Fanfic su artisti musicali > Lady Gaga
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Autore: shadowsymphony    29/10/2013    1 recensioni
e cosa ne facciamo dei nostri piani per il futuro? dobbiamo davvero avere un senso, quando ho il mondo intero davanti a me?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mi senti?”.
Gaga sentì la voce, ma sullo schermo c’erano solo uno sfondo blu con l’icona e un rettangolo con la sua faccia. “Sì, ma non ti vedo”
“Aspetta…”. Sentì un fruscio.
“Ma hai acceso la webcam?”
“io sì. Tu?”.
Riusciva a vedersi, e c’era una lucina rossa vicino all’obiettivo.  “sì. Ma tu mi vedi?”
“No, vedo solo la mia faccia”
“Anch’io. Aspetta, ti richiamo”. Gaga terminò la chiamata e ne effettuò un’altra. I soliti suoni di Skype rimbombarono per tutta la stanza. Abbassò il volume e aspettò che Taylor rispondesse. “Sta squillando”. All’improvviso il rumore della chiamata cessò e sentì un fruscio.
“Hey” sentì, ma non si vedeva niente.
“Mi senti?”
 
“Hey?” disse. sfondo blu, icona, rettangolo con la sua faccia. Silenzio. “Dì qualcosa”. Silenzio.
Taylor sbuffò e terminò la chiamata di nuovo. Comparve un messaggio di chat “non ti sentivo. Richiamo io?”. Rispose “sì chiama tu” e aspettò. Qualche secondo dopo arrivò la chiamata e rispose. Per qualche momento vide solo la sua faccia, poi vide anche quella di Gaga che alzava lo schermo del portatile. “Okay finalmente ti vedo! Tu mi vedi?”. La voce era un po’ gracchiante, ma la sentiva.
“Sì, e ti sento. Tu mi senti?” disse, sorridendo. Prese il telecomando e abbassò il volume della tv.
“Sì. Perfetto” Gaga sorrise, spostando un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Era stupenda quel giorno. Come sempre. “finalmente. Che palle, Skype non va mai. Dove sei?”.
“A casa. Giorno libero. Anche tu a casa?”
“sì, sono in camera” sollevò il portatile per fargli vedere la stanza “a proposito, volevo chiederti una cosa…”
Taylor la fissò, molto probabilmente con un’espressione strana perché lei chiese “Cosa c’è?” con una faccia ancora più strana.
“Hai su la mia maglietta dei Cubs?” chiese, bevendo un sorso di birra.

 
“Oh… sì” Gaga ridacchiò e s’inginocchiò sul letto per fargli vedere meglio la maglietta “Spero non ti dispiaccia”. Si risedette di nuovo a gambe incrociate, sistemando le calze.
“no no, tienila. Mi aiuti a liberare il guardaroba” sorrise lui. All’improvviso vide un gatto saltare sul bordo del divano, proprio dietro di lui. “ciao Pea!” disse lei.
"oh, scendi" Taylor afferrò delicatamente il gatto e lo appoggiò a terra.
"ma è possibile che ancora non mi riconosca?" ridacchiò Gaga. La ciocca di capelli che aveva messo dietro l’orecchio le ricadde di nuovo sul viso. Sbuffò e scese dal letto per cercare un elastico.
"ma figurati, usa il mio portatile come se fosse un cuscino. È ricoperto di peli" sentì.
Aprì il cassetto del comò e cercò tra le spazzole. "se salisse sul mio, andrei fuori di testa, ti giuro" disse, alzando la voce per farsi sentire. Trovò un elastico nero sformato, era troppo grande, ma non ce n’erano altri. Raccolse i capelli sulla nuca in uno chignon e li legò, poi tornò sul letto. “ questa maglietta è enorme” Gaga tirò la maglietta per il bordo inferiore; le arrivava a metà coscia, e le maniche ai gomiti.
“Sei tu che sei minuscola” rise lui.
“Piantala!” tirò il portatile più vicino a sé.
“Ma è vero!” esclamò lui, ridendo.
“Ma tu sei un uomo”
“E tu non sai nemmeno chi siano i Cubs”
“Addio” finse una faccia arrabbiata e abbassò lo schermo del portatile fino a chiuderlo.
“Dai! Sto scherzando! Tira su, non vedo niente!” rise lui, quando vide lo schermo diventare nero.

All’improvviso la chiamata terminò senza un motivo apparente. Taylor controllò che tutto fosse a posto. Il Wi-Fi andava, la connessione era ottima. Sbuffò, appoggiò il computer sul tavolino davanti a sé, prese il telefono e la chiamò. “hey, non so cos’è preso al mio computer, sentiamoci qui. Che cosa volevi dirmi?”.
“non ti preoccupare. Comunque volevo chiederti se puoi venire qua domani. Non ce la faccio più”. Taylor disse subito “non posso venire”.
Il suo tono di voce di lei cambiò improvvisamente. “come non puoi venire? Cazzo, sono due mesi che mi dici così, cosa devo fare? Io non posso muovermi”. Ricominciava ad arrabbiarsi per niente.
“guarda che neanch’io posso muovermi. È già tanto che oggi mi ho un giorno libero. Non mi danno mai delle date precise, non posso venire”


“ma ti pa…” provò a dire, ma lui la interruppe.
“no, non posso. Non sono io che decido. Non ho un lavoro come il tuo, tu puoi decidere tutto. Vieni tu. Rimanda l’intervista, il servizio fotografico, tutto, tu almeno puoi”
Gaga sbuffò, chiudendo il computer e appoggiandolo per terra sul tappeto. Ma perché non capiva? “non è così semplice…”.
“ma lo hai fatto mille volte”
“ora è diverso. Se non faccio un’intervista, sai quanta pubblicità perdo? Non posso permettermelo” si alzò dal letto.
“e un’intervista sarebbe più importante di me?”.
Quella frase le fece sobbalzare il cuore il gola. Non voleva rispondere. Provò a sviare la domanda “non posso venire. Non adesso”.
“rispondi”
“oh basta!” mormorò. Rimase a fissare lo schermo illuminato del telefono. Non era la prima volta che avevano avuto una discussione simile, l’ultima era stata troppo tempo prima. Non riusciva a ricordarlo bene, ma il lavoro era sempre stata la causa scatenante. I loro lavori erano troppo diversi, li tenevano lontani, ma la maggior parte delle volte riuscivano a cavarsela. Lei andava da lui o viceversa, a seconda di chi aveva più tempo, appena avevano un attimo libero. Ma in quel momento era tutto diverso. Un’ora persa avrebbe portato a una perdita maggiore. Avevano tenuto il lavoro lontano dall’amore per due mesi senza grossi problemi, ma Taylor in quel momento aveva fatto una domanda che lei si era posta troppe volte senza trovare una risposta. “e un’intervista sarebbe più importante di me?”
“allora?”
Non poteva rispondere. “senti, ti richiamo io dopo, ciao”. E pose fine alla chiamata. Odiava dover interrompere le telefonate in quel modo, ma non voleva rischiare che la discussione sfociasse in una litigata. Avevano passato un mese senza parlarsi, l’anno prima, per lo stesso motivo, e non voleva ripetere l’esperienza. Spense il telefono e lo gettò sul letto.

“senti, ti richiamo io dopo. ciao”. Chiamata terminata. “eccola che ricomincia” mormorò. Doveva solo lasciarla sbollire un po’, come sempre, però la sua domanda era stata legittima. Non si erano visti per due mesi, entrambi avevano bisogno di vedersi di persona e non su uno schermo. Avevano bisogno di sentirsi fisicamente. Erano a un punto in cui avrebbero fatto qualsiasi cosa per toccarsi un secondo, ma il lavoro – la causa della loro lontananza – sembrava più forte di questo bisogno. Lei poteva viaggiare con più facilità, le bastava prendere il suo jet e in un’ora e mezza sarebbe stata lì con lui, anche solo per poche ore. Non era possibile che non avesse un minuto di tempo. Quindi aveva messo un’intervista, o qualunque cosa fosse, davanti a lui. Una, due, tre volte poteva sopportarle, ma dopo un po’ incominciava a dargli sui nervi. Perché non aveva risposto, tipo “no, amore, certo che no. Ma non posso proprio venire. Ti prometto che farò il possibile per venire da te appena ho un minuto libero” sarebbe bastato per farlo sorridere e rispondere “grazie tesoro, ti aspetto, allora”. Forse aveva capito che questo mettere il lavoro prima di tutto le stava sfuggendo di mano. Doveva lasciarle tempo, si sarebbe risolto tutto come al solito, e lei sarebbe addirittura andata a Chicago a fargli una sorpresa. Sarebbe tornato tutto alla normalità. Doveva solo aspettare. Rialzò il volume della tv e finì di bere la birra.
 
27 MESI PRIMA
 
“anche tu hai questo problema, allora” disse Taylor, aprendo una birra e passandogliela. “già. Ma credo che… sai… quando decidi di intraprendere una carriera come la mia o la tua… sai che c’è questo prezzo da pagare. Grazie” Gaga prese la bottiglia e spostò la sedia un po’ più in là. Bevve un sorso, guardando il cielo buio senza stelle sopra di loro. Erano soli nel bel mezzo del nulla, solo loro, il cielo, il trailer, due sedie, un frigo portatile e i campi. “e quindi cosa fai?” lui si sedette vicino a lei e la guardò, in attesa di una risposta.  Lei sbuffò, lo guardò brevemente e alzò le spalle “tu?”. “beh, io… non è facile trovare qualcuno che sia disposto a seguirti di qua e di là, o ad aspettarti per settimane o anche mesi. Io, personalmente, sono disposto a farlo, ma è impossibile trovare un’altra persona con la stessa… capacità. E’ più semplice evitare il problema che cercare di affrontarlo. E così rimango sempre da solo” ridacchiò lui. “già”.
   
 
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