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Autore: I_me_mine    27/10/2013    2 recensioni
"Sapete chi ha inventato il cioccolato?"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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"Sapete chi ha inventato il cioccolato?"

 ♦

Madre Natura doveva essere una donna dall'animo molto malinconico, una di quelle donne che hanno perso tutto o forse non hanno mai avuto nulla, una di quelle donne alla ricerca di una vita nuova, un brivido in più da provare, una sensazione che le scuotano il corpo e le membra, quella che insomma noi chiamiamo Felicità.
 
La sua chioma scura e sbarazzina le sfiorava i polpacci lucidi, aveva un abito blu che giungeva al ginocchio e dal sottile busto le fasciava il corpo in morbide e dolci pieghe.
I fiori che le ornavano il petto e le cingevano il capo erano delle piccole,semplici margheritine di bosco.
Amava i boschi, quell'odore di legno bagnato che dopo una pioggerella estiva inondava l’aria fresca.
Camminava a piedi scalzi sull'erba umida, poggiando delicatamente passo dopo passo le punte dei piedi.

Poi cominciava a correre.

Correva in direzione di qualcosa o di qualcuno.
I piedi nudi potevano avvertire l’umido del terriccio, l’erba solleticava e si insinuava tra le dita, di tanto in tanto qualche pietra le ostacolava il cammino e allora cadeva.
Poggiava le mani al suolo bagnato, ne percepiva gli spostamenti, i mutamenti, sentiva scorrere i Sali minerali che giungevano lentamente fino alle radici, accostava l’orecchio attentamente e infine si lasciava trasportare dalle dolci melodie che la terra le suggeriva.

Allora si arrendeva.

Finiva sempre per stendersi all'ombra di una quercia secolare che, al centro di un ampio spazio illuminato da qualche raggio lunare, si ergeva maestosa.
I  fianchi toccavano terra, le braccia candide si intrecciavano attorno al busto, la punta delle dita sfiorava il manto erboso, i morbidi capelli dal profumo di miele seguivano le deformità del suolo.

Provava un fremito ogni volta.

Lasciava che il peso del suo corpo schiacciasse i fragili steli, ammaccasse i petali, bloccasse il percorso dei piccoli insetti del luogo; lasciava che le sue cellule si perdessero col vento e allora era come se un piccolo pezzo di lei avesse visto nuovi colori, udito nuovi suoni, assaporato nuove dolcezze.
Le sue palpebre si rilassavano, lo sguardo disteso valorizzava i lineamenti perfetti, metteva in risalto le labbra socchiuse, rosse, piene.
Le ciglia nere come la pece sfioravano le guance rosa, fasciata in un velo fine di momentanee sicurezze.
Sentiva il vento lambire la sua persona e permetteva che la sua mente si allontanasse dal corpo, assieme a quelle cellule che poco prima avevano preso il volo.

Attorno a lei tutto sembrava assumere un significato più profondo.
Tutto acquistava vita.

Le radici  lentamente le si accostavano creandole attorno una culla, verde e fresca.
Le foglie le si posavano in grembo, trasportate dalla brezza che le staccava dai rametti ormai secchi.
Qualche goccia di pioggia talvolta le rigava il viso perfetto, scorreva lasciando che i suoi veli aderissero al corpo marmoreo, mettessero in risalto ogni forma, ogni piega, ogni  segreto.

Che sapore ha l’estasi?

Immediatamente questo tormento la ridestava trascinandola nuovamente nel suo vortice di pensieri.
Ricordava il motivo per cui scappava e nuovamente prendeva a volteggiare tra gli alberi imponenti.
Si faceva largo tra un fusto e l’altro sfiorando con la punta delle dita la corteggia rugosa e profumata poi spostava con tranquillità una grande foglia di felce che le ostruiva la vista, ma non scorgeva mai nulla , all'orizzonte, che le colmasse quell'incredibile sensazione di mancanza che l’affliggeva.

Eppure un giorno accadde qualcosa.

Gli occhi profondi di Natura si scontrarono con quelli Amore.
Fu tempesta.

Venti infuriarono, le acque strariparono, gli alberi cedettero al peso della forza di gravità, nulla sopravvisse alla violenza di quell'incontro.
L’ultima goccia di pioggia che toccò il suolo cadde tra le  macerie di quello che era stato il regno, lo scrigno di un cuore ormai appagato.
Natura danzò e cantò a lungo, fu lieta e speranzosa, ma presto capì che ancora un colore mancava perché il quadro fosse davvero armonioso e perfetto.
Strinse le mani calde di Amore e lasciò che una lacrima le scendesse e, nel silenzio del nulla, si infrangesse rumorosamente al suolo.

Un germoglio si fece spazio tra la distruzione, un verde rigoglio:  era Speranza.

Nata da Amore e Natura fu dolcemente preservata, mese dopo mese, anno dopo anno, pioggia dopo pioggia e finalmente si impose splendida ai loro occhi.
Il suo frutto  era di  una bellezza sfavillante
Natura lo raccolse, con un gesto repentino quanto leggiadro lo divise in due, poi ne sottrasse un seme e portandolo alla bocca ne assaporò l’aroma.
Un  sorriso incantevole impreziosì il volto di Natura,come mai ne aveva indossati.
Il suo sguardo si rivolse raggiante ad Amore: il quadro era completo!

Ecco che sapore aveva l’estasi.
 

I_Me_Mine: Se la speranza dovesse avere un sapore,sarebbe decisamente quello del cioccolato:l'estasi per eccellenza è quella che un piccolo quadratino di questo nettare divino sa regalarci!
 
A volte una scorpacciata di cioccolato con un'amica e un amore sincero per questo alimento possono portare alla creazione di qualcosa di davvero strano...spero comunque piaccia,almeno un pochetto!

Ringrazio in anticipo chi leggerà e mi scuso per eventuali errori,alla prossima storia!
   
 
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