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Autore: Umiko_chan    30/10/2013    3 recensioni
Si tappa le orecchie con le mani, accennando ad una canzoncina con voce prima flebile e poi sempre in crescendo, perché copra ogni altro rumore. Ma, soprattutto, spera che Len senta. E capisca che c’è qualcosa che non va.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Her smile is mine. 

Mine and no one else’s.

 

 

Nonostante si sia chiusa nella sua stanza e si sia rannicchiata sotto le tenui lenzuola giallo limone, non può fare a meno di sentirli, suo malgrado.
Odia quando papà e mamma litigano. Non è mai riuscita a sopportare tutte quelle urla, e le lacrime di sua madre, e tutti i termini poco raffinati che escono dalla bocca di suo padre. E non sono certo rare le occasioni in cui deve correre fuori dalla cucina ‒ il loro campo di battaglia preferito ‒ per rintanarsi nel suo nido, nella sua cameretta, lasciando che la porta chiusa attutisca il rumore delle grida e dei piatti in frantumi contro la parete.
Rin non sa quale sia il motivo di questo loro continuo scontrarsi; sa solo che la fa stare davvero male. E spesso prova a fermarli o a farli ragionare, ma il risultato più soddisfacente che ha ottenuto è stata l’impronta bruciante del palmo di suo padre stampata chiaramente sulla sua guancia. L’unica possibilità è scappare, sperando che le loro urla non siano tanto forti da raggiungerla fino alla sua stanza.
Davvero non riesce a capire come due persone come i suoi genitori, che lei ha visto amarsi e coccolarsi con tutto l’affetto possibile, possano darsi contro in maniera così sfacciata e violenta. Non vorrebbe più vedere la mamma piangere; e non vuole vedere suo padre che la picchia, e le grida che è un’incapace e una buona a nulla. Rin è davvero stanca di tutto questo.
Si siede a gambe incrociate sul materasso, tirandosi il lenzuolo sopra la testa. Anche con la porta chiusa, può sentire perfettamente gli insulti di suo padre e le preghiere di mamma, scandite appena tra un singhiozzo e l’altro. L’ennesimo bicchiere infranto. Una volta, quando Rin aveva appena sette anni, durante una litigata piuttosto accesa avevano rotto la sua tazza preferita; la mattina dopo, quando lei lo aveva scoperto, si era messa a piangere disperatamente e, con rabbia, aveva urlato loro che erano i peggiori genitori del mondo, perché litigavano ogni sera.
«I genitori non lo fanno!», aveva esclamato. «I genitori si vogliono bene!»
Non li aveva sentiti aprir becco per un mese intero, o giù di lì.
Ora è diverso, però. Ora Rin è grande, e non c’è tazza che tenga. Può solo sopportare e sperare che non vadano troppo per le lunghe. Nessuno, però, può fermare le sue lacrime, più che legittime in una situazione come quella. Ogni urlo la ferisce nel profondo, ogni singulto le fa male al cuore.
Si tappa le orecchie con le mani, accennando ad una canzoncina con voce prima flebile e poi sempre in crescendo, perché copra ogni altro rumore. Ma, soprattutto, spera che Len senta. E capisca che c’è qualcosa che non va.
Continua a cantare, intonando la melodia più triste che conosce, con la voce che si rompe in più punti per via dei singhiozzi dovuti al pianto. E va avanti così, finché qualcuno non le scosta le lenzuola dal viso.
«Ehi», la chiama dolcemente il biondo, spostando con delicatezza le ciocche dorate che ormai sono scese a coprirle gli occhi. Rin solleva lo sguardo, inchiodandolo in quello di Len, mentre le lacrime che scendono copiose le appannano la vista. Con lui non deve fingere di star bene, di non soffrire per tutto quello che si ripete nella loro cucina, al piano di sotto, troppo spesso per i gusti di entrambi.
«L... Len...», geme, sollevando una mano tremante, ponendogli una muta richiesta che è certa avrebbe colto.
Lui intreccia dolcemente le dita alle sue, per confortarla. Rin non ha mai sopportato le liti dei loro genitori e, per quanto si sforzi di mostrarsi indifferente, la sua incredibile sensibilità non le permette di andare oltre. Anche Len soffre per tutto questo, eppure non lo da a vedere: deve essere forte anche per Rin, per la sua adorata sorellina.
Con la mano libera le accarezza le guance arrossate dal pianto, cercando di portar via quelle lacrime anche solo con quel gesto; ma sa che non basterà affatto. Le stringe un po’ più forte la mano, senza farle male.
«Len...» ripete ancora, travolta dai singhiozzi. Le spalle esili, incurvate in avanti, sono scosse dal ritmo irregolare della disperazione.
«Sono qui, Rin», mormora lui, attirandola dolcemente a sé e accarezzandole i capelli, morbidi come seta. «Ci sono io. Va tutto bene.»
Si morde la lingua. No che non va tutto bene, e ne sono consapevoli entrambi. Ma che altro dirle per consolarla?
Attorciglia le ciocche morbide di lei intorno alle sue dita, massaggiandole dolcemente la nuca. Sente il respiro caldo e irregolare della sorella solleticargli la pelle del collo, mentre cerca di riprendere fiato. I singhiozzi si fanno più rari e deboli: forse è riuscita a calmarsi, forse è solo stanca di piangere.
Pian piano, le spalle di Rin si rilassano; Len può sentire i muscoli della sua schiena distendersi sotto le suo mani. La accarezza dolcemente, sfiorando la stoffa leggera della maglietta di cotone.
Nonostante le urla si siano placate e la giovane sembri apparentemente più calma, Len sa che non è finita. Che sua sorella sta lottando contro se stessa per non scoppiare a piangere di nuovo.
La allontana delicatamente da sé, sostenendole il volto con le mani; cattura le grandi iridi azzurre nelle sue, intrappolandole in una morsa inviolabile. Osserva le lacrime che ancora le ornano gli occhi, come piccoli diamanti lucenti: è così bella...
Avvicina i loro visi e preme le proprie labbra sulle sue, in un bacio dolce e casto. Non è la prima volta che la consola così, con il calore del proprio respiro e il sapore della sua bocca. Quando era piccola e gli incubi la travolgevano, Len era sempre pronto ad accoglierla nel suo letto, stringerla forte a sé perché trovasse conforto nei suoi baci.
E quelli che prima erano solo i gesti amorevoli e innocenti di un fratello, negli ultimi tempi si sono trasformati, risultando ora più passionali e consapevoli.
Rin lascia che le sue dita si intreccino ai ciuffi dorati di Len, mentre assapora il gusto familiare delle sue labbra, che hanno il sapore dolceamaro dei mandarini.
Sua madre ha ripreso a piangere, al piano di sotto; suo padre sta dando il meglio di sé, sfoderando i termini più scurrili del suo nutrito vocabolario.
Prova a trattenere le lacrime, facendosi forza come può, ma non può nascondere a Len quei singhiozzi strozzati. Poggia ancora una volta le sue labbra su quelle della sorella, dolcemente, carezzandole le gote umide e arrossate in punta di dita.
«No. No...», le mormora, stringendola forte al suo petto e cullandola delicatamente. Inizia a cantare, sempre più forte, per coprire il rumore delle stoviglie che si infrangono inesorabilmente contro la parete. Di litigi animati ne avevano visti tanti, ma mai avevano sentito i loro genitori scontrarsi tanto violentemente.
Perciò, ricorre alla canzone più divertente che riesca a ricordare. È un vero e proprio scioglilingua, la buffa storia di un cagnolino che si mette ad inseguire la sua ombra, ma che proprio non riesce ad acchiapparla. Accarezza i capelli della sorella senza smettere di cantare. Le sue spalle sono ancora scosse, e Len si allontana appena, quanto basta per regalarle un piccolo bacio, approfittando della pausa tra una strofa e l’altra. La sorprende a ridere, a ridere di gusto, asciugandosi con il dorso della mano quelle lacrime ormai dimenticate.
«Era questo che volevo». Ora anche lui sorride, sollevato.
Anche al piano di sotto, le acque sembrano essersi calmate – o forse sono solo stanchi di litigare. Rin spera con tutta se stessa che sia così.
«Len...?»
«Mh?»
Lo guarda, speranzosa che la sua richiesta venga accolta: «Non hai finito la canzone.»
«Oh, andiamo!»
La bionda lo squadra, fulminandolo con un finto disappunto. «Mai stata più seria», dichiara.
«Agli ordini, mia principessa». Sorride dolcemente, concedendosi un ultimo bacio prima di ricominciare a cantare. La stanza si riempie delle note allegre della canzone; Rin impara presto il motivetto piuttosto elementare e la sua voce si unisce a quella del fratello. È bellissima quando canta: i capelli corti e ribelli che le sfiorano le spalle esili, gli occhi che si illuminano, pieni di vita, e il suo sorriso, quel sorriso che Len ama più di ogni altra cosa. Quel sorriso che è suo, e di nessun altro al mondo.

 


 

L’angolino (ma proprio -ino, eh!) di Umiko.
Quasi non posso crederci, di avercela fatta. Avevo iniziato a scrivere questa Fic più di un mese fa, e... eccola, più in ritardo che mai. Credo sia la cosa più spinta che io abbia mai scritto, il che è tutto dire. Io spero solo che vi sia piaciuta, e vi annuncio che ho in cantiere una Long (sempre riguardo i nostri adorabili gemelli), ispirata al fumetto che sto scrivendo - ebbene sì, mi diletto anche in quello. Non ho idea di quando potrò pubblicarla, ma ho in mente un altro paio di Shot, giusto per ingannare l’attesa.
Detto questo, evito di annoiarvi ulteriormente ed evaporo. Alla prossima!

Chu. |

   
 
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