Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Hipatya    15/04/2008    7 recensioni
"Torna indietro. Ti prego" tentò di nuovo, il labbro morso per trattenere la commozione.
Parlava col viso puntato sulle ferite dell'attore, la voce rotta a cui si era mescolato l'impeto lacrimoso della supplica.
(Non servirà a niente, lo sai vero?)
[Quarta classificata al Concorso SasuSaku indetto da Kaeru_chan]
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Shikamaru Nara, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Altrove

 

 

 

 

Altrove
(Ventitrè luglio)

 

 

Lost in the darkness, hoping for a sign
Instead there is only silence,
Can't you hear my screams...?



 

Quella era una semplice, routinaria giornata come tutte le altre.
Perchè preoccuparsene, quindi?
"Allora? Ci muoviamo?" sbottò Yamanaka Ino, il ciuffo biondo sulla fronte proteso in avanti in segno di esasperazione.
Nessuno le rispose.
La ragazza allora si ingegnò per palesare la sua insofferenza in mille modi diversi, modi che Sakura riconobbe uno per uno: il tallone sinistro che picchiava ritmicamente a terra, lo spasmo continuo della mano destra che lisciava la gonna viola dell'uniforme, l'ininterrotto moto del ciuffo color grano che si spostava sull'orecchio per poi rotolare di nuovo sulla fronte, gli shuriken che uno dopo l'altro ferivano la corteccia di una quercia, le spire del mantello scuro che vorticavano all'infinito.
La quinta sigaretta sfrigolò sotto la suola di un paio di sandali neri:"La smetti?"
Nara Shikamaru le puntò in viso due sopracciglia arcuate come volute di fumo.
Ino sporse le labbra a mo' di broncio vezzoso, ma neppure lei stessa ne parve convinta e il suo viso si sciolse in un'espressione mortificata:"E' solo che detesto questi momenti di stasi" confessò, quasi fosse stanca di vestire i panni di diva.
Shikamaru le riservò un'occhiata che Sakura definì significativa. Forse non era del tutto falsa la voce che girava riguardo alla loro relazione.
Il silenzio tornò gelido fra loro assieme alla nebbia.
Sakura, seduta a terra, con la schiena affondata nella corteccia di un albero, pensò che quella era davvero una semplice, routinaria giornata e che quella era davvero una semplice, routinaria missione.
Moegi, la ragazzina dai capelli color carota e dagli occhi troppo vivaci, squittì qualcosa: doveva aver deciso che Ino sarebbe diventata la sua nuova amica.
Konohamaru lanciava pigramente i suoi kunai contro gli alberi più vicini, forse in un tentativo maldestro di allenamento con visione del campo disturbata, Udon e Shikamaru si erano seppelliti nel roveto di un quiz di logica, snobbando con classe l'antologia di Icha Icha Paradise che Ebisu-taichou aveva lasciato loro in custodia, e Sakura si sarebbe forse unita alla loro sfida al rompicapo matematico se quella fosse stata una semplice, routinaria giornata.
Un'altra mezz'ora assolutamente silenziosa, se non per i sussurri di Ino e Moegi e il conficcarsi ritmico dei kunai di Konohamaru, sgocciolò lentamente fin quasi a diventare quaranta minuti di nebbia umida e silenzio.
I suoi sensi avvertirono l'avvicinarsi di due ninja, il suo sguardo si accese ma non osò snudare i kunai: Kiba, Akamaru ed Ebisu-taichou abbandonarono i rami degli alberi, balzarono a terra e si fecero appena più vividi nella piccola radura, prima che la nebbia li inghiottisse e uniformasse i loro colori.
Shikamaru, Konohamaru, Moegi e Udon li avevano già raggiunti.
Sakura si mosse con più indolenza di quanto avesse desiderato, come se dovesse sollecitare uno per uno i suoi muscoli a compiere lo sforzo di mettersi in piedi.
"Allora, signore mie, la situazione è questa..." iniziò Kiba, un ghigno vivace sulle labbra non appena incrociò gli occhi di Sakura e Ino.
La nebbia non le piaceva, realizzò d'improvviso Sakura. Ogni cosa era irreale quand'era immersa in un mare di nebbia: irreale e, non potè reprimere un brivido mentre lo pensava, insolitamente sinistra. Perfino una semplice foresta che stingeva in una palude diventava un labirinto insidioso.
La nebbia nascondeva le cose, per questo decisamente non le piaceva.

 

 

Laerte, accovacciato sull'erba umida, ripuliva maniacalmente i bordi lacerati di uno squarcio alla gamba destra con la punta di un kunai. I suoi occhi liquidi dello stesso colore della nebbia indugiavano sui lembi scarnificati di pelle con una sorta di attenzione morbosa, mentre una lingua violacea da rettile faceva capolino tra i piccoli denti irregolari e affilati. Persino le labbra livide appena schiuse mostravano la concentrazione estrema che Laerte impiegava in quella dolorosa analisi di se stesso.
"...E se li ammazzassimo?" interloquì infine col candore di un bimbo, gli occhi di luna appena sollevati dalla voragine che si apriva sopra il suo ginocchio.
"Non siamo in condizioni" gli rispose la voce di un Amleto spettrale, lo sguardo febbrile e il petto macchiato di rosso che si contraeva e si rilassava al ritmo dell'affanno. I vestiti stracciati recavano i segni di una battaglia, avevano perso l'illusione dorata dei costumi di scena diventando semplici stracci imbrattati di sangue e di fango, rovine delle storie che volevano raccontare. 
"Ma noi siamo più forti."
Un'arrogante Ofelia in una sdrucita seconda pelle di broccato bordeaux stirò i muscoli doloranti. Le fitte in ogni parte del corpo impedirono alle sue parole di suonare sicure come avrebbe voluto, ma piuttosto che abbandonarsi a un solo gemito di dolore si sarebbe mozzata la lingua coi suoi stessi denti.
"Siamo feriti. E' stata più dura del previsto. Non abbiamo quasi più chakra."
Amleto non guardava gli altri attori nè la nebbia né la foresta, non guardava niente se non i suoi pensieri che scorrevano come la pioggia aldilà dei suoi occhi.
La parrucca da geisha -una volta elegante- di Ofelia pencolò miseramente da un lato, ma l'attrice non se ne curò. Si pulì con malagrazia un rivolo di sangue che dal taglio sulla fronte le era colato fin sugli zigomi. La sua spalla destra urlò di dolore quando lo fece, ma i suoi denti affondarono nell'interno morbido delle gote e trattenne con foga l'impulso di lamentarsi.
"Mh..." Laerte, annoiato, era passato a occuparsi delle abrasioni amaranto che gli ricamavano il braccio pallido, "potremo ammazzarli uno per uno."

Il kunai danzava con la leggerezza di una piuma fra gli strappi del kimono di seta viola, lacerando quel che rimaneva del pregiato lino di cui era intessuta la camicia.
"Non ci interessano" tagliò corto il fantasma ferito di Amleto.
"Come vuoi" Laerte fece un sorrisino da squalo che si perse in uno sbuffo bianco di nebbia.
Un massiccio Polonio steso supino sul prato grigio cercò lo sguardo dell'Amleto fantasma, digrignando i denti per l'opera d'arte astratta che le punte seghettate di numerosi shuriken avevano disegnato sulla sua schiena:"Hai ragione, non riusciremmo a batterli tutti in questo stato, dobbiamo recuperare il cha-" Le sue parole affogarono in un gorgoglio basso che divenne una sequenza di colpi di tosse talmente furiosi che parvero volergli sfondare la cassa toracica.
"Lui ha sempre ragione" annuì Ofelia con un sorriso che il fango e la parrucca rovinata resero patetico.
"Se non puoi batterli, usali" proseguì gelido Amleto ignorandola. I capelli incrostati di terra e umido gli ricadevano sulla fronte, mentre il sontuoso kimono blu scuro del Principe di Danimarca sembrava intrappolato in una ragnatela di sporcizia. 
Laerte a quest'affermazione alzò di scatto il capo, interrompendo il minuzioso esame della sua soglia di sopportazione che stava svolgendo sul braccio sinistro.
Amleto si mise in piedi, sentì le gambe farsi di piombo e la ferita al ventre pulsare orrendamente, ma schivò l'oblio dello svenimento che sentiva avvicinarsi: "Faremo così: avvicinatevi e preparate l'ultima goccia di chakra che vi rimane..."
Intorno solo la nebbia li accerchiava silenziosa, sembrava nascere dal fondo acquitrinoso della foresta e strisciare con piccoli passi di gatto tra i rami secchi degli alberi.




Never stop hoping,
Need to know where you are




 

 

"Akamaru ha sentito l'odore dei ladri molto più avanti. Sono bloccati nella palude, non sarà difficile metterli fuori gioco," Kiba fece un sorrisetto sornione e tuffò la mano nel vello color panna dell'enorme cane, che riprese a scondinzolare gioioso.
"E' stato un giochetto da poppanti ritrovarli, vero Akamaru?, puzzavano di zolfo da far schifo... Da quanto non si laveranno secondo voi?" borbottò il Chunin roteando gli occhi scuri.
"Ecco, ragazzi, imparate a non fare domande retoriche" lo rimbeccò Ebisu-taichou. Moegi emise una risatina rapida quanto un battito di ciglia.
"Eh?" Kiba si rabbuiò.
"Hanno incendiato un villaggio intero, baka, naturale che puzzino di bruciato!" esclamò una teatrale e frustrata Ino, "Che aspettiamo ancora? Li raggiungiamo?"
"Moegi, Konohamaru, Udon, seconda lezione da ricordare: aspettare sempre che la squadra di ricognizione finisca di riferire quanto appreso" Ebisu scoccò ad Ino un'occhiata eloquente a cui la Chunin rispose nascondendo a stento l'espressione seccata del volto.
"Davanti a noi abbiamo quattro feriti. Non sappiamo chi siano, sembrano mendicanti o girovaghi. Kiba ha detto che puzzano di strada" continuò quindi il Jonin. Il ragazzo starnutì sonoramente come a confermare la versione del superiore.
"Girovaghi? Qui?" Shikamaru si mostrò perplesso.
"Già, strana coincidenza. Il Paese dell'Acqua non è quel che si dice tollerante con i mendicanti. Mi chiedo cosa ci facciano qui."
"Nascondono qualcosa" Shikamaru s'incupì.
"O forse si sono solo persi" borbottò un'apatica Sakura. Nel silenzio che seguì la sua affermazione vide dodici paia d'occhi esasperati posarsi su di lei con commiserazione. In particolare Sakura si specchiò nello sguardo di vetro di Ino: Povera, povera Sakura, vi lesse, condito con una punta di disprezzo che nuotava nell'immenso mare della sua pietà.
"Non c'è un'altra strada?" domandò Konohamaru, dubbioso.
Udon si dimostrò diplomatico e con un sasso disegnò la loro situazione in un quadrato di terra:"Dobbiamo recuperare la refurtiva di quel branco di rubagalline, no?, perciò è inutile deviare per scansare i mendicanti, no? Rischiamo di perdere l'obiettivo della nostra missione e di perderci. C'è la nebbia, no?"
La nebbia, certo.
Mentre Ebisu-taichou elogiava l'allievo e Konohamaru sibilava un "baka!" fra i denti, Sakura pensò che il problema era sempre e comunque la nebbia.
"Hai detto che sono feriti?" Shikamaru attese la conferma di Kiba prima di continuare:"D'accordo, sono feriti e sono inferiori a noi per numero. Se ci attaccassero avremmo sicuramente la meglio."
Ino, sarcastica, inarcò un sopracciglio biondo:"Com'è che sei così poco catastrofico?"
"Ho detto sicuramente, Ino. Non mi piace dare certezze."
Sakura ebbe l'impressione che tra i due saettasse un'esplosione di elettricità.
"E' deciso. In marcia.
Kiba e Akamaru, voi davanti con Shikamaru, Konohamaru e Udon, poi Moegi, Sakura e Ino. Io vi guarderò le spalle. Non distanziatevi troppo l'uno dall'altro o rischiate di perdervi. Questa dannata nebbia..." La voce di Ebisu-taichou si perse in un sospiro mal trattenuto. Forse anche lui cominciava ad avvertire la stanchezza o, più prosaicamente, la lontananza dai suoi volumetti di Icha Icha.
Era troppo presto per fermarsi, lo sapevano tutti, nonostante fossero in viaggio da quattro giorni.
E poi i rami degli alberi avvolti dal cotone li attendevano a braccia aperte, macilenti e sdentati come vecchie streghe. Sakura ripensò alle cupe fiabe dense di misteri della sua infanzia e non poté non trasalire all'illusione della fredda risata disumana che per un istante le parve di udir serpeggiare fra le lunghe braccia della nebbia.
Ma non doveva preoccuparsi di niente: quella non era che una semplice, routinaria missione di livello B.
Le sue gambe si piegavano e scattavano in avanti, cercando i passi appena posati da Moegi e i codini arancio della ragazzina, una macchia di colore in quell'universo dominato dal grigio fumo. Udiva dietro di sé il tramestio di Ino e con la coda dell'occhio scorgeva il baluginio dei suoi capelli dorati resi opachi dalla nebbia.
La missione era semplice: inseguire i ladri, riprendere il sacco di costosi gingilli d'oro e lapislazzulo che si erano intascati, dar loro una bella lezione se necessario, tornare indietro. Non per niente era una missione assegnata alla squadra di Genin di Ebisu-taichou.
Sakura si era aggiunta a loro a causa delle ultime disposizioni di Tsunade-hime sui Medic Ninja; Kiba era stato richiesto da Ebisu-taichou per individuare le tracce lasciate dai fuggitivi, Shikamaru per precauzione -se n'era lamentato per circa due secoli, il Nara- e Ino perchè sì.
"Non penserai che io me ne rimanga qui inoperosa mentre voi giocate a guardie e ladri nel Paese dell'Acqua!" aveva sbottato irritata una volta che Sakura le aveva parlato della missione (ma in realtà tutti sapevano che lei era lì essenzialmente per un motivo, un motivo che si chiamava Shikamaru Nara).
Però un ninja in più faceva comodo, soprattutto se aveva nozioni di medicina e soprattutto se i ragazzini di Ebisu-taichou erano alla loro prima missione. In cuor suo Sakura era rassicurata dalla presenza dell'amica: smussava la petulanza di Moegi, riusciva a cavare un sorriso sghembo anche da Shikamaru, sopportava Kiba e dava vita a battibecchi che, per quanto puerili fossero, avevano l'effetto di smorzare la tensione.
Sakura non l'avrebbe mai detto ad alta voce, ma sapeva che la sua inquietudine derivava soltanto dall'Acqua. Non le era mai piaciuto quel continente: all'imbarcadero, quando aveva visto le lingue di nebbia allungarsi come rapaci sulla loro imbarcazione man mano che si avvicinavano claudicanti all'isola, aveva sentito come una netta linea dolorosa tracciarlesi lungo gli scalini delle vertebre. Puro terrore, semplicemente.
Ovunque l'estate fioriva, ma non a Mizu no Kuni: in quell'isola fredda come una goccia di pietra non c'erano che le dita impalpabili della nebbia e le strette micidiali del vento. Era un'isola fatta per i fantasmi, quella, non per gli uomini. Un posto che alla fine di luglio era gelido come in pieno inverno non era un posto per vivere. Per morire, forse sì, lo era.
I ninja dell'Acqua, poi. Disumani. Meccanici. Erano metà nebbia e metà uomini.
Spaventosi.
Sapeva che l'Acqua aveva nascosto cose orribili, aveva seppellito segreti tali da raggelare le labbra di chiunque li avesse pronunciati. Cadaveri mutilati giacevano da qualche parte là sotto, ribollivano in quelle paludi sterminate, soffocavano nel manto compatto nella nebbia e le loro parole erano mute come il ricamo di un fiocco di neve. Sakura poteva vedere le mani bluastre di quegli uomini e donne tendersi verso la luce verdognola che danzava sulla superficie degli specchi d'acqua gelati, poteva vedere le loro pupille cieche bramare un barlume di vita in quella prigione liquida. 
La nebbia nascondeva le cose, era vero, nascondeva cose orribili.




 


Sono otto. Otto ninja della Foglia.
Tre Genin, Quattro Chunin e un Jonin.
La sua valutazione non era stata un errore: ridotti così, se si fossero scontrati con loro avrebbero avuto la peggio.
I gemiti di Laerte si levarono alti, lamentando la sorte, la sventura, la vita, l'avidità, l'intero genere umano, il giorno in cui era nato, la levatrice che l'aveva tirato fuori dal corpo di sua madre, la donna che l'aveva partorito e i briganti.
Era sempre stato così dannatamente plateale.
Riverso su un tronco ammuffito, Amleto nascose un risolino che si distorse in un ghigno bestiale non appena una fitta di dolore gli trapassò il ventre con la violenza di una freccia. Anche lui fu costretto a reprimere a stento un mugolio strozzato, mentre una marea acida gli schizzò incontrollata fuori dalle labbra.
Ecco, adesso la muffa che ricopriva il tronco marcio è un po' più verde e il suo costume di scena un po' meno blu.
Dannata nausea.
"Oh, per tutti gli Dei, laggiù c'è il nostro Shite*... Vi prego, aiutatelo, l'hanno bastonato, si è difeso ma loro erano in troppi, in troppi! Centinaia, migliaia, sbucavano dappertutto!
Sventura, ah, sventura, malasorte! Proprio alla vigilia del nostro primo spettacolo... Ahinoi, che crudele destino!" pianse querulo Laerte, le lacrime che gli rigavano il volto ridotto a una maschera grottesca di piaghe, fango e gesso.
Poteva quasi vederlo: gli occhi gialli riversi verso l'alto, le dita contratte in uno spasmo, gli arti piegati in strane angolazioni, una pioggia di sangue a dare il tocco finale. Sì, Laerte era sempre stato decisamente troppo teatrale per i suoi gusti.
"Amico, da quando il Mizukage è diventato un mecenate?"
Quella era una voce che non doveva essere lì, tanto per cominciare. La voce di un ficcanaso dannatamente sveglio. Comunque una seccatura.
"Ohinoi, ohinoi," frignava Laerte, elevando al cielo strilli che avrebbero fatto la felicità di un intero coro greco,"la nostra occasione sfumata! Aaaaaaaaah, non avessimo mai lasciato i nostri amati campi di riso! Che sventura, orrenda, orrenda sventura!"
Ofelia decise che quello era il momento adatto per piegarsi in due come se un enorme mano l'avesse artigliata alla vita e stritolata come una foglia secca. Il suo bel costume da cortigiana ricadde nel fango e la ragazza singhiozzò con quanto fiato aveva in corpo.
"Dov'è il vostro carrozzone?"
"Shikamaru, non vedi che sono sotto shock?!" Una fiammella bionda lo scansò con uno spintone, "pensi di ottenere qualcosa da loro che non sia un'accozzaglia di balbettii incoerenti?!?"
"Non mi piace questa situazione" sibilò lui.
"Neanche ad Akamaru piace" commentò cupo l'altro Chuunin che, accompagnato da un grosso cane ringhioso, si era spinto qualche metro oltre il tronco su cui giaceva ferito Amleto.
"Io direi-" la voce imperiosa del Jonin mostrava l'evidente intenzione di proseguire. Laerte se ne accorse e ululò ancora più forte, mentre Ofelia piangeva mormorando frasi sconnesse e Polonio, la schiena sfregiata a sangue, si mordeva le dita per sopportare il dolore. La nebbia risuonava dei loro gemiti.
"Io direi che possiamo fermarci solo cinque minuti... Shikamaru, Kiba, Akamaru, mettetevi di guardia.
Sakura, occupati dei due più gravi, tu Ino pensa agli altri due. Sono solo attori."
Amleto aveva percepito vibrare l'incertezza e il sospetto nel tono del Jonin, ma il buonismo alla fine aveva prevalso. Era solo un debole.
Tutto andava come aveva previsto.

Lineare: banale, quasi.
"Moegi, stammi vicina, ti faccio vedere come opera un Ninja Medico!"
"Lei è così brava, Ino-san..."
"Ino-san, posso venire anch'io?"
"Konohamaru, è meglio che tu vada ad aiutare Kiba e Shikamaru di guardia. Anche tu, Udon."
"Sì, Ebisu-sensei."
Solo che c'era qualcosa...
Una crepa bianca, sottile e arcuata che disegnava un ghirigoro invisibile su una lastra di ghiaccio.
La falla nel piano, il blackout.
Solo una crepa. Sottilissima, quasi invisibile. L'imprevisto. 
Trascurabile.


But one thing 's for sure,
You're always in my heart.

 

 

La nebbia. Sempre la nebbia.
Sakura sconfisse l'inquietudine che l'assalì non appena vide la radura screziata da grosse macchie scure come il caffè, le appendici scheletriche degli alberi avvolte dalla caligine e i resti fatiscenti del carrozzone degli attori ribaltato e saccheggiato -nella penombra gelida occhieggiavano le sagome dei drappi di seta, dei costumi, delle maschere, delle parrucche, degli specchi rotti, delle perle di plastica e dei cosmetici, un paradiso di sogni morti prima ancora di nascere.
Una ruota sollevata verso l'alto cigolava appena, triste, sospinta da un refolo di vento umido.
I quattro attori giacevano come quattro stracci gettati per caso in mezzo alla nebbia. Sakura si chiedeva ancora cosa gli aggressori avessero trovato di interessante in loro: denaro? Gioielli? Donne? Una compagnia itinerante faceva la fame esattamente come una banda di predoni, erano tempi di carestia per tutti, quell'estate stava divorando i raccolti e bruciando le scorte con una voracità disumana. E l'isola dell'Acqua sembrava sterile come una distesa di sale, spietata sia con gli attori sia coi briganti.
Ebisu-taichou aveva ragione, non potevano lasciarli lì così.
Per Konohamaru. Per Moegi. Per Udon.
Perchè capissero che non c'è solo morte nella vita di un ninja.
La Chuunin sollevò il palmo della mano destra dalla pelle dell'attore vestito di verde scuro. Le ferite sulla sua schiena stavano lentamente fiorendo in crosticine rosseggianti. Il sangue faceva il suo lavoro, come sempre, come lei stessa. 
"...Andrà meglio" mormorò fioca. Sorridere le sembrò troppo in una situazione del genere: c'erano alcuni momenti in cui sorridere poteva considerarsi sopportabile, altri no. Quello decisamente apparteneva al secondo caso.
Sakura si massaggiò le dita intorpidite e si avvicinò all'uomo riverso sul tronco caduto, quello che il tizio con l'arteria femorale salva per un soffio definiva Shite, e lo aiutò con cautela ad appoggiarsi a terra. Le bastò un'occhiata per decretare che non era messo davvero bene: il medico che era in lei catalogò una ad una le ferite che ne solcavano il corpo e i suoi occhi indugiarono un istante di più sullo squarcio gorgogliante che gli attraversava il ventre.
Ferita da taglio poco profonda, gli organi interni sono salvi. Comunque pericolo di emorragia e infezione. Provocata senz'altro da una spada (bordi netti, allineati, puliti. Una bella spada.)
Mh? Spada? L'attore vestito di viola non aveva parlato di bastoni?
"Ebisu-taichou," chiamò la Chunin, "ci vorrà almeno un'ora." Disse tutto il contrario di quel che il suo subconscio le suggeriva. Lo mise a tacere con poche reticenze: un medico non ha subconscio.
Entrambi i polsi rotti, clavicola sinistra fratturata, ginocchio destro contuso gravemente, mascella spostata di un centimetro e inoltre una quantità infinita di escoriazioni più o meno fastidiose.
A occhio l'attore con la schiena martoriata era di costituzione più robusta, invece questo qui le parve un mucchietto d'ossa raggruppate a casaccio. Doveva avere una vita in più degli altri, altrimenti Sakura non si spiegava come fosse riuscito a sopravvivere a un'aggressione del genere. Dubitò che avrebbe superato la notte successiva.
Lei poi non poteva fare molto: doveva conservare la maggior parte delle sue limitate riserve di chakra per la missione.
La missione aveva la precedenza su tutto.
...Anche sulla vita?
Il ninja rispose di sì. Il medico di no.
Sarebbe stata questione di un paio d'ore e poi avrebbero incontrato la banda di ladri incendiari, Sakura non poteva escludere l'eventualità che qualcuno dei suoi restasse ferito. C'era Shikamaru, vero: c'era Kiba, c'era Ebisu-taichou, c'era Ino (c'era anche lei, nascosta dietro di loro), ma Moegi, Udon e Konohamaru erano tre ragazzini. Genin, sì, ma ragazzini. Il che equivaleva a dire che erano grosse teste calde -Konohamaru, soprattutto.
Il medico le disse che erano tutte stronzate.
Gettò un'occhiata incolore al volto sofferente del primo attore. Un volto assolutamente normale, privo d'interesse. Lo dimenticò subito. 
Il suo subconscio si risollevò e con cipiglio allusivo le suggerì che quelle non erano ferite da una normale aggressione.
Sakura lasciò cadere l'insinuazione nel vuoto mentre le sue dita s'intrecciarono tra loro per formare le figure dei jutsu, una serie di gesti ormai diventati meccanici e quasi istintivi.
Gatto. Cane. Cavallo. Bue. Scimmia. Tigre. Drago. Tigre. Gatto.
..."Shōsen no Jutsu!"
Il Palmo Mistico riluceva azzurrino tra le pieghe della sua mano.
Avvicinò cautamente, come se tenesse fra le dita un involucro di cristallo, la mano alla spalla sinistra dell'attore. Lacerò con una pressione leggera del kunai la casacca del kimono di velluto blu scuro e liberò la spalla infiammata e deformata dall'osso spezzato.



No, aspetta.



Torna indietro.
Respira.
Ricomincia da capo.

Gatto. Cane. Cavallo. Bue. Scimmia. Tigre. Drago. Tigre. Gatto.
..."Shōsen no Jutsu!"
Il Palmo mistico splendeva azzurrino nella sua mano, gemma preziosa che solo lei possedeva.
Avvicinò cautamente, come se tenesse fra le dita un involucro di cristallo, la mano alla spalla sinistra dell'attore. Lacerò con una pressione leggera del kunai la casacca del kimono di velluto blu scuro e liberò la spalla infiammata e deformata dall'osso spezzato.




No, aspetta.



Ferma.

Torna indietro.
Ricomincia da capo.
..."Shōsen no-"
..."Shōsen no-"
..."Shōsen no-"
..."Shōsen no-"


..."Shōsen no Jutsu!"



I'll find you somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened?
The truth will free my soul





 

C'è qualcosa.

Qualcosa che tu hai già visto.
Ferma.
Ora respira.
Respirarespirarespirarespirarespira. Respira. 
Ferma. Non è niente, ricomincia.
Ricomincia da capo.
Ricomincia, ho detto!
No. Aspetta.

C'è qualcosa.
Qualcosa che hai già visto.
Laggiù, dietro, alla base del...

Sbarrò gli occhi.




Apnea, per un istante solo apnea.
Precipitava negli abissi di tutti i mari del mondo.
Quel solo secondo in cui Sakura divenne senza vita fu percepito da entrambi. Dal medico, dal ninja. Dal paziente, anche.
"...Io so che tu sai, e tu sai che io so."
Sakura, immobile, contemplava come ipnotizzata un filamento traslucido dopo l'altro del suo chakra che pigramente rimarginava la frattura dell'osso sotto lo strato spugnoso di epidermide, muscoli e tendini.
Bastava chiudere gli occhi per vedere ed era precisamente ciò che Sakura, palpebre murate, stava facendo.
E' solo un'ombra. Non esiste.
Il medico invece diceva che l'ombra esisteva eccome. La stava curando.




Lost in the darkness
Tried to find your way home
I want to embrace you
And never let you go



"Torna indietro."
Un'ora era troppo poco.
Cinquanta granelli di sabbia che scivolavano da un'estremità all'altra di una clessidra erano troppo poco.
Ce ne sarebbero volute sette, dodici, venti, di ore, e anche allora avrebbe disperato di riuscirci, eterna fallita nella missione più importante della sua vita, nella missione per cui respirava.
L'attore, a pochi centimetri da lei, taceva. Non mostrava i segni di alcuna reazione, statico e freddo come un dipinto. Come la maschera che aveva scelto di interpretare.
Il chakra di Sakura fluiva mestamente a richiudere le sue ferite, d'improvviso le pareva anch'esso troppo veloce. Doveva andare più lento, Sakura aveva bisogno di tempo.
Guardò con insistenza il profilo di quel volto -volto incolore da uomo comune- e lo vide assottigliarsi, levigarsi, ridefinirsi perfetto e appuntito mentre la pelle si schiariva, le labbra tornavano ad essere una stretta linea candida, gli occhi si scurivano fino a divenire quei laghi d'inchiostro appannaggio soltanto dei sogni, i ciuffi morbidi e neri ricadevano uno dopo l'altro liberi dai fermagli di attore.
Come aveva fatto a non accorgersene?Come?
E come potevano tutti gli altri continuare a non accorgersene?
Non percepiva il suo chakra...
Un pensiero immediato e rapido come un kunai l'attraversò: illusione. Una stupefacente tecnica illusoria.
Il suono melodioso della risata di Ino la raggiunse da un'epoca distante eoni da lei.
"Torna indietro. Ti prego" tentò di nuovo, il labbro morso per trattenere la commozione.
Parlava col viso puntato sulle ferite dell'attore, la voce rotta a cui si era mescolato l'impeto lacrimoso della supplica.
(Non servirà a niente, lo sai vero?)
Nessuna reazione, come se stesse chiacchierando con uno di quei machinini di stoffa che Tsunade-hime le aveva fatto usare milioni di volte per impratichirsi col Chakra Enjintou.
Lui non la guardava -poco male, non l'aveva mai guardata.
Ebbe la sensazione che non la sentisse neppure -questo , le fece male.
Le parole non erano la soluzione giusta, decise. Allora, gli occhi ostinatamente fissi davanti a sé, usò mille piccoli accorgimenti silenziosi -un dito premuto con simulata noncuranza sul lobo dell'orecchio mentre gli medicava il viso, la carezza impalpabile del fiato sul collo, le sue ginocchia reclinate sotto il busto a contatto con le gambe dell'attore, l'incavo della spalla di lei quasi vicino al suo cuore, il gioco di un filo di capelli rosa sulla pelle- che sarebbero potuti passare per le premure di un medico dal cuore tenero a un paziente sfortunato.
E Sakura pregò che nessuno notasse il tremito delle sue dita o delle sue spalle.
"Ci manchi moltissimo."
Sakura, imperterrita, non demordeva. Non aveva fatto altro per quindici anni.
La bambola rotta davanti a lei era sorda a ogni richiamo. Sorda e disumana.
Le dita di Sakura presero delicatamente fra le mani quelle fratturate dello Shite e il suo chakra si dipanò di nuovo con la lentezza di una grossa matassa annodata (per lei era ancora troppo, troppo veloce).
Poi disinfettante, garza, fasciatura, uno due tre giri. Niente. Silenzio.
E quei granellini di sabbia continuavano a scivolare giù...
Dovresti gridare. Avvertire Ebisu-san, tutti quanti.
Sono debilitati, voi siete più forti e più numerosi.
Lo uccideresti.
Dovresti farlo.
Ma il medico scuoteva il capo con energia.
No! No! No! No! E guardava le gocce di chakra che s'incanalavano una ad una nelle vene del suo paziente -lui stava guarendo grazie a lei, solo grazie a lei-, mentre il Palmo Mistico continuava ininterrottamente a brillare cristallino.
Dovresti farlo. Dico, ucciderlo.
Gridare.
Scattare in piedi.
Non ti fermerà. Non può farlo, hai visto le ferite?
Non se tu continui a curarlo, ovviamente...
Dovresti farlo. Ci sono miliardi di buoni motivi per farlo.
Chi ti dice che non uccida te, non appena l'avrai curato?
Ma il medico scuoteva il capo con energia sempre maggiore, quasi fuori controllo.
Non si tratta di una vita, qui, ma di almeno due. Tre, con Naruto. Tre vite. 
E tu vorresti ucciderlo...?





Almost like you're in heaven
So no one can hurt your soul
Living in agony
Cause I just did not know
Where you are?





"Dovrei ucciderti."
Sakura lo disse, non potè impedire alla piega delle sue labbra di rendersi amara.
L'attore drappeggiato nel blu notte continuava imperterrito a non reagire, quasi la Chunin fosse intrappolata nella gabbia invisibile e inudibile di un'altra illusione.
Mi vedi?, voleva gridargli, mi senti? Io sono qui, sono qui!
Sono sempre qui!
Dovresti ucciderlo, hai ragione.
Sì.
Non sarebbe neppure così difficile come credi.



Avanti.


Un colpo solo, preciso.



Fallo.


Ma il Palmo Mistico non smetteva di brillare. 


(Lei l'avrebbe curato, e lo sapevano entrambi.)


Era così stupida. Dei, la stessa ragazzina di tre anni prima, la stessa dodicenne infatuata dell'amore. La stessa inutile bimbetta piagnucolosa, che non aveva la forza necessaria neppure per trattenere le lacrime...
...E infatti una goccia trasparente percorse scivolando il profilo del suo naso, spiccò un salto e venne inghiottita dal terriccio.
L'addome dell'attore aveva un grosso, grosso problema: un naginata*, a una valutazione sommaria. Un'arma ninja che per fortuna o per sfortuna non era penetrata in profondità, altrimenti dello Shite non sarebbe rimasto che il cadavere dissanguato. Da qualche parte in lei la ragazzina urlò di terrore a quest'ipotesi.
Sakura ancora una volta richiamò il suo corpo all'ordine, sentì il flusso di chakra abbandonarla come una lenta colata di sabbia che precipitava nell'altro cono della clessidra.
Il suo corpo doveva sostenerla a ogni costo. Non c'era altro da fare, niente storie né discussioni.
Tu devi vivere. Devi vivere.
...Lo vedi? Ti aiuto. Vivrai. Devi, devi vivere. Per quello che non è stato. Tu devi...
La seconda lacrima iniziò la sua discesa verso l'inferno. Sakura la soffocò nella manica sinistra con un moto rabbioso.
Il suo paziente le stava pacatamente risucchiando via una stilla d'energia per volta con la meticolosità del mare che erode le rocce.
La scavalcava per poter vivere -e andare avanti, come aveva sempre fatto, e lei non poteva far altro che lasciarsi scavalcare, anzi, quasi era contenta che per quel battito di ciglia lui s'accorgesse di lei.   
(Anche questo lo sapevano entrambi.)
"Dovrei ucciderti" lo disse ancora, fra i denti. Fra quelle lacrime che lavava via e che riprendevano a cadere. Ritrattò subito dopo, però:"Ti aiuterò a stare bene."
La Chuunin si rese conto che le sue labbra si spaccavano se provava a sorridere.
Non importava che lui non le rispondesse, non importava che lui la stesse ingannando, stesse ingannando tutti loro, non importava che la stesse usando per rigenerarsi, non importava che ancora una volta fosse lui a ferirla, davvero, non importava...
"Non importa. Tu devi stare bene."
I morti non parlano.
Il suo battito cardiaco segnalava debolmente che lui era vivo, eppure lo Shite di quella Compagnia dell'Illusione sembrava svuotato di ogni traccia umana. Una bambola rotta, un automa, una macchina che Sakura tentava invano di restituire al mondo -come se parlassi una lingua diversa, come se non provasse neppure a capire, come se fosse sordo, come se fossi invisibile, come se non esistessi nemmeno...
"Sakura!"
La voce di Ebisu-taichou fu come una mano che l'afferrava per i capelli trascinandola indietro.

 

I'll find you somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened?
The truth will free my soul

 

"Sì?"

Era in piedi adesso.
Si stupì di come le gambe potessero sostenerla, di come potesse avvicinarsi a Ebisu-taichou senza cadere in ginocchio urlando per il dolore, di come i suoi polmoni emettessero ancora un respiro dopo l'altro -bizzarra combinazione di impulsi neuronici e necessità, lo sapeva.
"Ino ha appena finito con la ragazza. A che punto sei con lo Shite, laggiù?"
Sakura scaldò col suo stesso fiato le mani intorpidite dal freddo:"Aveva una brutta ferita al ventre e tante ammaccature, non hanno usato certo il guanto di velluto. Ha bisogno di un ospedale, questo è certo."
Ebisu-taichou, sollevato per essersi sgravato la coscienza, si accigliò:"Lo dirò allo Tsure*. E' il più sano fra tutti, mi auguro che possa portarli al villaggio più vicino. Non sarà una bella estate per loro." continuò, poi aggiunse sbrigativo:"Noi abbiamo perso anche troppo tempo, dobbiamo ripartire."
"Aaaaah, era ora!" Ino fece scrocchiare una ad una le articolazioni delle braccia, poi squadrò Sakura con una luce perplessa negli occhi:"Sei pallida, Fronte Spaziosa."
L'intuito di Ino, che sia dannato.
"Nulla di cui preoccuparsi, Scrofa. Hai visto il taglietto che aveva quel tizio? Ho dovuto faticare per sistemarlo!" Perchè la sua risata suonava come il rumore del ghiaccio secco? "A proposito, Ebisu-taichou, posso dargli un'ultima occhiata? Ho dimenticato di lasciargli un paio di pillole per quando arriveranno i dolori."
"Non preferisci che le lasci io allo Tsure?"
Esitazione breve quanto uno sguardo.
E, stupore, la risata di Ino:"Andiamo, Ebisu-taichou, si vede che non conosce Tsunade-hime e la sua importanza del contatto umano nel rapporto col paziente! Un predicozzo lungo un'ora e mezzo, roba da far venire una signora emicrania, io non ho dormito bene per giorni, non è vero, Sakura?" 
"Puoi dirlo forte, Ino."
(Tsunade-hime non aveva mai detto niente del genere.)
Adesso Sakura correva. Correva eppure camminava.
Il suo paziente era ancora là, buttato contro un tronco d'albero, continuava imperterrito a non guardarla. Ma non importa, davvero.
Volse la schiena alla sua squadra, ricadde pesantemente accanto a lui ed ebbe la sensazione che non si sarebbe rialzata mai più.
Il medico le disse di controllare una per una le ferite. Sakura lo fece, diligente, il tocco leggero come quello di una farfalla.
Questa gli darà dei problemi, questa non credo, qui gli rimarrà la cicatrice, quassù l'osso resterà deformato, non posso fare altro, deve stare attento a quella là o s'infetterà...
"Non far loro del male, ti prego. Non sospettano niente, per loro voi siete solo una sfortunata compagnia di mediocri attori del Nō*."
All'improvviso era preoccupata, mortalmente preoccupata. Da codarda qual era tentava di sottrarsi al senso di colpa.
"Non faranno niente, se ne andranno e tutto gli sembrerà normale."

"Non far loro del male."

"...Ora starai bene."

Cercava le parole, Sakura, e non le trovava.
Non aveva quasi più tempo, doveva fare in fretta, doveva liberarsi di quel labirinto d'indecisioni. Era questione di minuti. Di secondi, anzi.
Qualcosa di simile a un sospiro da parte del primo attore.
Se l'era immaginato? Sakura non aveva tempo per chiederselo (...ferma tutto, trova un pretesto, inventati qualcosa, improvvisa, recita, ti serve altro tempo!).
Gli gettò le braccia oltre il collo e finse di cercare i bordi di un'altra ferita, poi strinse gli occhi e tuffò il viso verso l'alto. Niente cielo, niente sole: solo nebbia, che parve caderle fino nell'iride come cristalli di neve.
Il suo cuore era un disgustoso muscolo tumefatto dilaniato da cento spilli.
Non c'erano più parole da cercare, il tempo era scaduto.
Più stringeva i pugni e più i granelli di sabbia le sfuggivano tra le pieghe delle mani.

Dannazione... non... non ancora...



"Buon compleanno, Sasuke-kun."




 

Wherever you are
I won't stop searching
Whatever it takes me to go

 

 

Un quarto d'ora dopo i ninja di Konoha erano già lontani, inghiottiti dalle viscere dall'Acqua.
E Sakura pregava ancora che nessuno di loro si accorgesse del tremore convulso che rendeva ogni suo passo più incerto e ogni sua esitazione più vicina alla caduta.
Il fiume dei rimorsi la travolse in pieno trascinandola in una ridda di voci aggressive che le gridavano che era un'inetta, che se l'era lasciato sfuggire anche quand'era vicinissimo a lei, che Naruto si ammazzava per poterlo riportare a casa e che lei era un'inutile debole pupattola in balia dei sentimenti.
Le lacrime aumentarono perchè Sakura sapeva bene che, da qualche parte, anche questo non le importava.
(Ed entrambi, sì, lo sapevano.)

 

 

"Che facciamo, allora? Li raggiungiamo in un batter d'occhio e li ammazziamo? Sono stati così squisitamente gentili con noi..." pigolò Suigetsu con una smorfia nauseata, mentre lucidava l'adorata Tagliateste con uno zelo quasi commovente.
"Ho già detto che non ci interessano" lo gelò lapidario Sasuke. Il tono assente della voce o lo sguardo in cui per un istante sfavillò il monito dello Sharingan chiusero la questione, facendo tacere Suigetsu, rabbuiare Karin e agrottare le sopracciglia di Juugo. "Erano della Foglia" bisbigliò qualcuno dei tre.
Sasuke non se ne accorse neppure.
L'imprevisto, pensò, e il cuore che si era dimenticato di possedere battè più nitido nelle sue orecchie.
La crepa non era più così sottile.



I'll find you somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened?
The truth will free my soul



 

Fin

 

 

 

 

 

Disclaimer: I personaggi sopracitati appartengono a Masashi Kishimoto; Amleto, Ofelia, Polonio e Laerte sono stati creati dal genio di William Shakespeare; la canzone riportata come intermezzo fra i vari paragrafi è la splendida Somewhere dei Within Temptation a cui va ogni diritto.
Tutto il resto -ovvero come tutte queste cose stanno mescolate- è soltanto mio.

 

Nota dell'Autrice

Taichou: capitano.
Shite: Primo attore del teatro Nō.
Tsure: Nel teatro Nō è il comprimario dello Shite. A lui è affidato il ruolo del coprotagonista.
Naginata: Arma ninja di solito costituita da una lunga lama ricurva ad un solo filo, che si allarga verso l'estremità, montata grazie ad un lungo codolo su un'asta di varia lunghezza.

: Forma di teatro giapponese sviluppatasi nel XIV secolo, caratterizzata dalla lentezza dei drammi, dall'uso di maschere e da una scenografia essenziale. Tutte cose che ritrovate anche in questa storia ;p.
Lo Shōsen no Jutsu e il Chakra Enjintou sono rispettivamente il Palmo Mistico e il Bisturi di Chakra, le due tecniche mediche per eccellenza. La seconda viene usata da Tsunade durante il suo scontro con Kabuto nella prima serie, dunque ho immaginato che l'abbia insegnata anche alla sua allieva. 

In conclusione, se vi state chiedendo perchè il Team Hebi si trovi a viaggiare nel Paese dell'Acqua il ventitré di luglio, beh, cosa volete che ne sappia io XD? No, scherzo, ho una mia teoria. In linea temporale il nostro Suigetsu ha appena recuperato la spada Tagliateste del suo sensei -pace all'anima sua-, per questo si trovano da quelle parti. Ho immaginato che la Tagliateste non fosse proprio così alla mercè del primo venuto, dunque ci sia stato uno scontro piuttosto impegnativo tra gli Hebi e i jutsu posti a guardia delle spoglie di Zabuza Momochi, scontro che li ha lasciati nelle condizioni di cui sopra. Sono soltanto mie ipotesi, Suigetsu potrebbe benissimo aver vinto la Tagliateste con una buona mano a poker. 
Poi, cosa c'entra "Amleto" con il teatro Nō? Apparentemente nulla, dato che il Nō è una forma teatrale secentesca giapponese e non ha niente a che fare con Shakespeare.
"Amleto" è a mio parere il dramma più bello del mondo e la parabola verso l'ignoto (la linea sottile fra follia e lucidità) del protagonista secondo me si adatta piuttosto bene alla situazione di Sasuke. Non ho scelto a caso di far travestire il Team Hebi da attori dell'Amleto, se è questo che state pensando, per me ci sono coincidenze che si riflettono sulla storia del nostro Sasuke, a partire dalla vendetta, per esempio. Lascio al lettore la libertà di scoprirle :).
Quindi cosa ho voluto rappresentare con questa storia?
Un pensiero in cui credo profondamente: ci vuole molto più coraggio a non tradire che viceversa. Per farlo mi sono servita di un Sasuke al suo punto di non ritorno e di una Sakura che non può far altro che sostenerlo, nonostante sappia che lui finirà per distruggere se stesso e anche lei. Sasuke è un bastardo in questa storia? No, è l'egoista che è, affettivamente analfabeta, d'indole autodistruttiva, per di più dopo tre anni nella tana del serpente. D'accordo, non una gran bella persona, come non lo è Sakura che, suo malgrado, agisce come una sua complice. Secondo noi moralisti integerrimi avrebbe dovuto smascherarlo, ma non l'ha fatto: per amore? Non darei una spiegazione così semplicistica. L'ha fatto perchè Sasuke è tutto ciò in cui crede -ecco, direi che così va meglio. E perchè, ribadisco, ci vuole molto più coraggio a non tradire che a farlo.
Infine, cos'ha visto Sakura esaminando la spalla di Sasuke? Semplice: il Segno. Ne ha visto l'ombra sbiadita, camuffata dalla tecnica illusoria, ma le è bastato. In fondo ogni illusione ha le sue falle, soprattutto se chi la compie non è ai suoi massimi livelli di chakra.

Grazie per l'attenzione,
Hipatya

 

 



  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Hipatya