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Autore: Patta97    25/10/2013    4 recensioni
- John.
- Che c’è?
- Cosa dovrebbe essere… questa?
- Una cover.

Chi mai potrebbe regalare una cover a forma di ape al proprio migliore amico? Beh, John Watson.
Note: Fluff, teen!lock, retirement!lock, uso improprio di cover, api ed arnie
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Seeera!
Tutto ciò non sarebbe mai dovuto accadere. Ma questo accade quando cerco delle cover su internet e ne trovo una a forma di ape. Che credo comprerò, because of reasons. Piccola storiella senza pretese, col fluff fino al midollo. Perché ne ho dannatamente bisogno, ne abbiamo bisogno tutti.
See ya all,
Chiara

PS ABBIAMO UNA DATA DI USCITAAAAAAAAAAAAAAAAAA *muore in silenzio*




 
 
Apiculture for Dummies
 


- John.
 
- Che c’è?
 
- Cosa dovrebbe essere… questa?
 
- Una cover.
 
- Questo lo avevo evinto. Ma non capisco perché sia così… così.
Sherlock gli sventolò davanti al naso la stravagante cover gialla e nera, a forma di ape con tanto di alette azzurre.
 
John sorrise sotto i baffi a vedere il broncio dell’amico neo quindicenne.
- Oh, andiamo. È carina.
 
- Carina?! John, non metterò mai al mio telefono questa cover. Mai.
 
- Ma hai detto che le api ti piacciono da impazzire! L’altra notte mi hai messaggiato alle tre per parlarmi del tuo “avvincente ed a tratti entusiasmante” libro sugli alveari. Come è che si chiamava? "Apiculture for Dummies"?
 
Sherlock arrossì vistosamente ed aggrottò ancora di più le sopracciglia.
- Non è la stessa cosa.
 
- Ah, no? Dammi il cellulare.
 
- No.
 
- Sherlock…
 
- Nella mia tasca.
 
Il diciassettenne sorrise vittorioso e infilò una mano nella tasca dei jeans dell’amico, afferrando il cellulare, poi prese la cover dalle dita inorridite di Sherlock.
Poi si voltò e, dando le spalle all’altro, provò il proprio regalo sulla figura sottile ed elegante del cellulare.
Sherlock ostentava una faccia curiosa, mascherandola però con una scettica ed annoiata quando John si girò di nuovo a guardarlo.
Il biondo fece un sorriso giocoso, illuminando i propri occhi blu di una luce bambinesca.
- Bzz.
 
- Chiedo scusa…?
 
L’altro rise ancora ed avvicinò lentamente la faccetta sorridente – e leggermente inquietante - della cover-ape in silicone, muovendola con la mano come se stesse volando per aria.
- Bzz? Bzzzzzz!
 
- No, John. No.
 
- Mazzz Sherlozzz! Non vuoi una appettazzz?
 
Sherlock cercò di rimanere serio ed irremovibile, ritirandosi verso il centro del proprio letto come a volersi difendersi dall’incedere della cover ape, di John e del suo “bzzz” continuo in sottofondo.
- Hai due anni in più di me e ancora giochi a fare i versi degli animali come un infantez.
Il ragazzo si tappò la bocca con le mani.
- È stato il tuo continuo rumore a farmi distrarre!
 
- Sì, certo… Vieni qui, mia distratta apetta! Bzzzzzzz!
John urlò quasi, buttandosi a pesce sull’amico ed iniziando a fargli il solletico.
 
 
 
 
 
40 ANNI DOPO
 
 
- Buongiorno, raggio di sole! La terra ti saluta!
 
- John… Sono le sette. Da quanto sei in piedi?
 
- Da un po’. Forza, alzati, devo farti vedere il mio regalo. È fuori.
 
Sherlock si alzò pigramente dal letto e si infilò uno dei maglioni dell’altro sopra il pigiama per non prendere freddo.
Sorrise, perché un tempo il solo pensiero di mettersi uno di quegli orrendi cosi addosso lo avrebbe fatto inorridire. E adesso…
 
- Muoviti, dormiglione!
 
Il detective in pensione si trascinò dietro al marito, seguendolo fino al giardino sul retro.
Arrivati davanti alla porta, John si fece stranamente serio ed assunse un’espressione solenne, favorita dalle profonde rughe sul suo volto.
- Chiudi gli occhi e dammi la mano. Non sbirciare.
 
Sherlock obbedì e lo seguì per un breve tratto. Nonostante stesse davvero tenendo gli occhi serrati come da istruzioni, percepì prima della soffice erba sotto la stoffa delle pantofole di velluto, poi della ghiaia e dello sterrato, infine del cemento. Erano nell’angolo nord del giardino e udiva un costante e rassicurante ronzio nell’aria.
 
- Apri gli occhi.
 
Il festeggiato li tenne ancora chiusi per un attimo.
- Sai che so esattamente dove siamo nonostante la momentanea cecità forzata. Volevi fare più scena, suppongo…?
Ricevendo solo un bonario silenzio in risposta, Sherlock aprì gli occhi e rimase deliziosamente sorpreso.
Una gigantesca arnia di legno, di quelle vecchie, come ormai non se ne facevano più, troneggiava davanti a lui. Decine di piccole api ne entravano e uscivano, indaffarate e diffidenti.
 
- La scena è riuscita piuttosto bene, suppongo. Vero, mia distratta apetta?
John usò la carta del soprannome che gli aveva affibbiato quel pomeriggio di quarant’anni prima, il pomeriggio del loro primo bacio.
 
- Bz bz…
 
- È un sì?
 
Sherlock annuì e lo abbracciò, cullato dal sole che stava sorgendo tiepido su di loro, dalle operaie impegnate con polline e fiori e dal propria amore per  quell’uomo che sarebbe stato sempre meglio di cento arnie riempite di miele.
 
 
  
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