Altrove
(Ventitrè luglio)
Lost
in the darkness, hoping for a sign
Instead there is only silence,
Can't you hear my screams...?
Quella
era una semplice, routinaria giornata come tutte le altre.
Perchè preoccuparsene, quindi?
"Allora? Ci muoviamo?" sbottò Yamanaka Ino, il ciuffo biondo
sulla fronte proteso in avanti in segno di esasperazione.
Nessuno le rispose.
La ragazza allora si ingegnò per palesare la sua insofferenza in mille
modi diversi, modi che Sakura riconobbe uno per uno: il tallone sinistro che
picchiava ritmicamente a terra, lo spasmo continuo della mano destra che
lisciava la gonna viola dell'uniforme, l'ininterrotto moto del ciuffo color
grano che si spostava sull'orecchio per poi rotolare di nuovo sulla fronte, gli
shuriken che uno dopo l'altro ferivano la corteccia di una quercia, le spire
del mantello scuro che vorticavano all'infinito.
La quinta sigaretta sfrigolò sotto la suola di un paio di sandali
neri:"La smetti?"
Nara Shikamaru le puntò in viso due sopracciglia arcuate come volute di
fumo.
Ino sporse le labbra a mo' di broncio vezzoso, ma neppure lei stessa ne parve
convinta e il suo viso si sciolse in un'espressione mortificata:"E' solo
che detesto questi momenti di stasi" confessò, quasi fosse stanca
di vestire i panni di diva.
Shikamaru le riservò un'occhiata che Sakura definì significativa.
Forse non era del tutto falsa la voce che girava riguardo alla loro relazione.
Il silenzio tornò gelido fra loro assieme alla nebbia.
Sakura, seduta a terra, con la schiena affondata nella corteccia di un albero,
pensò che quella era davvero una semplice, routinaria giornata e che
quella era davvero una semplice, routinaria missione.
Moegi, la ragazzina dai capelli color carota e dagli occhi troppo vivaci,
squittì qualcosa: doveva aver deciso che Ino sarebbe diventata la sua
nuova amica.
Konohamaru lanciava pigramente i suoi kunai contro gli alberi più
vicini, forse in un tentativo maldestro di allenamento con visione del campo
disturbata, Udon e Shikamaru si erano seppelliti nel roveto di un quiz di
logica, snobbando con classe l'antologia di Icha Icha Paradise che
Ebisu-taichou aveva lasciato loro in custodia, e Sakura si sarebbe forse unita
alla loro sfida al rompicapo matematico se quella fosse stata una semplice,
routinaria giornata.
Un'altra mezz'ora assolutamente silenziosa, se non per i sussurri di Ino e
Moegi e il conficcarsi ritmico dei kunai di Konohamaru, sgocciolò
lentamente fin quasi a diventare quaranta minuti di nebbia umida e silenzio.
I suoi sensi avvertirono l'avvicinarsi di due ninja, il suo sguardo si accese
ma non osò snudare i kunai: Kiba, Akamaru ed Ebisu-taichou abbandonarono
i rami degli alberi, balzarono a terra e si fecero appena più vividi
nella piccola radura, prima che la nebbia li inghiottisse e uniformasse i loro
colori.
Shikamaru, Konohamaru, Moegi e Udon li avevano già raggiunti.
Sakura si mosse con più indolenza di quanto avesse desiderato, come se
dovesse sollecitare uno per uno i suoi muscoli a compiere lo sforzo di mettersi
in piedi.
"Allora, signore mie, la situazione è questa..." iniziò
Kiba, un ghigno vivace sulle labbra non appena incrociò gli occhi di
Sakura e Ino.
La nebbia non le piaceva, realizzò d'improvviso Sakura. Ogni cosa era
irreale quand'era immersa in un mare di nebbia: irreale e, non potè
reprimere un brivido mentre lo pensava, insolitamente sinistra. Perfino una
semplice foresta che stingeva in una palude diventava un labirinto insidioso.
La nebbia nascondeva le cose, per questo decisamente non le piaceva.
Laerte,
accovacciato sull'erba umida, ripuliva maniacalmente i bordi lacerati di uno
squarcio alla gamba destra con la punta di un kunai. I suoi occhi liquidi dello
stesso colore della nebbia indugiavano sui lembi scarnificati di pelle con una
sorta di attenzione morbosa, mentre una lingua violacea da rettile faceva
capolino tra i piccoli denti irregolari e affilati. Persino le labbra livide
appena schiuse mostravano la concentrazione estrema che Laerte impiegava in
quella dolorosa analisi di se stesso.
"...E se li ammazzassimo?" interloquì infine col candore di un
bimbo, gli occhi di luna appena sollevati dalla voragine che si apriva sopra il
suo ginocchio.
"Non siamo in condizioni" gli rispose la voce di un Amleto spettrale,
lo sguardo febbrile e il petto macchiato di rosso che si contraeva e si
rilassava al ritmo dell'affanno. I vestiti stracciati recavano i segni di una
battaglia, avevano perso l'illusione dorata dei costumi di scena diventando
semplici stracci imbrattati di sangue e di fango, rovine delle storie che volevano
raccontare.
"Ma noi siamo più forti."
Un'arrogante Ofelia in una sdrucita seconda pelle di broccato bordeaux
stirò i muscoli doloranti. Le fitte in ogni parte del corpo impedirono
alle sue parole di suonare sicure come avrebbe voluto, ma piuttosto che
abbandonarsi a un solo gemito di dolore si sarebbe mozzata la lingua coi suoi
stessi denti.
"Siamo feriti. E' stata più dura del previsto. Non abbiamo quasi
più chakra."
Amleto non guardava gli altri attori nè la nebbia né la foresta,
non guardava niente se non i suoi pensieri che scorrevano come la pioggia
aldilà dei suoi occhi.
La parrucca da geisha -una volta elegante- di Ofelia pencolò miseramente
da un lato, ma l'attrice non se ne curò. Si pulì con malagrazia
un rivolo di sangue che dal taglio sulla fronte le era colato fin sugli zigomi.
La sua spalla destra urlò di dolore quando lo fece, ma i suoi denti
affondarono nell'interno morbido delle gote e trattenne con foga l'impulso di
lamentarsi.
"Mh..." Laerte, annoiato, era passato a occuparsi delle abrasioni
amaranto che gli ricamavano il braccio pallido, "potremo ammazzarli uno
per uno."
Il kunai
danzava con la leggerezza di una piuma fra gli strappi del kimono di seta
viola, lacerando quel che rimaneva del pregiato lino di cui era intessuta la
camicia.
"Non ci interessano" tagliò corto il fantasma ferito di
Amleto.
"Come vuoi" Laerte fece un sorrisino da squalo che si perse in uno
sbuffo bianco di nebbia.
Un massiccio Polonio steso supino sul prato grigio cercò lo sguardo
dell'Amleto fantasma, digrignando i denti per l'opera d'arte astratta che le
punte seghettate di numerosi shuriken avevano disegnato sulla sua
schiena:"Hai ragione, non riusciremmo a batterli tutti in questo stato,
dobbiamo recuperare il cha-" Le sue parole affogarono in un gorgoglio
basso che divenne una sequenza di colpi di tosse talmente furiosi che parvero
volergli sfondare la cassa toracica.
"Lui ha sempre ragione" annuì Ofelia con un sorriso che
il fango e la parrucca rovinata resero patetico.
"Se non puoi batterli, usali" proseguì gelido Amleto
ignorandola. I capelli incrostati di terra e umido gli ricadevano sulla fronte,
mentre il sontuoso kimono blu scuro del Principe di Danimarca sembrava
intrappolato in una ragnatela di sporcizia.
Laerte a quest'affermazione alzò di scatto il capo, interrompendo il
minuzioso esame della sua soglia di sopportazione che stava svolgendo sul
braccio sinistro.
Amleto si mise in piedi, sentì le gambe farsi di piombo e la ferita al
ventre pulsare orrendamente, ma schivò l'oblio dello svenimento che
sentiva avvicinarsi: "Faremo così: avvicinatevi e preparate
l'ultima goccia di chakra che vi rimane..."
Intorno solo la nebbia li accerchiava silenziosa, sembrava
nascere dal fondo acquitrinoso della foresta e strisciare con piccoli passi di
gatto tra i rami secchi degli alberi.
Never stop hoping,
Need to know where you are
"Akamaru
ha sentito l'odore dei ladri molto più avanti. Sono bloccati nella
palude, non sarà difficile metterli fuori gioco," Kiba fece un
sorrisetto sornione e tuffò la mano nel vello color panna dell'enorme
cane, che riprese a scondinzolare gioioso.
"E' stato un giochetto da poppanti ritrovarli, vero Akamaru?, puzzavano di
zolfo da far schifo... Da quanto non si laveranno secondo voi?"
borbottò il Chunin roteando gli occhi scuri.
"Ecco, ragazzi, imparate a non fare domande retoriche" lo
rimbeccò Ebisu-taichou. Moegi emise una risatina rapida quanto un
battito di ciglia.
"Eh?" Kiba si rabbuiò.
"Hanno incendiato un villaggio intero, baka, naturale che puzzino di bruciato!"
esclamò una teatrale e frustrata Ino, "Che aspettiamo ancora? Li
raggiungiamo?"
"Moegi, Konohamaru, Udon, seconda lezione da ricordare: aspettare sempre
che la squadra di ricognizione finisca di riferire quanto appreso" Ebisu
scoccò ad Ino un'occhiata eloquente a cui la Chunin rispose nascondendo
a stento l'espressione seccata del volto.
"Davanti a noi abbiamo quattro feriti. Non sappiamo chi siano, sembrano
mendicanti o girovaghi. Kiba ha detto che puzzano di strada"
continuò quindi il Jonin. Il ragazzo starnutì sonoramente come a
confermare la versione del superiore.
"Girovaghi? Qui?" Shikamaru si mostrò perplesso.
"Già, strana coincidenza. Il Paese dell'Acqua non è quel che
si dice tollerante con i mendicanti. Mi chiedo cosa ci facciano qui."
"Nascondono qualcosa" Shikamaru s'incupì.
"O forse si sono solo persi" borbottò un'apatica Sakura. Nel
silenzio che seguì la sua affermazione vide dodici paia d'occhi
esasperati posarsi su di lei con commiserazione. In particolare Sakura si
specchiò nello sguardo di vetro di Ino: Povera, povera Sakura, vi
lesse, condito con una punta di disprezzo che nuotava nell'immenso mare della
sua pietà.
"Non c'è un'altra strada?" domandò Konohamaru,
dubbioso.
Udon si dimostrò diplomatico e con un sasso disegnò la loro
situazione in un quadrato di terra:"Dobbiamo recuperare la refurtiva di
quel branco di rubagalline, no?, perciò è inutile deviare per
scansare i mendicanti, no? Rischiamo di perdere l'obiettivo della nostra
missione e di perderci. C'è la nebbia, no?"
La nebbia, certo.
Mentre Ebisu-taichou elogiava l'allievo e Konohamaru sibilava un
"baka!" fra i denti, Sakura pensò che il problema era sempre e
comunque la nebbia.
"Hai detto che sono feriti?" Shikamaru attese la conferma di Kiba
prima di continuare:"D'accordo, sono feriti e sono inferiori a noi per
numero. Se ci attaccassero avremmo sicuramente la meglio."
Ino, sarcastica, inarcò un sopracciglio biondo:"Com'è che
sei così poco catastrofico?"
"Ho detto sicuramente, Ino. Non mi piace dare certezze."
Sakura ebbe l'impressione che tra i due saettasse un'esplosione di
elettricità.
"E' deciso. In marcia.
Kiba e Akamaru, voi davanti con Shikamaru, Konohamaru e Udon, poi Moegi, Sakura
e Ino. Io vi guarderò le spalle. Non distanziatevi troppo l'uno
dall'altro o rischiate di perdervi. Questa dannata nebbia..." La voce di
Ebisu-taichou si perse in un sospiro mal trattenuto. Forse anche lui cominciava
ad avvertire la stanchezza o, più prosaicamente, la lontananza dai suoi
volumetti di Icha Icha.
Era troppo presto per fermarsi, lo sapevano tutti, nonostante fossero in
viaggio da quattro giorni.
E poi i rami degli alberi avvolti dal cotone li attendevano a braccia aperte,
macilenti e sdentati come vecchie streghe. Sakura ripensò alle cupe
fiabe dense di misteri della sua infanzia e non poté non trasalire
all'illusione della fredda risata disumana che per un istante le parve di udir
serpeggiare fra le lunghe braccia della nebbia.
Ma non doveva preoccuparsi di niente: quella non era che una semplice,
routinaria missione di livello B.
Le sue gambe si piegavano e scattavano in avanti, cercando i passi appena
posati da Moegi e i codini arancio della ragazzina, una macchia di colore in
quell'universo dominato dal grigio fumo. Udiva dietro di sé il tramestio
di Ino e con la coda dell'occhio scorgeva il baluginio dei suoi capelli dorati
resi opachi dalla nebbia.
La missione era semplice: inseguire i ladri, riprendere il sacco di costosi
gingilli d'oro e lapislazzulo che si erano intascati, dar loro una bella
lezione se necessario, tornare indietro. Non per niente era una missione
assegnata alla squadra di Genin di Ebisu-taichou.
Sakura si era aggiunta a loro a causa delle ultime disposizioni di Tsunade-hime
sui Medic Ninja; Kiba era stato richiesto da Ebisu-taichou per individuare le
tracce lasciate dai fuggitivi, Shikamaru per precauzione -se n'era lamentato
per circa due secoli, il Nara- e Ino perchè sì.
"Non penserai che io me ne rimanga qui inoperosa mentre voi giocate a
guardie e ladri nel Paese dell'Acqua!" aveva sbottato irritata una volta
che Sakura le aveva parlato della missione (ma in realtà tutti sapevano
che lei era lì essenzialmente per un motivo, un motivo che si chiamava
Shikamaru Nara).
Però un ninja in più faceva comodo, soprattutto se aveva nozioni
di medicina e soprattutto se i ragazzini di Ebisu-taichou erano alla loro prima
missione. In cuor suo Sakura era rassicurata dalla presenza dell'amica:
smussava la petulanza di Moegi, riusciva a cavare un sorriso sghembo anche da
Shikamaru, sopportava Kiba e dava vita a battibecchi che, per quanto puerili
fossero, avevano l'effetto di smorzare la tensione.
Sakura non l'avrebbe mai detto ad alta voce, ma sapeva che la sua inquietudine
derivava soltanto dall'Acqua. Non le era mai piaciuto quel continente: all'imbarcadero,
quando aveva visto le lingue di nebbia allungarsi come rapaci sulla loro
imbarcazione man mano che si avvicinavano claudicanti all'isola, aveva sentito
come una netta linea dolorosa tracciarlesi lungo gli scalini delle vertebre.
Puro terrore, semplicemente.
Ovunque l'estate fioriva, ma non a Mizu no Kuni: in quell'isola fredda come una
goccia di pietra non c'erano che le dita impalpabili della nebbia e le strette
micidiali del vento. Era un'isola fatta per i fantasmi, quella, non per gli
uomini. Un posto che alla fine di luglio era gelido come in pieno inverno non
era un posto per vivere. Per morire, forse sì, lo era.
I ninja dell'Acqua, poi. Disumani. Meccanici. Erano metà nebbia e
metà uomini.
Spaventosi.
Sapeva che l'Acqua aveva nascosto cose orribili, aveva seppellito segreti tali
da raggelare le labbra di chiunque li avesse pronunciati. Cadaveri mutilati
giacevano da qualche parte là sotto, ribollivano in quelle paludi
sterminate, soffocavano nel manto compatto nella nebbia e le loro parole erano
mute come il ricamo di un fiocco di neve. Sakura poteva vedere le mani bluastre
di quegli uomini e donne tendersi verso la luce verdognola che danzava sulla
superficie degli specchi d'acqua gelati, poteva vedere le loro pupille cieche
bramare un barlume di vita in quella prigione liquida.
La nebbia nascondeva le cose, era vero, nascondeva cose orribili.
Sono otto. Otto ninja della Foglia.
Tre Genin, Quattro Chunin e un Jonin.
La sua valutazione non era stata un errore: ridotti così, se si fossero
scontrati con loro avrebbero avuto la peggio.
I gemiti di Laerte si levarono alti, lamentando la sorte, la sventura, la vita,
l'avidità, l'intero genere umano, il giorno in cui era nato, la
levatrice che l'aveva tirato fuori dal corpo di sua madre, la donna che l'aveva
partorito e i briganti.
Era sempre stato così dannatamente plateale.
Riverso su un tronco ammuffito, Amleto nascose un risolino che si distorse in
un ghigno bestiale non appena una fitta di dolore gli trapassò il ventre
con la violenza di una freccia. Anche lui fu costretto a reprimere a stento un
mugolio strozzato, mentre una marea acida gli schizzò incontrollata
fuori dalle labbra.
Ecco, adesso la muffa che ricopriva il tronco marcio è un po' più
verde e il suo costume di scena un po' meno blu.
Dannata nausea.
"Oh, per tutti gli Dei, laggiù c'è il nostro Shite*...
Vi prego, aiutatelo, l'hanno bastonato, si è difeso ma loro erano in
troppi, in troppi! Centinaia, migliaia, sbucavano dappertutto!
Sventura, ah, sventura, malasorte! Proprio alla vigilia del nostro primo
spettacolo... Ahinoi, che crudele destino!" pianse querulo Laerte, le
lacrime che gli rigavano il volto ridotto a una maschera grottesca di piaghe,
fango e gesso.
Poteva quasi vederlo: gli occhi gialli riversi verso l'alto, le dita contratte
in uno spasmo, gli arti piegati in strane angolazioni, una pioggia di sangue a
dare il tocco finale. Sì, Laerte era sempre stato decisamente troppo
teatrale per i suoi gusti.
"Amico, da quando il Mizukage è diventato un mecenate?"
Quella era una voce che non doveva essere lì, tanto per cominciare. La
voce di un ficcanaso dannatamente sveglio. Comunque una seccatura.
"Ohinoi, ohinoi," frignava Laerte, elevando al cielo strilli che
avrebbero fatto la felicità di un intero coro greco,"la nostra
occasione sfumata! Aaaaaaaaah, non avessimo mai lasciato i nostri amati campi
di riso! Che sventura, orrenda, orrenda sventura!"
Ofelia decise che quello era il momento adatto per piegarsi in due come se un
enorme mano l'avesse artigliata alla vita e stritolata come una foglia secca.
Il suo bel costume da cortigiana ricadde nel fango e la ragazza
singhiozzò con quanto fiato aveva in corpo.
"Dov'è il vostro carrozzone?"
"Shikamaru, non vedi che sono sotto shock?!" Una fiammella bionda lo
scansò con uno spintone, "pensi di ottenere qualcosa da loro che
non sia un'accozzaglia di balbettii incoerenti?!?"
"Non mi piace questa situazione" sibilò lui.
"Neanche ad Akamaru piace" commentò cupo l'altro Chuunin che,
accompagnato da un grosso cane ringhioso, si era spinto qualche metro oltre il
tronco su cui giaceva ferito Amleto.
"Io direi-" la voce imperiosa del Jonin mostrava l'evidente
intenzione di proseguire. Laerte se ne accorse e ululò ancora più
forte, mentre Ofelia piangeva mormorando frasi sconnesse e Polonio, la schiena
sfregiata a sangue, si mordeva le dita per sopportare il dolore. La nebbia
risuonava dei loro gemiti.
"Io direi che possiamo fermarci solo cinque minuti... Shikamaru, Kiba,
Akamaru, mettetevi di guardia.
Sakura, occupati dei due più gravi, tu Ino pensa agli altri due. Sono
solo attori."
Amleto aveva percepito vibrare l'incertezza e il sospetto nel tono del Jonin,
ma il buonismo alla fine aveva prevalso. Era solo un debole.
Tutto andava come aveva previsto.
Lineare:
banale, quasi.
"Moegi, stammi vicina, ti faccio vedere come opera un Ninja Medico!"
"Lei è così brava, Ino-san..."
"Ino-san, posso venire anch'io?"
"Konohamaru, è meglio che tu vada ad aiutare Kiba e Shikamaru di
guardia. Anche tu, Udon."
"Sì, Ebisu-sensei."
Solo che c'era qualcosa...
Una crepa bianca, sottile e arcuata che disegnava un ghirigoro invisibile
su una lastra di ghiaccio.
La falla nel piano, il blackout.
Solo una crepa. Sottilissima, quasi invisibile. L'imprevisto.
Trascurabile.
But one thing 's for sure,
You're always in my heart.
La nebbia. Sempre la
nebbia.
Sakura sconfisse l'inquietudine che l'assalì non appena vide la radura
screziata da grosse macchie scure come il caffè, le appendici scheletriche
degli alberi avvolte dalla caligine e i resti fatiscenti del carrozzone degli
attori ribaltato e saccheggiato -nella penombra gelida occhieggiavano le sagome
dei drappi di seta, dei costumi, delle maschere, delle parrucche, degli specchi
rotti, delle perle di plastica e dei cosmetici, un paradiso di sogni morti
prima ancora di nascere.
Una ruota sollevata verso l'alto cigolava appena, triste, sospinta da un refolo
di vento umido.
I quattro attori giacevano come quattro stracci gettati per caso in mezzo alla
nebbia. Sakura si chiedeva ancora cosa gli aggressori avessero trovato di
interessante in loro: denaro? Gioielli? Donne? Una compagnia itinerante faceva
la fame esattamente come una banda di predoni, erano tempi di carestia per
tutti, quell'estate stava divorando i raccolti e bruciando le scorte con una
voracità disumana. E l'isola dell'Acqua sembrava sterile come una
distesa di sale, spietata sia con gli attori sia coi briganti.
Ebisu-taichou aveva ragione, non potevano lasciarli lì così.
Per Konohamaru. Per Moegi. Per Udon.
Perchè capissero che non c'è solo morte nella vita di un ninja.
La Chuunin sollevò il palmo della mano destra dalla pelle dell'attore
vestito di verde scuro. Le ferite sulla sua schiena stavano lentamente fiorendo
in crosticine rosseggianti. Il sangue faceva il suo lavoro, come sempre, come
lei stessa.
"...Andrà meglio" mormorò fioca. Sorridere le
sembrò troppo in una situazione del genere: c'erano alcuni momenti in
cui sorridere poteva considerarsi sopportabile, altri no. Quello decisamente
apparteneva al secondo caso.
Sakura si massaggiò le dita intorpidite e si avvicinò all'uomo
riverso sul tronco caduto, quello che il tizio con l'arteria femorale salva per
un soffio definiva Shite, e lo aiutò con cautela ad appoggiarsi a terra.
Le bastò un'occhiata per decretare che non era messo davvero bene: il
medico che era in lei catalogò una ad una le ferite che ne solcavano il
corpo e i suoi occhi indugiarono un istante di più sullo squarcio
gorgogliante che gli attraversava il ventre.
Ferita da taglio poco profonda, gli organi interni sono salvi. Comunque
pericolo di emorragia e infezione. Provocata senz'altro da una spada (bordi
netti, allineati, puliti. Una bella spada.)
Mh? Spada? L'attore vestito di viola non aveva parlato di bastoni?
"Ebisu-taichou," chiamò la Chunin, "ci vorrà
almeno un'ora." Disse tutto il contrario di quel che il suo subconscio le
suggeriva. Lo mise a tacere con poche reticenze: un medico non ha subconscio.
Entrambi i polsi rotti, clavicola sinistra fratturata, ginocchio destro contuso
gravemente, mascella spostata di un centimetro e inoltre una quantità
infinita di escoriazioni più o meno fastidiose.
A occhio l'attore con la schiena martoriata era di costituzione più
robusta, invece questo qui le parve un mucchietto d'ossa raggruppate a
casaccio. Doveva avere una vita in più degli altri, altrimenti Sakura
non si spiegava come fosse riuscito a sopravvivere a un'aggressione del genere.
Dubitò che avrebbe superato la notte successiva.
Lei poi non poteva fare molto: doveva conservare la maggior parte delle sue
limitate riserve di chakra per la missione.
La missione aveva la precedenza su tutto.
...Anche sulla vita?
Il ninja rispose di sì. Il medico di no.
Sarebbe stata questione di un paio d'ore e poi avrebbero incontrato la banda di
ladri incendiari, Sakura non poteva escludere l'eventualità che qualcuno
dei suoi restasse ferito. C'era Shikamaru, vero: c'era Kiba, c'era
Ebisu-taichou, c'era Ino (c'era anche lei, nascosta dietro di loro), ma
Moegi, Udon e Konohamaru erano tre ragazzini. Genin, sì, ma ragazzini.
Il che equivaleva a dire che erano grosse teste calde -Konohamaru, soprattutto.
Il medico le disse che erano tutte stronzate.
Gettò un'occhiata incolore al volto sofferente del primo attore. Un
volto assolutamente normale, privo d'interesse. Lo dimenticò
subito.
Il suo subconscio si risollevò e con cipiglio allusivo le suggerì
che quelle non erano ferite da una normale aggressione.
Sakura lasciò cadere l'insinuazione nel vuoto mentre le sue dita
s'intrecciarono tra loro per formare le figure dei jutsu, una serie di gesti
ormai diventati meccanici e quasi istintivi.
Gatto. Cane. Cavallo. Bue. Scimmia. Tigre. Drago. Tigre. Gatto.
..."Shōsen no Jutsu!"
Il Palmo Mistico riluceva azzurrino tra le pieghe della sua mano.
Avvicinò cautamente, come se tenesse fra le dita un involucro di
cristallo, la mano alla spalla sinistra dell'attore. Lacerò con una
pressione leggera del kunai la casacca del kimono di velluto blu scuro e
liberò la spalla infiammata e deformata dall'osso spezzato.
No, aspetta.
Torna indietro.
Respira.
Ricomincia da capo.
Gatto. Cane. Cavallo. Bue. Scimmia. Tigre. Drago. Tigre. Gatto.
..."Shōsen no Jutsu!"
Il Palmo mistico splendeva azzurrino nella sua mano, gemma preziosa che solo
lei possedeva.
Avvicinò cautamente, come se tenesse fra le dita un involucro di
cristallo, la mano alla spalla sinistra dell'attore. Lacerò con una
pressione leggera del kunai la casacca del kimono di velluto blu scuro e
liberò la spalla infiammata e deformata dall'osso spezzato.
No, aspetta.
Ferma.
Torna indietro.
Ricomincia da capo.
..."Shōsen no-"
..."Shōsen no-"
..."Shōsen no-"
..."Shōsen no-"
..."Shōsen no
Jutsu!"
I'll find you
somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened?
The truth will free my soul
C'è qualcosa.
Qualcosa che tu hai
già visto.
Ferma.
Ora respira.
Respirarespirarespirarespirarespira. Respira.
Ferma. Non è niente, ricomincia.
Ricomincia da capo.
Ricomincia, ho detto!
No. Aspetta.
C'è qualcosa.
Qualcosa che hai già visto.
Laggiù, dietro, alla base del...
Sbarrò gli occhi.
Apnea, per un istante
solo apnea.
Precipitava negli abissi di tutti i mari del mondo.
Quel solo secondo in cui Sakura divenne senza vita fu percepito da entrambi.
Dal medico, dal ninja. Dal paziente, anche.
"...Io so che tu sai, e tu sai che io so."
Sakura, immobile, contemplava come ipnotizzata un filamento traslucido dopo
l'altro del suo chakra che pigramente rimarginava la frattura dell'osso sotto
lo strato spugnoso di epidermide, muscoli e tendini.
Bastava chiudere gli occhi per vedere ed era precisamente ciò che
Sakura, palpebre murate, stava facendo.
E' solo un'ombra. Non esiste.
Il medico invece diceva che l'ombra esisteva eccome. La stava curando.
Lost in the darkness
Tried to find your way home
I want to embrace you
And never let you go
"Torna indietro."
Un'ora era troppo poco.
Cinquanta granelli di sabbia che scivolavano da un'estremità all'altra
di una clessidra erano troppo poco.
Ce ne sarebbero volute sette, dodici, venti, di ore, e anche allora avrebbe
disperato di riuscirci, eterna fallita nella missione più importante
della sua vita, nella missione per cui respirava.
L'attore, a pochi centimetri da lei, taceva. Non mostrava i segni di alcuna
reazione, statico e freddo come un dipinto. Come la maschera che aveva scelto
di interpretare.
Il chakra di Sakura fluiva mestamente a richiudere le sue ferite, d'improvviso
le pareva anch'esso troppo veloce. Doveva andare più lento, Sakura aveva
bisogno di tempo.
Guardò con insistenza il profilo di quel volto -volto incolore da uomo
comune- e lo vide assottigliarsi, levigarsi, ridefinirsi perfetto e appuntito
mentre la pelle si schiariva, le labbra tornavano ad essere una stretta linea
candida, gli occhi si scurivano fino a divenire quei laghi d'inchiostro
appannaggio soltanto dei sogni, i ciuffi morbidi e neri ricadevano uno dopo
l'altro liberi dai fermagli di attore.
Come aveva fatto a non accorgersene?Come?
E come potevano tutti gli altri continuare a non accorgersene?
Non percepiva il suo chakra...
Un pensiero immediato e rapido come un kunai l'attraversò: illusione.
Una stupefacente tecnica illusoria.
Il suono melodioso della risata di Ino la raggiunse da un'epoca distante eoni
da lei.
"Torna indietro. Ti prego" tentò di nuovo, il labbro morso per
trattenere la commozione.
Parlava col viso puntato sulle ferite dell'attore, la voce rotta a cui si era
mescolato l'impeto lacrimoso della supplica.
(Non servirà a niente, lo sai vero?)
Nessuna reazione, come se stesse chiacchierando con uno di quei machinini di
stoffa che Tsunade-hime le aveva fatto usare milioni di volte per impratichirsi
col Chakra Enjintou.
Lui non la guardava -poco male, non l'aveva mai guardata.
Ebbe la sensazione che non la sentisse neppure -questo sì, le
fece male.
Le parole non erano la soluzione giusta, decise. Allora, gli occhi
ostinatamente fissi davanti a sé, usò mille piccoli accorgimenti
silenziosi -un dito premuto con simulata noncuranza sul lobo dell'orecchio
mentre gli medicava il viso, la carezza impalpabile del fiato sul collo, le sue
ginocchia reclinate sotto il busto a contatto con le gambe dell'attore,
l'incavo della spalla di lei quasi vicino al suo cuore, il gioco di un filo di
capelli rosa sulla pelle- che sarebbero potuti passare per le premure di un
medico dal cuore tenero a un paziente sfortunato.
E Sakura pregò che nessuno notasse il tremito delle sue dita o delle sue
spalle.
"Ci manchi moltissimo."
Sakura, imperterrita, non demordeva. Non aveva fatto altro per quindici anni.
La bambola rotta davanti a lei era sorda a ogni richiamo. Sorda e disumana.
Le dita di Sakura presero delicatamente fra le mani quelle fratturate dello
Shite e il suo chakra si dipanò di nuovo con la lentezza di una grossa
matassa annodata (per lei era ancora troppo, troppo veloce).
Poi disinfettante, garza, fasciatura, uno due tre giri. Niente. Silenzio.
E quei granellini di sabbia continuavano a scivolare giù...
Dovresti gridare. Avvertire Ebisu-san, tutti quanti.
Sono debilitati, voi siete più forti e più numerosi.
Lo uccideresti.
Dovresti farlo.
Ma il medico scuoteva il capo con energia.
No! No! No! No! E guardava le gocce di chakra che s'incanalavano una ad una
nelle vene del suo paziente -lui stava guarendo grazie a lei, solo grazie
a lei-, mentre il Palmo Mistico continuava ininterrottamente a brillare
cristallino.
Dovresti farlo. Dico, ucciderlo.
Gridare.
Scattare in piedi.
Non ti fermerà. Non può farlo, hai visto le ferite?
Non se tu continui a curarlo, ovviamente...
Dovresti farlo. Ci sono miliardi di buoni motivi per farlo.
Chi ti dice che non uccida te, non appena l'avrai curato?
Ma il medico scuoteva il capo con energia sempre maggiore, quasi fuori
controllo.
Non si tratta di una vita, qui, ma di almeno due. Tre, con Naruto. Tre
vite.
E tu vorresti ucciderlo...?
Almost like
you're in heaven
So no one can hurt your soul
Living in agony
Cause I just did not know
Where you are?
"Dovrei ucciderti."
Sakura lo disse, non potè impedire alla piega delle sue labbra di
rendersi amara.
L'attore drappeggiato nel blu notte continuava imperterrito a non reagire,
quasi la Chunin fosse intrappolata nella gabbia invisibile e inudibile di
un'altra illusione.
Mi vedi?, voleva gridargli, mi senti? Io sono qui, sono qui!
Sono sempre qui!
Dovresti ucciderlo, hai ragione.
Sì.
Non sarebbe neppure così difficile come credi.
Avanti.
Un colpo solo, preciso.
Fallo.
Ma il Palmo Mistico non
smetteva di brillare.
(Lei l'avrebbe
curato, e lo sapevano entrambi.)
Era così
stupida. Dei, la stessa ragazzina di tre anni prima, la stessa dodicenne
infatuata dell'amore. La stessa inutile bimbetta piagnucolosa, che non aveva la
forza necessaria neppure per trattenere le lacrime...
...E infatti una goccia trasparente percorse scivolando il profilo del suo
naso, spiccò un salto e venne inghiottita dal terriccio.
L'addome dell'attore aveva un grosso, grosso problema: un naginata*, a
una valutazione sommaria. Un'arma ninja che per fortuna o per sfortuna non era
penetrata in profondità, altrimenti dello Shite non sarebbe rimasto che
il cadavere dissanguato. Da qualche parte in lei la ragazzina urlò di
terrore a quest'ipotesi.
Sakura ancora una volta richiamò il suo corpo all'ordine, sentì
il flusso di chakra abbandonarla come una lenta colata di sabbia che
precipitava nell'altro cono della clessidra.
Il suo corpo doveva sostenerla a ogni costo. Non c'era altro da fare, niente
storie né discussioni.
Tu devi vivere. Devi vivere.
...Lo vedi? Ti aiuto. Vivrai. Devi, devi vivere. Per quello che non è
stato. Tu devi...
La seconda lacrima iniziò la sua discesa verso l'inferno. Sakura la
soffocò nella manica sinistra con un moto rabbioso.
Il suo paziente le stava pacatamente risucchiando via una stilla d'energia per
volta con la meticolosità del mare che erode le rocce.
La scavalcava per poter vivere -e andare avanti, come aveva sempre
fatto, e lei non poteva far altro che lasciarsi scavalcare, anzi, quasi era
contenta che per quel battito di ciglia lui s'accorgesse di lei.
(Anche questo lo sapevano entrambi.)
"Dovrei ucciderti" lo disse ancora, fra i denti. Fra quelle lacrime
che lavava via e che riprendevano a cadere. Ritrattò subito dopo,
però:"Ti aiuterò a stare bene."
La Chuunin si rese conto che le sue labbra si spaccavano se provava a
sorridere.
Non importava che lui non le rispondesse, non importava che lui la stesse
ingannando, stesse ingannando tutti loro, non importava che la stesse usando
per rigenerarsi, non importava che ancora una volta fosse lui a ferirla,
davvero, non importava...
"Non importa. Tu devi stare bene."
I morti non parlano.
Il suo battito cardiaco segnalava debolmente che lui era vivo, eppure lo Shite
di quella Compagnia dell'Illusione sembrava svuotato di ogni traccia umana. Una
bambola rotta, un automa, una macchina che Sakura tentava invano di restituire
al mondo -come se parlassi una lingua diversa, come se non provasse neppure
a capire, come se fosse sordo, come se fossi invisibile, come se non esistessi
nemmeno...
"Sakura!"
La voce di Ebisu-taichou fu come una mano che l'afferrava per i capelli
trascinandola indietro.
I'll find you somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened?
The truth will free my soul
"Sì?"
Era in piedi adesso.
Si stupì di come le gambe potessero sostenerla, di come potesse
avvicinarsi a Ebisu-taichou senza cadere in ginocchio urlando per il dolore, di
come i suoi polmoni emettessero ancora un respiro dopo l'altro -bizzarra
combinazione di impulsi neuronici e necessità, lo sapeva.
"Ino ha appena finito con la ragazza. A che punto sei con lo Shite,
laggiù?"
Sakura scaldò col suo stesso fiato le mani intorpidite dal
freddo:"Aveva una brutta ferita al ventre e tante ammaccature, non hanno
usato certo il guanto di velluto. Ha bisogno di un ospedale, questo è
certo."
Ebisu-taichou, sollevato per essersi sgravato la coscienza, si
accigliò:"Lo dirò allo Tsure*. E' il più sano
fra tutti, mi auguro che possa portarli al villaggio più vicino. Non
sarà una bella estate per loro." continuò, poi aggiunse
sbrigativo:"Noi abbiamo perso anche troppo tempo, dobbiamo
ripartire."
"Aaaaah, era ora!" Ino fece scrocchiare una ad una le articolazioni delle
braccia, poi squadrò Sakura con una luce perplessa negli occhi:"Sei
pallida, Fronte Spaziosa."
L'intuito di Ino, che sia dannato.
"Nulla di cui preoccuparsi, Scrofa. Hai visto il taglietto che aveva quel
tizio? Ho dovuto faticare per sistemarlo!" Perchè la sua risata
suonava come il rumore del ghiaccio secco? "A proposito, Ebisu-taichou,
posso dargli un'ultima occhiata? Ho dimenticato di lasciargli un paio di
pillole per quando arriveranno i dolori."
"Non preferisci che le lasci io allo Tsure?"
Esitazione breve quanto uno sguardo.
E, stupore, la risata di Ino:"Andiamo, Ebisu-taichou, si vede che
non conosce Tsunade-hime e la sua importanza del contatto umano nel rapporto
col paziente! Un predicozzo lungo un'ora e mezzo, roba da far venire una signora
emicrania, io non ho dormito bene per giorni, non è vero,
Sakura?"
"Puoi dirlo forte, Ino."
(Tsunade-hime non aveva mai detto niente del genere.)
Adesso Sakura correva. Correva eppure camminava.
Il suo paziente era ancora là, buttato contro un tronco d'albero,
continuava imperterrito a non guardarla. Ma non importa, davvero.
Volse la schiena alla sua squadra, ricadde pesantemente accanto a lui ed ebbe
la sensazione che non si sarebbe rialzata mai più.
Il medico le disse di controllare una per una le ferite. Sakura lo fece,
diligente, il tocco leggero come quello di una farfalla.
Questa gli darà dei problemi, questa non credo, qui gli
rimarrà la cicatrice, quassù l'osso resterà deformato, non
posso fare altro, deve stare attento a quella là o s'infetterà...
"Non far loro del male, ti prego. Non sospettano niente, per loro voi
siete solo una sfortunata compagnia di mediocri attori del Nō*."
All'improvviso era preoccupata, mortalmente preoccupata. Da codarda qual era
tentava di sottrarsi al senso di colpa.
"Non faranno niente, se ne andranno e tutto gli sembrerà
normale."
"Non far loro del
male."
"...Ora starai
bene."
Cercava le parole,
Sakura, e non le trovava.
Non aveva quasi più tempo, doveva fare in fretta, doveva liberarsi di
quel labirinto d'indecisioni. Era questione di minuti. Di secondi, anzi.
Qualcosa di simile a un sospiro da parte del primo attore.
Se l'era immaginato? Sakura non aveva tempo per chiederselo (...ferma tutto,
trova un pretesto, inventati qualcosa, improvvisa, recita, ti serve
altro tempo!).
Gli gettò le braccia oltre il collo e finse di cercare i bordi di
un'altra ferita, poi strinse gli occhi e tuffò il viso verso l'alto.
Niente cielo, niente sole: solo nebbia, che parve caderle fino nell'iride come
cristalli di neve.
Il suo cuore era un disgustoso muscolo tumefatto dilaniato da cento spilli.
Non c'erano più parole da cercare, il tempo era scaduto.
Più stringeva i pugni e più i granelli di sabbia le sfuggivano
tra le pieghe delle mani.
Dannazione... non...
non ancora...
"Buon compleanno,
Sasuke-kun."
Wherever you are
I won't stop searching
Whatever it takes me to go
Un quarto d'ora dopo i
ninja di Konoha erano già lontani, inghiottiti dalle viscere dall'Acqua.
E Sakura pregava ancora che nessuno di loro si accorgesse del tremore convulso
che rendeva ogni suo passo più incerto e ogni sua esitazione più
vicina alla caduta.
Il fiume dei rimorsi la travolse in pieno trascinandola in una ridda di voci
aggressive che le gridavano che era un'inetta, che se l'era lasciato sfuggire
anche quand'era vicinissimo a lei, che Naruto si ammazzava per poterlo
riportare a casa e che lei era un'inutile debole pupattola in balia dei
sentimenti.
Le lacrime aumentarono perchè Sakura sapeva bene che, da qualche parte,
anche questo non le importava.
(Ed entrambi, sì, lo sapevano.)
"Che facciamo, allora? Li raggiungiamo in un batter
d'occhio e li ammazziamo? Sono stati così squisitamente gentili con
noi..." pigolò Suigetsu con una smorfia nauseata, mentre lucidava
l'adorata Tagliateste con uno zelo quasi commovente.
"Ho già detto che non ci interessano" lo gelò lapidario
Sasuke. Il tono assente della voce o lo sguardo in cui per un istante
sfavillò il monito dello Sharingan chiusero la questione, facendo tacere
Suigetsu, rabbuiare Karin e agrottare le sopracciglia di Juugo. "Erano
della Foglia" bisbigliò qualcuno dei tre.
Sasuke non se ne accorse neppure.
L'imprevisto, pensò, e il cuore che si era dimenticato di possedere
battè più nitido nelle sue orecchie.
La crepa non era più così sottile.
I'll find you
somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened?
The truth will free my soul
Fin
Disclaimer: I personaggi sopracitati appartengono
a Masashi Kishimoto; Amleto, Ofelia, Polonio e Laerte sono stati creati dal
genio di William Shakespeare; la canzone riportata come intermezzo fra i
vari paragrafi è la splendida Somewhere dei Within Temptation
a cui va ogni diritto.
Tutto il resto -ovvero come tutte queste cose stanno mescolate- è
soltanto mio.
Nota dell'Autrice
Taichou: capitano.
Shite: Primo attore del teatro Nō.
Tsure: Nel teatro Nō è il comprimario dello Shite. A lui
è affidato il ruolo del coprotagonista.
Naginata: Arma ninja di solito costituita da una lunga lama ricurva ad
un solo filo, che si allarga verso l'estremità, montata grazie ad un
lungo codolo su un'asta di varia lunghezza.
Nō: Forma di teatro giapponese
sviluppatasi nel XIV secolo, caratterizzata dalla lentezza dei drammi, dall'uso
di maschere e da una scenografia essenziale. Tutte cose che ritrovate anche in
questa storia ;p.
Lo Shōsen no Jutsu e il Chakra Enjintou sono rispettivamente
il Palmo Mistico e il Bisturi di Chakra, le due tecniche mediche per
eccellenza. La seconda viene usata da Tsunade durante il suo scontro con Kabuto
nella prima serie, dunque ho immaginato che l'abbia insegnata anche alla sua
allieva.
In conclusione, se vi
state chiedendo perchè il Team Hebi si trovi a viaggiare nel Paese
dell'Acqua il ventitré di luglio, beh, cosa volete che ne sappia io XD?
No, scherzo, ho una mia teoria. In linea temporale il nostro Suigetsu ha appena
recuperato la spada Tagliateste del suo sensei -pace all'anima sua-, per questo
si trovano da quelle parti. Ho immaginato che la Tagliateste non fosse proprio
così alla mercè del primo venuto, dunque ci sia stato uno scontro
piuttosto impegnativo tra gli Hebi e i jutsu posti a guardia delle spoglie di
Zabuza Momochi, scontro che li ha lasciati nelle condizioni di cui sopra. Sono
soltanto mie ipotesi, Suigetsu potrebbe benissimo aver vinto la Tagliateste con
una buona mano a poker.
Poi, cosa c'entra "Amleto" con il teatro Nō? Apparentemente
nulla, dato che il Nō è una forma teatrale secentesca giapponese e
non ha niente a che fare con Shakespeare.
"Amleto" è a mio parere il dramma più bello del mondo e
la parabola verso l'ignoto (la linea sottile fra follia e lucidità) del
protagonista secondo me si adatta piuttosto bene alla situazione di Sasuke. Non
ho scelto a caso di far travestire il Team Hebi da attori dell'Amleto, se
è questo che state pensando, per me ci sono coincidenze che si
riflettono sulla storia del nostro Sasuke, a partire dalla vendetta, per
esempio. Lascio al lettore la libertà di scoprirle :).
Quindi cosa ho voluto rappresentare con questa storia?
Un pensiero in cui credo profondamente: ci vuole molto più coraggio a
non tradire che viceversa. Per farlo mi sono servita di un Sasuke al suo
punto di non ritorno e di una Sakura che non può far altro che
sostenerlo, nonostante sappia che lui finirà per distruggere se stesso e
anche lei. Sasuke è un bastardo in questa storia? No, è l'egoista
che è, affettivamente analfabeta, d'indole autodistruttiva, per di
più dopo tre anni nella tana del serpente. D'accordo, non una gran bella
persona, come non lo è Sakura che, suo malgrado, agisce come una sua
complice. Secondo noi moralisti integerrimi avrebbe dovuto smascherarlo, ma non
l'ha fatto: per amore? Non darei una spiegazione così semplicistica.
L'ha fatto perchè Sasuke è tutto ciò in cui crede -ecco,
direi che così va meglio. E perchè, ribadisco, ci vuole molto
più coraggio a non tradire che a farlo.
Infine, cos'ha visto Sakura esaminando la spalla di Sasuke? Semplice: il Segno.
Ne ha visto l'ombra sbiadita, camuffata dalla tecnica illusoria, ma le è
bastato. In fondo ogni illusione ha le sue falle, soprattutto se chi la compie
non è ai suoi massimi livelli di chakra.
Grazie per l'attenzione,
Hipatya