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Autore: floflo    27/10/2013    5 recensioni
C’è ancora vita in questo fandom?
Ho deciso, dopo un lungo travaglio, di pubblicare questa fic a cui sto lavorando da più di un anno.
Una storia tutt’altro che semplice - che mi ha fatto penare parecchio fin dal primo istante in cui ho deciso di raccontarla -, costruita su diversi livelli temporali: un po’ prequel del prequel, e spin-off del sequel (tanto per confondere ulteriormente le idee a chi avrà la pazienza di seguirmi...) “^^
Cosa conosciamo in realtà di Renèe e del suo passato? E di quello che è stato il suo immediato futuro dopo il matrimonio con Athos?
Sequel di Feuilleton2- Reloaded, questo racconto inizia esattamente dopo la fine del capitolo quarto della mia precedente storia Feuilleton.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aramis, Athos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il feuilleton del feuilleton'
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1. Lo sconosciuto


“L’inferno e il paradiso sono stanze in cui si va a finire senza sapere di averne aperto la porta e, quando si realizza dove si è, o si fa di tutto per uscirne al più presto, oppure si desidera rimanervi il più a lungo possibile.”

La strada che conduceva a Noisy era ridotta a un pantano in quella stagione.
Forti piogge tormentavano la regione, piogge di primavera, anche se della dolce stagione, ricca di promesse e germogli di vita, ancora vi era ben poco.
Grosse nuvole grigie cariche di pioggia solcavano un cielo pesante, plumbeo come l’orizzonte reso ancor più tetro dallo scuro della boscaglia, sferzata da un vento sgarbato e tagliente, che si dilatava ai fianchi della via maestra.

Quando madame de la Croix si trovò davanti quella maschera di fango fradicia e intirizzita, stentò a riconoscere di chi si trattava.
Suo marito, il marchese de la Croix, era fuori a caccia e madame temette che lo sconosciuto che si era presentato quel pomeriggio a casa sua, fosse messaggero di ferali notizie, una disgrazia, un incidente occorso a qualcuno… Non si poteva essere sicuri di niente in quelle terre circondate dalle foreste, infestate dai briganti e lontane dalla città.
Lo aveva detto madame a suo marito il barone di non andare a caccia con quel tempaccio…, ma lui niente, era partito ugualmente lasciandola sola a casa, incurante delle sue preoccupazioni e delle sue preghiere.
Chi poteva essere, dunque, quello sconosciuto che aveva battuto al portone del suo palazzo come fosse l’ultima azione della sua vita?
Coperto com’era da quel mantello scuro e pesante lungo fino ai piedi, fradicio come se avesse galoppato a lungo sotto il diluvio cercando di finire di proposito dentro ogni pozza, incrostato di schizzi di fango fin sopra il cappello con il volto terreo semi nascosto dalla tesa abbassata, era impossibile non rabbrividire dal gelo dell’ inquietudine al suo cospetto.
Anche madame de la Croix non poteva fare altro che stringersi le spalle, cercando con le dita conforto nel calore del suo corpetto di lana di pecora, mentre scrutava intimorita, per non dire terrorizzata quella tetra presenza con il suo alone di mistero e presagio.
Una servetta, poco più che una bambina, la fiancheggia in quel frangente, terrorizzata, e con la mente sottosopra, quanto lei: lo aveva capito da come si era precipitata nel suo salottino privato per annunciarle l’inatteso arrivo, e da come ora tormentava l’orlo del suo grembiale.
Nessuno si sarebbe preso la briga di avventurarsi nelle campagne di Noisy con quel tempaccio se non fosse stato strettamente necessario…
Doveva mantenere assolutamente la calma e i nervi ben saldi, qualsiasi cosa il misterioso visitatore avesse detto.
La servetta si sarebbe messa a gridare, o nella migliore delle ipotesi sarebbe fuggita a gambe levate in cucina, lasciandola sola a fronteggiare l’ignoto che si sarebbe spalancato davanti a lei.
Inspirò profondamente cercando di raggruppare tutte le sue forze prima di proferire la fatale domanda mentre un nugolo di pensieri torbidi vorticavano nella sua testa.
- … Ebbene? - proferì con il tono di voce più fermo che potesse uscire dalla sua gola, nel tentativo di darsi un tono e di rassicurare la giovane domestica oltre che sé stessa.
L’uomo scostò di poco la falda del cappello facendo colare un minuscolo rivolo d’acqua lurida sopra il pavimento per rivelare, finalmente, il suo volto.
Madame sussultò con tutto il contegno che le era concesso.
La figura dello sconosciuto era alta e slanciata, tuttavia non tanto massiccia da poter essere scambiata per quella di un uomo maturo.
I suoi lineamenti erano delicati, la pelle candida, ma furono soprattutto gli occhi a catturare tutta l’attenzione della baronessa.
Quegli occhi che avevano il colore plumbeo del cielo e sembravano allagati dalle medesime pozze d’acqua che inondavano le campagne.
Enormemente sorpresa, ma anche lievemente inorridita, madame de la Croix sussurrò con un filo di voce come se stentasse a credere alle sue stesse parole:
- Renèe?-
- … Diane …- rispose con mormorio sommesso colei che si celava sotto quel mantello che gocciolava irrimediabilmente sul pavimento.
Madame abbandonò allora ogni remora, ogni timore, ogni cupo presagio.
Si avvicinò e scostò con circospezione il bavero del mantello inzaccherato, fino a che la luce pallida di quel tetro pomeriggio non rischiarò definitivamente il volto che si nascondeva là sotto, e allora non ebbe più dubbi: chi poteva arrivare di soppiatto, senza avvisare, a spron battuto con una stagione del genere?
- Renèe! Sei proprio tu! - esclamò con tutto il sollievo e la gaiezza provati da chi è stato appena sgravato da un peso opprimente.
Un torrente incontenibile di parole, esclamazioni di stupore e abbracci affettuosi travolsero l’etichetta formale e i modi misurati di cui la baronessa si era fatta scudo fino a quel momento.
- Che sorpresa! Sei qui da sola? Perché non hai avvisato? E il conte de la Fère è rimasto a Bragelonne?- non faceva altro che ripetere serrandosi con trasporto al mantello inzuppato della sua amica, incurante del fatto che il suo abito andava infradiciandosi a sua volta.
Renèe si lasciava circondare dagli abbracci, dalle feste e dalle domande incalzanti dell’amica, limitandosi a stringerle forte le spalle annuendo computa, mentre qualche lacrima rigava il suo volto confondendosi con le gocce di pioggia.
- Sono contenta che tu sia qui… - sospirò Diane incontrando finalmente gli occhi lucidi della sua amica.
In un battibaleno, ritrovò il suo contegno decoroso e tornò ad essere la solenne baronessa de la Croix, la padrona di casa: diede precise istruzioni alla servitù e condusse Renèe nelle sue stanze private.

Nell’intimità e nel calore del suo salotto al piano nobile, Diane spogliò Renèe del suo fradicio mantello, poi afferrandole con delicatezza le dita di una mano la guidò accanto al camino acceso, sistemando l’amica su una poltroncina, avvolgendola in una coperta con gesti lenti e circospetti, come avesse a che fare con una cosa preziosa e, al contempo, estremamente fragile; poi si accovacciò ai suoi piedi stringendole le mani intirizzite dentro le sue e parlandole con voce bassa e suadente.
- Allora, vuoi dirmi cosa ti è successo?-
Attese in religioso silenzio, osservando Renèe dal basso verso l’alto, il viso reclinato dolcemente da una parte, gli occhi spalancati e attenti, pronta a raccogliere le parole dell’amica… Parole che, purtroppo, avevano tutta l’aria di non voler arrivare.
- Va tutto bene, non è vero?- la incalzò infine dopo un lasso di tempo consono, secondo lei, per avere una risposta.
Renèe annuì, ma Diane continuava a scrutarla attentamente: la conosceva troppo bene per non intuire che dietro quel silenzio reticente si nascondeva qualcosa.
Il sorriso condiscendente di madame scomparve improvvisamente, mentre un pensiero cupo le attraversava la mente come un lampo:
- Con il conte tuo marito, va tutto bene?- domandò.
Renèe parve incespicare.
- Sì, naturalmente…-
- Perché non ti sei fatta accompagnare da lui in carrozza allora? Viaggiare da sola a cavallo con questo tempo…-
- Oh, io ci sono abituata…, e poi a me piace cavalcare in solitudine…-
- Tra i boschi. - la interruppe Diane ammiccando con gli occhi nel tentativo di allentare la tensione. - Avevo scordato questo particolare… -
Renèe si abbandonò con un sospiro sullo schienale della poltrona, come sfinita.
Con la circospezione e la cura che si usa per aprire il riccio spinoso di una castagna Diane continuò la sua indagine.
Forse aveva trovato un indizio.
Le girò attorno, poi le aggiustò meglio la coperta sulle spalle e infine, avvicinando il mento alla sua spalla, sussurrò:
- Il conte lo sa che sei qui?-
Questa volta Renèe rispose senza esitazione, quasi stizzita.
- Naturalmente.-
Le labbra di Diane si schiusero in un sospiro di sollievo.
- Oh, meno male…, per un attimo ho temuto che…- la frase rimase sospesa mezz’aria per un istante, prima che la stessa Renèe la completasse.
- Che fossi scappata?-
Un leggero sorriso di scherno piegò le labbra di Renèe all’insù.
Questa volta era stata lei a leggerle nel pensiero come ai vecchi tempi.
Sapeva che lei sapeva
- Beh, insomma …- si schermì Diane nel maldestro tentativo di dissimulare quel pensiero all’amica.
- Non preoccuparti, non sono scappata, ecco… sono tornata per un motivo ben preciso…- disse risoluta, prima di avere un istante d’indecisione - Vorrei incontrare una persona…-
Renèe aveva pronunciato quelle ultime parole con un flebile soffio, come fosse soprapensiero.
- Finalmente! – Diane le si gettò addosso abbracciandola - Hai deciso di incontrare tua zia ed i tuoi parenti?-
Renèe s’irrigidì immediatamente dentro quell’abbraccio, mordendosi un labbro.
- Beh, non esattamente…, non so se sono pronta… ancora…-
Diane si staccò da lei perplessa e prese, di nuovo, a scrutarla attentamente in viso.
- Ma come?-
Diversi mesi erano trascorsi dalla celebrazione delle nozze con il conte de la Fère e, ancora, la sua amica non si era decisa a presentarsi alla sua famiglia d’origine.
Renèe si chiuse allora dentro l’ostico silenzio in compagnia del quale era arrivata a Noisy.
Diane decise allora di cambiare strategia di nuovo, la questione doveva prenderla ancora più alla larga, prese a frizionarle le braccia con vigore, come se volesse strigliarla, o consolarla a seconda dei punti di vista, ad ogni modo la sua intenzione era di farle sapere che lei era lì, pronta ad ascoltarla e a coadiuvarla.
Renèe la lasciò fare di buon grado, poi ad un tratto poggiò il capo su una spalla di Diane, quasi fosse divenuto improvvisamente troppo pesante, o troppo pesanti fossero i pensieri che la sua testa dentro custodiva:
- Ti ricordi di Cèline?- disse sottovoce.













 
   
 
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