NdT:
… Forse è passato un bel po’ di tempo,
vero? Lo so, e non intendevo, ma per
qualche motivo ogni volta penso di aver aggiornato (infatti vi stavo
per
postare il capitolo che ho appena finito di tradurre… che
non è questo, per la
cronaca) e poi invece mi ritrovo a vedere che l’ultimo
aggiornamento è stato ad
Agosto. Traduttrice incosciente. Poco da dire anche questa volta, vado
lentamente per la lunghezza dei capitoli, ma cerco di portarmi avanti
piano
piano, così magari vi potrete trovare più
aggiornamenti entro le vacanze di
Natale (con questi ritmi…). Tutto qui, spero il capitolo vi
piaccia, alla
prossima! :)
Kurt non intendeva
invitare Sebastian al pigiama party.
Gli era passato per
la testa solo per un attimo quando aveva
pensato a qualcuno di single da invitare, ma più che altro
si era chiesto se
fosse o no strano invitare Viola da sola. Comunque, Kurt non aveva
preso
seriamente in considerazione l’idea di invitare Sebastian,
perché i suoi amici
erano strani e presuntuosi, e tutto sarebbe potuto diventare strano
molto
facilmente.
Avrebbe dovuto
accettare molto prima che l’organizzazione di
quella serata non era più sua, comunque.
“È
quasi un peccato che non gareggeremo insieme,” disse
Sebastian
mentre Kurt lo conduceva verso la sua macchina.
Non stava prestando
troppa attenzione alla conversazione, a causa
del piccolo gruppo di amici che li stavano seguendo, abbastanza
indietro da
dare loro privacy, ma abbastanza vicini da essere ovvi nelle loro
intenzioni.
“Ho
recentemente appreso che lavorare con te è leggermente meno
frustrante che lavorare contro di te,” ammise, guardandosi le
spalle. “I miei
amici sono strani.”
“Probabilmente
penseranno che io stia provando a sedurti per farti
trasferire di nuovo alla Dalton,” replicò
Sebastian, accennando loro con un
braccio.
Si fermarono vicino
la macchina del giovane, e Kurt sollevò lo
sguardo con un sorrisetto. “Non è
così?”
Sebastian
scrollò le spalle. “La nostra stagione agonistica
è
finita. Non ci servi più.”
“Accidenti,
e mi mancava l’uniforme,” replicò con un
sospiro.
“Allora credo che… Oddio.”
Colse con la coda
dell’occhio una figura che saltellava verso di
loro, agitando il braccio eccitato. “Hey, ragazzi!”
“Fingi di
non vederlo,” suggerì. “Rimani immobile
e se ne andrà.”
“Non ti
piacciono davvero i tuoi amici, eh?” domandò
Sebastian con
espressione divertita. “Ciao. Ci siamo incontrati prima,
vero?”
Sam sorrise.
“Sì, avevi un sacco di lividi in faccia quella
volta,” rispose, facendo trasalire Kurt. Sembrò
non farci caso. “Non voglio
trattenervi a lungo, voglio solo farti una domanda.”
Kurt strinse le
labbra per non sbottargli in faccia e dirgli di
andarsene. Sentiva che non sarebbe andata a finire bene.
“Okay,”
rispose Sebastian, appena esitante.
Il sorriso di Sam
s’ingigantì. “Sabato prossimo facciamo
un
pigiama party. Vuoi venire?”
Un giorno, Kurt
avrebbe fatto una strage. Sam sarebbe stato il
primo della sua lista di vittime. “È un pigiama
party e una maratona di
Twilight,” spiegò. “Avrebbe dovuto
essere una serata tra ragazze, ma sembra che
Finn e Sam non possano resistere ai lupi mannari senza
maglietta.”
Sebastian lo stava
guardando curiosamente, gli occhi sgranati come
se stesse cercando di capire qualcosa. “Non mi davi
l’idea di essere un fan di
Twilight.”
“Mi piace
lamentarmi delle loro pessime decisioni e lanciare
popcorn allo schermo quando il copione è particolarmente
stupido,” ammise. “Poi
discutiamo su quanto Bella sia idiota per aver scelto Edward.
È una
tradizione.”
Le labbra
dell’altro si erano stirate in un sorriso a metà
della
spiegazione. “Certo, sicuro, ci sarò,”
rispose, e Sam rivolse a Kurt
un’occhiata penetrante (di cui non capiva il significato).
“Se è una serata tra
ragazze, posso portare Vi?”
“Certo,”
rispose Kurt. “Stavo pensando di invitarla, comunque. Lo
sapevi che continua a inviarmi messaggi minacciosi?”
“Vi lascio
soli allora, ragazzi,” li interruppe Sam a voce un
po’
troppo alta. Rivolse un sorrisetto trionfante a Kurt, che
sollevò gli occhi al
cielo, poi tornò indietro dai suoi amici. Lo stavano ancora
aspettando.
Sebastian gli strinse
la spalla, ritornando così alla
conversazione. “Devo tornare a casa, stiamo facendo un regalo
di matrimonio per
papà e Jen,” spiegò.
“Caffè, domani?”
“Ottima
idea,” rispose Kurt, e fu solo quando la mano di Sebastian
scivolò lungo il suo braccio che realizzò che non
l’aveva lasciato andare per
primo. “Avverti Viola della cosa di Twilight durante il
pigiama party, prima
che accetti,” suggerì. “A
domani.”
Tornò dai
suoi amici mentre il giovane saliva in macchina, e si
permise di tornare ad un’espressione indifferente.
“Quanto
puoi essere idiota?” esclamò Rachel, il tono di
voce più
rude di quanto Kurt si aspettasse.
Sbatté le
palpebre. “Uh.” Esitò, incerto su cosa
avrebbe dovuto
rispondere. “Vuoi data la risposta in pollici?”
“È…
sei mica… non riesco a parlargli,” concluse la
ragazza,
volgendosi. “Qualcun altro glielo spieghi in parole
povere.”
Kurt fissò
la ragazza, impressionato dalle sue doti recitative,
dunque volse lo sguardo al resto del gruppo.
“Okay,” disse lentamente. “Che
cosa ho fatto di male?”
Puck, che era una
delle persone che, sorprendentemente, l’aveva
seguito fuori dall’aula di canto, sollevò la mano.
“Quindi, non ti stai
facendo il Gargler?” Kurt
aprì la bocca, pronto a difendersi, ma Puck
continuò: “Perché loro sembrano non
capirlo, ma io ero sicuro che tu ci fossi dentro fino al collo. Da
quando avete
cominciato a farvi gli occhi dolci l’un l’altro e a
cantare di amore e roba del
genere.”
“No,
aspetta. Cosa? Avete capito male,” replicò,
improvvisamente
agitato.
“Come vuoi,
amico,” disse Puck. “La cosa ha smesso di essere
interessante quando si è capito che siete degli idioti. Ci
vediamo dopo,
perdenti.”
Kurt
osservò il giovane andarsene, la fronte corrugata.
“Siete
assolutamente ridicoli,” aggiunse poi. “Non
è vietato duettare senza dare
quell’impressione. Solo perché siamo entrambi gay
-”
“Oh, non
metterla su questo piano,” insistette Rachel. “Non
c’entra il fatto che siate entrambi gay. Non eri nella stessa
stanza con noi?”
Kurt sentì
il panico cominciare a salire. Il problema era che gli
altri non sapevano – non
avevano
sentito Sebastian parlare a Blaine, non sapevano a chi fosse realmente
interessato. E non sapevano che stava cercando di non curarsene,
perché essere
amico di Sebastian – o qualunque cosa fossero – era
importante per lui.
“Non
capite,” finì col dire, cercando di mantenere un
tono di voce
calmo. “Non è come dite voi.”
“Tesoro,
cosa è successo a
te?” domandò Mercedes, e quando volse lo
sguardo su di lei, sembrava
onestamente preoccupata. “Perché non riesci a
capire cosa sta succedendo?”
Non aveva la forza di
discutere. Non sapevano nulla perché non
erano stati lì tutto il tempo, e non avevano visto Sebastian
interagire con
Blaine. Era stato grato del fatto che nell’aula di canto
Sebastian non
sembrasse interessato nell’avvicinare l’altro, ma
ora quasi desiderava che lo avesse fatto,
così che tutti
capissero cosa aveva fatto.
Si volse e
abbandonò il gruppo, ignorando il richiamo afflitto di
Rachel. Quando fu al sicuro nella sua macchina, cominciò a
chiedersi perché i
suoi amici non riuscissero a capirlo.
Non capire Sebastian era naturale, perché non conoscevano il
contesto, ma sicuramente
avrebbero dovuto capire meglio lui, giusto?
Quando
controllò il cellulare, dopo aver guidato a lungo per la
città, vide che aveva ricevuto un messaggio di Viola che
diceva solamente: La maratona di Twilight va
benissimo, roba
figa. Xxxx
*
A due ore
dall’inizio del pigiama party, Kurt aveva cominciato ad
accettare il fatto che non fosse un disastro. Viola e Sebastian erano
stati gli
ultimi a presentarsi, uno con le borse di entrambi tra le mani, mentre
l’altra
teneva tra le mani una torta con il disegno di un cuore fatto con
scaglie di
cioccolato bianco (“è per festeggiarti!”
aveva spiegato quando aveva chiesto a
cosa fosse dovuta), che aveva immediatamente suscitato la loro
popolarità tra i
suoi amici. Viola si beò di quelle attenzioni, e mantenne
gli occhi di tutti
puntati su di sé a una maniera che gli ricordò
Rachel.
Mentre la ragazza
attirava l’attenzione altrui, Kurt sedette sulle
coperte che fungevano da accampamento, accanto a Sebastian, e si
rifiutò di
prendere in considerazione il conto delle calorie. Sarebbe stato sotto
un
regime di insalata per giorni per rimediare, ma il cibo spazzatura era
una
tentazione troppo grande.
A un certo punto,
mentre cercava di distrarsi dal conto delle
calorie, lo sguardo scivolò sulla camicia di Sebastian,
appena aperta sotto un
gilet. “Oh,” disse, sorpreso, allungando la mano a
sfiorare il colletto.
“Questa l’ho scelta io.”
Si sentiva
stranamente compiaciuto, perché Sebastian chiaramente
credeva abbastanza nel suo senso della moda da voler indossare una
camicia che
aveva scelto, a dispetto di ciò che diceva di solito a
riguardo. Il giovane
inarcò un sopracciglio. “Beh, sei riuscito a
evitare di vestirmi in maniera
ridicola, come fai tu.”
Dietro di loro,
qualcuno si schiarì la gola rumorosamente. Kurt volse
il capo, le dita che scivolavano via dal colletto dell’altro,
e Rachel li stava
fissando, il mento poggiato alla mano e un ghignetto malcelato. Le
lanciò
un’occhiata da sta’ zitta,
lei rise e
lo avvolse in un abbraccio.
Quando misero su
Twilight, rannicchiato sul pavimento su una pila
di coperte e cuscini, cominciò a rilassarsi. Sebastian si
era spostato per
poggiare un braccio sul divano, alle sue spalle, e stava quietamente
lamentandosi della recitazione e della storia nel suo orecchio. Rachel
era finita
con la testa sulla sua coscia, e gli lanciava occasionalmente qualche
occhiata
quando si metteva a ridere.
Quando venne
‘rivelata’ la storia del vampiro, cominciarono a
lanciare popcorn. Poteva essere colpa sua come non esserlo. La porzione
di
pavimento sotto la televisione fu presto occupata da una pila di
popcorn, e
alla fine del primo film tutte le ciotole erano vuote.
“Ancora
popcorn,” insistette Rachel, sollevando la ciotola di
plastica, colpendolo quasi in viso.
“Ancora
popcorn,” convenne Mercedes, porgendogli l’altra
ciotola.
Sebastian ridacchiò quando Kurt si scostò.
“Se la
smetteste di lanciarli allo schermo potreste anche
mangiarli,” fece notare loro Sam. Sembrava l’unico
che si stesse godendo
davvero i film, giaceva con il mento poggiato alle mani.
“Galateo dei film,
ragazzi, seriamente.”
Kurt ricadde col capo
contro il divano. “Finn,” suggerì.
“Va’ a
fare i popcorn.”
“Eh no,
amico,” replicò l’altro. “Non
lo farò. Non lo farò
affatto.”
“Non riesco
a credere che ne guarderemo altri due,” disse
Sebastian. “È questo che fai per divertirti?”
Kurt gli
lanciò un’occhiataccia. “Anche se non
fosse divertente,
sapere che la cosa è una tortura per te è
abbastanza,” commentò. “Okay, su
Rachel, vado a fare altri popcorn.”
Rachel
grugnì infelicemente quando la depositò sul
pavimento,
dunque si raggomitolò contro Finn.
“Ti aiuto
io,” si propose Viola. “Devo comunque mettermi in
pigiama.”
Kurt aiutò
Viola ad alzarsi, lei gli strinse la mano quando furono
entrambi in piedi, con l’ovvia intenzione di non lasciarla
andare. “Da questa
parte,” disse, guidandola verso la cucina.
Tutto sembrava
differente alla luce della cucina. Gli occhi di
Viola brillavano di gioia. “Ho buone notizie,”
annunciò quando furono soli.
Kurt
sgranò gli occhi. “Qualche gossip,
vero?” disse.
Viola rise, dunque lo
afferrò per le braccia. “Come regalo di
nozze, Papà e Jen hanno pagato a Yitzie il viaggio per stare
qui durante il
matrimonio!” spiegò, sembrava così
felice che non poté che ricambiare il
sorriso. “E la sua famiglia ha detto di sì, anche
se perderà qualcosa come
quattro giorni di scuola, ed è magnifico perché
loro mi odiano.”
“Come si
può odiarti?” domandò. “Sei
così emotiva. Sono davvero
felice per te, Viola.”
“Sii solo
felice del fatto di non essere stato con me quando ce
l’hanno detto,” rispose Viola, sorridendo ancora.
“Sebastian avrebbe voluto
essere felice, ma era troppo occupato a calmarmi. Gli ho graffiato il
braccio.”
Kurt si volse a
prendere i popcorn ormai pronti, l’umore sollevato
dalla felicità della ragazza. Era una persona dalle emozioni
estreme,
riconobbe, ma essere trascinati da lei era divertente. Soprattutto in
quel
momento, quando era praticamente raggiante di felicità.
“Quand’è il
matrimonio?” domandò una volta che ebbe regolato
il microonde.
“A due
settimane da domani,” rispose Viola, poggiandosi al
bancone. “I matrimoni di domenica mi fanno soffocare, ma
almeno non andremo a
scuola per due giorni. Con il permesso, anche se avremmo dovuto farlo
comunque
perché Papà e Jen andranno a Miami senza di noi,
che bastardi.”
“Vi
lasciano da soli?” domandò, cercando di non
apparire troppo
terrorizzato al pensiero di tutti i guai che i due fratelli avrebbero
potuto
combinare da soli.
Viola scosse il capo.
“Lo farebbero, ma non possono fare
altrimenti. Sebastian sarebbe bloccato a casa.” Alla sua
occhiata
interrogativa, spiegò: “Yitzie e io non possiamo
stare in un luogo chiuso da
soli fino a quando non saremo sposati.” Si fermò,
poi aggiunse: “E ovviamente
la cosa fa schifo, ma non risolve il problema. Quindi mio zio
verrà a stare con
noi.”
Kurt
l’osservò per un momento, curioso, poi
tornò ai popcorn.
“Penso che sia davvero… impressionante. Che tu
faccia funzionare la vostra
storia nonostante siate così diversi e tanto
distanti.”
La ragazza
esitò per un momento, ma quando Kurt guardò in
sua
direzione, sembrava solo pensierosa. “È come se
fossimo arrivati al punto in
cui non possiamo fare a meno di
farlo
funzionare,” ammise. “Insomma, è
spaventoso per la metà del tempo, ma penso
debba essere così. Sposerò un pazzo religioso e
avremo bambini che si
chiameranno Yechezkel o roba del
genere, e andrò davvero in sinagoga più di una
volta l’anno.” Al suo sorriso
divertito, aggiunse: “Sono cose spaventose, Hummel. Dovresti
sembrare
accuratamente terrorizzato.”
Scosse il capo.
“Quindi sarai tu a cambiare?” domandò.
Voleva
suonare sbrigativo, ma venne fuori quasi a mo’ di sfida.
“Non volevo dire -”
“No, va
bene,” rispose lei. “Cambieremo entrambi. Parlando
di
stile di vita, probabilmente sarò quella che
cambierà maggiormente. Ma quando
si tratta di ideologie, lui ha fatto il grosso del lavoro.”
Il suo sguardo
doveva essere interrogativo abbastanza, perché aggiunse:
“Non potevo davvero
frequentare un omofobo, no?”
“Giusto,”
convenne lui.
“Sebastian
è tutto il mio mondo,” spiegò Viola.
“Se avessi pensato
che Yitzie potesse ferirlo, anche solo con dei pregiudizi, avrei scelto
sempre
Sebastian.” Kurt si sentì addolcire a quelle
parole, le offrì un sorriso. “Se
non posso credergli riguardo Sebastian, allora non
c’è modo di stare insieme.”
Lo faceva suonare sia
facile che profondo, e Kurt si risollevò.
“Come sai di poterti fidare di lui?”
domandò, prima di pensarci meglio.
L’espressione
di Viola era pacifica. “Perché mi ama,”
disse.
Kurt
inspirò a fondo mentre preparava l’ultima ciotola
di popcorn.
Il silenzio divenne troppo lungo. “Come fai a -”
cominciò, dunque si riscosse.
“Sebastian ti ha raccontato di cosa è accaduto con
il mio ex?” domandò invece,
sperando che centrasse il punto.
“Sì,”
rispose la giovane. “Spero non ti dispiaccia. Non abbiamo
segreti sulle cose importanti.”
“Quindi sai
anche che… insomma, pensavo anch’io che fosse
così
facile ma…” deglutì, insicuro su cosa
stesse cercando di dire. “Non dico che
Yitzie sia così, ovviamente, ma come fai a credere che non
lo sia?”
Viola rimase in
silenzio, e quando Kurt riuscì a guardarla,
sembrava che fosse dispiaciuta per lui. La fronte corrugata, distolse
lo
sguardo. “Lo faccio e basta,” spiegò
lei. “Non ho alcuna prova,
ma è come se fosse quello il punto. Ha campo libero per
spezzarmi il cuore. Ecco perché donarlo a lui è
così magnifico.”
*
Quando Eclipse
finì, Mercedes, Finn e Viola si erano addormentati
e c’era un sottile strato di popcorn sulle coperte.
Kurt, il mento
poggiato alle ginocchia e stretto in una coperta,
sbatté le palpebre assonnato verso lo schermo.
“Lei è completamente idiota,”
affermò.
“Potresti
essere un po’ meno Team Jacob?” domandò
Rachel, la sua
voce proveniva da sotto una pila di coperte e cuscini sotto la quale si
era
sepolta mezz’ora prima, lamentandosi del fatto che avesse
mangiato troppo.
Scosse il capo.
“No – uh,”
rispose, interrotto a metà da uno sbadiglio.
“Kurt non
ha tutti i torti,” rispose Sam, ancora fin troppo
sveglio. “Chiunque sia stato innamorato sa che il tipo di
relazione tra Bella e
Edward non è sano. Si tratta di intensità e
infatuazione.”
“Concordo,”
commentò Sebastian alla sinistra di Kurt. Questi
sollevò il capo per guardarlo assonnato. “Che
c’è?”
Sospiro, e finalmente
trovò abbastanza energia motoria da
sdraiarsi. “Non puoi saperlo; non sei mai stato
innamorato,” gli fece notare,
cercando un cuscino da infilarsi sotto la testa.
Quando ne
trovò uno, Sebastian si sdraiò al suo fianco,
osservandolo curiosamente. “Non è vero,”
disse semplicemente.
Aggrottò
la fronte, sforzandosi di tenere gli occhi aperti. “Beh
era vero lo scorso mese, quando stavamo parlando di Parigi.”
Sebastian si volse
sino a giacere sulla schiena, lo sguardo volto
al soffitto. “Non sono nemmeno sicuro che fosse vero
allora,” ammise.
La parte sonnacchiosa
del suo cervello sembrò riaccendersi a
quelle parole, si sollevò sul gomito. “Pensavo che
avessi venduto la tua anima
per degli stivali cromati d’acciaio anni fa,” disse.
C’era buio,
ora, con le sole luci dei lampioni per strada. Il
volto di Sebastian era avvolto da un gioco di ombre, ma Kurt
riuscì comunque a
vedere le sue labbra stirarsi in un piccolo sorriso.
“L’avevo solo data in
pegno,” spiegò. “L’ho avuta
indietro per molto più di quanto meritasse in ogni
caso.”
Kurt si sentiva un
po’ male, e attribuì la colpa al cibo
spazzatura. Si volse in maniera tale che non fosse proprio di fronte al
giovane, e si concentrò sul debole sospiro di Rachel
piuttosto che sul battito
del proprio cuore. “Perché sei ancora
single?” sussurrò, chiedendosi se Blaine
potesse resistere a quell’opportunità.
Sebastian rimase in
silenzio per un lungo momento, prima di dire:
“È… emotivamente occupato,”
rispose, dunque volse il capo per osservarlo.
Kurt vide il
luccichio dello sguardo nella luce fioca che
proveniva dalla finestra, e rispose: “Dev’essere un
idiota.”
Il sorriso
dell’altro si allargò, ma in qualche modo sembrava
triste. “Il più grande idiota che abbia mai
incontrato,” affermò, quasi fosse
un’accusa.
Viola si
svegliò più o meno quando il fratello si
addormentò. Kurt
era esausto, ma non riusciva a trovare una posizione abbastanza comoda,
cosa
che attribuì ancora una volta al cibo spazzatura e non alla
fastidiosa
sensazione che aveva in petto.
Scostò gli
occhi dal volto di Sebastian quando Viola sbadiglio, e
si volse abbastanza in tempo da vedere una mano sollevarsi prima di
ricadere
sulle coperte. “Tutto bene, Vi?” domandò
a bassa voce.
“Mm,”
mugugnò in risposta. “C’è
cibo?”
Sorrise, cercando di
ignorare quella sensazione fastidiosa. “No,
tesoro,” disse. “Sebastian mi ha detto di non farti
mangiare dopo la
mezzanotte, o di lasciarti avere contatto con
l’acqua.”
Viola
sbuffò. “Bastardo,” disse, poi
tornò silenziosa.
Non gli piaceva il
silenzio – rendeva troppo difficile ignorare i
suoi stessi pensieri – ma non voleva tenerla sveglia, quindi
rimase a sua volta
in silenzio. Alla fine, si mise di fianco, e guardò il dolce
su-e-giù del petto
di Sebastian mentre si imponeva di dormire e basta.
Aveva pensato, prima,
sedendo nella sua macchina nel tentativo di
non piangere, che sarebbe stato meglio se Blaine avesse voluto qualcun
altro
che non fosse Sebastian. Ma realizzò, mentre cercava di
convincersi a dormire
(invece di pensare troppo, che era poi quello che finiva per fare
comunque) che
non era lo stesso dall’altra parte. Sarebbe stato tremendo
anche se Sebastian
fosse stato innamorato di qualcuno che Kurt non aveva mai incontrato.
Lo capì
ancor più chiaramente nelle scene che vide nella sua
stessa mente. Che cosa stava succedendo? Non era quello che si
aspettava di
provare.
Si volse verso il
soffitto, e le mani di Viola stavano disegnando
qualcosa per aria. Chiuse gli occhi. Sarebbe stato meglio se Blaine
avesse
voluto chiunque altro eccetto Sebastian, ma non viceversa, significava
che non
c’entrava per nulla Blaine?
Gli rimase il respiro
bloccato in gola, e voleva solo lasciar
perdere quell’idea, ma ora che ci aveva pensato non
c’era modo di reprimerla.
Se non c’entrava Blaine – se quella fastidiosa
stretta al petto all’idea che
Sebastian fosse innamorato non era
correlata al suo ex – allora si trattava solo di Sebastian.
Oddio, voleva forse
dire che…?
Pensò a
tutte le volte che si erano visti per un caffè, le volte
in cui Sebastian lo aveva aiutato con la matematica e lui aveva letto
le sue
relazioni, quella in cui si era messo in macchina per cercarlo nel bel
mezzo
della notte, quando si erano messi insieme nello stesso letto, erano
andati a
fare shopping, avevano letto una poesia e cantato…
E, Dio, Kurt
pensò anche a Sebastian e Blaine che parlavano, a
come si fosse sentito stranamente ferito – per Blaine che lo
chiamava per
parlare di Sebastian e lui che gli chiudeva il telefono in faccia
perché non
poteva sopportare che gli si chiedesse il permesso.
E sul fatto che tutto
ciò non aveva a che fare con Blaine.
Oddio, era davvero
stupido. Era davvero abbastanza stupido da
provare qualcosa per Sebastian Smythe.
Che problemi aveva? Quand’era accaduto tutto ciò?
Tra i
caffè, i compiti e lo shopping, rispose il suo cervello. Era
accaduto lentamente, più come scendere lentamente una scala
piuttosto che
cadervi dalla cima, un passo attento alla volta, fino a quando ogni
passo
superficiale aveva eguagliato qualcosa di profondo. Non se
n’era accorto perché
non c’era stato un momento, ma piuttosto un accumulo di
piccole cose, di quel
tipo che causavano il cambiamento di una specie.
Kurt pensò
Sono innamorato,
seguito immediatamente da un Sto per
vomitare.
*
Il resto della notte
trascorse in una sorta di panico silenzioso.
Non aveva vomitato, alla fine, ma aveva trascorso quasi
un’ora in bagno a
cercare di convincersi che tutto fosse a posto. Non era cambiato nulla,
aveva
provato a dirsi. Nessuno avrebbe dovuto saperlo.
Se l’unico cambiamento era nella sua testa, allora non era
davvero qualcosa. Nulla era
diverso, si disse.
A un certo punto,
tornato sulla pila di coperte, Kurt doveva
essersi addormentato. Non ricordava di essersi sentito stanco quando le
parole Sono innamorato gli
danzarono tra le
sinapsi, ma si svegliò con la luce del giorno che filtrava
dalle finestre e
Viola accoccolata contro la sua schiena.
Apparentemente si era
anche spostato a un certo punto, perché si
svegliò dal lato opposto dell’accampamento di
coperte rispetto Sebastian.
Si
stiracchiò, allungando le dita a sfiorare la base del
divano,
dunque sospirò. “Qualcun altro è
sveglio?” domandò.
“No,” rispose Rachel,
per poi colpirlo sulla coscia con il cuscino. “Nessuno
è sveglio. Dormi.”
Kurt si mise a
sedere, sorridendole con affetto. “Siete tutti
terribili,” dichiarò, continuando poi con un:
“Vado a preparare i pancakes.”
Molti dei suoi amici
si sollevarono a quelle parole, dirigendosi
in cucina per aspettare i pancakes. Sam, che era apparentemente sveglio
almeno
quanto lui, lo seguì per aiutarlo (o, se si viveva nella
realtà di Kurt, per ostacolarlo)
a preparare la colazione.
“Sei
sparito a lungo ieri notte,” disse, come per iniziare un
discorso.
Lo guardò con la coda dell’occhio, dunque
scrollò le spalle. “Non molto dopo il
discorso di Sebastian su -”
“Sam,”
lo interruppe. “Lascia perdere.”
“Volevo
solo dire, se c’è qualcosa -”
“Sam,” disse di nuovo,
cominciando a sentire lo stesso panico della sera prima risalire nel
suo petto.
“Per favore, lascia perdere.”
Il giovane
sollevò le mani. “Va bene, amico, stavo solo
dicendo la
mia.”
Kurt
inspirò a fondo mentre si concentrava sulla preparazione di
una colazione per sette persone.
La sua rinnovata
consapevolezza sui propri sentimenti non lo
abbandonò, e gli fece notare
delle
cose. Gli fece notare il modo in cui aveva sorriso specificamente a
Sebastian,
automaticamente, quando aveva messo il cibo a tavola, e come Rachel
aveva
roteato gli occhi in direzione di Mercedes. Dopo quello,
provò a non guardare
più il giovane, preoccupato per come ovvio dovesse essere
stato ovvio persino
quando non sapeva perché lo fosse – ma comunque
abbastanza perché i suoi amici
ne parlassero a riguardo. Dio, era così imbarazzante.
Probabilmente
più importante degli sguardi tra Mercedes e Rachel
per il suo comportamento era la reazione di Viola. Quando
finì di preparare i
pancakes e andò a sedersi per mangiare, Viola si
alzò immediatamente per
liberare il posto accanto a Sebastian con un commento riguardo il
doversi
vestire, poi lanciò al fratello un’occhiata
divertita e un’inarcata di
sopracciglia. Kurt scostò lo sguardo mentre sedeva a tavola,
desiderando che
così potesse essere meno divertente per Viola.
Probabilmente lo trovava uno spasso. La tranquilla, sicura Viola, che
aveva
tutto ciò che voleva, se la rideva mentre lui ammattiva
senza nemmeno saperlo.
“Tutto
bene?” domandò poi Sebastian, poggiandosi al
tavolo con il
gomito e reclinando il capo per guardarlo negli occhi. “Sei
silenzioso.”
Sorrise meglio che
poté, chiedendosi se Sebastian lo avesse notato
a sua volta. Sarebbe stata solo una fortuna se il ragazzo avesse capito
i suoi
sentimenti prima di quanto li avesse capiti lui. “Tutto
bene,” rispose. “Non ho
dormito molto bene.”
“Hai avuto
incubi sui vampiri?” domandò l’altro.
Gli rivolse una lunga
occhiata. “Ovviamente, non mi spaventa nulla
che brilli,” affermò. “E sì,
prima che tu lo dica, questo include il mio gusto
nel vestire e la tua brillante
personalità.”
Sebastian rise a
quelle parole, e lui riuscì a rilassarsi appena.
Aver capito i suoi sentimenti non aveva cambiato nulla, si
ricordò. Erano
ancora Kurt e Sebastian, una sottospecie di amici, anche se riuscivano
a stento
a sopportarsi.
Molto dopo, quando i
suoi amici se ne furono andati e il salotto
fu sistemato, Kurt lasciò Sam e Finn a giocare ai videogames
e si chiuse in
bagno. E se avesse pianto, beh, nessun altro sarebbe stato
lì a vederlo.
*
Due giorni dopo,
quando Mr Schuester li lasciò dopo l’ultima
canzone d’amore strappalacrime (nauseante) di Rachel, Kurt
ricevette un
messaggio da SMYTHE: Sono
fuori, all’ingresso. Devo chiederti una
cosa. Ci vediamo tra 5 minuti? X
Devo
andare al mio
armadietto, rispose. Ci vediamo lì tra poco.
Quinn lo
accompagnò all’armadietto per discutere di un
potenziale
duetto per il compito della settimana. Kurt, che non era mai stato
particolarmente vicino a Quinn, era confuso ma perlopiù
felice di essere
graziato della sua presenza. Comunque, quando lo prese sottobraccio
mentre
camminavano per i corridoi, non riuscì a trattenersi dal
domandarle: “Quinn,
cosa vuoi dirmi davvero?”
La giovane lo
guardò, un’espressione indecifrabile.
“Che vuoi
dire?” domandò.
Si fermò,
volgendosi per fronteggiarla. “Mi piaci, Quinn,”
spiegò.
“Sono felice di cantare con te. Ma ho come
l’impressione che non si tratti solo
di una canzone.”
Un’ombra
passò sui tratti ingiustamente perfetti della giovane,
poi sospirò. “Mi sembravi
giù,” disse infine.
Kurt
sbatté le palpebre. “Oh,” disse.
“Mi spiace, non volevo farla
suonare come un’accusa-”
“No, Kurt,
davvero, va tutto bene,” rispose Quinn. “Ho
trascorso
così tanto tempo della mia vita abbattuta per i ragazzi.
Solo…” agitò la mano,
come se ci fosse qualcosa che non riusciva ad articolare bene, infine
lo guardò
negli occhi. “Penso solo che non dovresti fare
così. Se hai qualche problema,
affrontalo e… torna ad essere te stesso.” Lo
colpì leggermente al braccio con
il proprio, e aggiunse: “Favoloso.”
Kurt sorrise, poi la
prese di nuovo sottobraccio. “Non sono
giù,”
rispose. “È che ho avuto molto a cui pensare
ultimamente. Non mi sto
crogiolando né nulla del genere.”
“Bene,”
rispose la giovane. “Allora sarai libero di trascorrere un
po’ di tempo con me.”
Mentre uscivano
dall’edificio si scambiarono un sorriso, che sparì
rapidamente quando vide Sebastian. Era poggiato contro il muro, appena
colpito
dalla brezza, aveva un’espressione pensierosa sul viso,
osservava Blaine mentre
parlavano.
Si fermò,
dunque sfilò il braccio da sotto quello di Quinn.
“Va’
avanti,” disse senza guardarlo. “Credo…
di aver dimenticato qualcosa.”
Quinn
sospirò. “Certo,” disse, dunque si
avvicinò a baciarlo sulla
guancia. “I ragazzi non sono un così grande
problema,” lo informò prima di
andare via.
Era
d’accordo con lei, ovviamente. Ma non era abbastanza da
riuscire a farlo avanzare in quel momento.
Aveva due scelte,
riconobbe. Avrebbe potuto raggiungere Sebastian
e Blaine e fingere che non gli importasse; che era probabilmente la
scelta
migliore per preservare la propria dignità. Oppure, sarebbe
potuto tornare
indietro prima che uno di loro lo notasse, mandare un messaggio a
Sebastian
dicendo che doveva andare da qualche parte, e lasciarli così
a discutere.
Quest’ultima
era sicuramente la scelta più cortese,
realizzò. Sebastian probabilmente voleva chiedergli di
uscire, quindi non avrebbe dovuto interromperli, giusto? Avrebbe rotto
qualche
regole del codice dell’amicizia interrompendo un amico che
parlava con qualcuno
che gli interessava?
Kurt, comunque, non
aveva preso quella decisione. Fu colto di
sorpresa da un saluto, “Hey, fatina” e il lampo di
una granita blu che lo
colpiva.
Ci voleva sempre un
attimo per tornare a se stesso dopo la botta
di freddo dopo esser stati presi a
colpi di granita. Dopo un attimo tossì e sollevò
le mani per rimuovere il
ghiaccio e lo sciroppo dagli occhi.
“Kurt!” urlò una voce
familiare, poi sentì Finn al suo fianco.
“Dannazione, ti hanno preso.”
“Mm
hm,” rispose, dunque inspirò a fondo.
“Bagno?”
“Sebastian…
Sebastian, no!”
stava urlando Blaine. Non osò aprire gli occhi ancora, me si
volse in direzione
della voce. “Peggiorerai le cose -”
“Sebastian
Smythe,” urlò lui. “Torna qui immediatamente.”
Con sua sorpresa,
Sebastian sembrò eseguire gli ordini. In pochi
secondi fu circondato da tre ragazzi. “Bagno,”
sembrò ricordarsi Finn,
prendendolo per la spalla. “Hai un cambio
d’abito?”
“Mm
hm,” rispose, cominciava a tremare per il freddo ora che la
momentanea distrazione di tenere Sebastian fuori dai guai era finita.
“Nel mio
armadietto. Blaine, ricordi la combinazione?”
“Certo,”
rispose Blaine. “Ci vediamo in bagno.”
La sua stessa vita lo
stava prendendo in giro, ne era sicuro. I
tre ragazzi che lo condussero nuovamente dentro la scuola erano tre
persone per
le quali Kurt, a un certo punto, aveva provato dei sentimenti.
Quando si
ritrovò in bagno, fu certo che la camicia non fosse
salvabile. “Dannazione,” soffiò, e
decise su concentrarsi sulla propria faccia
e i capelli per il momento.
Sebastian prese delle
salviettine di carta dal dispenser e gliele
porse, riuscendo ad apparire sia costernato che divertito.
“Sembri un puffo,”
disse.
Gli lanciò
un’occhiataccia. “E tu sembri un
suricata,” gli fece
notare. “Almeno la mia puffaggine verrà lavata via
con il colorante blu.”
“Buffo,”
replicò l’altro. “Sembrerai ancora un
vampiro. Sei mai
uscito alla luce del sole?”
“Basta con
i vampiri, Sebastian,” disse, chinandosi sul lavandino
per sciacquare i capelli dalla sostanza blu e appiccicosa.
“Bisogno di
aiuto?” domandò il giovane.
Finn
sbuffò. “Non gli andrei vicino mentre si fa i
capelli,”
disse.
“Ti ho
lanciato un asciugacapelli una sola volta, una,”
rispose Kurt. Si sollevò e scrutò
nello specchio. “Salviette,” ordinò.
Asciugò
l’acqua dai capelli con le salviette, poi sospirò
al
proprio riflesso. “Sembro davvero un puffo,”
ammise. “Questa è l’ultima volta
che mi vesto di bianco per andare a scuola L’ultima.”
Sebastian si
schiarì la gola, e Kurt lo osservò attraverso il
riflesso
con le sopracciglia inarcate. “A proposito di abiti
bianchi,” disse. “Ho un
più-uno per il matrimonio di mio padre. Mi chiedevo se ti
andasse di venire con
me.”
Sbatté le
palpebre. “Io, uh -”
Blaine
entrò in bagno in una specie di moto vorticoso.
“Pensi che
questa camicia vada bene?” domandò, la fronte
corrugata nell’osservare il capo
di vestiario.
Scrollò le
spalle. “Probabilmente no,” ammise, cercando di
prestare attenzione al fatto che fosse una delle sue camicie preferite
invece
che alla proposta di Sebastian. “Non mi lanciavano una
granita da un po’; avrei
dovuto aspettarmelo. Potreste girarvi un minuto?”
Quando tutti e tre si
furono voltati, Kurt si permise di pensare a
ciò che era accaduto negli ultimi cinque minuti.
Sbottonò velocemente la giacca
e la camicia bianca, poi utilizzò altre salviette per
rimuovere i residui di
granita che aveva sul petto. “Oh, è
disgustoso,” disse ad alta voce.
“È
fico che tuo padre si sposi,” commentò Finn,
mentre Kurt si
cambiava la camicia e il maglione. “Kurt ha pianificato tutto
quello dei nostri
genitori lo scorso anno. Ha un mucchio di riviste sul matrimonio,
è stato
fichissimo.”
Finn era
l’unica persona al mondo che potesse passare dal
lanciargli palloncini pieni di pipì perché era
gay al chiamare la sua collezione
di riviste di matrimonio ‘fichissime’.
Sollevò gli occhi al cielo. “Potete
girarvi adesso,” disse agli altri, chinandosi verso il
proprio riflesso per
controllare eventuali rimanenze di colorante.
“Hai un
mucchio di riviste di matrimonio,” disse Sebastian in tono
neutro, un’espressione divertita.
Kurt
l’osservò nuovamente attraverso lo specchio.
“Ho un mucchio
di riviste di matrimonio sotto il mio letto,” lo
informò. “Tu hai pile di
fotografie, e intendo pile, quindi
non giudicarmi.”
Finn, come sempre,
sembrava confuso. “Come fai a sapere cosa
c’è
sotto il suo letto?”
Sebastian rise.
“Vabbè. Non tutti abbiamo le tue capacità
organizzative.”
Kurt
incontrò lo sguardo di Finn. “Lui dice
così,” spiegò. “Ma in
realtà mi accusa di avere un disturbo ossessivo
compulsivo.”
Blaine rise allora, e
Kurt (che aveva ignorato la sua
presenza risolutamente, tanto da non concentrarsi
su di lui) prese un bel respiro.
“Andiamo,”
si offrì Sebastian, aprendo la porta del bagno.
“Lima
Bean?”
Kurt, ancora
appiccicoso, imbarazzato e un po’ ferito, scrollò
le
spalle. “Non penso sia una buona idea,” disse,
lanciando un’occhiata al giovane
così che capisse che non stava parlando solo del
caffè. “Perché non ti porti
Blaine?”
Sebastian
sembrò confuso quando se lo lasciò alle spalle.
Finn lo
inseguì, quindi guardò indietro verso Sebastian e
Blaine con un cipiglio
confuso. “Cos’è successo?”
Kurt continuo ad
inspirare ed espirare. Non importava,
ultimamente, che Kurt fosse innamorato di Sebastian. L’unico
che si stava
facendo male era lui, dopotutto. Ma gli importava
del fatto che il giovane fosse felice, e se ciò fosse
avvenuto con Blaine,
allora lui non si sarebbe messo in mezzo. Non quella volta. E
certamente non
avrebbe permesso a Sebastian ad essere un idiota che non chiedeva
ciò che voleva.
“Ho
lasciato perdere,” disse a Finn, sforzandosi di sorridere.
*
Quando
tornò a casa, il telefono s’illuminò
con un altro
messaggio.
Quindi
la risposta per il
matrimonio era un no?
Si passò
il cellulare tra le mani per qualche secondo, cercando di
pensare a come rispondere. Dopo qualche minuto, rilassò le
spalle e piazzò il
telefono sulla prima superficie libera.
Finì per
giocare ai videogames con Finn e Sam per almeno tre ore.
Sebastian non
mandò altri messaggi quella sera.
*
Fu solo a causa della
mancanza di messaggi da parte di Sebastian
il giorno dopo che si accorse di quanto spesso comunicassero. Non
riceveva sempre il messaggio di
‘buongiorno’, ma
cominciavano solitamente dopo la seconda ora. Naturalmente, quando la
seconda
ora finì senza una risposta al suo messaggio (Non
penso che la Matematica mi odi come al solito – come va?)
cominciò a preoccuparsi del fatto che non stessero parlando.
Era stato sgarbato a
evitare il suo messaggio la sera prima. Lo
sapeva, ma pensava che Sebastian non avesse bisogno di lui
a incoraggiarlo per chiedere a Blaine di accompagnarlo al
matrimonio. E poi non aveva voluto esattamente dire
‘no’ all’invito; voleva
solo che Sebastian capisse che aveva
un’opportunità che avrebbe dovuto
cogliere.
Ma forse avrebbe
dovuto rispondere comunque. Forse avrebbe dovuto
rispondergli con qualcosa che riguardasse altro, per fargli capire che
gli
andava bene.
Gesù. Il
suo rapporto con il giovane non doveva essere meno
complicato? Facevano i compiti insieme, a volte discutevano di altro,
si
punzecchiavano senza sosta, e non avevano litigi. Perché
aveva dovuto rovinare
tutto innamorandosi?
Mordicchiò
il labbro mentre si allontanava dal proprio armadietto,
osservando il cellulare. Finì per mandare un messaggio a VIOLA FREAKING SMYTHE invece,
chiedendole: Ho fatto arrabbiare Sebastian?
Non mi risponde.
Un minuto, ricevette
la risposta: Penso che abbia una Sindrome
Pre-Mestruale. È stato silenzioso per
tutta la cena ieri. Hai fatto qualcosa per farlo arrabbiare? Xxxxxxxx?
Si ritrovò
a sorridere alla sfilza di baci seguiti dal punto di
domanda, e improvvisamente non fu più solo.
“Hey,”
lo salutò Blaine mentre si metteva la borsa in spalla.
“Posso parlarti?”
“È
quello che sembra tu stia facendo,” rispose Kurt. Gli
lanciò
una lunga occhiata, dunque domandò: “Come posso
aiutarti, Blaine?”
Blaine non aveva
lezione di Storia, ma sembrava camminare nella
sua stessa direzione comunque. Gli lanciò un’altra
occhiata, cercando di capire
di cosa si trattasse.
“Quindi,”
disse il giovane dopo qualche momento di silenzio. “Io e
Sebastian ci siamo presi un caffè insieme ieri.”
Sbatté le
palpebre in sua direzione, dunque distolse lo sguardo.
“Uh, carino,” disse, cercando di non suonare ovvio.
“Per te.”
“No,”
rispose Blaine, e quando lo guardò vide un solco tra le
sopracciglia. “No, noi, uh -”
Si stavano
avvicinando alla classe. “Blaine?” lo
richiamò,
fermandosi fuori dalla porta e aggrappandosi al manico della borsa.
“Dobbiamo
proprio farlo?”
“Kurt,”
cominciò l’altro, aggrottando maggiormente le
sopracciglia.
“No,”
rispose in un sospiro. “Guarda, non voglio
davvero… sentire
nulla a riguardo. Va bene,” lo rassicurò,
sforzandosi di sorrise. “Insomma, ho
capito. Quindi, vado in classe adesso e tu ti volgerai e andrai
nell’altra
direzione, e possiamo semplicemente cancellare tutto come se non ne
avessimo
mai parlato.”
Entrò in
classe, tenendo caparbiamente il mento sollevato e le
spalle rigide. Si sedette accanto a Tina, e guardò fuori
giusto in tempo per
vedere Blaine carezzarsi la nuca e andarsene.
Rimase immobile.
Prese nuovamente il cellulare, dunque scrisse a
Viola: Non sono sicuro di averlo fatto
arrabbiare. Di solito manda messaggi, poi si fermò
con il dito sulla
tastiera. Magari Sebastian non mandava più messaggi per
Blaine? Magari
Sebastian e Blaine stavano per annunciare la loro relazione
ufficialmente, e
per chissà quale ragione la cosa aveva precedenza sulla sua
amicizia con Kurt?
Dio, sperava non
fosse il caso.
*
Kurt stava andando in
mensa per il pranzo quando fu velocemente
spinto in una classe vuota.
“Hey!”
esclamò, scostandosi quelle mani di dosso. “Che
cosa stai…
Blaine?”
Il giovane in
questione chiuse la porta alle loro spalle, dunque
lasciò andare un lungo sospiro. “Ora tu mi starai
ad ascoltare,” disse,
indicandolo.
La sua immediata
reazione fu di cercare una via di fuga. Non gli
piaceva essere in trappola, lo faceva andare nel panico – ma
dopo un paio di
battiti troppo veloci del suo cuore, capì che non doveva
temere Blaine. Non importava cosa
sarebbe
accaduto, quanto fregato e usato si fosse sentito, era solo Blaine.
“Okay,”
sospiro. “Cos’è tanto importante da
dovermi chiudere in
una classe vuota per parlarmene?”
Blaine
sembrò afflitto, si sfregò il volto stancamente.
“Sebastian
e io ci siamo presi un caffè ieri, e abbiamo avuto una lunga
conversazione su
qualcosa di importante.”
“Blaine,”
si lamentò, cominciando a sentire un brivido di
fastidio. “Sono davvero… vabbè, felice
per te, o qualcosa del genere. Ma non
voglio parlarne.”
“Perché
sei arrabbiato?”
domandò l’altro, sorpreso.
Si sentì
colto sul fatto a quelle parole, il respiro si fermò in
gola per un paio di secondi. “Non sono arrabbiato,”
disse infine, cercando di
trovare altre parole oltre perché
sono
innamorato di lui e sono geloso, e ti odio per essere la persona che
vuole.
“Solo, sono amico di Sebastian adesso. Quindi
l’idea di te e lui è… strana per
me.”
Il giovane scosse il
capo. “Kurt, di cosa stai parlando? Io e
Sebastian?”
“Vi
frequentate,” spiegò, e poi sentì come
se si fosse
spettacolarmente perso qualcosa. “Non è questo che
stai cercando di dirmi?
Riguardo l’uscita per il caffè?”
“Cosa?”
domandò Blaine, ancora una volta scuotendo il capo.
“No,
Kurt… Dio, no, non era un appuntamento. Stavamo parlando di te.”
“Voi
stavate… cosa?” domandò,
improvvisamente sbilanciato. “Perché
stavate parlando di me?”
Il ragazzo si sedette
su uno dei tavoli e incrociò le gambe.
“Perché sono un idiota, e Sebastian sente il
bisogno di ricordarmelo ogni volta
che mi vede,” spiegò amaramente.
“Pensavi che avessimo avuto un appuntamento?
Per questo cercavi di liberarti di me?”
Schiuse le labbra, ma
non ne venne fuori qualcosa a lungo. “Io -”
cominciò, cercando di riconnettere i fatti in modo che tutto
avesse senso.
“Sono così confuso,” ammise, dunque si
sedette sul banco opposto. “Non siete interessati
l’un l’altro?”
“Kurt,”
rise l’altro. “Da dove ti è venuta
quest’idea?”
Tutto era fuori
controllo. Corrugò ancor di più la fronte.
“Non è
mai stato un segreto che ti volesse,” gli ricordò.
“È
stato secoli fa,” gli fece notare Blaine.
“È tuo amico ora.
Pensavo quasi che voi… comunque,” disse.
“Penso di essermi sbagliato anche io.”
“Di cosa
volevi parlarmi?” domandò, stringendosi le labbra
attorno.
Blaine
esitò per un momento, dunque disse: “Mi sbagliavo.
Quello
che ti ho detto era – non era esattamente falso, ma sono
stato… sono stato
insensibile e offensivo, e la parte peggiore è stata che
Sebastian ha dovuto
praticamente urlarmi contro per
farmi
capire quanto ciò ti abbia fatto male. E come tutto
ciò debba essere stato per
te.”
Kurt strinse le
labbra, fissando il pavimento. “Blaine, va tutto
bene. Non devi.”
“No
invece,” insistette l’altro. “Mi spiace
di averti detto che
non sei speciale, Kurt. Ciò che è successo
è colpa mia, non tua e – Dio, detta
così è ancora peggio, ma non ha nulla a che
vedere con te. Non in senso
cattivo, perché si tratta di te,
ma
perché si tratta di me.
Ho mandato
tutto all’aria. Ma non perché tu non sia
speciale.” Blaine sollevò di nuovo lo
sguardo su di lui, aperto e onesto come un tempo. “Sei
speciale. Io e te non
eravamo giusti l’uno per l’altro, ma non
perché tu non sia speciale, Kurt.”
Deglutì,
Kurt, cercando di trattenersi dal diventare troppo
emotivo. “E cosa della discussione con Sebastian ti ha fatto
desiderare di
dirmelo? Perché ti ha urlato contro?”
“Lui…”
Blaine scrollò le spalle, vagamente imbarazzato.
“Crede che
ti abbia causato problemi di fiducia.”
Sentì la
mandibola staccarglisi dal volto, poi si sentì arrossire.
La conversazione riguardo la fiducia era stata con Viola,
non con Sebastian. Ma loro non avevano segreti, ricordò; una
conversazione con Viola era buona quanto una con Sebastian, a meno che
non le
avesse specificamente chiesto di non dire nulla. Inspirò a
fondo per qualche
momento, cercando di spazzare via dalla mente tutte le cose
imbarazzanti che
aveva detto a Viola.
“Beh,”
disse, torcendosi le mani, “è difficile immaginare
di poter
credere di nuovo a qualcuno che mi dirà di essere innamorato
di me. È vero. Ma
non è colpa tua; magari avrei dovuto essere io scettico sin
da subito. Insomma,
solo perché qualcuno dice di amarmi, non significa per forza
qualcosa.”
Quando
sollevò lo sguardo a Blaine, questi aveva gli occhi chiusi,
afflitto. “Oddio, Kurt. No.”
“Non…
non ci sto male,” insistette, cominciando a sentirsi offeso.
“È così che va la vita, Blaine. Le
persone si sbagliano, o non capiscono i
propri sentimenti, o vogliono davvero qualcosa da te. E non
è sempre possibile…
dirlo.”
“Kurt,”
disse Blaine. Ci fu un lungo momento in cui si sentirono
solo i loro respiri, e di nuovo si sentì privo di
equilibrio, tremante. “Mi
dispiace così tanto.”
Kurt
mordicchiò il labbro, cercando di pensare a qualcosa da
dire.
“Anche a me,” disse infine, dunque si
sollevò dal banco e uscì fuori dalla
classe.