviaria e una lunga sciarpa a righe rosse e gialle. Questo era tutto ciò di cui erano fatte
le giornate di Edmund Pevensie. Questo era tutto ciò di cui era fatto Edmund Pevensie.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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HOLLOW

21 Ottobre 1951 - Londra - Inghilterra

La sciarpa era stretta. Molto stretta. Forse era solo un’ impressione, e ciò che gli cingeva la gola era un nodo
inestricabile dall’esterno. Quando estrasse la mano sinistra dalla tasca del cappotto venne subito ferito dal gelo
di Ottobre, il quale gli tagliò le dita. Il giovane uomo era però abituato a fare i conti con il rigido clima della tanto
agognata Londra. Un rapido strattone fece demordere la feroce morsa di quel boa, sperando in un sollievo ma
non si sentiva affatto più leggero. La monotonia delle sue giornate si faceva sentire ogni ora di più: una tracolla
di libri, un contenitore di caffè Starbucks depositato malamente sul fondo del cestino vicino il semaforo,  la solita
stradina piena di ciottoli che conduceva alla stazione ferroviaria e una lunga sciarpa a righe rosse e gialle.
Questo era tutto ciò di cui erano fatte le giornate di Edmund Pevensie. Questo era tutto ciò di cui era fatto
Edmund Pevensie.
Fortunatamente per lui si intravedevano delle luci sul fondo della galleria, in perfetto orario. Esitò per un istante
quando le porte vollero accoglierlo, colpa delle molte persone che prima dovevano scendere. “Un fiume in
piena”, lo definiva sempre. Sguardi e sguardi che fuoriuscivano dalla luce per addentrarsi nelle ombre di una
scura città. L’illuminazione di quel mezzo costituiva per il giovane una via di salvezza, o almeno un luogo
stazionario, dove il tempo si fermava e permetteva di avvolgere nel buio esclusivamente la sua testa. Il sedile era
comodo mentre la visuale fuori il finestrino non lo era altrettanto. Le iridi fisse su quel paesaggio di strisce
colorate compivano un movimento scattante e continuo. Dopo un lieve sospiro  - destinato probabilmente al
bambino schiamazzante collocato sul sedile posteriore al suo - lo studente si abbandonò ai pensieri. La piccola
Lucy stava correndo per il corridoio del vagone con la solita spensieratezza in viso, era curiosa di girare il resto
dei vagoni ma Susan si era raccomandata di tenerla buona. Susan, era seduta di fronte a lui e scrutava la sorella
con un sorriso rassegnato sulle labbra. Edmund pensava che quel sorriso fosse rivolto esclusivamente alla
sorellina. Dovette ricredersi quando lo sguardo della maggiore cadde su di lui con la medesima espressione.
Inizialmente no ne capì il motivo, eppure infondo lo sapeva. Susan lo stava rimproverando di averle immaginate
ancora una volta. Lo stridio delle ruote ed il brusco movimento di arresto del treno permisero di dare pace alla
mente del Pevensie, dissuadendolo dalle dolci illusioni concesse solo alle Americhe. A quanto si vociferava di
posto in posto il treno sarebbe rimasto fermo a causa di problemi tecnici. Fu allora che la sabbia della clessidra si
fermò del tutto. In quel preciso istante che risuonò sordo all’inverosimile, Edmund si rese conto - ancora una
volta - di non aver notato da nessuna parte colui che tormentava le sue notti da quattro anni oramai. Vedeva
uno sguardo fiero e pieno di sé, vedeva lo scudo del Re della foresta, vedeva una voce che non lo raggiungeva.
Erano quelle le notti peggiori, in cui si svegliava di soprassalto temendo di aver scordato il volto dell’amato
fratello.
Peter era morto.
L’America l’aveva portato via. Un incidente stradale aveva detto Susan al telefono, si sentiva anche il pianto di
Lucy in sottofondo. Edmund non disse niente quel giorno, lasciando vuota la cornetta. Non riusciva a capacitarsi
di come fosse potuto accadere, nemmeno i minotauri di Narnia erano riusciti a sopraffarlo. Un sorrisetto tagliò il
viso del giovane, ripensando a quanto inizialmente detestasse il fratello che altro non voleva se non il suo bene.
Molte cose erano rimaste in sospeso, avrebbe voluto scusarsi di aver provato odio e gelosia nei suoi confronti e
ringraziarlo per tutte le volte che aveva preso le sue difese, che l’aveva capito e che lo aveva amato quando
nessuno era là per dimostrarglielo. Un nuovo scossone lo riportò alla realtà, il treno era ripartito verso
Cambridge. La morte di Peter era stata una condanna per lui. Ogni volta che ammirava un cielo limpido non
poteva non ricordare gli occhi cerulei del fratello maggiore. Quell’azzurro gli squarciava il petto con forza e lo
penetrava in ogni sua parte concedendogli il tutto, per poi sottrarglielo. Faceva male, questo è vero, ma Edmund
scrutava spesso il cielo sperando non vi fossero nuvole. Aspettava suo fratello nelle giornate più assolate,
sempre.
  
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