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Autore: Rain e Ren    27/10/2013    6 recensioni
“ Le cicatrici che ci portiamo addosso raccontano la nostra storia. E ci ricordano come siamo arrivati dove siamo.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scars

 

Rufy è una persona particolare, questo è poco ma sicuro. È una ragazzo allegro, spigliato, sempre pronto a mettersi in gioco e ad affrontare nuove avventure, dimenticandosi la maggior parte delle volte quanti pericoli nasconda il mare in cui ha deciso di navigare. Ha l’innocenza e la semplicità nello sguardo, quelle tipiche dei bambini. Incredibile pensare che sia riuscito a preservarle nonostante i vent’anni e quanto successo! Nonostante il dolore patito due anni prima…

Ma probabilmente è questo che rende Rufy così speciale. Quel suo modo di fare che a volte – molte volte! – può dare sui nervi, ma che fa nascere spontanea la simpatia verso quello strano ragazzo di gomma.

È questo che pensa Nami, guardando il ragazzo che le dorme accanto; russa fastidiosamente, ed è letteralmente svaccato sul suo letto – quello di lei! – in una posizione che di comodo, a ben vedere, ha molto poco. Ma Nami non ha nessuna intenzione di svegliarlo per farglielo notare: è un meritato riposo quello che lui si sta godendo!

È stata una lunga nottata, per entrambi. Perché finalmente il dolore è venuto fuori, e ciò che a lungo era stato covato in petto, nascosto ma mai dimenticato, è esploso in una forma alquanto particolare trattandosi di Rufy. Aveva creduto, Nami, che il ragazzo avrebbe preso a pugni ogni cosa che si fosse trovata sul suo cammino, distruggendola e cercando così di distruggere il dolore. Invece è corso da lei, nel cuore della notte, con gli occhi che imploravano aiuto. I ruolo si sono invertiti: è toccato a lei salvare lui dai suoi fantasmi!

Lo ha visto piangere come non mai, lo sguardo inondato di lacrime brucianti, appoggiato alla sua spalla. E non ha potuto far altro che restargli vicino, cercando di comprendere quanto lui diceva con la voce spezzata dai singhiozzi; è riuscita ha capire che il suo sonno era stato rotto dagli incubi, dalla scena della morte di Ace. Non le è servito altro per comprendere lo strano comportamento del suo capitano in quella notte calma e stellata.

Poi Rufy è crollato, e ora russa che è una meraviglia.

Nami lo osserva, silenziosa. È la prima volta, da che si sono ritrovati, che può osservarlo con tranquillità, senza avere intorno a sé gli schiamazzi degli altri. È cambiato, si trova a pensare, guardando i ciuffi neri ora un po’ più lunghi, il viso leggermente più affilato, le mani più grandi, i centimetri acquistati, i muscoli più definiti nonostante sia rimasto magro come un’acciuga. E poi c’è quella cicatrice, sul petto, che fa bella mostra di sé, quasi a volersi beffare del tentativo di Rufy di affrontare il dolore. È proprio quella che Nami va a sfiorare, con le dita incerte che tremano. È ruvida, simile alla carta vetrata. L’accarezza gentilmente, disegnandone i contorni con la punta delle dita.

Si accorge solo dopo un tempo che pare infinito che Rufy ha smesso di russare e che la fissa ora con occhi attenti. Sa che sarebbe consono ritrarre la mano, ma pare che il suo corpo non abbia intenzione di muoversi.

“ Ti fa ancora male?” Chiede invece, fissandolo seria, ma c’è una nota di dolcezza nella voce.

“ No.”

“ Non parlo a livello fisico.” Sospira lei, conscia che se non si è diretti con Rufy non si arriva mai da nessuna parte.

Lui non risponde, si limita a continuare a fissarla spostando una mano sul petto, sfiorando quella di lei, per poi appoggiarla sul quella grande X.

“ Rufy, non smetterà mai di fare male.” Afferma allora Nami, la voce addolcita come mai lo è stata, e forse è questo che fa nascere lo stupore nel ragazzo. “ Per quanto ne dicano il tempo non cancella il dolore, anzi. Ma si impara a conviverci, e a farne la proprio forza. E una cicatrice non è sempre male.”

Rufy ora la fissa seriamente perplesso, cercando di capire dove vada a parare quel discorso. Ed è in momenti simili che Nami si chiede se il ragazzo sia veramente stupido, oppure se faccia solo la scena. Ma poi si ricorda che è Rufy, e quello è sicuramente un ragionamento fin troppo complicato per la sua mente semplice.

“ Le cicatrici che ci portiamo addosso raccontano la nostra storia. E ci ricordano come siamo arrivati dove siamo.”

E lo sguardo di Nami che saetta verso sinistra fa capire al ragazzo cosa lei intenda. Alza la mano con fare insicuro, e con gran sorpresa di lei, le regala una lieve carezza lì, sulla sua spalla tatuata, dove a sprazzi s’intravede la cicatrice che lei stessa si è procurata, affondando con forza e disperazione il coltello nella carne. Poi la sua mano rimane là, e il movimento delle dita non si ferma, mentre gli sguardi rimangono incatenati.

Sono cicatrici difficili da portare, quelle di entrambi. Una inferta dal nemico, l’altra auto inferta verso il nemico. E rimarranno là per sempre, a marchiare la carne e a rendere la pelle di un colore diverso, creando linee frastagliate su percorsi privi di imperfezioni.

Non se ne andranno mai, ma nessuno dei due vuole veramente liberarsene. Rappresentano la loro storia, e li hanno fatti crescere. Ciò che sono, lo devono anche a quelle cicatrici che a volte bruciano come acido.

Rufy sorride, di quel sorriso che è suo, che racchiude in sé tutto ciò che il ragazzo è. E Nami non può non ricambiare, perché nonostante le lacrime di quella notte e gli incubi, nonostante quell’abbracciato che lui le ha chiedo e lei non gli ha negato, nonostante delle carezze intime – più intime di quanto non possano sembrare a chi non sa – Rufy è sempre Rufy, e ha conservato quell’innocenza e quella semplicità che lo hanno reso quello che è.

Nami si sente tirare verso il basso, e tutte le sue elucubrazioni vengono interrotte. E forse è meglio così. Perché in quel momento, in quel momento che resterà solo loro, lei si è trovata pronta a dirgli quelle parole che conserva gelosamente nel cuore da molto tempo. Ma ora si rende conto che non è quello il tempo; Rufy sta ancora interiorizzando il dolore, e tante sono ancora le cose che devono essere fatte e dette. Un giorno, n’è certa, glielo dirà. Ma non questa notte. Questa notte è dedicata a leccarsi le ferite e ad accarezzare cicatrici che forse tanto tali non sono. Questa notte lei si limiterà a farsi guidare dalle mani di lui, e appoggerà la testa sul suo petto, permettendo che lui l’abbracci nel sonno. Per questa notte tanto basta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’Autrice:

Seconda ff su One Pieece, e ovviamente RuNAmi (non ci posso far niente: li adoro!).

Quest’ideuzza mi girava in testa già da un po’, ma solo oggi sono riuscita a metterla per iscritto. Spero di non essere stata troppo OOC (con un personaggio come Rufy la cosa non è per niente semplice).

Me lo lasciate un commentino per farmi sapere che ne pensate??

ByeBye Rain

 

   
 
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