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Autore: Gageta    29/10/2013    1 recensioni
«Dieci, nove…»
Trafalgar Square. Tower Bridge. History Museum. London Eye.
«…otto, sette…»
Un indizio. Tre esplosioni. Un unico, grande, enigma.
«…sei, cinque…»
Tre mesi dopo la sua falsa morte, Sherlock sarà costretto a tornare quando una nuova minaccia si affaccerà su Londra.
«…quattro, tre…»
E lei sarà lì per aiutarlo.
«…due, uno.»
O forse no?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HACKER

Epilogo

 

 

 

«Tre, due, uno...»

Moriarty premette il pulsante, ma non avvenne nessuna esplosione.

Ci fu un attimo di silenzio in cui si guardarono tutti l’un l’altro, esterrefatti, poi Moriarty premette nuovamente il pulsante. Niente.

Quando alzò lo sguardo si ritrovò la canna della pistola di Alice a due centimetri dalla testa. «Game over...» sibilò la donna.

Moriarty spalancò la bocca in un attimo di sorpresa ma la richiuse qualche secondo dopo, scoppiando poi in una risata senza gioia.

John sbatté gli occhi un paio di volte, incredulo. Spostò lo sguardo da Moriarty e Alice in mezzo alla stanza a Mary, sorpresa almeno quanto lui, e infine lo posò su Sherlock, che fissava la donna con l'arma in mano, un’espressione indecifrabile, ma per niente stupita, sul volto.

Moriarty scosse la testa. «No... Così non va! No no...»

Alice ghignò. «Hai perso, Jim...»

Moriarty si portò una mano alla testa e la fissò. «Ma che bella storia d'amore! Veramente, spero ci scriverai su un libro!» sputò.

«Penso che John si prenderà volentieri il merito...» Strinse la pistola tra le dita e tese il braccio verso l'uomo. «Sai? Avevi ragione. È stato divertente.»

Moriarty assottigliò gli occhi. «Nessuno aveva accesso alla casa, ne sarei stato informato...»

«Dimentichi cosa so fare, Jim...»

«...e dimentica quello che anch’io posso fare.»

Si voltarono tutti di scatto verso la porta, tranne Alice che portò gli occhi al cielo.

Per la prima volta da quando lo conosceva, John non vide Mycroft Holmes impettito nei suoi soliti abiti appena usciti dalla lavanderia. In quel momento aveva decisamente un’aria trasandata: i capelli erano leggermente spettinati, non indossava giacche ma semplicemente una camicia, arrotolata ai gomiti e non completamente abbottonata; i pantaloni erano chiazzati all’altezza delle ginocchia di quella che sembrava polvere, come se avesse camminato carponi su un pavimento non particolarmente pulito, e aveva negli occhi una strana luce perfida. In mano teneva una pistola che puntò subito verso Moriarty. «Vedi di darti una mossa Moffat.» disse.

«Aspetta, aspetta…» John spostò lo sguardo sui presenti, incredulo, il cuore che gli batteva a mille nel petto per l’ansia. «Tutto questo era… una presa per il culo?» quasi ringhiò.

Mary, al centro della stanza, mandò un singhiozzo ansioso e John parve per un attimo dimenticare la propria rabbia perché le si avvicinò di slancio per rassicurarla.

«Mi hai deluso Alice…» continuò Moriarty, fissando la ragazza con odio.

«Ah sì? Beh, la sai una cosa? Non me ne frega niente…»

Moriarty la guardò male. «Che cos’era questo? Un doppio gioco?» Spostò per un attimo lo sguardo su Sherlock. «Avete architettato tutto questo insieme?»

Alice si inumidì le labbra. «No, ho fatto tutto da sola…» Ridacchiò tra sé e sé. «Un triplo… ma che dico, un quadruplo gioco! Ho mentito a te, poi a Sherlock, a Martin e infine di nuovo a te…»

«Sì, ottimo gioco…» borbottò Mycroft con un sospiro pesante.

«Tu eri l’unico a sapere tutto, Mycroft?» chiese John irritato.

L’uomo assottigliò gli occhi e strinse con più forza la pistola tra le mani. «No…»

«Va bene, va bene… hai vinto.» Si arrese infine Moriarty. «E ora cosa avresti intenzione di farmi, Alice? Consegnarmi alla giustizia?»

Alice sorrise soddisfatta. «Hai sbagliato, Jim. Mi hai sottovalutato. Ti sei fidato… fidarsi è da deboli…» Solo per un secondo i suoi occhi saettarono verso Sherlock che osservava silenzioso la scena, quasi a volerlo sfidare, ma il ragazzo non rispose, limitandosi a lanciarle un’occhiata inespressiva.

Moriarty la guardò con una smorfia di disgusto sul volto. «Mi fai pena...»

Alice rise. «E tu mi fai schifo...» ribatté.

I due sembravano essersi dimenticati di avere un pubblico e continuavano a battibeccare.

«Allora? Ci stiamo facendo la muffa qui…» Li interruppe Mycroft con disprezzo.

Moriarty allungò le mani davanti a sé con un’espressione schifata sul volto. «Forza, ammanettatemi…»

Alice sbuffò. «Credi che sia così stupida? Non lascerò che tu ti salvi in qualche altro modo. È già tutto pronto, Jim.»

«Pronto per cosa?»

Alice roteò gli occhi mentre Moriarty passava lo sguardo da uno all’altra. «Che cosa farai... Mi sparerai?» Rise.

Alice gli lanciò un’occhiataccia e premette leggermente la mano sul grilletto.

«Non ne sei capace...» La schernì.

Alice si morse un labbro. Poi voltò lo sguardo verso il computer che, ancora acceso, trasmetteva tutta la scena in diretta. «Per prima cosa penso che il mondo potrà smettere di guardare, ora...» E con un gesto secco sparò un colpo al portatile.

 

 

***

 

 

Nessuno seppe mai cosa avvenne lì dentro dopo che la trasmissione via webcam si interruppe. Se coloro che erano presenti in quel momento capirono quel che successe decisero di non farlo sapere. Ciò che venne raccontato fu che quando le forze dell’ordine fecero irruzione nell’appartamento trovarono il corpo di Moriarty a terra con una pallottola nel petto, e Alice Moffat, Mycroft Holmes e John Watson con una pistola in mano per uno.

Dissero che c’era stata una colluttazione: a quanto dicevano Moriarty si era gettato addosso ad Alice, cercando di impossessarsi dell’arma, e sia John che Mycroft avevano sparato. Nella stanza venne effettivamente trovato un altro proiettile, conficcato nel legno di uno scaffale, ed esso risultò essere uscito dalla pistola di Mycroft, ma la cosa più strana e che nessuno riuscì mai a spiegarsi era che il proiettile che aveva colpito Moriarty sembrava in realtà provenire dalla pistola di Alice.

Alla fine questo piccolo particolare venne semplicemente lasciato perdere e si accettò la versione già data.

Fatto sta che la cosa rimase per sempre avvolta nel mistero e nessuno seppe mai spiegarsela.

 

«Le faccio i miei più sentiti complimenti Moffat.» disse Mycroft tendendo una mano verso Alice. La donna la strinse. «È stato così male alla fine?»

Mycroft fece una smorfia. «Avevo dimenticato che cosa volesse dire agire... Adrenalina, paura... Speravo di non doverci tornare un’altra volta, ma alla fine non è stato niente male.»

Alice voltò di poco la testa verso un’ambulanza vicina, parcheggiata nell’ormai affollata via di Montague Street. Medici e agenti di polizia andavano avanti e indietro intenti nelle loro mansioni. Giornalisti si affollavano dietro l’angolo ma erano tenuti sotto controllo dalle forze dell’ordine e non riuscirono ad avvicinarsi.

Seduta sul bordo dell’ambulanza c’era una donna dai lunghi capelli castani che tremava violentemente e si guardava intorno con aria spaventata.

Mycroft colse lo sguardo di Alice e ridacchiò. «Anthea mi ha prontamente comunicato che si licenzia. Credo che non le sia piaciuto camminare in una stanza imbottita di esplosivo...»

Alice sorrise in risposta. «Forse era meglio se agiva da solo...»

«Nah... Sono sicuro che si porterà il ricordo di quest’ultima avventura come un prezioso insegnamento per le sue scelte future. L’avevo avvertita che il lavoro sarebbe stato pesante.»

Alice fece vagare lo sguardo sulla strada. «Ti ringrazio del tuo aiuto, Mycroft, sinceramente. Non hai pensato che stessi imbrogliando anche te? Avrei potuto uccidervi tutti in un solo colpo.»

Mycroft fece una smorfia divertita. «No, le istruzioni che mi hai dato erano esatte. Le ho fatte controllare.»

Alice gli lanciò un’occhiataccia. «Sempre preparato, Mycroft.»

«Ovviamente. Dopo ciò che hai detto a Moriarty però sono stupito. Perché fidarsi di me? Mi sembrava di aver capito che era un debole proprio per questo...»

Alice ghignò. «Per quanto mai cercheremo di assomigliare loro, Mycroft, non saremo mai robot. Siamo umani. E come tutti gli umani soffriamo e proviamo sentimenti. Forse un po’ meno, forse riusciamo a tenerli a bada più di altri, ma sempre di sentimenti si trattano; e anche Moriarty c’è cascato. Forse però lui avrebbe potuto stare un po’ più attento...»

Il maggiore degli Holmes annuì. «Perché non provi a spiegarlo a qualcuno laggiù?» Sorrise bonario.

Alice non ebbe bisogno di guardare per capire a chi si riferiva.

«Ci proverò... Anche se sarà difficile dopo tutto questo.»

Mycroft ridacchiò. «Ormai ti credo possibile di tutto, Alice. Sei una donna in gamba. Devo ammettere che abbiamo fatto un grande affare anni fa...»

Alice sorrise di circostanza. «Sono io che ti devo ringraziare, Mycroft. Mi hai cambiato la vita, anche se inconsapevolmente.»

 

 

John lasciò Mary alle cure di un medico e si avvicinò all’uomo avvolto nel lungo cappotto blu scuro che fissava un punto indefinito della casa che gli stava di fronte. «Sei arrabbiato?» chiese.

Sherlock non rispose.

John sospirò. «Non sopporti l’idea che lei sia riuscita a superarti, vero?»

Sherlock continuò a non rispondere, ma John non si arrese. «Dovresti esserne contento, invece. Hai finalmente trovato qualcuno che sia alla tua altezza, qualcuno che...»

«John...»

«...ci tenga a te, qualcuno che non si faccia molti scrupoli nell’usare la propria testa, che...»

«John.»

«Che... Sai che ti dico? Quella ragazza ha fatto tutto questo per te: ha mentito, ha sofferto, ha rischiato la sua vita... E tu tutto quello che sai fare è arrabbiarti perché il tuo stupido orgoglio ti impedisce di andare là e ringraziarla?»

«John!» Sherlock lo fissò, nervoso.

«Che c’è?» John respirò a fondo. Aveva veramente appena perso le staffe per qualcosa che non lo riguardava personalmente?

Sherlock deglutì, a disagio. «Io non... Non so come fare...»

John dovette trattenersi dal tirargli un altro pugno in faccia. «Come sarebbe a dire che non sai come fare?»

Sherlock lo guardò malevolo. «C’è qualcosa di così difficile da capire nella frase non so come fare?»

John sbuffò e spostò gli occhi su Alice e Mycroft che parlavano, poco lontano. Prese un respiro profondo e cercò di mettersi nei panni dell’amico. «Ok Sherlock... Vai lì e... Parlale, ok?»

Il detective lo guardò confuso. «Parlare?»

John ridacchiò divertito dall’incomprensione dell’amico. Per una volta le parti sembravano essersi invertite ed era lui a dover spiegare a Sherlock come fare qualcosa. «Sì, Sherlock. Si fa così quando si vuole ringraziare qualcuno, ok? Vai lì e le parli. Cerca di essere cortese. Al resto penserà lei, sono abbastanza sicuro che comprenderà le tue intenzioni.»

Sherlock non sembrava molto convinto.

John gli diede una spintarella in avanti. «Coraggio Sherlock...»

Dopo ancora qualche attimo di esitazione si avvicinò ad Alice e al fratello. Quest’ultimo lo notò per primo e gli rivolse un’occhiatina maliziosa che Sherlock decise prontamente di ignorare.

«Ti saluto Alice. Penso che qualcuno debba parlarti...» mormorò Mycroft rivolto alla donna, poi si allontanò.

Alice si girò e quando vide il nuovo arrivato sostenne il suo sguardo. Sherlock si fermò a mezzo metro di distanza. Dopo qualche attimo di silenzio imbarazzato l’uomo si schiarì la voce. «Ehm...»

«Ehm?»  Lo schernì la donna.

Sherlock si irrigidì.

«Il famoso Sherlock Holmes è rimasto a corto di parole?»

Sherlock abbassò lo sguardo, per la prima volta in vita sua senza veramente qualcosa da dire, e la cosa lo irritava abbastanza.

Alice ridacchiò e gli si avvicinò, costringendolo poi a guardarla negli occhi.

«Oh andiamo... Ti sto prendendo in giro. Mi metti il broncio per questo?»

Sherlock strinse gli occhi a due fessure. «Penso che tu mi abbia preso abbastanza in giro per oggi...»

Alice sorrise. «E ti dispiace per questo?»

Sherlock non seppe cosa rispondere. «Sì.» mormorò infine, pentendosi subito dopo: non era sicuro che quel sì corrispondesse all’essere cortese che gli aveva consigliato John.

Ma Alice era imprevedibile, come al solito. Non si scompose ma si avvicinò ancora di più a lui. «Ed è questo che mi piace di te, Sherlock.»

Il detective non aveva bisogno di notare le pupille leggermente dilatate della donna o di sentirle il polso per capire dove voleva arrivare. Deglutì, poi, spinto da un ricordo lontano, disse ciò che gli premeva, senza tanti giri di parole. «Ti voglio bene.» sussurrò.

Alice sorrise dolcemente. «Lo so.» Lentamente, girò il polso del detective, stretto in una delle sue mani.

Sherlock non poté evitare di rimanere sorpreso mentre abbassava lo sguardo sulle loro mani unite. Possibile che non si fosse accorto del tocco di Alice?

Quando tornò a guardarla era ormai a pochi centimetri dal suo volto. Alice si alzò sulle punte, come già una volta aveva fatto, e unì le labbra dell’uomo alle sue in un bacio leggero. Si staccò quasi subito per poi appoggiare il volto sulla sua spalla e stringerlo in un abbraccio. Sospirò di piacere mentre il suo calore la avvolgeva.

Dopo un attimo di esitazione Sherlock la strinse a sé passando una mano tra i suoi capelli.

Rimasero così per un tempo indefinito, poi Sherlock spezzò nuovamente il silenzio. «Uhm... Forse dopotutto non hai proprio imbrogliato anche Moriarty.»

«In che senso?»

«Beh... E se lui sapeva quello che avevi in mente? E se in realtà voleva semplicemente morire così... da cattivo? Verrà ricordato per ciò che ha fatto...»

Alice ridacchiò piano. «Proprio non ti va di ammetterlo, eh?» Rimase qualche secondo in silenzio, poi continuò. «Mi perdoni?»

«Per cosa?»

«Per averti mentito. E per aver… beh sì, aiutato Moriarty.»

Sherlock spalancò gli occhi. «Non mi...»

«Shh...» Lo zittì lei. «Voglio solo una risposta alla mia domanda.»

Sherlock sospirò. «Sì, ma non ho mai...»

Alice gli pestò un piede e lui si zittì.

«Va bene così, Sherlock, va bene così...»

 

«Mi sono sbagliato John...»

Il medico lo guardò senza capire. «Che cosa?»

Mycroft continuò a fissare le due figure lontane di Alice e Sherlock, abbracciate. «Mi sono sbagliato... Alice è veramente la migliore nel suo campo...»

John sorrise e scosse la testa, abbassandola a fissare il terreno. «E te ne sei accorto solo ora?»

«Non sto scherzando, John...». Mycroft si passò un dito sulle labbra. «È entrata nel tuo sistema di allarmi, con una velocità che sono rimasto basito...»

John annuì.

«Può entrare nel cellulare di chiunque, se lo vuole...». Diede in un risolino forzato. «È entrata nel sistema di sicurezza della prigione di Pantonville, in quello della torre di Londra e ha aperto il cavò della banca! I tre posti con la migliore sorveglianza del nostro paese...».

John lo guardò lievemente preoccupato. Dove voleva arrivare?

«Ma, John... è riuscita a penetrare anche nel sistema più complesso forse di tutto il mondo...» Mycroft fece una smorfia divertita e voltò le spalle al fratello lontano. Poi guardò John con un’espressione che il medico non gli aveva mai visto. Era gioia quella?

«È riuscita a penetrare nel cuore di Sherlock, John. Nel suo cuore...»

 

 

Fine

 

 

Quando ho finito di scrivere questa storia ero al mare seduta su una brandina davanti alla tenda con le cuffie nelle orecchie e l’iPod in mano. Ho versato un paio di lacrimucce e mi sono trascinata dietro la tristezza per un giorno intero.

Lì sopra ho messo la parola fine, perché è la prima volta che porto a termine una long che sia long, e volevo essere sicura di averlo fatto… non so se mi spiego. Quello di cui non sono sicura è se questa sarà veramente la fine.

La storia di Alice mi ha tenuto compagnia per un’estate intera e anche se l’ultimo capitolo che ho scritto risale ad un lontano giorno di agosto, rileggere e correggere ogni capitolo  prima di pubblicarlo mi ha fatto rivivere le stesse emozioni che durante la stesura e non sono per niente sicura di voler abbandonare Alice.

Per il momento però, ho molte altre idee da sviluppare e una in particolare che ho quasi concluso, ergo penso che se questo sarà un semplice arrivederci lo sarà per un bel po’ di tempo.

Detto questo, passiamo ai ringraziamenti.

Il primo grazie va alla mia personale Jawn, Michela, per il suo supporto e la sua infinita pazienza, ma soprattutto per avermi sopportato in chat durante le mie crisi da “e mo come faccio andare avanti la storia?”. (Lestry è per te).

Un secondo ringraziamento va a mio padre che ha avuto la sacrosanta pazienza di aiutarmi con codici e non codici, e di spiegarmi almeno dieci volte cosa è un sistema numerico. (e sono allo scientifico, yay!)

In merito al codice devo ringraziare una ff in particolare che mi ha dato una delle tante idee iniziali,
The blog of Dr. John H. Watson, di Rosebud_secret. È una ff stupenda e se non l’avete ancora letta, fatelo, ve lo consiglio :)

Infine, ma non per questo meno importante, voglio ringraziare tutti voi, che state leggendo queste righe, e soprattutto tutti coloro che hanno recensito (un grazie a Roxylilly e i suoi complimenti e daeran che mi ha dato alcuni buoni consigli <3) e mi hanno fatto sapere il loro pensiero riguardo alla storia. <3

 

Ora è arrivato il momento di salutarci. Per chiunque abbia voglia di seguirmi anche al di fuori di qui, lascio il link alla mia pagina facebook, dove pubblico i vari aggiornamenti e anche alcuni spoiler o curiosità sulle mie storie.

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Se per caso non aveste facebook ma volete seguirmi lo stesso, sono piena di altri link che potete trovare sul mio profilo autore :D

Un grande bacio e un saluto a tutti quanti!

Con affetto,

Gage.

   
 
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