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Autore: Ceci Princessofbooks    30/10/2013    3 recensioni
Watson, al termine di un caso pericoloso, riflette sul coraggio di credere in un'illusione. Forse, anche oggi, possono nascere dei profeti.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Trilogia dei profeti'
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Noi, i profeti

 

Lo sai, qual'è la condanna di un medico: hai sempre saputo che cosa ti ha fatto piantare un proiettile nella gamba nella polvere sbiadita dell'Afganisthan, e che cosa, alla fine, ti strapperà l'ultima preghiera.

Sperare, sperare sempre.

È la speranza la vostra più grande forza e la vostra scommessa più pericolosa: la luce che vi accende la mente e vi ustiona il cuore. Perché la speranza è una stella racchiusa nel petto, e se nel mondo muore, brucia tra le costole.

Come ogni volta che ho chiuso gli occhi ad un uomo. Come ogni volta che il sangue è stato troppo veloce, e si è portato via la voce prima che potessi afferrarlo.

Eppure, sei sempre sopravvissuto: hai lasciato che la stella incenerisse tutto, ti sei spezzato, e poi hai ricucito tutto insieme, con le tue abili mani da chirurgo. E al prossimo paziente, hai di nuovo lasciato che la speranza ti formicolasse nelle vene e trasformasse la tua mente in nodi sensibili di ipotesi, valutazioni, possibilità. Fino a quando avesse fatto male. Fino a consumarti come uno scampolo di stoffa, e a costringerti al miracolo atroce del rinascere.

Ma è questo ciò per cui sono nato. È questo l'unico dio per cui voglio sacrificarmi.

Ed è per questo che adesso stai correndo lungo quel maledetto corridoio, le voci e i grugniti dei vostri inseguitori che riecheggiano come colpi di martello e Sherlock aggrappato alla tua spalla, mezzo volto ricamato di sangue e scaglie di vetro. Hai la mano premuta sul suo fianco, sull'asola rossa che gli squarcia la pelle fino alla coscia. Ferita profonda da arma da taglio, vasi sanguigni recisi, possibile compromissione dell'arteria. In fondo, Sherlock ha ragione: la deduzione è una chiarezza che sa di ghiaccio e toglie il respiro.

-John- boccheggia, il distacco della voce che si sfilaccia ai bordi -John, non posso più andare avanti. Devi lasciarmi qui. Sto perdendo troppo sangue. Non riuscirò mai ad arrivare all'auto, e ovviamente neppure all'ospedale.-

-No.-

Sperare, sempre sperare.

-John, la soluzione logica è...-

-Ho detto di no.-

No, perché vorrebbe dire tradire l'unica illusione che la guerra mi ha lasciato. No, perché prima di lasciar cadere nel buio un pezzo del mio mondo, mi aggrapperò ad ogni roccia e ingoierò tutta la polvere.

-É del tutto irrazionale, lo sai? Se muori anche tu, nessuno potrà comunicare a Lestrade l'esito delle indagini sul traffico di armi e...- un'esitazione -...e non potrà essere fatta giustizia.-

Giustizia? Andiamo, amico mio. Non è a questo che stai pensando. Anche Sherlock ha un dio, un dio fatto d'acciaio e vetro come la sua mente che fruga i cuori degli altri e morde il suo. Un dio che forse è solo un'illusione, ma che trattiene insieme i cocci quando non c'è altro.

E se Sherlock è disposto a morire e ballare sull'abisso in nome della logica, tu sei pronto a farlo difendendo la speranza.

Siamo due profeti cinici, o due bambini che stringono al petto il loro giocattolo.

Due uomini che non sanno davvero vivere tra gli adulti, e che solo insieme possono imparare.

-Io sono un dottore- rispondi, sorreggendolo quando incespica – a me interessa che tu possa uscire di qui e parlare di persona con Lestrade.-

-A qualunque costo?-

Sei incerto solo per un attimo. È vero, la ferità è grave e sanguina troppo, ma tu lo vedi: Sherlock sulla sua poltrona, le dita magre intrecciate, il volto appena più pallido del solito che ti guarda mentre cambi le bende sui punti di sutura, lamentandosi del tempo che state perdendo.

Sperare, sempre sperare.

-Sì, a qualunque costo.-

Lo stringi un poco di più, e, come tutti i profeti, corri cieco verso la tua illusione.

   
 
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