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Autore: JhonSavor    26/10/2013    3 recensioni
Salve cari lettori e lettrici. Immagino che tutti conosciate Gilbert Beilschmidt, ovvero Prussia, fratello maggiore di Ludwing alias Germania, ma tutti lo conoscono come il "magnifico lui".
Ma chi è Gilbert in realtà? Conosciamo davvero poco di questo personaggio che al di là della sua "modestia" è davvero spettacolare. Volete sapere più di lui?
Mettetevi comodi allora e leggetevi questa storia che vi mostrerà aspetti inediti di Gilbert, lati della sua persona che non credavate avesse.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Hetalia: Storie di Nazioni'
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Bon, bon, mi sono reso conto che effettivamente si va un po’ a rilento con gli eventi e che tutti voi vorreste vedere Gilbert che cavalca per le praterie innevate brandendo spada e lancia… e sarà così ve lo assicuro! Solo che ci devono anche essere dei capitoli di passaggio per comprendere il perchè il nostro magnifico protagonista fa quello che fa.
E poi ho avuto tremilacinquecentosette cose da fare anche con altre fic! Ci vuole pazienza XD.
Grazie per il vostro sostegno e arrivederci!
Risponderò a qualsiasi recensione!
 
 
 
CAPITOLO IV: Incontri in terra di Francia.
 
 
-Cosa mi stai dicendo Ugo? Che tutto quello che abbiamo fatto oggi è stato inutile?-
-Esattamente-
-Abbiamo salvato delle vite, questo non può essere inutile, no?-
-Certo. Se fosse altrimenti, non saremmo qui a bere sereni e tranquilli-
-E allora dove starebbe questa insoddisfazione? Spiegamelo, così potrò capire-
Ugo fece roteare il vino nel suo calice con lenti ma ritmici giri della mano –Quei balordi che abbiamo catturato…-
-Li abbiamo portati dal balivo*, qual è il problema?-
-Probabilmente tra qualche giorno potrebbero essere fuori-
-Cosa?- Gilbert osservò il suo amico con un misto di rabbia e stupore
-Quello che ho detto-
-M-ma, sono degli sporchi bastardi, stupratori… feccia! Non puoi veramente credere che la passeranno liscia!-
-Tentativo di stupro, Gilbert, non hanno commesso il reato, lo abbiamo impedito e questo ci ha tagliato il principale capo d’accusa a loro sfavore-
-Ma ci sono dei testimoni! L’oste, i suoi figli… noi!-
-Cosa credi che valga la testimonianza di un paio di contadini, a conti fatti? E come ti ho detto noi facciamo parte del caso: abbiamo partecipato ad una rissa, bene o male siamo sul loro stesso livello-
-Tu ti vuoi burlare di me! È così vero?-
Ugo lo guardò serio, e bevve un sorso di vino –Gilbertus calmati e ragiona… non farti trascinare da un’inutile frustrazione-
-Beh, scusa tanto se mi indigno per una cosa del genere… avranno una pena da scontare comunque! Il minimo…-
-Gilbertus, loro molto probabilmente sono dei vassalli minori di qualcuno, faranno parte del seguito di un nobile di campagna o qualcosa del genere; ciò che ci sarà da pagare lo pagherà lui, e la pena sarà commutata in moneta sonante… ecco come andrà a finire…-
Il franco gli mise una mano sulla spalla e, sospirando gli disse –È tardi oramai, è meglio andare a letto e riposare. Spero che la notte ti porti consiglio, amico mio-
 
 
Gilbert stava correndo a più non posso per il bosco, cercando ad ogni passo di non incespicare e andarsi a rompere l’osso del collo nella caduta, cosa alquanto difficile soprattutto se un cinghiale di proporzioni mastodontiche è alle tue calcagna, sbuffando e guaiendo come un forsennato.
La freccia lo aveva mancato.
Un arciere sa che non deve pensare ad altro mentre è intento a prendere la mira, ma il germanico non ci potè fare niente. Quella cosa gli bruciava ancora e non era un pensiero gradevole da avere in testa.
-Quid facimus?- gli gridò il biondo al suo fianco
-Nescio!- gli rispose
In lontananza Gilbert vide una grossa quercia ergersi dal terreno. Verdeggiante, gigantesca e soprattutto… solida.
-Aumentate la velocità e correte contro quell’albero laggiù!-
Il biondo che con un balzo era riuscito ad evitare una radice sporgente e in questo modo ad evitare di rompersi l’osso del collo, lo guardò male –Siete impazzito per caso?-
-Fate come vi dico! Correte fino a quasi sotto, poi spostatevi di lato all’ultimo secondo! Fidatevi, va bene?-
Il biondo udì lo sbuffare del cinghiale dietro di loro. Si convinse.
-D’accordo! Spero che solo che la vostra idea funzioni!-
I due corsero da perdere letteralmente il fiato dai polmoni e il cinghiale era sempre dietro di loro, li tallonava a meno di un passo. Se avessero anche solo inciampato o fossero scivolati, sarebbe stata la fine.
Ma non fu così.
Erano ormai arrivati alla quercia secolare, sempre più vicini.
-Ora!-
Gilbert e il biondo si lanciarono di lato all’ultimo secondo e il cinghiale andò dritto a schiantarsi contro l’albero con uno fragore rintonante.
Gilbert prese tre frecce dalla faretra e le scagliò contro il cinghiale. Non soddisfatto ne scagliò altre due e una terza dritta nell’occhio.
La bestia intontita dal colpo e indebolita dalle ferite, non si accasciò al suolo ansimando come avrebbe dovuto ma incominciò a voltarsi verso il germanico.
Gilbert dal canto suo, concedette un moto di ammirazione all’animale per la sua costanza, ma non ci mise più di un secondo a tirare indietro il braccio per prendere un’altra freccia; solo che al posto dell’asticella piumata sentì solo il vuoto nella faretra.
-Stercus!*-
Prima che qualcuno dei due potesse fare qualcosa, il biondo saltò in piedi sulla groppa del cinghiale e brandendo una mazza di ferro gli fracassò il cranio.
Con un tonfo sordo, la bestia cadde al suolo.
-A-ah! Ecco un modo per uscire da una brutta situazione! Vi siete spaventato quando questa bestiaccia vi si è rivolta contro, nevvero messer Gilbertus?-
L’albino si sedette sull’erba fresca, leggermente esausto.
-Oh, mai quanto voi quando lo avete mancato con il giavellotto… messer Franciscus-
 
-Un presente?-
-Si. Sua altezza è più che contento di ricevervi messer Gilbertus degli Edelstein-Beilschmidt. Ma conoscendo di fama la vostra bravura come cacciatore vorrebbe che gli portaste una preda da poter servire al banchetto in vostro onore come portata principale-
-D’accordo, nessun problema… pensate che basterà un cinghiale?-
-Penso che un cinghiale vada più che bene-
-Allora partirò subito-
-Aspettate… c’è qualcuno della corte che ha richiesto di venire con voi-
-Qualcuno della corte? E chi sarebbe costui, un cortigiano?-
-Lo scoprirete presto immagino…-
 
Beh, dovette ammettere che non si sarebbe aspettato che il Regnum Francorum in persona si scomodasse a venire con lui a caccia.
E non appena lo vide venirgli incontro a cavallo si sentì veramente in trepidazione.
Insomma, si disse, il casato degli Edelstein-Beilschmidt discendeva direttamente da Geheimnis, il Rappresentante più antico dei popoli germanici che le cronache ricordano, e lui stesso era il suo secondo nipote*, e ciò era più che un buon motivo per essere orgogliosi di se.
Ma lui era Franciscus Maximus*, il più alto in autoritas insieme ai Rappresentanti dell’Impero e del Papato!
Inoltre la sua dinastia gettava ombra su qualsiasi altra: il padre di suo nonno, Lucio, era Res Publica Romana e suo nonno era Caio Massimo che oggi tutti lo identificano con l’Impero stesso. I suoi genitori erano Quirino Massimo, figlio di Caio, e Grania, figlia di Cadogan, il Rappresentante dei popoli celti dell’Antica Gallia.
E come se questo non bastasse suo zio era Basilio Massimo, gemello di Quirino, Rappresentante dell’Impero di Bisanzio, e sua moglie era nessun’altra che Asparsia, Signora degli Elleni.
Persino i suoi fratellastri minori erano personaggi di spicco: Felix e Lovinus, Custodi della penisola italica, come lo erano stati i loro antenati, protetti del Papa e del Rappresentante del Patrimonium Petrii*, Benedictus Gregorius.
Chi poteva competere con un uomo del genere? Un uomo nella cui persona era riunito quasi tutto ciò che di più valoroso e nobile ci fosse nelle terre della cristianità, in tutto il mondo conosciuto. Chiunque si sentirebbe come schiacciato da un uomo di tal prestigio. Chiunque inizierebbe a provare un moto di ammirazione anche solo dopo averne solo sentito parlare…
 
-Che bestione nevvero Gilbertus?- si lasciò andare una risata divertita –Al banchetto farà la sua bella figura non c’è che dire
L’albino sbuffò, guardandolo roteare la mazza ferrata come fosse un giocattolo: rimase alquanto stranito dall’affabilità dell’uomo, non se l’aspettava.
In tutta onestà lo aveva immaginato un po’ diverso caratterialmente.
Non assomigliava per niente a suo fratello.
Aveva un atteggiamento completamente differente; più… conciliante?
-Bene ora dobbiamo solo recuperare le cavalcature e…- un ombra di smarrimento calò sul suo viso –Messer Gilbertus… vi ricordate vero dove abbiamo lasciato i cavalli?-
Ci volle meno di un secondo perchè Gilbert si rendesse conto di quella realtà –I cavalli! Quando il cinghiale ci ha caricato siamo scappati e loro per non farsi travolgere sono partiti al galoppo!-
Gilbert si coprì la faccia con un mano, avvilito: E adesso che combinavano?
Francis si mise una mano tra i capelli e con un leggero sospiro se ne uscì con un –Suvvia non è successa una tragedia, li andremo a cercare, sono sicuro che li ritroveremo! È ancora presto mi pare…-
-È quasi sera a dire il vero…-
Francis si cinse il mento con una mano e chiuse gli occhi.
-D’accordo allora… passeremo la notte qui. Il cinghiale andrà bene anche per domani, non vedo dove sia il problema-
-Qui? Volete dormire qui all’addiaccio?-
Francis lo guardò strano –Che vi prende Gilbertus? Non lo avete mai fatto?-
-Certo che si!- rispose prontamente l’albino –Ma voi…-
Il biondo gli sorrise un po’ spavaldo –Ragazzo mio, ho dormito all’aperto talmente tante di quelle volte, e non sempre in piacevoli situazioni, con la pioggia e in mezzo al fango, che non saprei neanche dirti un numero preciso-
Gilbert rimase in silenzio, dandosi mentalmente dell’idiota.
-Ora io andrò a cercare i cavalli, mentre voi preparerete il fuoco e la cena… sapete scuoiare un coniglio, no?-
-Si, certo-
-Perfetto! Ci vediamo tra poco allora-
Prima di immergersi nuovamente tra gli anfratti del bosco, Francis si voltò un ultima volta –Il nome del vostro cavallo qual è?-
-Hector-
-Ettore… dall’Iliade immagino-
-Si, l’ho trovato… azzeccato come nome per un destriero. Più giusto-
Il biondo annuì in silenzio, e sempre silenziosamente si avviò nella sua ricerca.
 
La notte era già quasi completamente scese e solo la vermiglia luce del fuoco riluceva nel bosco
Gilbert non ci aveva messo poi molto ad assolvere ai suoi doveri.
La sua preda era già li bell’e pronta ad arrostire sul fuoco che attizzava ogni tanto con uno spiedo.
E Francis non era ancora tornato.
Aveva tutto il tempo di riflettere.
Per qual motivo era alla fine giunto nella terra dei Franchi? Per qual motivo aveva iniziato il suo viaggio?
Perchè cercava risposte? Certo che si.
Perchè in fondo l’ignoto e l’idea dell’avventura e del pericolo lo attiravano? Sicuramente.
Perchè voleva dimostrare il proprio valore a tutti? Certo, si disse, avrebbe fatto risplendere il suo nome di luce propria, affianco di altri grandi eroi del passato. Si sarebbe mostrato degno agli occhi di Dio e del mondo.
C’era altro?
Forse.
Gilbert fece fatica ad ammetterlo a se stesso, ma in fondo era anche perchè si sentiva soffocare in quel mondo che era più dei suoi fratelli Roderich e Ludwig.
Sentiva che non era quello il suo posto. Sentiva che non era quella la sua missione.
Poi che non sapesse neanche lui bene quale fosse la sua vera missione, questo era un altro discorso.
Gilbert iniziò a pensare che stesse andando troppo sul filosofico e scacciò quei pensieri dalla mente. Anche perchè se non faceva attenzione rischiava di bruciarsi la cena!
All’improvviso dall’oscurità venne una voce che gli fece prendere un colpo.
-Eccoci qui, messer Gilbertus!-
L’albino si voltò e vide la bionda figura di Francis farsi avanti con i loro due cavalli tenuti per le briglie.
-Erano andati a cacciarsi in un piccolo spiazzo erboso a mangiare dell’erba. Figuratevi, non appena la paura gli è passata la prima cosa a cui hanno pensato è stata riempirsi la pancia!-
Il franco, legati i due cavalli ad un albero, si sedette accanto Gilbert scaldandosi le mani al fuoco.
-Ecco qui- gli disse porgendogli una porzione della lepre.
-Adoro la selvaggina! Anche se non guasterebbe un po’ di vino, ma tant’è!-
Il silenzio scese tra i due.
Solo che l’albino non sembrava trovarsi per niente a suo agio, al contrario del ben più anziano compagno.
Lo infastidiva quel silenzio. Doveva trovare qualcosa da dire.
Fu lo stesso Regno dei Franchi a trarlo d’impiccio.
-Qual è il motivo della tua visita?-
Il tono diretto stupì al quanto il germanico, abituatosi a sentirlo parlare solo in modo formale, per quanto cordiale.
-Il motivo mi chiedete?-
-Esattamente-
Lo sguardo del biondo si era fatto serio e tagliente, come se la giovialità non gli fosse mai appartenuta.
-Sono in cerca di risposte. Ho lasciato la mia casa per vedere il mondo… e capirlo-
Francis diede un morso alla coscia di lepre e borbottò –Capire la realtà non è cosa facile. La nostra stessa ragione è limitata-
-Ma espansa quanto basta per interrogarci sulle cose e trovare delle risposte appunto, anche se alle volte si ritrovano alla fine di un lungo viaggio-
Gilbert lo vide sorridere e scagliare lontano un osso –Bella risposta. Sei molto acuto Gilbertus. Sono sicuro che farai grandi cose in futuro-
Il franco si battè una mano sulla coscia
-Avanti- continuò -chiedimi quello che vuoi sapere. Perchè se il mio intuito non mi inganna, sono convinto che tu pensi che io possa darti alcune delle risposte alle tue domande-
Gilbert rifletté per un secondo.
-Ecco ci sono molte cose che vorrei domandarvi… ma ho paura di offendervi-
Francis sorrise –Hai la mia parola-
L’albino rimase comunque un po’ tentennante –Ecco… come è possibile che presso di voi ci siano casi di ingiustizie e di mercimonio?-
Francis rimase spiazzato da quella domanda e per alcuni secondi rimase a fissare il suo compagno di caccia nel più completo silenzio.
-Ecco, io non volevo dire che…-
-Stai tranquillo ho capito cosa mi vuoi chiedere. È solo che non mi aspettavo un quesito del genere-
Il franco attizzò il fuoco con lo spiedo usato per girare il coniglio –È una domanda che ha un che di teologico oserei dire… hai mai letto gli scritti di Sant’Agostino?-
Gilbert fece un cenno di assenso ma si affrettò a precisare –Io però non stavo parlando della natura dell’uomo. Volevo solo sapere come mai nelle terre del Re dei Franchi… presso di te…-
L’albino non sapeva come soppesare le parole.
Diamine gli sembrava che ogni cosa che volesse dire, sarebbe suonata offensiva alle orecchie del biondo erede di Roma.
-Ah! Ma allora vuoi disquisire di politica! Ho ragione o no?-
Gilbert optò per un assenso silenzioso.
Il Rappresentante si prese ancora qualche secondo prima di rispondere ma Gilbert potè vedere come sul suo viso si fosse fatto strada un sorrisetto che non aveva nulla di allegro.
-Il fatto è questo Gilbertus: sto cambiando. Non penso di essere mai stato così debole in vita mia. Tranne forse quando ero appena un ragazzino-
Gilbert sgranò gli occhi, incredulo –C-cosa?-
-Eppure è così, mio giovane amico. Non Rappresento più l’Impero. Non sono più chi ero. Il mio re, la cui ascesa io stesso ho legittimato, non ha la forza di imporsi al di là delle terre che gli appartengono per motivi dinastici. La terra dei Franchi è divisa e uomini cercano di sovvertire l’ordine in varie parti di quelli che un tempo erano i miei possedimenti-
Gilbert non riusciva a replicare alcunchè.
-Quindi si, se questo era il tuo segreto quesito, la tua domanda nascosta nell’ombra delle tue parole: sono debole, sono molto debole. Più debole di mio zio o di tuo fratello se vogliamo essere precisi-
Francis alzò lo sguardo al cielo che quella notte sembrava una trapunta di stelle.
-Ma il Buon Dio deve avere ancora qualcosa da farmi fare. Oppure deve avermi protetto in modo che qualcosa possa avvenire. Evidentemente per il popolo che rappresento deve esserci un futuro a cui sono ancora chiamato ad assistere-
Francis gli rivolse un sorriso che stavolta era carico di reale gioia –Sono ancora qui perchè ho un compito da portare avanti. Devo fare ancora il mio dovere, come ho fatto finora. E questo mi da speranza, non solo per me ma per tutti coloro che ho sotto di me, di cui ho responsabilità-
A Gilbert venne quasi da piangere a sentire quelle parole.
L’impressione che aveva avuto di lui all’inizio gli era stata confermata: lui non assomigliava per niente a suo fratello.
Nonostante quello che gli aveva appena detto, l’albino non avrebbe avuto remore a metterlo sullo stesso piano di Roderich in quanto ad autorità.
E a dirlo una persona migliore di lui, per quel che potesse contare.
-Io penso che vi attendano cose grandiose, messer Franciscus. Voi forse non porterete più l’aquila di Roma, dell’Impero. Ma siete comunque il maggiore degli eredi di Roma. Il vostro destino non potrebbe che essere dei più splendenti. Ne sono sicuro-
Francis guardò quel ragazzo venuto dall’est del Reno, con i suoi capelli color della neve e gli occhi come rubini. Un viaggiatore in cerca di risposte a domande difficili, ma sicuro di poterle trovare.
Non sapeva dove quel suo errare lo avrebbe portato. Ma prima o poi avrebbe trovato il suo posto nel mondo, ne aveva piena fede.
-Ti ringrazio per le tue parole Gilbertus. Ora sarà il caso di andare a dormire perchè domani dovremo portare quel bestione a sua altezza-
Dicendo quelle parole Francis si alzò per stiracchiarsi le membra prima di coricarsi.
Le parole del germanico lo colpirono:
-Dovrai scusarmi con il re ma domani partirò verso Ovest-
-Ovest?- domandò incuriosito il franco
-O Sud- continuò lui, stiracchiandosi a sua volta la schiena e le gambe –o Sud-est… insomma devo riprendere il mio cammino. Ho già avuto le risposte che cercavo qui-
-Davvero?-
-O forse mi è bastato incontrarti. Fatto sta che ora voglio vedere personalmente queste terre ricche e divise. Sento di avere ancora molto da vedere, da capire, da domandare-
Francis sospirò mettendosi le mani sui fianchi.
-Allora forse è meglio che ti dica una cosa prima che tu te ne vada-
Gilbert lo guardò incuriosito
-Questa è la prima volta che ci incontriamo, nevvero? Non sapevi nulla di me prima di incontrarmi, giusto?-
-Beh non proprio…- il tono della conversazione si era fatto nuovamente serio all’improvviso e il suo sesto senso gli diceva che qualcosa era in arrivo -so tutto quello che riguarda la tua famiglia, ma penso che questo valga per qualsiasi Protettore che viva in Europa, se non oltre-
-Tua madre non ti ha mai parlato di me, vero?-
A quella domanda l’albino pensò di essersi perso qualcosa
-Eh?-
-Lo immaginavo. Vedi se molti anni fa io e tua madre non avessimo preso… strade differenti, diciamo, ora il mondo sarebbe molto diverso e io e te forse non saremmo neanche qui-
-Che intendi dire?-
Francis non gli parve potesse essere più serio come in quel momento -Sarei potuto essere tuo padre Gilbertus. Era una possibilità che entrambi, e non solo noi, prendemmo in considerazione all’epoca-
Quella rivelazione gli mozzò il fiato.
Lui, Franciscus Maximus, sarebbe potuto essere suo padre? O meglio, lui un tempo era nelle attenzioni di sua madre?
Dire che era sconvolto sarebbe stato un felice e quanto mai azzeccato esempio di eufemismo.
-Anche dopo la fine dell’Impero che fu di Carlo… io e lei avremmo potuto costruire qualcosa. Certo era già stata sposata e aveva avuto tre figli (tu e i tuoi due fratelli per essere chiari) ma non mi sarebbe importato-
A Gilbert la testa iniziò a tamburellare -Che cosa intendi dire?-
-Che mi sarei preso cura di voi. Che saremmo potuti essere una famiglia. Ma lei non volle. Diceva che non ci sarebbe mai potuto essere un noi. Neanche… dopo. Diceva che vi avrei dovuto far crescere secondo i vostri cammini, senza la mia influenza su nessuno di voi tre-
-Quindi ti odiava?-
-Oh no. Quando mi parlava aveva sempre un tono dolce e uno sguardo sincero. Non c’erano conflitti tra noi. Semplicemente sentiva che non avrebbe funzionato…-
Gilbert era più che mai confuso –Non capisco…-
-Neanch’io a dire il vero. Tua madre era molto misteriosa e… complicata in certi argomenti. Sentiva che era così che le cose dovevano andare…-
Mille domande gli ronzavano in testa: Gilbert non sapeva da che parte cominciare.
Sentiva tante cose dentro di se ma quella sera solo una riusciva a sovrastare tutte le altre: benessere
-E ora? Tra di noi intendo-
Francis rimase in silenzio per alcuni istanti.
Gli afferrò una spalla e con una leggera risata gli rispose –Beh se anche solo per stanotte vuoi chiamarmi “padre” mi va più che bene!-
Altro pugno metaforico allo stomaco: quell’uomo era decisamente l’opposto di suo fratello.
La mano dalla spalla passò alla testa e con una leggera pressione la avvicinò alla sua fronte
-Per quanto possa valere, concordo con la tua decisione di voler vedere come è fatto il mondo. Di viaggiare per capire. Tua madre voleva che voi tre trovaste i vostri cammini da soli? Che i vostri destini si sarebbero fatti manifesti prima o poi? Se questo viaggio ti aiuterà ad andargli incontro, allora hai la mia benedizione e le mie preghiere-
Stavolta Gilbert pensò che avrebbe pianto davvero.
Quando aveva lasciato casa sua non avrebbe mai pensato che una cosa del genere sarebbe mai potuta accadere.
Era al si là di ogni umana immaginazione.
 
-Abbi cura di te, Gilbertus-
 
 
 
Anni dopo, a Clermont
 
“Se verrete, riceverete il giusto guiderdone nell'alto dei cieli; se non verrete, ricadrà su di voi il castigo di Dio”
Una volta che Urbano II smise di parlare, la folla che lo ascoltava gridò come un unico corpo con un'unica voce, alta e clamorosa.
“DIEU LI VOLT!”
 
 
 
 
 
* Il balivo era un funzionario a cui erano demandati numerosi impieghi e servizi in molti regni occidentali, soprattutto la Francia, ma in alcuni erano sostituiti da altri funzionari per i diversi sistemi e organismi (in Inghilterra c’erano gli sceriffi e i giudici erranti per esempio) e avevano compiti amministrativi, giudiziari e fiscali, anche se in molti casi la loro autorità dipendeva dai luoghi e dalle situazioni.
 
* Un modo per dire merda in latino.
 
* Per una migliore comprensione della famiglia di Gilbert, leggasi il capitolo secondo XD
 
* Il cognome Bonnefoy è una componente moderna del nome di Francis, non saprei dire se basso medievale o più recente, però penso che in quell’epoca esattamente come non esisteva ancora il concetto di “Francia”, Francis adottasse ancora il suo nome in latino che come è per l’appunto Franciscus (un praenomem preso però in un secondo momento… è una cosa lunga lo so io stesso XD) Maximus (il nomen della famiglia); facciamo i precisini: oggi il nome completo di Francia è Francis Maxime Bonnefoy.
 
* Antico nome dello Stato Pontificio

 
  
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