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Autore: meiousetsuna    28/10/2013    4 recensioni
Damon, alla fine della giornata nella quale hanno sepolto Bonnie - e con lei una parte del loro passato e del loro futuro – riflette sul suo rapporto con Stefan, la persona che dovrebbe stargli più vicino, ma in quel momento gli sta voltando le spalle, preferendo cercare una vita ed una felicità che non lo comprendano.
Dal testo: Quando sotto il porticato della casa in fiamme dei Gilbert si era avvicinato per dirgli che gli voleva bene, l’aveva fermato. Lo capiva, senza parole, non voleva sentirselo dire.
Bugia.
Ne aveva un bisogno disperato, quello che aveva evitato era stato causare dolore a Stefan, fargli sentire il bruciore delle sillabe che avrebbero marchiato la lingua, scolpite per sempre dalla sua voce, senza possibilità di ritirarle anche se non fossero più state sincere; non era così vigliacco.
Ma questa volta non sapeva cosa pensare: avevano giocato al fratello divertente e quello prudente, bevuto insieme, ritrovato in qualche strano modo una confidenza immediata, eppure, ancora una volta la sua felicità veniva considerata un male, una colpa verso qualcuno.

Baci, Setsuna
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Jeremy Gilbert, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Memories – (You were always on my mind)

Relativo spoiler! Della 5x4
Personaggi: Damon, Jeremy, Stefan
Rating: Verde
Genere: Triste, Character Study
Avvertimenti: Fluff, Bromance
Dedicato alle mie piccine: Iansom, fanny, Fefy, nella mia memoria, per sempre

N.d.A. = Non c’è un dialogo, preferisco avvertire chi legge, prima che lo trovi di una noia insopportabile…

Da qualsiasi parte lo osservasse, quello sembrava proprio Stefan.
Il viso pensoso, gli occhi di un verde unico, chiaro come un prato all’inizio della primavera eppure profondo come le acque di un lago.
Un paragone molto azzardato, vista la recente esperienza del ragazzo, che probabilmente non avrebbe mai più tollerato di avvicinarsi all’acqua per il resto della sua lunghissima vita; il che non era necessariamente un male, secondo Damon.
In fondo avrebbe significato che la gestione di altri eventuali incidenti occorsi sul Wickery Bridge sarebbe passata nelle sue mani; e per quanto gli piacesse un po’ di sano sport, il mondo poteva sopravvivere con qualche quarterback in meno, a suo avviso.
Anche il suo modo di fare era praticamente lo stesso: cavalleresco con le donne, specialmente con Elena e Caroline, oscillante verso di lui.
Era sufficiente questa descrizione per farne il suo Stefan? No.
Lo era stato quando in modo poco onesto gli aveva nascosto che Katherine avrebbe trasformato anche lui, in fondo erano stati semplici giocattoli nelle sue mani di crudele bambina viziata che li aveva messi uno contro l’altro volutamente.
Per quello lo aveva perdonato da tempo, anche se aveva finto di portargli inestinguibile rancore per coprire il bisogno che aveva di vederlo, passare un poco di tempo insieme, a farsi odiare e giudicare; la prima parte gli stava bene, la seconda non la sopportava.
Era rimasto il suo fratellino quando aveva ucciso loro padre.

Damon fece rotolare il bicchiere di bourbon su una tempia, fino a metà della fronte; i liquori gli piacevano lisci, ma quella sera aveva automaticamente aggiunto del ghiaccio, presentendo che gli sarebbe servito rinfrescarsi, un piccolo gesto così umano, così debole, non l’avrebbe fatto con qualcun altro presente.

Quel padre che lo aveva preferito in modo esplicito, senza sapere cosa viveva nascosto nel cuore del suo minore, pronto a esplodere con la giusta condizione.
Le lacrime di Stefan si erano mischiate al sangue e nulla più era esistito.
Quelle di Damon non si erano mai versate eppure quel poco di cordoglio che un uomo così duro e spietato aveva ottenuto provenivano dal cuore del dolce e innocente figlio maggiore, dal momento in cui aveva scoperto del suo assassinio a quello in cui avevano scavato la tomba in cerca di indizi sulle trame dei Fondatori.
Di certo non gli era mancato la millesima parte di quanto aveva sofferto la perdita di sua madre.
Chiuse gli occhi, azzurro cupo come i pensieri; concentrandosi con tutte le sue forze poteva sentire il fruscio delle sue vesti inamidate, il delicato profumo sul ventaglio, il gesto con cui gli pettinava i capelli ribelli con le dita.
Anche Elena qualche volta lo accarezzava in un modo che gli faceva sentire di essere accettato senza se e senza ma, per chi era, per quello che aveva dentro, eppure appena le mani si ritraevano un sottile dubbio tornava ad impadronirsi di lui.
Non sarebbe mai più stato il bambino fiducioso, il ragazzo spontaneo, l’umano gentile che era prima.
Nessuno avrebbe cercato queste persone nascoste in lui, riportandole completamente alla luce.
Requiescat in pace.
Stefan era rimasto carne della sua carne, sangue del suo sangue, quando aveva ottenuto l’amore di Elena, tentando di estrometterlo dalla sua esistenza, chiudendolo nella cella del sotterraneo, quando l’avrebbe volentieri lasciato marcire nella cripta della chiesa.
Era ancora il suo piccolo quando si era smarrito nella frenesia dell’omicidio e l’aveva lasciato alle cure di Lexi, malgrado non si piacessero affatto, per ritrovarlo e perderlo ancora.
Lo squartatore di Monterray.
Venire a conoscenza di questa parte del suo passato gli era scivolata addosso come nulla; non l’avrebbe mai creduto, ma forse il senso di colpa si era spento in quel ragazzo che aveva costantemente preso in giro per il medesimo motivo.
Era suo fratello che gli aveva causato tanta sofferenza, uscendone sempre pulito, assolto da tutti; Stefan, il buono, il compassionevole, rispettoso, puro.
Quando sotto il porticato della casa in fiamme dei Gilbert si era avvicinato per dirgli che gli voleva bene, l’aveva fermato.
Lo capiva, senza parole, non voleva sentirselo dire.
Bugia.
Ne aveva un bisogno disperato, quello che aveva evitato era stato causare dolore a Stefan, fargli sentire il bruciore delle sillabe che avrebbero marchiato la lingua, scolpite per sempre dalla sua voce, senza possibilità di ritirarle anche se non fossero più state sincere; non era così vigliacco.
Ma questa volta non sapeva cosa pensare: avevano giocato al fratello divertente e quello prudente, bevuto insieme, ritrovato in qualche strano modo una confidenza immediata, eppure, ancora una volta la sua felicità veniva considerata un male, una colpa verso qualcuno.
Il ricordo di Qetsiya che gli versava veleno nelle orecchie era perennemente presente.
Sei solo un incidente di percorso.
‘Elena è la mia vita – pensò con affanno – ma sei tu che puoi uccidermi davvero’.

Quel pomeriggio l’aveva passato in un cimitero, eppure era stato il momento meno gravoso della giornata.
Avrebbe dovuto essere vaccinato contro i sentimentalismi formali di certe cerimonie – tulle nero a nascondere i volti a volte poco segnati dal presunto cordoglio, abiti che odoravano di naftalina tirati fuori dall’armadio in soffitta, tenuti lontani dagli altri, condoglianze stantie e parole prive di senso – invece vedere la sua ragazza distrutta da un’altra scomparsa era qualcosa che non poteva tollerare.
E il giovane Gilbert, così forte mentre aiutava tutti loro a sostenere una perdita soprattutto sua, gli aveva stretto il cuore molto più di quanto volesse ammettere.
Capiva perfettamente perché Elena avesse dovuto spegnere l’umanità per credere di poter andare avanti quando avevano riportato a  casa il cadavere di quel ragazzino, così eroico e così buono.
Tutta l’estate l’aveva trascorsa in un lutto solitario, per non gravare sulla sorella dopo le prove attraversate insieme: e ora, mentre si rivolgeva all’aria incorporea, dove era chiarissimo che ci fosse Bonnie accanto a lui, era il più calmo, il più sereno, forse la persona più matura che fosse presente tra loro.
‘Quando crescerai e avrai la mia età, probabilmente sarò io a rivolgermi all’adulto della situazione e non mi daresti un suggerimento sbagliato’.
Cosa si prova ad avere un fratello maggiore, una spalla su cui contare?
Lui aveva assolto il suo compito, da vivo, era certo almeno di quello; poi, la definizione più gentile era stata quella di Klaus, dopo la morte di Alaric, quando aveva osservato con occhi maligni lui e Stefan spedire Jeremy al piano di sopra per proteggerlo. “Figure patetiche”.
Eppure i fatti dicevano il contrario, non si erano mai voltati le spalle credendoci veramente, almeno quando uno dei due era stato in pericolo di vita, ma il movente doveva essere sempre il male.
Poche ore prima, pervaso dalla rabbia contro un destino ingiusto e beffardo, si era scagliato contro Jeremy, dopo avergli intimato più volte di tacere, di non osare proferire quelle parole che avrebbero distrutto la loro maggiore speranza.
Si era ritrovato ad abbracciarlo strettissimo, sentendo che era giusto, che il conforto che stava donando tornava anche a lui.
Ormai aveva due fratellini: era proprio diventato sentimentale, imprecò tra sé e sé, come se uno non fosse più che sufficiente, vista la complicazione del loro rapporto.
Certo, gli voleva bene perché era quel che restava della famiglia di Elena, ma non finiva assolutamente lì.
Lo apprezzava da quando si era reso conto che l’errore più grave della sua lunga carriera in tal senso, era stato spezzargli il collo, preda della furia della gelosia; non se lo sarebbe mai perdonato, né avrebbe meritato il perdono altrui.
Per fortuna era in tempo per fare qualcosa di buono: la verità era che Jeremy era anche un’occasione di riscatto, in lui vedeva Stefan adolescente, che non vedeva l’ora di diventare un dottore per salvare vite umane, che si fidava di suo fratello più che chiunque altro, che era sincero, trasparente, altruista.
‘Basterò per due ragazzini, non è la cosa più difficile che abbia fatto’.
Il bicchiere fu vuotato in un sorso e sbattuto sul tavolino con un rumore di vetro che si incrinava.
‘Chissà se qualcuno ci sarà per me, quando ne avrò bisogno’.

Al piano di sopra, Elena dormiva stremata dal pianto. Per un attimo sembrò svegliarsi al suono di quei pensieri, poi stringendo il lenzuolo tra le mani, tornò a sprofondare nel mondo dei suoi sogni.

  
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