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Autore: angelofcaffeine    27/10/2013    2 recensioni
Settimane dopo esser diventato improvvisamente single, mentre siede di fronte a Sebastian Smythe (che sta facendo i suoi compiti, peraltro) ad un tavolo del Lima Bean, Kurt si rende conto di due cose: 1) trascorre troppo tempo in quel locale; 2) finiva sempre per diventare amico di una persona che detestava.
-
Dal primo capitolo:
Naturalmente, dato che sembrava vivere lì e con frequenza piuttosto inquietante, l’ombra di Sebastian Smythe si era subito stagliata sul suo quaderno.
Sollevò lo sguardo, disinteressato. “Posso aiutarti?” domandò, lo stomaco che si ribaltava alla vista di Sebastian, quel viscido e bastardo suricata, che incombeva su di lui.
Il giovane non si preoccupò di rispondere, si limitò ad inarcare un sopracciglio alla vista di Kurt tutto solo. “Dov’è il fidanzato carino?” domandò.

Traduzione a cura di therentgirl.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdT: … Forse è passato un bel po’ di tempo, vero? Lo so, e non intendevo, ma per qualche motivo ogni volta penso di aver aggiornato (infatti vi stavo per postare il capitolo che ho appena finito di tradurre… che non è questo, per la cronaca) e poi invece mi ritrovo a vedere che l’ultimo aggiornamento è stato ad Agosto. Traduttrice incosciente. Poco da dire anche questa volta, vado lentamente per la lunghezza dei capitoli, ma cerco di portarmi avanti piano piano, così magari vi potrete trovare più aggiornamenti entro le vacanze di Natale (con questi ritmi…). Tutto qui, spero il capitolo vi piaccia, alla prossima! :)

Link al capitolo originale

CAPITOLO 5

Kurt non intendeva invitare Sebastian al pigiama party.

Gli era passato per la testa solo per un attimo quando aveva pensato a qualcuno di single da invitare, ma più che altro si era chiesto se fosse o no strano invitare Viola da sola. Comunque, Kurt non aveva preso seriamente in considerazione l’idea di invitare Sebastian, perché i suoi amici erano strani e presuntuosi, e tutto sarebbe potuto diventare strano molto facilmente.

Avrebbe dovuto accettare molto prima che l’organizzazione di quella serata non era più sua, comunque.

“È quasi un peccato che non gareggeremo insieme,” disse Sebastian mentre Kurt lo conduceva verso la sua macchina.

Non stava prestando troppa attenzione alla conversazione, a causa del piccolo gruppo di amici che li stavano seguendo, abbastanza indietro da dare loro privacy, ma abbastanza vicini da essere ovvi nelle loro intenzioni.

“Ho recentemente appreso che lavorare con te è leggermente meno frustrante che lavorare contro di te,” ammise, guardandosi le spalle. “I miei amici sono strani.”

“Probabilmente penseranno che io stia provando a sedurti per farti trasferire di nuovo alla Dalton,” replicò Sebastian, accennando loro con un braccio.

Si fermarono vicino la macchina del giovane, e Kurt sollevò lo sguardo con un sorrisetto. “Non è così?”

Sebastian scrollò le spalle. “La nostra stagione agonistica è finita. Non ci servi più.”

“Accidenti, e mi mancava l’uniforme,” replicò con un sospiro. “Allora credo che… Oddio.”

Colse con la coda dell’occhio una figura che saltellava verso di loro, agitando il braccio eccitato. “Hey, ragazzi!”

“Fingi di non vederlo,” suggerì. “Rimani immobile e se ne andrà.”

“Non ti piacciono davvero i tuoi amici, eh?” domandò Sebastian con espressione divertita. “Ciao. Ci siamo incontrati prima, vero?”

Sam sorrise. “Sì, avevi un sacco di lividi in faccia quella volta,” rispose, facendo trasalire Kurt. Sembrò non farci caso. “Non voglio trattenervi a lungo, voglio solo farti una domanda.”

Kurt strinse le labbra per non sbottargli in faccia e dirgli di andarsene. Sentiva che non sarebbe andata a finire bene.

“Okay,” rispose Sebastian, appena esitante.

Il sorriso di Sam s’ingigantì. “Sabato prossimo facciamo un pigiama party. Vuoi venire?”

Un giorno, Kurt avrebbe fatto una strage. Sam sarebbe stato il primo della sua lista di vittime. “È un pigiama party e una maratona di Twilight,” spiegò. “Avrebbe dovuto essere una serata tra ragazze, ma sembra che Finn e Sam non possano resistere ai lupi mannari senza maglietta.”

Sebastian lo stava guardando curiosamente, gli occhi sgranati come se stesse cercando di capire qualcosa. “Non mi davi l’idea di essere un fan di Twilight.”

“Mi piace lamentarmi delle loro pessime decisioni e lanciare popcorn allo schermo quando il copione è particolarmente stupido,” ammise. “Poi discutiamo su quanto Bella sia idiota per aver scelto Edward. È una tradizione.”

Le labbra dell’altro si erano stirate in un sorriso a metà della spiegazione. “Certo, sicuro, ci sarò,” rispose, e Sam rivolse a Kurt un’occhiata penetrante (di cui non capiva il significato). “Se è una serata tra ragazze, posso portare Vi?”

“Certo,” rispose Kurt. “Stavo pensando di invitarla, comunque. Lo sapevi che continua a inviarmi messaggi minacciosi?”

“Vi lascio soli allora, ragazzi,” li interruppe Sam a voce un po’ troppo alta. Rivolse un sorrisetto trionfante a Kurt, che sollevò gli occhi al cielo, poi tornò indietro dai suoi amici. Lo stavano ancora aspettando.

Sebastian gli strinse la spalla, ritornando così alla conversazione. “Devo tornare a casa, stiamo facendo un regalo di matrimonio per papà e Jen,” spiegò. “Caffè, domani?”

“Ottima idea,” rispose Kurt, e fu solo quando la mano di Sebastian scivolò lungo il suo braccio che realizzò che non l’aveva lasciato andare per primo. “Avverti Viola della cosa di Twilight durante il pigiama party, prima che accetti,” suggerì. “A domani.”

Tornò dai suoi amici mentre il giovane saliva in macchina, e si permise di tornare ad un’espressione indifferente.

“Quanto puoi essere idiota?” esclamò Rachel, il tono di voce più rude di quanto Kurt si aspettasse.

Sbatté le palpebre. “Uh.” Esitò, incerto su cosa avrebbe dovuto rispondere. “Vuoi data la risposta in pollici?”

“È… sei mica… non riesco a parlargli,” concluse la ragazza, volgendosi. “Qualcun altro glielo spieghi in parole povere.”

Kurt fissò la ragazza, impressionato dalle sue doti recitative, dunque volse lo sguardo al resto del gruppo. “Okay,” disse lentamente. “Che cosa ho fatto di male?”

Puck, che era una delle persone che, sorprendentemente, l’aveva seguito fuori dall’aula di canto, sollevò la mano. “Quindi, non ti stai facendo il Gargler?” Kurt aprì la bocca, pronto a difendersi, ma Puck continuò: “Perché loro sembrano non capirlo, ma io ero sicuro che tu ci fossi dentro fino al collo. Da quando avete cominciato a farvi gli occhi dolci l’un l’altro e a cantare di amore e roba del genere.”

“No, aspetta. Cosa? Avete capito male,” replicò, improvvisamente agitato.

“Come vuoi, amico,” disse Puck. “La cosa ha smesso di essere interessante quando si è capito che siete degli idioti. Ci vediamo dopo, perdenti.”

Kurt osservò il giovane andarsene, la fronte corrugata. “Siete assolutamente ridicoli,” aggiunse poi. “Non è vietato duettare senza dare quell’impressione. Solo perché siamo entrambi gay -”

“Oh, non metterla su questo piano,” insistette Rachel. “Non c’entra il fatto che siate entrambi gay. Non eri nella stessa stanza con noi?”

Kurt sentì il panico cominciare a salire. Il problema era che gli altri non sapevano – non avevano sentito Sebastian parlare a Blaine, non sapevano a chi fosse realmente interessato. E non sapevano che stava cercando di non curarsene, perché essere amico di Sebastian – o qualunque cosa fossero – era importante per lui.

“Non capite,” finì col dire, cercando di mantenere un tono di voce calmo. “Non è come dite voi.”

“Tesoro, cosa è successo a te?” domandò Mercedes, e quando volse lo sguardo su di lei, sembrava onestamente preoccupata. “Perché non riesci a capire cosa sta succedendo?”

Non aveva la forza di discutere. Non sapevano nulla perché non erano stati lì tutto il tempo, e non avevano visto Sebastian interagire con Blaine. Era stato grato del fatto che nell’aula di canto Sebastian non sembrasse interessato nell’avvicinare l’altro, ma ora quasi desiderava che lo avesse fatto, così che tutti capissero cosa aveva fatto.

Si volse e abbandonò il gruppo, ignorando il richiamo afflitto di Rachel. Quando fu al sicuro nella sua macchina, cominciò a chiedersi perché i suoi amici non riuscissero a capirlo. Non capire Sebastian era naturale, perché non conoscevano il contesto, ma sicuramente avrebbero dovuto capire meglio lui, giusto?

Quando controllò il cellulare, dopo aver guidato a lungo per la città, vide che aveva ricevuto un messaggio di Viola che diceva solamente: La maratona di Twilight va benissimo, roba figa. Xxxx

*

A due ore dall’inizio del pigiama party, Kurt aveva cominciato ad accettare il fatto che non fosse un disastro. Viola e Sebastian erano stati gli ultimi a presentarsi, uno con le borse di entrambi tra le mani, mentre l’altra teneva tra le mani una torta con il disegno di un cuore fatto con scaglie di cioccolato bianco (“è per festeggiarti!” aveva spiegato quando aveva chiesto a cosa fosse dovuta), che aveva immediatamente suscitato la loro popolarità tra i suoi amici. Viola si beò di quelle attenzioni, e mantenne gli occhi di tutti puntati su di sé a una maniera che gli ricordò Rachel.

Mentre la ragazza attirava l’attenzione altrui, Kurt sedette sulle coperte che fungevano da accampamento, accanto a Sebastian, e si rifiutò di prendere in considerazione il conto delle calorie. Sarebbe stato sotto un regime di insalata per giorni per rimediare, ma il cibo spazzatura era una tentazione troppo grande.

A un certo punto, mentre cercava di distrarsi dal conto delle calorie, lo sguardo scivolò sulla camicia di Sebastian, appena aperta sotto un gilet. “Oh,” disse, sorpreso, allungando la mano a sfiorare il colletto. “Questa l’ho scelta io.”

Si sentiva stranamente compiaciuto, perché Sebastian chiaramente credeva abbastanza nel suo senso della moda da voler indossare una camicia che aveva scelto, a dispetto di ciò che diceva di solito a riguardo. Il giovane inarcò un sopracciglio. “Beh, sei riuscito a evitare di vestirmi in maniera ridicola, come fai tu.”

Dietro di loro, qualcuno si schiarì la gola rumorosamente. Kurt volse il capo, le dita che scivolavano via dal colletto dell’altro, e Rachel li stava fissando, il mento poggiato alla mano e un ghignetto malcelato. Le lanciò un’occhiata da sta’ zitta, lei rise e lo avvolse in un abbraccio.

Quando misero su Twilight, rannicchiato sul pavimento su una pila di coperte e cuscini, cominciò a rilassarsi. Sebastian si era spostato per poggiare un braccio sul divano, alle sue spalle, e stava quietamente lamentandosi della recitazione e della storia nel suo orecchio. Rachel era finita con la testa sulla sua coscia, e gli lanciava occasionalmente qualche occhiata quando si metteva a ridere.

Quando venne ‘rivelata’ la storia del vampiro, cominciarono a lanciare popcorn. Poteva essere colpa sua come non esserlo. La porzione di pavimento sotto la televisione fu presto occupata da una pila di popcorn, e alla fine del primo film tutte le ciotole erano vuote.

“Ancora popcorn,” insistette Rachel, sollevando la ciotola di plastica, colpendolo quasi in viso.

“Ancora popcorn,” convenne Mercedes, porgendogli l’altra ciotola. Sebastian ridacchiò quando Kurt si scostò.

“Se la smetteste di lanciarli allo schermo potreste anche mangiarli,” fece notare loro Sam. Sembrava l’unico che si stesse godendo davvero i film, giaceva con il mento poggiato alle mani. “Galateo dei film, ragazzi, seriamente.”

Kurt ricadde col capo contro il divano. “Finn,” suggerì. “Va’ a fare i popcorn.”

“Eh no, amico,” replicò l’altro. “Non lo farò. Non lo farò affatto.”

“Non riesco a credere che ne guarderemo altri due,” disse Sebastian. “È questo che fai per divertirti?”

Kurt gli lanciò un’occhiataccia. “Anche se non fosse divertente, sapere che la cosa è una tortura per te è abbastanza,” commentò. “Okay, su Rachel, vado a fare altri popcorn.”

Rachel grugnì infelicemente quando la depositò sul pavimento, dunque si raggomitolò contro Finn. 

“Ti aiuto io,” si propose Viola. “Devo comunque mettermi in pigiama.”

Kurt aiutò Viola ad alzarsi, lei gli strinse la mano quando furono entrambi in piedi, con l’ovvia intenzione di non lasciarla andare. “Da questa parte,” disse, guidandola verso la cucina.

Tutto sembrava differente alla luce della cucina. Gli occhi di Viola brillavano di gioia. “Ho buone notizie,” annunciò quando furono soli.

Kurt sgranò gli occhi. “Qualche gossip, vero?” disse.

Viola rise, dunque lo afferrò per le braccia. “Come regalo di nozze, Papà e Jen hanno pagato a Yitzie il viaggio per stare qui durante il matrimonio!” spiegò, sembrava così felice che non poté che ricambiare il sorriso. “E la sua famiglia ha detto di sì, anche se perderà qualcosa come quattro giorni di scuola, ed è magnifico perché loro mi odiano.”

“Come si può odiarti?” domandò. “Sei così emotiva. Sono davvero felice per te, Viola.”

“Sii solo felice del fatto di non essere stato con me quando ce l’hanno detto,” rispose Viola, sorridendo ancora. “Sebastian avrebbe voluto essere felice, ma era troppo occupato a calmarmi. Gli ho graffiato il braccio.”

Kurt si volse a prendere i popcorn ormai pronti, l’umore sollevato dalla felicità della ragazza. Era una persona dalle emozioni estreme, riconobbe, ma essere trascinati da lei era divertente. Soprattutto in quel momento, quando era praticamente raggiante di felicità. “Quand’è il matrimonio?” domandò una volta che ebbe regolato il microonde.

“A due settimane da domani,” rispose Viola, poggiandosi al bancone. “I matrimoni di domenica mi fanno soffocare, ma almeno non andremo a scuola per due giorni. Con il permesso, anche se avremmo dovuto farlo comunque perché Papà e Jen andranno a Miami senza di noi, che bastardi.”

“Vi lasciano da soli?” domandò, cercando di non apparire troppo terrorizzato al pensiero di tutti i guai che i due fratelli avrebbero potuto combinare da soli.

Viola scosse il capo. “Lo farebbero, ma non possono fare altrimenti. Sebastian sarebbe bloccato a casa.” Alla sua occhiata interrogativa, spiegò: “Yitzie e io non possiamo stare in un luogo chiuso da soli fino a quando non saremo sposati.” Si fermò, poi aggiunse: “E ovviamente la cosa fa schifo, ma non risolve il problema. Quindi mio zio verrà a stare con noi.”

Kurt l’osservò per un momento, curioso, poi tornò ai popcorn. “Penso che sia davvero… impressionante. Che tu faccia funzionare la vostra storia nonostante siate così diversi e tanto distanti.”

La ragazza esitò per un momento, ma quando Kurt guardò in sua direzione, sembrava solo pensierosa. “È come se fossimo arrivati al punto in cui non possiamo fare a meno di farlo funzionare,” ammise. “Insomma, è spaventoso per la metà del tempo, ma penso debba essere così. Sposerò un pazzo religioso e avremo bambini che si chiameranno Yechezkel o roba del genere, e andrò davvero in sinagoga più di una volta l’anno.” Al suo sorriso divertito, aggiunse: “Sono cose spaventose, Hummel. Dovresti sembrare accuratamente terrorizzato.”

Scosse il capo. “Quindi sarai tu a cambiare?” domandò. Voleva suonare sbrigativo, ma venne fuori quasi a mo’ di sfida. “Non volevo dire -”

“No, va bene,” rispose lei. “Cambieremo entrambi. Parlando di stile di vita, probabilmente sarò quella che cambierà maggiormente. Ma quando si tratta di ideologie, lui ha fatto il grosso del lavoro.” Il suo sguardo doveva essere interrogativo abbastanza, perché aggiunse: “Non potevo davvero frequentare un omofobo, no?”

“Giusto,” convenne lui.

“Sebastian è tutto il mio mondo,” spiegò Viola. “Se avessi pensato che Yitzie potesse ferirlo, anche solo con dei pregiudizi, avrei scelto sempre Sebastian.” Kurt si sentì addolcire a quelle parole, le offrì un sorriso. “Se non posso credergli riguardo Sebastian, allora non c’è modo di stare insieme.”

Lo faceva suonare sia facile che profondo, e Kurt si risollevò. “Come sai di poterti fidare di lui?” domandò, prima di pensarci meglio.

L’espressione di Viola era pacifica. “Perché mi ama,” disse.

Kurt inspirò a fondo mentre preparava l’ultima ciotola di popcorn. Il silenzio divenne troppo lungo. “Come fai a -” cominciò, dunque si riscosse. “Sebastian ti ha raccontato di cosa è accaduto con il mio ex?” domandò invece, sperando che centrasse il punto.

“Sì,” rispose la giovane. “Spero non ti dispiaccia. Non abbiamo segreti sulle cose importanti.”

“Quindi sai anche che… insomma, pensavo anch’io che fosse così facile ma…” deglutì, insicuro su cosa stesse cercando di dire. “Non dico che Yitzie sia così, ovviamente, ma come fai a credere che non lo sia?”

Viola rimase in silenzio, e quando Kurt riuscì a guardarla, sembrava che fosse dispiaciuta per lui. La fronte corrugata, distolse lo sguardo. “Lo faccio e basta,” spiegò lei. “Non ho alcuna prova, ma è come se fosse quello il punto. Ha campo libero per spezzarmi il cuore. Ecco perché donarlo a lui è così magnifico.”

*

Quando Eclipse finì, Mercedes, Finn e Viola si erano addormentati e c’era un sottile strato di popcorn sulle coperte.

Kurt, il mento poggiato alle ginocchia e stretto in una coperta, sbatté le palpebre assonnato verso lo schermo. “Lei è completamente idiota,” affermò.

“Potresti essere un po’ meno Team Jacob?” domandò Rachel, la sua voce proveniva da sotto una pila di coperte e cuscini sotto la quale si era sepolta mezz’ora prima, lamentandosi del fatto che avesse mangiato troppo.

Scosse il capo. “No – uh,” rispose, interrotto a metà da uno sbadiglio.

“Kurt non ha tutti i torti,” rispose Sam, ancora fin troppo sveglio. “Chiunque sia stato innamorato sa che il tipo di relazione tra Bella e Edward non è sano. Si tratta di intensità e infatuazione.”

“Concordo,” commentò Sebastian alla sinistra di Kurt. Questi sollevò il capo per guardarlo assonnato. “Che c’è?”

Sospiro, e finalmente trovò abbastanza energia motoria da sdraiarsi. “Non puoi saperlo; non sei mai stato innamorato,” gli fece notare, cercando un cuscino da infilarsi sotto la testa.

Quando ne trovò uno, Sebastian si sdraiò al suo fianco, osservandolo curiosamente. “Non è vero,” disse semplicemente.

Aggrottò la fronte, sforzandosi di tenere gli occhi aperti. “Beh era vero lo scorso mese, quando stavamo parlando di Parigi.”

Sebastian si volse sino a giacere sulla schiena, lo sguardo volto al soffitto. “Non sono nemmeno sicuro che fosse vero allora,” ammise.

La parte sonnacchiosa del suo cervello sembrò riaccendersi a quelle parole, si sollevò sul gomito. “Pensavo che avessi venduto la tua anima per degli stivali cromati d’acciaio anni fa,” disse.

C’era buio, ora, con le sole luci dei lampioni per strada. Il volto di Sebastian era avvolto da un gioco di ombre, ma Kurt riuscì comunque a vedere le sue labbra stirarsi in un piccolo sorriso. “L’avevo solo data in pegno,” spiegò. “L’ho avuta indietro per molto più di quanto meritasse in ogni caso.”

Kurt si sentiva un po’ male, e attribuì la colpa al cibo spazzatura. Si volse in maniera tale che non fosse proprio di fronte al giovane, e si concentrò sul debole sospiro di Rachel piuttosto che sul battito del proprio cuore. “Perché sei ancora single?” sussurrò, chiedendosi se Blaine potesse resistere a quell’opportunità.

Sebastian rimase in silenzio per un lungo momento, prima di dire: “È… emotivamente occupato,” rispose, dunque volse il capo per osservarlo.

Kurt vide il luccichio dello sguardo nella luce fioca che proveniva dalla finestra, e rispose: “Dev’essere un idiota.”

Il sorriso dell’altro si allargò, ma in qualche modo sembrava triste. “Il più grande idiota che abbia mai incontrato,” affermò, quasi fosse un’accusa.

Viola si svegliò più o meno quando il fratello si addormentò. Kurt era esausto, ma non riusciva a trovare una posizione abbastanza comoda, cosa che attribuì ancora una volta al cibo spazzatura e non alla fastidiosa sensazione che aveva in petto.

Scostò gli occhi dal volto di Sebastian quando Viola sbadiglio, e si volse abbastanza in tempo da vedere una mano sollevarsi prima di ricadere sulle coperte. “Tutto bene, Vi?” domandò a bassa voce.

“Mm,” mugugnò in risposta. “C’è cibo?”

Sorrise, cercando di ignorare quella sensazione fastidiosa. “No, tesoro,” disse. “Sebastian mi ha detto di non farti mangiare dopo la mezzanotte, o di lasciarti avere contatto con l’acqua.”

Viola sbuffò. “Bastardo,” disse, poi tornò silenziosa.

Non gli piaceva il silenzio – rendeva troppo difficile ignorare i suoi stessi pensieri – ma non voleva tenerla sveglia, quindi rimase a sua volta in silenzio. Alla fine, si mise di fianco, e guardò il dolce su-e-giù del petto di Sebastian mentre si imponeva di dormire e basta.

Aveva pensato, prima, sedendo nella sua macchina nel tentativo di non piangere, che sarebbe stato meglio se Blaine avesse voluto qualcun altro che non fosse Sebastian. Ma realizzò, mentre cercava di convincersi a dormire (invece di pensare troppo, che era poi quello che finiva per fare comunque) che non era lo stesso dall’altra parte. Sarebbe stato tremendo anche se Sebastian fosse stato innamorato di qualcuno che Kurt non aveva mai incontrato.

Lo capì ancor più chiaramente nelle scene che vide nella sua stessa mente. Che cosa stava succedendo? Non era quello che si aspettava di provare.

Si volse verso il soffitto, e le mani di Viola stavano disegnando qualcosa per aria. Chiuse gli occhi. Sarebbe stato meglio se Blaine avesse voluto chiunque altro eccetto Sebastian, ma non viceversa, significava che non c’entrava per nulla Blaine?

Gli rimase il respiro bloccato in gola, e voleva solo lasciar perdere quell’idea, ma ora che ci aveva pensato non c’era modo di reprimerla. Se non c’entrava Blaine – se quella fastidiosa stretta al petto all’idea che Sebastian fosse innamorato non era correlata al suo ex – allora si trattava solo di Sebastian.

Oddio, voleva forse dire che…?

Pensò a tutte le volte che si erano visti per un caffè, le volte in cui Sebastian lo aveva aiutato con la matematica e lui aveva letto le sue relazioni, quella in cui si era messo in macchina per cercarlo nel bel mezzo della notte, quando si erano messi insieme nello stesso letto, erano andati a fare shopping, avevano letto una poesia e cantato…

E, Dio, Kurt pensò anche a Sebastian e Blaine che parlavano, a come si fosse sentito stranamente ferito – per Blaine che lo chiamava per parlare di Sebastian e lui che gli chiudeva il telefono in faccia perché non poteva sopportare che gli si chiedesse il permesso.

E sul fatto che tutto ciò non aveva a che fare con Blaine.

Oddio, era davvero stupido. Era davvero abbastanza stupido da provare qualcosa per Sebastian Smythe. Che problemi aveva? Quand’era accaduto tutto ciò?

Tra i caffè, i compiti e lo shopping, rispose il suo cervello. Era accaduto lentamente, più come scendere lentamente una scala piuttosto che cadervi dalla cima, un passo attento alla volta, fino a quando ogni passo superficiale aveva eguagliato qualcosa di profondo. Non se n’era accorto perché non c’era stato un momento, ma piuttosto un accumulo di piccole cose, di quel tipo che causavano il cambiamento di una specie.

Kurt pensò Sono innamorato, seguito immediatamente da un Sto per vomitare.

*

Il resto della notte trascorse in una sorta di panico silenzioso. Non aveva vomitato, alla fine, ma aveva trascorso quasi un’ora in bagno a cercare di convincersi che tutto fosse a posto. Non era cambiato nulla, aveva provato a dirsi. Nessuno avrebbe dovuto saperlo. Se l’unico cambiamento era nella sua testa, allora non era davvero qualcosa. Nulla era diverso, si disse.

A un certo punto, tornato sulla pila di coperte, Kurt doveva essersi addormentato. Non ricordava di essersi sentito stanco quando le parole Sono innamorato gli danzarono tra le sinapsi, ma si svegliò con la luce del giorno che filtrava dalle finestre e Viola accoccolata contro la sua schiena.

Apparentemente si era anche spostato a un certo punto, perché si svegliò dal lato opposto dell’accampamento di coperte rispetto Sebastian.

Si stiracchiò, allungando le dita a sfiorare la base del divano, dunque sospirò. “Qualcun altro è sveglio?” domandò.

No,” rispose Rachel, per poi colpirlo sulla coscia con il cuscino. “Nessuno è sveglio. Dormi.”

Kurt si mise a sedere, sorridendole con affetto. “Siete tutti terribili,” dichiarò, continuando poi con un: “Vado a preparare i pancakes.”

Molti dei suoi amici si sollevarono a quelle parole, dirigendosi in cucina per aspettare i pancakes. Sam, che era apparentemente sveglio almeno quanto lui, lo seguì per aiutarlo (o, se si viveva nella realtà di Kurt, per ostacolarlo) a preparare la colazione.

“Sei sparito a lungo ieri notte,” disse, come per iniziare un discorso. Lo guardò con la coda dell’occhio, dunque scrollò le spalle. “Non molto dopo il discorso di Sebastian su -”

“Sam,” lo interruppe. “Lascia perdere.”

“Volevo solo dire, se c’è qualcosa -”

Sam,” disse di nuovo, cominciando a sentire lo stesso panico della sera prima risalire nel suo petto. “Per favore, lascia perdere.”

Il giovane sollevò le mani. “Va bene, amico, stavo solo dicendo la mia.”

Kurt inspirò a fondo mentre si concentrava sulla preparazione di una colazione per sette persone.

La sua rinnovata consapevolezza sui propri sentimenti non lo abbandonò, e gli fece notare delle cose. Gli fece notare il modo in cui aveva sorriso specificamente a Sebastian, automaticamente, quando aveva messo il cibo a tavola, e come Rachel aveva roteato gli occhi in direzione di Mercedes. Dopo quello, provò a non guardare più il giovane, preoccupato per come ovvio dovesse essere stato ovvio persino quando non sapeva perché lo fosse – ma comunque abbastanza perché i suoi amici ne parlassero a riguardo. Dio, era così imbarazzante.

Probabilmente più importante degli sguardi tra Mercedes e Rachel per il suo comportamento era la reazione di Viola. Quando finì di preparare i pancakes e andò a sedersi per mangiare, Viola si alzò immediatamente per liberare il posto accanto a Sebastian con un commento riguardo il doversi vestire, poi lanciò al fratello un’occhiata divertita e un’inarcata di sopracciglia. Kurt scostò lo sguardo mentre sedeva a tavola, desiderando che così potesse essere meno divertente per Viola. Probabilmente lo trovava uno spasso. La tranquilla, sicura Viola, che aveva tutto ciò che voleva, se la rideva mentre lui ammattiva senza nemmeno saperlo.

“Tutto bene?” domandò poi Sebastian, poggiandosi al tavolo con il gomito e reclinando il capo per guardarlo negli occhi. “Sei silenzioso.”

Sorrise meglio che poté, chiedendosi se Sebastian lo avesse notato a sua volta. Sarebbe stata solo una fortuna se il ragazzo avesse capito i suoi sentimenti prima di quanto li avesse capiti lui. “Tutto bene,” rispose. “Non ho dormito molto bene.”

“Hai avuto incubi sui vampiri?” domandò l’altro.

Gli rivolse una lunga occhiata. “Ovviamente, non mi spaventa nulla che brilli,” affermò. “E sì, prima che tu lo dica, questo include il mio gusto nel vestire e la tua brillante personalità.”

Sebastian rise a quelle parole, e lui riuscì a rilassarsi appena. Aver capito i suoi sentimenti non aveva cambiato nulla, si ricordò. Erano ancora Kurt e Sebastian, una sottospecie di amici, anche se riuscivano a stento a sopportarsi.

Molto dopo, quando i suoi amici se ne furono andati e il salotto fu sistemato, Kurt lasciò Sam e Finn a giocare ai videogames e si chiuse in bagno. E se avesse pianto, beh, nessun altro sarebbe stato lì a vederlo.

*

Due giorni dopo, quando Mr Schuester li lasciò dopo l’ultima canzone d’amore strappalacrime (nauseante) di Rachel, Kurt ricevette un messaggio da SMYTHE: Sono fuori, all’ingresso. Devo chiederti una cosa. Ci vediamo tra 5 minuti? X

Devo andare al mio armadietto, rispose. Ci vediamo lì tra poco.

Quinn lo accompagnò all’armadietto per discutere di un potenziale duetto per il compito della settimana. Kurt, che non era mai stato particolarmente vicino a Quinn, era confuso ma perlopiù felice di essere graziato della sua presenza. Comunque, quando lo prese sottobraccio mentre camminavano per i corridoi, non riuscì a trattenersi dal domandarle: “Quinn, cosa vuoi dirmi davvero?”

La giovane lo guardò, un’espressione indecifrabile. “Che vuoi dire?” domandò.

Si fermò, volgendosi per fronteggiarla. “Mi piaci, Quinn,” spiegò. “Sono felice di cantare con te. Ma ho come l’impressione che non si tratti solo di una canzone.”

Un’ombra passò sui tratti ingiustamente perfetti della giovane, poi sospirò. “Mi sembravi giù,” disse infine.

Kurt sbatté le palpebre. “Oh,” disse. “Mi spiace, non volevo farla suonare come un’accusa-”

“No, Kurt, davvero, va tutto bene,” rispose Quinn. “Ho trascorso così tanto tempo della mia vita abbattuta per i ragazzi. Solo…” agitò la mano, come se ci fosse qualcosa che non riusciva ad articolare bene, infine lo guardò negli occhi. “Penso solo che non dovresti fare così. Se hai qualche problema, affrontalo e… torna ad essere te stesso.” Lo colpì leggermente al braccio con il proprio, e aggiunse: “Favoloso.”

Kurt sorrise, poi la prese di nuovo sottobraccio. “Non sono giù,” rispose. “È che ho avuto molto a cui pensare ultimamente. Non mi sto crogiolando né nulla del genere.”

“Bene,” rispose la giovane. “Allora sarai libero di trascorrere un po’ di tempo con me.”

Mentre uscivano dall’edificio si scambiarono un sorriso, che sparì rapidamente quando vide Sebastian. Era poggiato contro il muro, appena colpito dalla brezza, aveva un’espressione pensierosa sul viso, osservava Blaine mentre parlavano.

Si fermò, dunque sfilò il braccio da sotto quello di Quinn. “Va’ avanti,” disse senza guardarlo. “Credo… di aver dimenticato qualcosa.”

Quinn sospirò. “Certo,” disse, dunque si avvicinò a baciarlo sulla guancia. “I ragazzi non sono un così grande problema,” lo informò prima di andare via.

Era d’accordo con lei, ovviamente. Ma non era abbastanza da riuscire a farlo avanzare in quel momento.

Aveva due scelte, riconobbe. Avrebbe potuto raggiungere Sebastian e Blaine e fingere che non gli importasse; che era probabilmente la scelta migliore per preservare la propria dignità. Oppure, sarebbe potuto tornare indietro prima che uno di loro lo notasse, mandare un messaggio a Sebastian dicendo che doveva andare da qualche parte, e lasciarli così a discutere.

Quest’ultima era sicuramente la scelta più cortese, realizzò. Sebastian probabilmente voleva chiedergli di uscire, quindi non avrebbe dovuto interromperli, giusto? Avrebbe rotto qualche regole del codice dell’amicizia interrompendo un amico che parlava con qualcuno che gli interessava?

Kurt, comunque, non aveva preso quella decisione. Fu colto di sorpresa da un saluto, “Hey, fatina” e il lampo di una granita blu che lo colpiva.

Ci voleva sempre un attimo per tornare a se stesso dopo la botta di freddo dopo esser stati presi a colpi di granita. Dopo un attimo tossì e sollevò le mani per rimuovere il ghiaccio e lo sciroppo dagli occhi.

Kurt!” urlò una voce familiare, poi sentì Finn al suo fianco. “Dannazione, ti hanno preso.”

“Mm hm,” rispose, dunque inspirò a fondo. “Bagno?”

“Sebastian… Sebastian, no!” stava urlando Blaine. Non osò aprire gli occhi ancora, me si volse in direzione della voce. “Peggiorerai le cose -”

“Sebastian Smythe,” urlò lui. “Torna qui immediatamente.”

Con sua sorpresa, Sebastian sembrò eseguire gli ordini. In pochi secondi fu circondato da tre ragazzi. “Bagno,” sembrò ricordarsi Finn, prendendolo per la spalla. “Hai un cambio d’abito?”

“Mm hm,” rispose, cominciava a tremare per il freddo ora che la momentanea distrazione di tenere Sebastian fuori dai guai era finita. “Nel mio armadietto. Blaine, ricordi la combinazione?”

“Certo,” rispose Blaine. “Ci vediamo in bagno.”

La sua stessa vita lo stava prendendo in giro, ne era sicuro. I tre ragazzi che lo condussero nuovamente dentro la scuola erano tre persone per le quali Kurt, a un certo punto, aveva provato dei sentimenti.

Quando si ritrovò in bagno, fu certo che la camicia non fosse salvabile. “Dannazione,” soffiò, e decise su concentrarsi sulla propria faccia e i capelli per il momento.

Sebastian prese delle salviettine di carta dal dispenser e gliele porse, riuscendo ad apparire sia costernato che divertito. “Sembri un puffo,” disse.

Gli lanciò un’occhiataccia. “E tu sembri un suricata,” gli fece notare. “Almeno la mia puffaggine verrà lavata via con il colorante blu.”

“Buffo,” replicò l’altro. “Sembrerai ancora un vampiro. Sei mai uscito alla luce del sole?”

“Basta con i vampiri, Sebastian,” disse, chinandosi sul lavandino per sciacquare i capelli dalla sostanza blu e appiccicosa.

“Bisogno di aiuto?” domandò il giovane.

Finn sbuffò. “Non gli andrei vicino mentre si fa i capelli,” disse.

“Ti ho lanciato un asciugacapelli una sola volta, una,” rispose Kurt. Si sollevò e scrutò nello specchio. “Salviette,” ordinò.

Asciugò l’acqua dai capelli con le salviette, poi sospirò al proprio riflesso. “Sembro davvero un puffo,” ammise. “Questa è l’ultima volta che mi vesto di bianco per andare a scuola L’ultima.”

Sebastian si schiarì la gola, e Kurt lo osservò attraverso il riflesso con le sopracciglia inarcate. “A proposito di abiti bianchi,” disse. “Ho un più-uno per il matrimonio di mio padre. Mi chiedevo se ti andasse di venire con me.”

Sbatté le palpebre. “Io, uh -”

Blaine entrò in bagno in una specie di moto vorticoso. “Pensi che questa camicia vada bene?” domandò, la fronte corrugata nell’osservare il capo di vestiario.

Scrollò le spalle. “Probabilmente no,” ammise, cercando di prestare attenzione al fatto che fosse una delle sue camicie preferite invece che alla proposta di Sebastian. “Non mi lanciavano una granita da un po’; avrei dovuto aspettarmelo. Potreste girarvi un minuto?”

Quando tutti e tre si furono voltati, Kurt si permise di pensare a ciò che era accaduto negli ultimi cinque minuti. Sbottonò velocemente la giacca e la camicia bianca, poi utilizzò altre salviette per rimuovere i residui di granita che aveva sul petto. “Oh, è disgustoso,” disse ad alta voce.

“È fico che tuo padre si sposi,” commentò Finn, mentre Kurt si cambiava la camicia e il maglione. “Kurt ha pianificato tutto quello dei nostri genitori lo scorso anno. Ha un mucchio di riviste sul matrimonio, è stato fichissimo.”

Finn era l’unica persona al mondo che potesse passare dal lanciargli palloncini pieni di pipì perché era gay al chiamare la sua collezione di riviste di matrimonio ‘fichissime’. Sollevò gli occhi al cielo. “Potete girarvi adesso,” disse agli altri, chinandosi verso il proprio riflesso per controllare eventuali rimanenze di colorante.

“Hai un mucchio di riviste di matrimonio,” disse Sebastian in tono neutro, un’espressione divertita.

Kurt l’osservò nuovamente attraverso lo specchio. “Ho un mucchio di riviste di matrimonio sotto il mio letto,” lo informò. “Tu hai pile di fotografie, e intendo pile, quindi non giudicarmi.”

Finn, come sempre, sembrava confuso. “Come fai a sapere cosa c’è sotto il suo letto?”

Sebastian rise. “Vabbè. Non tutti abbiamo le tue capacità organizzative.”

Kurt incontrò lo sguardo di Finn. “Lui dice così,” spiegò. “Ma in realtà mi accusa di avere un disturbo ossessivo compulsivo.”

Blaine rise allora, e Kurt (che aveva ignorato la sua presenza risolutamente, tanto da non concentrarsi su di lui) prese un bel respiro.

“Andiamo,” si offrì Sebastian, aprendo la porta del bagno. “Lima Bean?”

Kurt, ancora appiccicoso, imbarazzato e un po’ ferito, scrollò le spalle. “Non penso sia una buona idea,” disse, lanciando un’occhiata al giovane così che capisse che non stava parlando solo del caffè. “Perché non ti porti Blaine?”

Sebastian sembrò confuso quando se lo lasciò alle spalle. Finn lo inseguì, quindi guardò indietro verso Sebastian e Blaine con un cipiglio confuso. “Cos’è successo?”

Kurt continuo ad inspirare ed espirare. Non importava, ultimamente, che Kurt fosse innamorato di Sebastian. L’unico che si stava facendo male era lui, dopotutto. Ma gli importava del fatto che il giovane fosse felice, e se ciò fosse avvenuto con Blaine, allora lui non si sarebbe messo in mezzo. Non quella volta. E certamente non avrebbe permesso a Sebastian ad essere un idiota che non chiedeva ciò che voleva.

“Ho lasciato perdere,” disse a Finn, sforzandosi di sorridere.

*

Quando tornò a casa, il telefono s’illuminò con un altro messaggio.

Quindi la risposta per il matrimonio era un no?

Si passò il cellulare tra le mani per qualche secondo, cercando di pensare a come rispondere. Dopo qualche minuto, rilassò le spalle e piazzò il telefono sulla prima superficie libera.

Finì per giocare ai videogames con Finn e Sam per almeno tre ore.

Sebastian non mandò altri messaggi quella sera.

*

Fu solo a causa della mancanza di messaggi da parte di Sebastian il giorno dopo che si accorse di quanto spesso comunicassero. Non riceveva sempre il messaggio di ‘buongiorno’, ma cominciavano solitamente dopo la seconda ora. Naturalmente, quando la seconda ora finì senza una risposta al suo messaggio (Non penso che la Matematica mi odi come al solito – come va?) cominciò a preoccuparsi del fatto che non stessero parlando.

Era stato sgarbato a evitare il suo messaggio la sera prima. Lo sapeva, ma pensava che Sebastian non avesse bisogno di lui a incoraggiarlo per chiedere a Blaine di accompagnarlo al matrimonio. E poi non aveva voluto esattamente dire ‘no’ all’invito; voleva solo che Sebastian capisse che aveva un’opportunità che avrebbe dovuto cogliere.

Ma forse avrebbe dovuto rispondere comunque. Forse avrebbe dovuto rispondergli con qualcosa che riguardasse altro, per fargli capire che gli andava bene.

Gesù. Il suo rapporto con il giovane non doveva essere meno complicato? Facevano i compiti insieme, a volte discutevano di altro, si punzecchiavano senza sosta, e non avevano litigi. Perché aveva dovuto rovinare tutto innamorandosi?

Mordicchiò il labbro mentre si allontanava dal proprio armadietto, osservando il cellulare. Finì per mandare un messaggio a VIOLA FREAKING SMYTHE invece, chiedendole: Ho fatto arrabbiare Sebastian? Non mi risponde.

Un minuto, ricevette la risposta: Penso che abbia una Sindrome Pre-Mestruale. È stato silenzioso per tutta la cena ieri. Hai fatto qualcosa per farlo arrabbiare? Xxxxxxxx?

Si ritrovò a sorridere alla sfilza di baci seguiti dal punto di domanda, e improvvisamente non fu più solo.

“Hey,” lo salutò Blaine mentre si metteva la borsa in spalla. “Posso parlarti?”

“È quello che sembra tu stia facendo,” rispose Kurt. Gli lanciò una lunga occhiata, dunque domandò: “Come posso aiutarti, Blaine?”

Blaine non aveva lezione di Storia, ma sembrava camminare nella sua stessa direzione comunque. Gli lanciò un’altra occhiata, cercando di capire di cosa si trattasse.

“Quindi,” disse il giovane dopo qualche momento di silenzio. “Io e Sebastian ci siamo presi un caffè insieme ieri.”

Sbatté le palpebre in sua direzione, dunque distolse lo sguardo. “Uh, carino,” disse, cercando di non suonare ovvio. “Per te.”

“No,” rispose Blaine, e quando lo guardò vide un solco tra le sopracciglia. “No, noi, uh -”

Si stavano avvicinando alla classe. “Blaine?” lo richiamò, fermandosi fuori dalla porta e aggrappandosi al manico della borsa. “Dobbiamo proprio farlo?”

“Kurt,” cominciò l’altro, aggrottando maggiormente le sopracciglia.

“No,” rispose in un sospiro. “Guarda, non voglio davvero… sentire nulla a riguardo. Va bene,” lo rassicurò, sforzandosi di sorrise. “Insomma, ho capito. Quindi, vado in classe adesso e tu ti volgerai e andrai nell’altra direzione, e possiamo semplicemente cancellare tutto come se non ne avessimo mai parlato.”

Entrò in classe, tenendo caparbiamente il mento sollevato e le spalle rigide. Si sedette accanto a Tina, e guardò fuori giusto in tempo per vedere Blaine carezzarsi la nuca e andarsene.

Rimase immobile. Prese nuovamente il cellulare, dunque scrisse a Viola: Non sono sicuro di averlo fatto arrabbiare. Di solito manda messaggi, poi si fermò con il dito sulla tastiera. Magari Sebastian non mandava più messaggi per Blaine? Magari Sebastian e Blaine stavano per annunciare la loro relazione ufficialmente, e per chissà quale ragione la cosa aveva precedenza sulla sua amicizia con Kurt?

Dio, sperava non fosse il caso.

*

Kurt stava andando in mensa per il pranzo quando fu velocemente spinto in una classe vuota.

“Hey!” esclamò, scostandosi quelle mani di dosso. “Che cosa stai… Blaine?”

Il giovane in questione chiuse la porta alle loro spalle, dunque lasciò andare un lungo sospiro. “Ora tu mi starai ad ascoltare,” disse, indicandolo.

La sua immediata reazione fu di cercare una via di fuga. Non gli piaceva essere in trappola, lo faceva andare nel panico – ma dopo un paio di battiti troppo veloci del suo cuore, capì che non doveva temere Blaine. Non importava cosa sarebbe accaduto, quanto fregato e usato si fosse sentito, era solo Blaine.

“Okay,” sospiro. “Cos’è tanto importante da dovermi chiudere in una classe vuota per parlarmene?”

Blaine sembrò afflitto, si sfregò il volto stancamente. “Sebastian e io ci siamo presi un caffè ieri, e abbiamo avuto una lunga conversazione su qualcosa di importante.”

“Blaine,” si lamentò, cominciando a sentire un brivido di fastidio. “Sono davvero… vabbè, felice per te, o qualcosa del genere. Ma non voglio parlarne.”

“Perché sei arrabbiato?” domandò l’altro, sorpreso.

Si sentì colto sul fatto a quelle parole, il respiro si fermò in gola per un paio di secondi. “Non sono arrabbiato,” disse infine, cercando di trovare altre parole oltre perché sono innamorato di lui e sono geloso, e ti odio per essere la persona che vuole. “Solo, sono amico di Sebastian adesso. Quindi l’idea di te e lui è… strana per me.”

Il giovane scosse il capo. “Kurt, di cosa stai parlando? Io e Sebastian?”

“Vi frequentate,” spiegò, e poi sentì come se si fosse spettacolarmente perso qualcosa. “Non è questo che stai cercando di dirmi? Riguardo l’uscita per il caffè?”

“Cosa?” domandò Blaine, ancora una volta scuotendo il capo. “No, Kurt… Dio, no, non era un appuntamento. Stavamo parlando di te.”

“Voi stavate… cosa?” domandò, improvvisamente sbilanciato. “Perché stavate parlando di me?”

Il ragazzo si sedette su uno dei tavoli e incrociò le gambe. “Perché sono un idiota, e Sebastian sente il bisogno di ricordarmelo ogni volta che mi vede,” spiegò amaramente. “Pensavi che avessimo avuto un appuntamento? Per questo cercavi di liberarti di me?”

Schiuse le labbra, ma non ne venne fuori qualcosa a lungo. “Io -” cominciò, cercando di riconnettere i fatti in modo che tutto avesse senso. “Sono così confuso,” ammise, dunque si sedette sul banco opposto. “Non siete interessati l’un l’altro?”

“Kurt,” rise l’altro. “Da dove ti è venuta quest’idea?”

Tutto era fuori controllo. Corrugò ancor di più la fronte. “Non è mai stato un segreto che ti volesse,” gli ricordò.

“È stato secoli fa,” gli fece notare Blaine. “È tuo amico ora. Pensavo quasi che voi… comunque,” disse. “Penso di essermi sbagliato anche io.”

“Di cosa volevi parlarmi?” domandò, stringendosi le labbra attorno.

Blaine esitò per un momento, dunque disse: “Mi sbagliavo. Quello che ti ho detto era – non era esattamente falso, ma sono stato… sono stato insensibile e offensivo, e la parte peggiore è stata che Sebastian ha dovuto praticamente urlarmi contro per farmi capire quanto ciò ti abbia fatto male. E come tutto ciò debba essere stato per te.”

Kurt strinse le labbra, fissando il pavimento. “Blaine, va tutto bene. Non devi.”

“No invece,” insistette l’altro. “Mi spiace di averti detto che non sei speciale, Kurt. Ciò che è successo è colpa mia, non tua e – Dio, detta così è ancora peggio, ma non ha nulla a che vedere con te. Non in senso cattivo, perché si tratta di te, ma perché si tratta di me. Ho mandato tutto all’aria. Ma non perché tu non sia speciale.” Blaine sollevò di nuovo lo sguardo su di lui, aperto e onesto come un tempo. “Sei speciale. Io e te non eravamo giusti l’uno per l’altro, ma non perché tu non sia speciale, Kurt.”

Deglutì, Kurt, cercando di trattenersi dal diventare troppo emotivo. “E cosa della discussione con Sebastian ti ha fatto desiderare di dirmelo? Perché ti ha urlato contro?”

“Lui…” Blaine scrollò le spalle, vagamente imbarazzato. “Crede che ti abbia causato problemi di fiducia.”

Sentì la mandibola staccarglisi dal volto, poi si sentì arrossire. La conversazione riguardo la fiducia era stata con Viola, non con Sebastian. Ma loro non avevano segreti, ricordò; una conversazione con Viola era buona quanto una con Sebastian, a meno che non le avesse specificamente chiesto di non dire nulla. Inspirò a fondo per qualche momento, cercando di spazzare via dalla mente tutte le cose imbarazzanti che aveva detto a Viola.

“Beh,” disse, torcendosi le mani, “è difficile immaginare di poter credere di nuovo a qualcuno che mi dirà di essere innamorato di me. È vero. Ma non è colpa tua; magari avrei dovuto essere io scettico sin da subito. Insomma, solo perché qualcuno dice di amarmi, non significa per forza qualcosa.”

Quando sollevò lo sguardo a Blaine, questi aveva gli occhi chiusi, afflitto. “Oddio, Kurt. No.”

“Non… non ci sto male,” insistette, cominciando a sentirsi offeso. “È così che va la vita, Blaine. Le persone si sbagliano, o non capiscono i propri sentimenti, o vogliono davvero qualcosa da te. E non è sempre possibile… dirlo.”

“Kurt,” disse Blaine. Ci fu un lungo momento in cui si sentirono solo i loro respiri, e di nuovo si sentì privo di equilibrio, tremante. “Mi dispiace così tanto.”

Kurt mordicchiò il labbro, cercando di pensare a qualcosa da dire. “Anche a me,” disse infine, dunque si sollevò dal banco e uscì fuori dalla classe. 

 

  
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