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Autore: Vals Fanwriter    30/10/2013    6 recensioni
[Atlantis]
E invece, il ragazzo abbassò lo sguardo su di lui ed incontrò gli occhi azzurro cielo di Pitagora. E Pitagora avvertì qualcosa di strano all’altezza dello stomaco; non seppe spiegarsi cosa fosse, ma era una sensazione nuova ed imprevedibile. Il ragazzo dai riccioli scuri, in piedi sull’ultimo gradino della scala, lo stava osservando senza fiatare, senza la minima traccia di derisione nello sguardo, quasi incantato nell’averlo davanti; o forse era un’impressione di Pitagora, fatto stava che l’espressione che aveva in viso era dolcissima e persa.
Jagoras (Jason/Pythagoras) | Introspettivo, Sentimentale, Fluff | modern!AU, One Shot
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Serie TV: Atlantis (BBC).
Titolo: Falling for you.
Pairing: Jagoras (Jason/Pythagoras).
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Fluff.
Avvertimenti: modern!AU, One Shot.
Rating: Verde.
Conteggio parole: 2082 (secondo Word).
Per le note ci si vede giù.


 
Falling for you.
 


 
 
A Pitagora non piaceva granché uscire con la pioggia. A dire la verità non gli piaceva nemmeno lasciare il silenzio di camera sua quando era bel tempo. Preferiva di gran lunga passare le sue giornate ad arricchire le sue conoscenze, o con un bel libro che riempisse la sua vita di avventure senza imporgli fatica alcuna. La sua camera era un luogo sacro, era un posto in cui gli abitanti di casa sapevano di non dover mettere piede se la porta era chiusa, perché significava soltanto una cosa: non c’era spazio per nulla, lì dentro, che non fosse Pitagora e la sua concentrazione. Ma quel giorno non poté fare a meno di uscire e lasciare il suo angolino di pace, non senza emettere sospiri e sbuffi angosciati, perché, tra l’altro, lo sapeva che questo significava dover scendere le tre rampe di scale che lo separavano dalla strada ed incontrare, a metà del suo percorso, quel condomino panciuto che di senso dell’umorismo ne aveva ben poco. Pitagora sospettava che lo facesse apposta ad uscire di casa e ad aspettarlo sul pianerottolo, non appena udiva i suoi passi sulle scale, e con il solo scopo di fare qualche stupida battuta sul suo nome.

‹‹Trovato qualche nuovo teorema sui triangoli, ragazzo?›› disse, per esempio, quella mattina in cui il temporale fuori aveva già fatto la sua parte per guastare l’umore di Pitagora – mai come quel giorno avrebbe preferito chiudersi dentro la sua stanza e passare la giornata sui libri.

La sua risata tonante e derisoria coprì il ‹‹Buongiorno anche a lei, Ercole›› che aveva borbottato il ragazzo, mentre sfrecciava via il più in fretta possibile, per nulla intenzionato a perdere altro tempo e a farsi prendere in giro – primo, perché il temporale poteva peggiorare da un momento all’altro e, secondo, perché gli serviva davvero quel libro che avrebbe potuto recuperare solo e soltanto alla sezione scientifica della biblioteca di quartiere. Era uscito per questo, del resto.

Perciò scese in fretta le scale, ignorando il consueto fastidio che giungeva quando le persone mettevano parola sul suo nome – che tra l’altro, a lui non dispiaceva mica? – si tirò il cappuccio del giubbotto sui riccioli biondi e si aggiustò gli occhiali enormi sul naso; dopodiché uscì ed inforcò la sua bici per raggiungere il piccolo complesso. Distava poco da casa sua, quindi non si preoccupò granché della pioggia. Nonostante ciò, raggiunse l’edificio con i vestiti mezzi fradici e gli occhiali coperti di gocce di pioggia. Si disse che avrebbe fatto presto. Avrebbe preso in fretta il libro che gli serviva e, una volta tornato a casa, si sarebbe asciugato per bene – se fosse riuscito a fare la strada al contrario senza annegare.

Dopo aver assicurato la bici con il suo lucchetto, sotto il portico, si addentrò nell’edificio, camminando a passo pesante e avvertendo i vestiti appiccicarglisi addosso e il freddo provocargli una serie di brividi lungo tutto il corpo. Non era stata un’idea geniale evitare lo sforzo di chiedere uno strappo con la macchina a suo fratello, ne prendeva atto, ma il fatto era che lui e Arcas erano letteralmente i due opposti, quindi lui non avrebbe compreso la sua necessità e a Pitagora non era neanche passato per la testa di spiegargli, per l’ennesima volta, quanto il suo studio fosse fondamentale per lui. Per questo motivo, se l’era cavata da solo anche quella volta e il risultato era che quelle poche persone che riempivano l’atrio della biblioteca lo stavano scambiando per un pulcino bagnato, o qualcosa del genere.

Complimenti, Py, ora sì che sei ridicolo.

Sbuffò e non riuscì ad evitare di circondarsi la pancia con entrambe le braccia, quasi sperando che quel piccolo gesto lo aiutasse a passare inosservato, mentre imboccava la rampa di scale per raggiungere la sezione che stava cercando. Evitò in tutti i modi gli sguardi che si posavano su di lui, nonostante si vergognasse da morire del suo aspetto disastrato da naufrago, e arrivò al piano superiore con il fiatone, a causa della fretta che aveva impiegato nel salire i gradini. Scorse i vari espositori, organizzati in ordine alfabetico, fino a che non trovò quello che cercava. Il libro in questione era impilato insieme ad altri tomi dello stesso autore su uno scaffale in alto e, nonostante Pitagora fosse piuttosto longilineo di stazza, non sarebbe mai riuscito a raggiungere quel ripiano senza una scala apposita. Quindi si guardò intorno, alla ricerca di ciò che gli avrebbe permesso di portare a termine quella missione che all’apparenza pareva impossibile, e fortuna volle che, poco distante da lui, ci fosse proprio la scala che stava disperatamente cercando.

Era occupata soltanto da un ragazzo che, in cima ad essa, stava sistemando alcuni volumi nuovi di zecca che gli riempivano il braccio sinistro. Doveva lavorare lì, o qualcosa del genere – pensò Pitagora – perciò non gli sarebbe dispiaciuto aiutarlo a recuperare il suo libro, se glielo avesse chiesto cortesemente. Anche se il pessimo andamento in cui si era prodotta quella mattinata gli faceva temere che non ci fosse nulla di buono in serbo per lui.

Tuttavia, non vi era altra scelta oltre quella, per questo motivo si avvicinò cautamente a lui, stando attento a non disturbare il ragazzo in questione fino a che non avesse rimesso tutti i libri al proprio posto – era in equilibrio precario su quella scala, Pitagora non voleva averlo sulla coscienza. Attese che anche l’ultimo libro abbandonasse le braccia del ragazzo, dopodiché fece un altro passo per accostarsi ulteriormente alla scala.

‹‹Scusami.›› Non si stava neanche preoccupando dello stato indecente in cui versavano i suoi vestiti, di sicuro il tipo lo avrebbe guardato con tanto d’occhi e avrebbe riso di lui.

E invece, il ragazzo abbassò lo sguardo su di lui ed incontrò gli occhi azzurro cielo di Pitagora. E Pitagora avvertì qualcosa di strano all’altezza dello stomaco; non seppe spiegarsi cosa fosse, ma era una sensazione nuova ed imprevedibile. Il ragazzo dai riccioli scuri, in piedi sull’ultimo gradino della scala, lo stava osservando senza fiatare, senza la minima traccia di derisione nello sguardo, quasi incantato nell’averlo davanti; o forse era un’impressione di Pitagora, fatto stava che l’espressione che aveva in viso era dolcissima e persa.

‹‹Uhm, posso chiederti una cortesia?›› Si decise a domandare, a un tratto. Non poteva starsene lì a guardarlo e fare la figura dello stupido. Prima avrebbe recuperato il libro e poi avrebbe potuto decidere liberamente se rendersi ridicolo ulteriormente oppure no. ‹‹Mi servirebbe un libro, ma senza la scala non posso prenderlo›› aggiunse, dopo aver lasciato che il ragazzo annuisse.

‹‹Certo, adesso scendo e-›› lo guardò gentilmente, mentre gli forniva quella risposta smozzicata e un po’ timida, dopodiché iniziò a scendere un gradino dopo l’altro, all’indietro, senza avere la possibilità di badare a dove stesse mettendo i piedi – un po’ perché la posizione glielo impediva, un po’ perché era rapito dallo sguardo attento che gli stava rivolgendo Pitagora. Quest’ultimo seguì i suoi movimenti con lo sguardo, man mano che si avvicinava al pavimento, e fu addirittura in grado di prevedere il momento in cui un piede dell’altro avrebbe mancato il gradino – in maniera piuttosto stupida tra l’altro.

‹‹Stai attento al-›› Ma a nulla valse quella mezza raccomandazione. Il piede del ragazzo in bilico sulla scala andò a vuoto e Pitagora si ritrovò a scattare in avanti senza averlo previsto. E senza riuscire a fermare completamente la sua caduta. Mingherlino com’era, cosa si aspettava di ottenere?

Quando riaprì gli occhi – li aveva chiusi in un riflesso incondizionato – sapeva già di essere finito contro l’espositore, la schiena premuta contro gli scaffali sporgenti e le mani appoggiate al tessuto caldo di quella che doveva essere la polo del ragazzo moro; se lo ritrovò davanti e notò che anche lui aveva chiuso gli occhi. Sospirò di sollievo pensando che sarebbe potuta andare molto peggio.

‹‹Gradino›› mormorò e, a quel punto, Jason – così recitava l’etichetta che aveva appesa alla maglietta – lo guardò nuovamente, prima con stupore, poi con costernazione. Pitagora sarebbe potuto morire in quell’esatto istante, perché non gli era mai capitato di ritrovarsi a boccheggiare incantato di fronte ad un’espressione del genere. Jason non era soltanto bello, era anche...

‹‹Non ti sei fatto male, vero?›› Gentile e apprensivo.

‹‹No, no, assolutamente›› rispose Pitagora frettolosamente, scuotendo la testa per sottolineare quel concetto e togliere ogni dubbio a Jason. ‹‹Tu, invece?››

Jason aveva le mani posate sulle sue spalle, Pitagora se ne stava accorgendo solo adesso che lo spavento era completamente andato via. Costituivano un tocco caldo attraverso i vestiti ancora umidi e lo facevano sentire stranamente protetto, o forse la causa di quella sensazione era il sorriso che si stava aprendo sul viso di Jason, un sorriso complice che non toglieva nulla alla cortesia con cui gli si stava rivolgendo.

‹‹Sano come un pesce›› lo rassicurò con quella smorfia solare in volto e Pitagora si ritrovò a sospirare nuovamente a causa di quell’espressione che, stranamente, induceva il suo battito cardiaco a farsi più frenetico. Era la prima volta che incontrava Jason in quella biblioteca – e pensare che era solito venirci spesso lì, anche solo per avere un po’ di tranquillità, quando casa sua risultava troppo affollata – eppure era come se lo conoscesse da sempre; riusciva a leggere il suo viso con facilità e si sentiva irrimediabilmente incatenato al suo sguardo.

‹‹A quanto pare, fuori il tempo non è dei migliori.›› Non fu questa frase a risvegliare Pitagora dai suoi pensieri. Prima di quella, fu il tocco di Jason che si allontanava dalle sue spalle e i suoi passi che retrocedevano per lasciargli la possibilità di scostarsi dagli scaffali dell’espositore. Fu come ritrovarsi all’aperto, a contatto col vento gelido – il corpo di Jason era stato come uno scudo protettivo e caldo per lui, fino a quel momento.

Si rese conto che le parole che gli aveva rivolto erano riferite ai suoi vestiti umidi e si ritrovò ad arrossire per la vergogna e a mostrargli un sorrisino storto.

‹‹A quanto pare, sì›› mormorò, mentre Jason ritornava nei pressi della scala col l’intenzione di spostarla e di aiutarlo come gli aveva promesso poco prima. ‹‹Sono venuto in bici, sai… Per fare più in fretta.››

Jason non commentò quell’ultimo particolare, ma scosse la testa, come a dargli dello sconsiderato mentalmente; ma non c’era abbastanza confidenza tra loro per farlo a parole, perciò Pitagora riuscì comunque a sentirsi lusingato per quella premura.

‹‹Dov’era il libro che dicevi?››

Il ragazzo dai riccioli biondi sollevò una mano per aggiustarsi gli occhiali sul naso, che erano scivolati un po’ giù, e superò Jason per mostrargli lo scaffale sul quale giaceva il suo libro.

‹‹Quello con il dorso rosso, lo vedi?›› Lo indicò con un indice e Jason alzò lo sguardo per individuarlo, non prima di essersi fermato a lungo ad osservare i movimenti dell’altro, con particolare interesse.

‹‹Sì, okay, ci sono.››

Spostò la scala in corrispondenza di quel particolare espositore e salì in cima facendo la massima attenzione, intenzionato probabilmente a non fare di nuovo una figuraccia davanti a Pitagora. Quest’ultimo riusciva a notare come Jason stesse tenendo lo sguardo fisso sui gradini che percorreva man mano, mordendosi il labbro inferiore concentrato, e non poté evitare di aprirsi in un sorriso intenerito di fronte a quella scena.

Pochi minuti dopo, il libro era tra le sue mani e Pitagora quasi rimpiangeva il fatto che ci fosse voluto così poco per recuperarlo. Adesso sarebbe dovuto tornare a casa, mentre Jason sarebbe dovuto tornare al suo lavoro, a rischiare di cadere dalla scala chissà quante altre volte. Non aveva la minima voglia di andare via, ma non era molto bravo con le parole, così lo ringraziò cortesemente per il suo aiuto e fece un paio di passi all’indietro, per non lasciare andare ancora la figura del ragazzo, dopodiché fu costretto a voltarsi e ad agitare una mano in segno di saluto, mentre con l’altra stringeva nervosamente il libro al petto.

Prima che potesse sparire oltre l’espositore, però, Jason lo chiamò.

‹‹Mi chiamo Jason comunque›› disse mentre Pitagora si arrestava a metà strada. ‹‹Mi trovi qui quando hai bisogno di… sì, di altri libri.››

Pitagora sorrise appena, il cuore che ritornava a palpitare. Si voltò verso di lui, quel poco che bastava per incontrare il suo viso, e annuì risoluto.

‹‹Me lo ricorderò.›› Esitò solo un attimo, ripensando all’effetto che faceva alle altre persone il conoscere il suo nome; ma Jason pareva diverso dagli altri, gli suscitava fiducia, perciò non ci mise molto prima di aggiungere: ‹‹Pitagora. Il mio nome è Pitagora.››

‹‹È stato un piacere aiutarti, Pitagora.››

Già, era decisamente diverso dagli altri.
 
 
 
 

 
E sono di nuovo qui a scrivere su questi due amori che mi hanno rubato il cuore. Stavolta mi sono cimentata in una AU, senza un motivo in particolare. Semplicemente avevo questo pallino in testa e chi mi conosce lo sa che i pallini in genere non mi lasciano in pace fino a che non li scrivo.

È la terza storia su “Atlantis” pubblicata su efp, questa, e io mi sto gasando perché un po’ alla volta ce la stiamo facendo a creare questa sezione sul sito, per dare la possibilità anche ad altri di scrivere. E a tal proposito, ringrazio colfersdietcoke che mi (ci) ha regalato una shottina adorabile che mi ha riempito di feels. La potete trovare qui: shottina adorabile.

Intanto spero che quest’altra cosina vi sia piaciuta.

See you soon! :*
 

Vals
   
 
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