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Autore: Giuliascorner    28/10/2013    8 recensioni
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«E così...Edith» cominciò Harry, enfatizzando il mio nome con un cenno distratto della mano. «Praticamente sei venuta a fare la spia delle nostre vite, giusto?" disse, sistemandosi per bene sulla sedia.
«Te l'ho già detto, non sono una spia, ma una giornalista.» sospirai, rassegnata. «Un'aspirante giornalista, oltretutto.» aggiunsi.
«Non vedo la differenza.» soffiò piantandomi gli occhi in faccia.
«Non scriverò di tutte le ragazze che ti porti a letto, Styles, a me interessa solo il vostro lavoro, è di quello che dovrò parlare nell'articolo finale.»
«Ah sì? Niente vita privata?»
«Niente vita privata.»
«Prometti?»
«Non vedo come la tua vita privata potrebbe interessare a un professore universitario sessantenne!» esclmai sarcastica. Harry abbozzò una smorfia, ma incrociò le braccia al petto e mi fissò in attesa. Dio, quello sguardo. «E va bene, sì, prometto!» sbuffai.
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I giornalisti, si sa, sono i migliori alleati delle fans e spesso i peggiori nemici delle celebrità. Harry lo sapeva bene, e aveva imparato come difendersene; ma come potrà riuscirci quando sarà costretto a convivere con una di loro?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XI. You're smitten, then!

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«Ti rendi conto che non abbiamo ancora fatto un'uscita io e te da soli?» chiese Harry, la sua voce bassa dopo la performance della sera precedente coperta dall'accelerazione dell'auto.
«Ci abbiamo provato, al pub,» dissi. «ma poi è arrivato Niall.»
Harry alzò gli occhi al cielo ripensando a quel pomeriggio. L'autista guidava velocemente, sfrecciando nel traffico mattutino di Londra. Abbandonai il capo contro il sedile, massaggiandomi le tempie con le dita: mi ero svegliata con un terribile male alla testa che, nonostante avessi preso una medicina, non voleva proprio lasciarmi in pace. Oltre a questo, avevo anche un fastidioso male alla schiena, ma questo era solo colpa mia.
Dopo gli Awards, infatti, i ragazzi avevano voluto festeggiare la loro fantastica performance con una festa improvvisata nel loro tour bus. Quest'ultimo era un enorme veicolo rosso che gli One Direction usavano sempre durante le tournée; era come un'appartamento e, come ogni casa di cinque ventenni che si rispetti, era provvisto da una discreta quantità di alcolici. Contrariamente a ciò che si può pensare, non avevo passato la notte sul bus per colpa dell'alcool. Quella serata per me era stata eterna, in modo positivo naturalmente: il cocktail di adrenalina, stanchezza, sollievo e sorpresa mi aveva fatta addormentare nel pieno dei festeggiamenti come una bambina di cinque anni la notte di Capodanno. Avevo quindi dormito per otto ore sdraiata in una posizione assurda su un divano, al freddo, senza coperte addosso, fasciata dal mio vestito e truccata. E quella mattina, oltre ad aver male dappertutto, la mia faccia e i miei capelli erano in condizioni pietose.
Harry comunque sembrava non preoccuparsene, o almeno fingeva molto bene di non farlo. Mentre l'autista suonava il clacson e insultava qualche ciclista sconsiderato, le mie dita accarezzavano distrattamente il dorso della sua mano.
«Stai bene?» mi chiese Harry, quando si voltò e mi vide massaggiarmi le tempie.
«Sì, sì. Un po' di mal di testa.» scrollai le spalle. «A te non fischiano le orecchie?»
«Sono abituato, ormai. I concerti, le ragazze che urlano, sai... Diventerò sordo, prima o poi.» sorrise. «Comunque...sei libera oggi, vero?»
«Uhm...dovrei studiare, fra qualche settimana ho un esame all'Università. Ah, e poi devo finire la bozza del mio articolo!» risposi. Mi dispiaceva fare la guastafeste, ma ero talmente stanca che l'idea di uscire di nuovo dopo poche ore non mi entusiasmava.
«Oh, d'accordo. Allora domani sei obbligata .» affermò Harry. Annuii sorridendo, voltandomi di nuovo per guardare fuori dal finestrino. Dopo qualche minuto notai che la macchina avrebbe raggiunto presto casa mia e mi rigirai.
«Grazie per la serata, Harry, davvero. Per avermi dato un passaggio all'andata, per avermi invitata sul tour bus, per avermi fatta dormire sul vostro divano, per il passaggio di adesso e per...beh, per il backstage...» sussurrai, imbarazzata. Ero convinta che l'autista stesse ascoltando con interesse ciò che stavo dicendo, anche se faceva finta di nulla. O forse ormai era talmente abituato alla vita dei ragazzi che non ci faceva nemmeno più caso.
«Di nulla, Dee. Ci...mi ha fatto piacere che fossi con noi. Soprattutto nel backstage.» sorrise, prendendomi in giro silenziosamente per il giro di parole che avevo usato.
L'auto di fermò davanti a casa mia.
«Oh, Dee.» esclamò Harry, preoccupato. «Al nostro appuntamento...probabilmente ci saranno dei paparazzi e qualche fan. Va bene?»
«Certo.» lo rassicurai. Si aspettava davvero che avrei rinunciato per dei motivi del genere?
«Quindi...a domani?» chiese Harry mentre prendevo fra le mani l'orlo del mio vestito per uscire meglio dalla macchina.
«A domani.» annuii vigorosamente. Aprii la portiera e misi giù un piede; stavo per scendere, ma Harry mi fece girare in qualche modo e mi diede un velocissimo bacio sulle labbra.
«Buona giornata.» mi augurò, come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Anche a te...» balbettai mentre cercavo di sembrare sciolta. Uscii dalla macchina chiudendo piano la portiera. Mi sarei mai abituata a qualcosa del genere?

«E quando ti aspettavi di dircelo?» disse Bell, posando la tazza sul tavolo e avvicinandosi a me. «Ti abbiamo aspettato fino alle due, non rispondevi al cellulare...ha chiamato persino tua madre per sapere dov'eri!»
«Buongiorno anche a te, Bell, la serata è andata benissimo, grazie.» risposi, stizzita, chiudendo la porta con uno scatto.
Sì, avevo definitivamente passato una serata da Cenerentola. Appena ero entrata in casa, però, la realtà mi aveva accolta senza tardare. Con un po' di irruenza, oltretutto.
Lani lanciò a Bell uno sguardo di rimprovero per dirle di non sgridarmi. Da tutti mi sarei aspettata dei rimproveri, ma mai dalla persona più ribelle e anticonformista che io avessi mai conosciuto. Bell sbuffò, ma poi la sua espressione si addolcì un poco.
«Ciao Dee. Ti sei divertita?» chiese Bell, tornando a bere il suo caffè forte. In una situazione normale avrei fatto la sostenuta, ma quella mattina mi dimenticai subito di essere stata rimbrottata.
«Da morire.» confessai, calciando via quelle scarpe col tacco da incubo. «È stato...incredibile.»
«E con Harry?» chiese Lani fissandomi piena di aspettativa. Mi sedetti sul divano, giocando a fare la ragazza misteriosa del gruppo. Di solito ero piuttosto riservata riguardo alla mia vita sentimentale, odiavo sedermi e raccontare a tutti quello che mi succedeva. Le mie coinquiline s'affrettarono verso di me, mi si sedettero accanto e rimasero ad aspettare. Mi sentii improvvisamente come una mia compagna di liceo, Lindsay, che tutti i lunedì mattina aveva una cerchia di ragazze attorno al suo banco che ascoltavano i suoi folli racconti del weekend. Inutile dire che avevo odiato quella ragazza per anni.
«Allora...» cominciai. «Dunque, eravamo seduti lontani. Si è esibito con i ragazzi, sono stati bravissimi! Durante la performance mi guardava spessissimo, solo che non capivo se stesse guardando me, e poi non volevo che gli altri lo notassero. Kayla, per esempio, credo che l'abbia notato e...oh, c'era anche Kayla comunque, forse non ve l'avevo det-»
«Dee! E quindi?» m'incitò Lani. Presi un gran respiro, guardai prima una e poi l'altra.
«Ci siamo baciati. Sul serio, questa volta.»
Le ragazze ci misero qualche secondo per elaborare la mia frase. Sulle loro facce passarono tutti i tipi di emozioni immaginabili.
«Davvero? È fantastico!» strillò Bell. Le mie coinquiline batterono le mani, contente.
«Vedi che avevo ragione!» fece Lani, saccente, rivolgendosi a Bell. «Venti sterline, forza.»
«Avere scommesso?» risi, anche se avrei dovuto aspettarmelo.
«Ovviamente!» esclamò Bell. «Lani ha vinto. Io ti ho vista troppo nervosa prima di uscire, pensavo che non sarebbe successo!»
«E invece sai cosa? L'ho baciato prima io. Io, capisci? Cioè, è stato pazzesco!» dissi, scattando in piedi per l'eccitazione. Man mano che il tempo passava mi rendevo sempre più conto di quello che era successo. Se in macchina accarezzare la mano di Harry e programmare un appuntamento mi era sembrato quasi normale, mi domandai come potevo non essere morta dopo gli Awards.
«Tu? Sei proprio cotta allora, Dee.» scosse la testa Lani, incredula. Mi ributtai sul divano e sentii ancora gli sguardi delle ragazze ancora appiccati addosso a me.
«E adesso?» chiese Bell.
«Ci...frequenteremo, credo. Domani sera usciamo da soli per la prima volta. Ci conosciamo meglio e vediamo come va.» risposi decisa. Per la prima volta vedevo molto chiaramente cosa avremmo dovuto fare: conoscerci. Parlare da soli, senza le grida di Niall, senza paparazzi, fans e magari non in mezzo a degli Awards. Le mie amiche rimasero in silenzio.
«Cavolo...» sospirò Bell, fissando un punto preciso per terra. «E se va bene? Te ne andrai?»
Scoppiai a ridere, guardandola con gli occhi sbarrati.
«Andarmene? Bell, lo conosco da due mesi e ci siamo dati un paio di baci, non è esattamente quello che si chiama una base solida per andare a vivere insieme!» dissi, alzando gli occhi al cielo. «E poi devo finire l'Università con voi, quindi mi avrete fra i piedi fino alla laurea.»
«Però domani non ci sei, vero?» chiese Lani. Il mio cervello scorse velocemente i miei impegni della settimana e mi ricordai solo in quel momento che avevo promesso alle mie coinquiline e al gruppo di amici dell'Università che sarei andata al cinema con loro.
«No, mi dispiace...» mormorai terribilmente in colpa.
«Dai, non importa.» alzò le spalle Bell, anche se la sua espressione diceva tutt'altro.
«Datemi cinque minuti e ci sono per studiare!» annunciai per togliermi da quella conversazione che stava prendendo una brutta piega. Ero stufa di quel dannato vestito, volevo soltanto toglierlo e buttarlo nei meandri più remoti del mio armadio, ed ero anche stufa del trucco. Quando tornai in salone sembravo un'altra e, nonostante mi fossi aspettata di sentirmi subito meglio senza l'abito, quando vidi il mio riflesso nello specchio non fui così sollevata come speravo.
Provai a studiare, senza risultato. Ero distratta: Niall continuava a scrivermi messaggi per descrivere la serata con Zoe, con la quale aveva organizzato presto un appartamento, mia sorella continuava a chiamarmi, Oliver mi scriveva su Facebook e non riuscivo a distogliere le attenzioni sui commenti che le fans avevano scritto su di me su Twitter. La maggior parte di loro aveva scritto che non sapeva minimamente chi fossi, alcune sospettavano che avessi a che fare con Harry e altre ancora, nel dubbio, mi avevano insultata pesantemente lo stesso. Oltre a ciò, che sicuramente non aiutava, il mio mal di testa persisteva senza lasciarmi un quarto d'ora di sollievo.

«Dove mi stai portando?» ridacchiai. Harry scosse la testa come per dire "lasciami fare" e continuò a guidare.
Quando ero salita in macchina mi era sembrato di essere una in incognito, e ora che il ragazzo si ostinava a nascondere la nostra meta mi sentivo sempre di più coinvolta in una missione segreta. Quando avevo visto che si stava dirigendo pericolosamente verso il centro di Londra mi era quasi preso un attacco di cuore. Già mi ero immaginata la scena: un ristorante elegante nel quale non so comportarmi, una lista di cibi sconosciuti scritti pomposamente in francese, un mare di fans, un'orda di paparazzi e tanti occhi puntati addosso. Fortunatamente l'auto aveva girato poco prima di un grande cartello che segnalava la direzione verso Waterloo Station, e, dopo venticinque minuti, eravamo ancora in viaggio. Avevamo chiacchierato talmente tanto durante quel tragitto che ebbi quasi paura di non sapere cosa dire a tavola; Harry però, che quando l'avevo conosciuto sembrava chiuso in un mutismo perenne, non la smetteva più di raccontare cose buffe e io di ascoltarlo, narrare le mie avventure, commentare e ridere. E ridevo davvero, non quelle risatine di circostanza per non far sentire a disagio qualcuno.
Ad un tratto la macchina si fermò in una strada semi buia. Gli rivolsi un'occhiata interrogativa, ma Harry non la colse perché stava già aprendo la portiera per scendere. Lo imitai in fretta e mi ritrovai in una via stretta con pochi lampioni e nessun passante. «Prego, di qua.» esclamò Harry e la sua voce roca fece un po' eco fra le pareti dei palazzi che sembravano quasi deserti. Mi offrì il braccio e mi ci appesi molto volentieri: anche quella sera avevo deciso di torturarmi con le mie stesse mani e avevo di nuovo indossato i tacchi. Camminammo per un paio di minuti, questa volta in religioso silenzio. Mi chiesi se non avesse sbagliato strada: quella specie di vicolo mi faceva paura. Ad un tratto giungemmo davanti ad una porta rossa con un'insegna circolare appesa al fianco. Sembrava uno di quei locali malfamati del Bronx, dove i gangster della zona giocano a poker immersi in grigie nuvole di fumo di sigaro. In effetti, quando Harry sospinse la porta e mi fece entrare, l'atmosfera era molto simile. Non era un posto elegante, tutt'altro; i tavoli di legno e l'atmosfera familiare che si respirava mi ricordava in un certo senso quella del pub irlandese. C'era molta gente seduta a mangiare e chiacchierare; nonostante ciò, appena il ragazzo riccio varcò la soglia, un signore basso e rotondo si accorse subito di lui, gli corse in contro e l'abbracciò calorosamente.
«Harry!» esclamò, posandogli le grosse mani sulle spalle e guardandolo per bene. «Da quanto tempo, per l'amor del Cielo!»
«Hey, Arthur! È tantissimo che non ci si vede!» lo salutò Harry rispondendo all'abbraccio.
Il signore spostò lo sguardo su di me, che mi guardavo intorno con occhi curiosi.
«E questa bella signorina? Una nuova ragazza, eh?» lo stuzzicò l'uomo colpendolo allusivamente col gomito. Harry avvampò per qualche secondo, chiaramente a disagio.
«Lei è Edith. Edith, lui è Arthur.» disse il ragazzo, evitando con cura di rispondere alla domanda che gli aveva rivolto il proprietario del locale. «Possiamo avere un tavolo? Quello in cui vado sempre, se è libero.»
«Benvenuta! Sì, è libero...prego, venite!» rispose Arthur, su di giri. Con le sue gambette corte iniziò a camminare verso un'altra parte del ristorante. I clienti, alcuni di mezza età ma la maggior parte più anziani, ci guardavano incuriositi e mormoravano fra di loro che avevano già visto da qualche parte il viso di Harry, forse in televisione.
Arthur ci fece sedere in un tavolo per due, posto in una nicchia molto carina e appartata del locale. Nell'angolo opposto della stanza era acceso un piccolo caminetto che proiettava ombre rosse e chiare sulle pareti e sui soffitti in mattoni. Ordinammo quasi subito e ci fu subito versato del vino rosso in un grande calice. Appena Arthur si decise ad andare via, rivolsi ancora un'occhiata interrogativa ad Harry, alla quale rispose questa volta.
«Uhm...lo so, non ti aspettavi proprio questo.» cominciò.
«No, decisamente no!» ammisi. «Ma va benissimo così, davvero! Comunque come mai siamo qui?»
«È una lunga storia.» sorrise Harry, sistemandosi per bene sulla sedia. «Dunque, tre anni fa sono entrato negli One Direction, no? Mi sono trasferito dal Nord a Londra con i ragazzi. Avevo diciassette anni in una città immensa come Londra, da solo, senza i miei genitori: come te quando sei venuta qui per studiare, praticamente. La differenza è che dovevo..."sopportare" le telecamere e l'attenzione pubblica. È una cosa bellissima, non fraintendermi, non la cambierei per nulla al mondo; tre anni fa però sono capitate volte in cui volevo solo sparire da tutto. Una sera ero particolarmente malinconico, così mi sono messo a girovagare per Londra con le cuffie nelle orecchie. Non chiedermi come sono arrivato in questa via, perché non ne ho la più pallida idea: so che ad un certo punto avevo fame e mi sono infilato qui. E...eccoci qui, insomma.»
Lo ascoltai con grandissima attenzione e con la testa appoggiata alle mani.
«Quindi mi hai portata nel tuo...posto segreto?» azzardai.
«Già. Un classico, vero?» ridacchiò Harry.
«Beh, a me i classici piacciono.» sorrisi e alzai le spalle, proprio come faceva sempre lui. «Nessuno ci darà fastidio, qui.»
«Decisamente no.» affermò Harry. Prese lo stelo del bicchiere del vino e lo protese in avanti. «Allora, a cosa brindiamo?»
«Al fatto che non ci sia nessuno a urlarci nelle orecchie, che ne dici?»

«Esci da dietro.» ordinò Harry, il suo viso teso in un'espressione irritata. Tutta la dolcezza e la simpatia che mi aveva dimostrato erano sparite in qualche secondo.
«No, esco con te.» risposi, decisa a non farmi dare ordini. Harry si girò con uno sguardo che non ammetteva repliche.
«Dee, esci dal retro! Faremo più in fretta così.» disse mentre si infilava il cappotto.
«Harry, ci aspetta un grosso gruppo di fans e qualche paparazzo, non una folla di zombie assassini. Penso di potercela fare. Su, usciamo.» commentai sarcastica. La situazione si era ribaltata da quando eravamo al pub: adesso ero io quella che voleva andarsene senza badare a nessuno. Harry però sembrava proprio non volermi far vincere.
«Delle fans e i tuoi amici giornalisti.» puntualizzò, sottolineando il fatto che fossi anche io una quasi giornalista, un poco meno di quelli appostati fuori.
«Mi dispiace, non so chi li ha chiamati!» sospirai.
«Dee, fidati. È per te, perché non voglio che i giornali scrivano nulla. Lo so, sono poche fans, e appunto per questo lasciami uscire da solo, fare qualche foto e qualche autografo e arrivo. Aspettami sul retro, Arthur sta con te.»
Feci fatica a capire le sue motivazioni, ma mi sforzai lo stesso di non fare la testarda.
«D'accordo, come preferisci.» mormorai. Mi infilai il cappotto e mi calai il cappello sugli occhi. Arthur mi mise una mano sulla spalla e mi condusse su una porta sul retro del locale, che dava su una strada ancora più piccola di quella principale. Mentre il signore chiacchierava del più e del meno in modo gioviale, mi balzò in mentre una canzone di Ed Sheeran, la stessa che avevo ascoltato dopo le vacanze di Natale, quando ancora non sapevo cosa fare con Harry.

I can't control what I'm into
London calls me a stranger, a traveller
This is now my home, my home
I'm burning on the back street
Stuck here, sitting in the backseat

Conoscersi sarebbe stato così? Aspettarlo fremente sulla strada sul retro, bruciando di impazienza di vederlo tornare indietro?
Quando vidi la sua macchina nera entrare nella stradina mi dimenticai dell'imprevisto; salutai Arthur, ringraziandolo per avermi tenuto compagnia, e salii sull'auto senza troppa agilità per colpa dei tacchi. Harry sembrava rilassato: probabilmente sia le fans che i paparazzi non erano stati troppo invadenti.
«Ho fatto in fretta!» mi fece notare, per scusarsi. La serata, però, era stata talmente perfetta che non avevo bisogno di nessuna scusa.
«Arthur mi ha sommersa di racconti, invece.» risi, ripensando alla parlantina senza freni dell'uomo. «Mi ha fatta divertire tantissimo!»
«Allora la prossima volta ti organizzerò ad un appuntamento con lui, d'accordo?» ridacchiò il ragazzo.
«Uhm, sarebbe un'idea! Come altezza arriva alla mia spalla, ma non importa. E nessuna fan impazzita per lui, non dovrei essere gelosa!» scherzai.
«Stai scherzando, spero! Per chi pensi che vengano tutte quelle vecchiette in gruppo? Arthur ha un sacco di successo!»
Mi immaginai quel signore basso e rubicondo nei panni di casanova e cancellai immediatamente quell'immagine da brividi dalla mia mente.
«Beh, se la metti così tanto vale che esca con te, allora.» lo stuzzicai, girandomi per guardare fuori dal finestrino con un sorrisetto.
«Ecco, sarà meglio...» mormorò.
La sua mano raggiunse la mia coscia e le mie dita s'intrecciarono alle sue quasi in automatico. Appoggiai il capo al finestrino e con l'altra mano cominciai a passare delicatamente le dita lungo il suo braccio. Qualche brivido di freddo mi faceva tremare un po' contro il vetro terribilmente gelido, ma le dita del ragazzo mi trasmettevano calore senza nemmeno muoversi. Il paesaggio invernale scorreva velocemente di fianco a me e il suono del motore mi cullava. Provai a chiedergli scusa se non ero molto di compagnia durante quel viaggio, ma le mie labbra sembravano incollate l'una all'altra. Allora smisi di accarezzarlo con i polpastrelli e mi allungai verso il suo viso. Harry staccò velocemente gli occhi dalla strada e mi diede un bacio che mi sembrò durare un'eternità mentre mi portava a casa nella notte.


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Ehi! (:
Eccomi qua! Lo so, lo so, avevo promesso che questo capitolo sarebbe uscito il 26 Ottobre...mi spiace, ma sono stata veramente sommersa di compiti, versioni e verifiche e naturalmente la scuola ha la priorità, no? (D:)
Comunque questo è un capitolo di passaggio, solo per scrivere un capitolo in cui tutti sono felici e contenti e innamorati e spensierati (: spero che vi piaccia, e godetevi questo momento di pace perché presto arriveranno le novità!
Io sinceramente mi sto affezionando moltissimo ai miei personaggi...non avevo mai capito perché le autrici di Efp scrivessero di essersi affezionate ai propri personaggi, ma adesso so che succede davvero così! Che ne dite, avete iniziato anche voi a shippare un pochettino "Derry"? Oppure insieme insieme non vi piacciono?
Vi ringrazio per le persone che hanno iniziato a seguire la mia storia! Sono contenta che vi piaccia, e questa volta ringrazio particolarmente perché davvero tanti lettori si sono aggiunti fra i seguiti, non me lo aspettavo! Grazie per chi ha messo la mia ff tra i preferiti e fra i ricordati!
E un graaaazie speciale a chi ha recensito i miei capitoli! Ora che ci sono abbastanza lettori di questa ff, mi piacerebbe che chi la segue mi dicesse sinceramente cosa ne pensa...quindi, come scrivo sempre, fatemi contenta e RECENSITE! Il prossimo capitolo, comunque, uscirà il 15 Novembre!
Un bacio! :*

G.

  
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