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Autore: _Kiiko Kyah    27/10/2013    8 recensioni
O2 ~ Le iridi rosse del riccio si posarono di nuovo su Maria. «Ti chiami Shadow.»
[...]
O7 ~ «Maria!» la bionda oscurò il contenitore. Si voltò mostrando per l’ultima volta il suo splendido sorriso. Il rumore di vari e violenti spari. Il sangue colpì il vetro.
[...]
O9 ~ Le stelle erano luminose e splendide in quella notte nera. Seduto in terra, Shadow sentì una lacrima scivolare sulla guancia.

{ Angst; Fluff; Sentimentale; } { In memoria di una storia che mi ha fatto piangere. }
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maria Robotnik, Shadow the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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O1 ~ Shadow
Le dita di Eggman scorrevano rapide sulla tastiera del computer incorporato nel grande macchinario al quale era attaccata l’enorme capsula dai vetri trasparenti, collegata a vari tubi; al suo interno, immersa nel liquido, la figura addormentata dell’esperimento che il nonno stava portando avanti da anni. La forma di vita perfetta.
«Sta davvero arrivando il momento, nonno?» domandò una voce con tono sognante.
L’anziano ridacchiò divertito. «Sì, Maria. Aspetta altri due giorni e si sveglierà.»
Le affusolate mani candide di una bionda novenne erano appoggiate sul vetro, mentre i suoi grandi occhi azzurri delineavano i contorni di quel viso; sembrava un enorme riccio. Umanoide, ma sempre riccio. Nero e rosso, il muso arancione, una pelliccia bianca intorno al collo. Era ormai da molto tempo che Maria si chiedeva di che colore potessero essere quegli occhi perennemente chiusi.
«Davvero posso scegliere il suo nome, nonno?» chiese ancora, titubante.
«Certo.» l’uomo la scrutò dolcemente. Dopotutto, era anche per lei che l’aveva creato.

O2 ~ Maria
Le palpebre del riccio si schiusero lentamente, mentre il liquido che gli aveva fatto da incubatrice diminuiva progressivamente fino a sparire. Il vetro cominciò a sollevarsi, e presto il suo sguardo fu in grado di rendersi conto di essere vivo. La prima cosa che vide fu qualcosa che in qualche modo la sua mente suggeriva definire come “ragazza”; alta più di lui, la carnagione canuta, due immensi e brillanti occhi celesti, una folta chioma dorata, un abito azzurro, e qualcosa che la sua mente, ancora, suggeriva chiamarsi “sorriso”. Un’altra parola che gli fu suggerita fu “angelo”.
«Ben svegliato.» disse una voce possente, e d’istinto il riccio guardò in alto. La persona che vide era decisamente meno bella della prima. Ed era un uomo. «Tu sei la forma di vita perfetta. Sei stato creato per aiutare l’umanità. Migliorarla.» spiegò serioso, tenendo per mano la ragazza.
«Ben svegliato.» ripeté flebile e dolce la voce di quest’ultima. Le iridi rosse del riccio si posarono di nuovo su Maria. «Ti chiami Shadow.» gli comunicò sempre sorridente, poi sollevò la mano verso di lui. «Io sono Maria Robotnik.»
Shadow, confuso, la guardò con aria persa. Lei rise, e gli insegnò che quando qualcuno porgeva la mano in quel modo doveva stringerla in segno di saluto. Lo fece.

O3 ~ Insieme
«Sono tutti molto indaffarati qui, quindi io sto sempre da sola quando il nonno lavora.» l’indice sinistro di Maria prese a disegnare cerchi sul davanzale della sua finestra preferita, che dava sull’universo.
Shadow percepì qualcosa attraversare il tono della ragazzina, qualcosa che gli si attaccò alla lingua. La mente—che il Dr. Eggman aveva spiegato essere già piena delle informazioni che man mano gli sembrava di imparare senza motivo—gli suggerì il termine “malinconia”. E subito seppe che si trattava di qualcosa di brutto.
Spostò le iridi di rubino fuso in direzione dello spazio. «Mi spiace.» si sentì in dovere di dire, prima ancora di sapere che significato avesse quella frase.
La novenne sorrise felice a quelle due parole, e si protese per afferrargli la mano fra le sue, più minute e delicate.
«Ma ora non succederà più! Ci sei tu, no? Ti va di rimanere insieme a me?» Shadow schiuse le labbra stupito. La sua mente metabolizzò che per quel sorriso, sarebbe potuto rimanere insieme a chiunque per tutta la vita. Annuì.

O4 ~ Terra
La sfera di platica roteò ancora sotto la spinta della grande mano bianca di Shadow; per l’ennesima volta, l’attenzione di quest’ultimo fu catturata dai colori azzurro e verde che regnavano sovrani su quella riproduzione in scala. Maria aveva detto che si chiamava “mappamondo”. Proprio la bionda era seduta per terra accanto a lui, scorrendo con le dita le righe scritte di un libro di geografia. Il riccio era sempre più incuriosito, liberare le informazioni nella sua testa era l’unica cosa che gli interessava.
...Beh, quasi l’unica. Si sporse un po’ per leggere il punto in cui la sua amica si era fermata, e con sorpresa notò che non erano lettera a sorgere davanti ai loro sguardi dai colori opposti, bensì la fotografia del pianeta che lui stava tenendo in mano, quello che si vedeva più grande e vicino dalla loro finestra.
«Come si chiama?» domandò sedendosi a sua volta. Maria sorrise radiosa.
«Si chiama Terra.» replicò gentile «E’ il pianeta da cui viene il nonno.» le sue iridi chiare assunsero un velo luminoso e sognante. Il riccio sorrise. E a lei non sfuggì. Era la prima volta che Shadow the Hedgehog sorrideva.

O5 ~ Perfetto
Quel fastidioso suono chiamato tosse fuoriuscì ancora dalle labbra rosate di Maria, infilata nella sua camicia da notte rosa, le gote arrossate dall’influenza, scuotendo tutto il suo minuto corpo da bambina. Seduto sul letto accanto a lei sdraiata, Shadow raccolse una delle sue piccole mani nella propria.
«Sicura che vada tutto bene?» inquisì scrutandola preoccupato.
La bionda sorrise imbarazzata, tuttavia allegra. «Sì, ho solo un po’ di febbre, non è niente di che.» lo rassicurò ridacchiando, accarezzandogli la mano con le dita.
«Però è strano.» insistette il porcospino «La stazione spaziale non dovrebbe essere completamente sterilizzata?»
Un’altra risata mista a qualche altro colpo di bronchite lo stupì leggermente. «Sei stato rapido a controllare le conoscenze della tua mente. Il nonno sarà fiero di te.»
La forma di vita perfetta non poté trattenere un accenno di sorriso storto. Non ce la faceva a non preoccuparsi, ciò nonostante l’espressione angelica di Maria gli faceva sempre pensare fra sé e sé che forse non era lui l’essere perfetto fra i due.

O6 ~ Promessa
Shadow era vivo da un paio di mesi ormai. Era diventata un’abitudine, per lui, ritrovarsi almeno una volta al giorno—beh, non che fosse “giorno” inteso come ore di luce, la stazione era sempre illuminata da luci artificiali di un bianco e azzurro elettrico—davanti al vetro di quella grande finestra, davanti alla quale Maria sembrava incantarsi e perdersi nell’ombra malinconica del suo sguardo, ad osservare le profondità dell’universo, le stelle vicine e lontane, ma più di tutto, la Terra. G
rande, magnifica, azzurra e verdastra, distante meno di qualsiasi altro astro, era l’utopia della giovane Robotnik. Al riccio piaceva stare lì accanto a lei a guardarla... la Terra. Guardare la Terra. C’era bisogno di specificare?
In genere, non una parola aleggiava fra di loro quando la bionda mormorò appena una frase, una volta. «Mi ci porterai, un giorno?» era una domanda. Rivolta a lui.
Shadow sollevò lo sguardo verso di lei. «Dove?»
«Sulla Terra.» specificò la ragazzina «Mi ci porterai, un giorno, Shadow?» ripeté senza smettere di mangiare con lo sguardo quel bel pianeta azzurro.
Passati i primi secondi di stupore e di perplessità, l’interpellato sorrise. «Sì.» confermò.
Maria appoggiò la fronte al vetro. «Mi prometti che ci andremo insieme?» aggiunse «Che non ci andrai senza di me? Quando il nonno deciderà di mandarti, mi aspetterai?» questa volta, la sua domanda sembrava più triste che utopistica.
«Te lo prometto, Maria. Non potrei mai visitare la Terra senza di te.» passò un secondo prima che la bionda gli si fiondasse fra le braccia, stringendolo in un forte abbraccio. E sussurrando un lieve “Ti voglio bene”.

O7 ~ Sangue
I forti rumori proveniente dal resto della stazione spaziale continuavano a far vibrare il segnale d’allarme che l’istinto di Shadow stava emettendo. Infinità di spari riempivano l’aria di grida e distruzione, numerosi militari facevano prigionieri gli scienziati, mentre lui cercava inutilmente di aprire dall’interno la sua incubatrice per uscire fuori ed aiutare. Salvare le persone con cui aveva vissuto fino a quel momento. Cercare Eggman. Cercare Maria.
Come richiamata da quel pensiero, la figura esile dell’ormai adolescente Robotnik apparve davanti agli occhi del riccio. Entrata dalla porta dell’enorme laboratorio illuminato, la ragazzina aveva stampato in viso un sorriso forzato e terrorizzato, la luce dei suoi occhi era spenta e intrisa di profonda paura; ignorò l’occhiata confusa e ansiosa del suo amico e corse rapida verso il pannello di controllo della capsula.
Per un attimo Shadow pensò, sperò, che fosse venuta per liberarlo e permettergli di aiutare. Non fu così. Invece, ciò che la bionda fece fu scorrere i vari tasti e leve fini ad arrivare a quella dell’illuminazione. Lo voleva nascondere ai militari. Lo stava salvando. Forti passi sulla pavimentazione metallica segnalarono l’arrivo di qualcuno.
«Maria, nasconditi!» gridò l’istrice nero e rosso, con tutta la forza che aveva, «Maria!» i primi militari entrarono nella stanza. Fu un secondo. «Maria!» la bionda oscurò il contenitore. Si voltò mostrando per l’ultima volta il suo splendido sorriso. Il rumore di vari e violenti spari. Il sangue colpì il vetro. Era la prima volta che Shadow the Hedgehog sentiva il cuore di pura energia Chaos dilaniarsi così brutalmente.

O8 ~ Distruggi!
I militari svuotarono rapidamente la stazione spaziale. Tutto ciò che Shadow recepiva, però, era che Maria era morta. Aveva visto il suo corpo cadere in un lago di sangue. Aveva sentito le pallottole colpirla dritta al cuore, ne era stato testimone. E tutto ciò che aveva potuto fare era guardare. Le iridi ancora sgranate e le mani appoggiate sul freddo vetro dell’incubatrice, il riccio percepiva qualcosa di crudele e impossibile da contrastare invadere il suo petto. Dolore. Disperazione. Rabbia. Ira. Furia.
Maria era morta. Maria era morta. Maria era morta per salvare lui.
Sollevò di scatto il viso quando avvertì un forte rumore. Il Dr. Eggman raggiunse il pannello di controllo. Riportò l’illuminazione. Lui era vivo. Era sopravvissuto. Ma era ferito, insanguinato. La morte avrebbe colto anche lui a momenti, eppure non sembrava importargli.
«L’hanno portata via, l’hanno portata via» continuava a ripetere convulsamente. Cominciò a digitare svelto i pulsanti sulla tastiera, e dopo qualche secondo un cavo si fiondò sul petto di Shadow. L’energia Chaos cominciò a tremare. A cambiare.
«Doc., che cosa...» la sua voce era carica delle sensazioni che aveva provato poco prima, troppo tremante per essere la sua; comunque, non ebbe neanche il tempo di finire la frase. Il dolore passò in secondo piano quando, sospinta dall’energia Chaos, la sua ira cominciò ad aumentare sempre di più, invadendo la sua mente e la sua anima stessa. Folle. Stava diventando folle quanto lo era diventato Eggman.
«Distruggi, Shadow. Distruggi l’umanità che ha portato via Maria.»
“Sei stato creato per aiutare l’umanità. Migliorarla”. Le persone che avevano detto queste due frase erano due persone diverse. Diverse come solo il dolore più atroce può rendere differenti. Distruggere. Distruggere ogni cosa.

O9 ~ Stelle
La città notturna era insolitamente buia nel suo intero completo. Non un semaforo, una finestra, un lampione erano accesi; tutto spento, in occasione della pioggia di stelle cadenti predette per quella notte. Sparsi per la città, Sonic e i suoi amici aspettavano impazienti di assistere a quello spettacolo a cui nel proprio mondo non avevano ancora mai assistito. Su un prato, fuori città, c’era qualcuno da solo.
Le stelle erano luminose e splendide in quella notte nera. Seduto in terra, Shadow sentì una lacrima scivolare sulla guancia. Maria aveva sempre amato le stelle. Erano passati cinquanta anni, ciò nonostante ne sarebbero potuti passare altri mille e lui non si sarebbe mai più dimenticato di quel sorriso. E anche se il dolore brulicava infame nel Chaos che lo teneva vivo, era felice di essersene ricordato.
Alla fine lui ci era arrivato. Sulla Terra. Senza di lei. Non poteva credere di non aver adempiuto alla missione che Eggman gli aveva affidato. Distruggere. Tuttavia, era felice che l’amnesia e in seguito quello stupido ragazzino di nome Sonic—impertinente all’incredibile, e aveva solo quindici anni contro i suoi cinquanta!—gli avevano impedito di eliminare l’umanità. Maria non lo avrebbe mai perdonato se l’avesse fatto.
Sorrise, continuando a guardare il cielo scuro. Come quello che si vedeva dalla finestra della stazione spaziale. Chissà se Maria, da lassù, stava guardando la Terra. Chissà se stava sognando, con quel suo splendido sorriso, di scendere a visitare il pianeta azzurro dei suoi desideri. Chissà.
La prima cometa varcò la volta celeste. A seguirla furono migliaia di sue sorelle, potenti e luminose, che striarono il cielo. Sguardi e sorrisi meravigliati ed entusiasti crebbero sui visi degli abitanti della città. Shadow si alzò in piedi. Una volta, Maria gli aveva detto che, guardando una stella cadente, si poteva esprimere un desiderio e questo si sarebbe avverato. Era stata una delle prime cose che gli aveva insegnato.
«Vorrei rivedere il tuo sorriso.» mormorò al vento, alle stelle sopra di lui. «Un giorno arriverò da te per vederlo. Quindi aspettami, okay?»

1O ~ Aspetterò.
Una stazione spaziale abbandonata vagava in alto nell’universo. Le attrezzature distrutte, macchie residue di sangue e di contusioni, odore di odio e devastazione che aleggiava per i laboratori. Una larga finestra che dava sullo spazio. L’astro terrestre scintillava dritto davanti a quel vetro.
Due eteree mani sottili e affusolate erano lì appoggiate. Una ragazza bionda e pallida come la morte scrutava con aria sognante quel pianeta. Nel suo abito azzurro, Maria scrutava sorridente quell’immagine. Cinquanta anni. Erano tanti.
«Non avere fretta di raggiungermi, Shadow.» sussurrò in un fil di voce spezzata. La dolcezza del suo tono però era invariata. «Perché sono disposta ad aspettarti per altri mille anni.» qualche bagliore cominciò ad avvolgerla. La sua figura si fece sempre più trasparente e meno nitida. «Aspetterò.»









Okay, forse non è fedelissima alla storia narrata in Sonic X, cioè, forse manca qualche dettaglio importante, ma tutto sommato questo è tutto ciò che avrete da me. Perché altrimenti piango. Bene? Bene. Non pretenderò altro da me, quindi non mi metto neanche a dire che è una schifezza, anche se lo è. Se cliccate sul titolo, troverete quel bellissimo video che mi ha dato tanta, tanta, tanta ispirazione. Quello mi ha fatto proprio piangere, perché oltre ad essere fatto bene e ad avere una canzone stupenda e tristissima—quantomeno la musica, il testo è in giapponese—in sottofondo, mi ha ricordato da morire le sensazioni provate guardando l’anime. E questo è tutto.
PS, guardate che lo so che il nome del nonno di Maria è Gerald Robotnik. Solo che dato che comunque è il nonno di Eggman, l'ho chiamato così. Mi sono ricordata dopo aver terminato di scrivere che in effetti Shadow era stato creato non solo "per Maria", ma proprio per cercare una cura alla sua malattia... insomma, era nato del tutto apposta per lei.
Baci, Anna. 
  
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