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Autore: Tods    30/10/2013    1 recensioni
"Guardarla dormire è ancora un’esperienza unica, ed ha un certo fascino.
Da sveglia sembra sempre nervosa, si tormenta i capelli, le mani, cerca di tenersi sempre occupata. Quando dorme sembra così tranquilla, la pace fatta persona. Piccola, indifesa. Sembra un angelo."
Un anno dopo UDS, Tarry (Tod+Harry)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Under Dublin's Sky- Running after you is like chasing the clouds

*Nota Importante: ho immaginato questa one shot mentre ascoltavo "Story of my life" per la prima volta, e mi è uscita così di getto, perciò vi consiglio vivamente di leggerla con quella canzone di sottofondo, perchè secondo me crea un'atmosfera perfetta. Har ha anche pianto, aw. Riavvolgete per tutte le volte che vi serve. Buona lettura!

-Non era poi tanto male, vero?-dico, svoltando a sinistra. Non ricevo risposta, e lascio scorrere il paesaggio accanto ancora per un po’. L’unico rumore che mi giunge alle orecchie è quello dei nostri respiri.
È una storia vecchia. Spesso è così presa dai suoi sogni ad occhi aperti e dai suoi pensieri segreti che non si accorge di niente. Si estranea dal mondo. Potrebbe cadere un meteorite dal cielo e non batterebbe ciglio. È fatta così.
Stiamo insieme da un po’, ma a quanto pare non sono ancora degno di entrare nel suo universo a parte. A volte mi sembra che viva in una dimensione parallela. La sento così distante che la tocco e quasi non la sento. Mi fissa e non mi vede. Sorride e a stento le si alzano le guance.
Il cielo è nero, non c’è nemmeno una stella. Le strade continuano a scorrere sotto i miei occhi stanchi. Mi si chiudono dal sonno. Sono sveglio da venti ore, e mi sembrano vent’anni.
Guardo l’ora sul cruscotto. È l’una passata, e siamo ancora in autostrada.
-A me è piaciuto.-dico, un po’ più forte, senza voltarmi a guardarla. Ancora una volta, solo silenzio.
Stringo forte il volante, fino a farmi sbiancare le nocche. È piuttosto irritante. Mi sembra di parlare ad un muro, di lanciare sassolini ad una finestra sbarrata.
Sono tante le cose di lei che ancora non riesco a spiegare. Non la capisco ancora a fondo. Mi sembra di non conoscerla davvero, come se mi facesse vedere solo una piccola facciata, un labile riflesso di quella che in realtà è.
Ho sempre l’impressione di non essere degno di sapere la verità. Di non essere abbastanza.
-Elena…-giro un po’ la testa, e la guardo.
Ha la testa inclinata, la tempia sinistra appoggiata al finestrino, e le ginocchia portate contro il petto. Ha le calze sottili smagliate, e si è sfilata le scarpe. È così silenziosa che non me ne sono nemmeno accorto. Dorme.
Sospiro piano, e accosto. Dal cielo nero comincia a scendere una pioggerellina leggera che presto si condensa in piccoli fiocchi bianchi. Comincia a nevicare.
Scendo dall’auto, chiudendo subito lo sportello. Si gela. Sento il freddo entrarmi nelle ossa.
Mi stringo nel cappotto ed apro il cofano della macchina. In mezzo ad un mucchio di cianfrusaglie di dubbia utilità, prendo una coperta di tartan rossa e torno subito indietro.
D’inverno questo ammasso lanoso per noi è come la coperta di Linus. Non usciamo di casa senza. Il fatto che Elena si addormenti in auto è più una regola, che l’eccezione.
Guardarla dormire è ancora un’esperienza unica, ed ha un certo fascino.
Da sveglia sembra sempre nervosa, si tormenta i capelli, le mani, cerca di tenersi sempre occupata. Quando dorme sembra così tranquilla, la pace fatta persona. Piccola, indifesa. Sembra un angelo.
Le sistemo la coperta addosso, e la addrizzo sul sedile. La sfioro, e freme leggermente tra le mie braccia. Ho le mani gelate.
Mi rimetto subito alla guida, saltando volontariamente lo svincolo che porta a casa.
Non voglio farla uscire con questo freddo, con la neve. Mi sembra così fragile, il suo cappotto è così leggero. Non vorrei prendesse freddo.
La mia auto scivola silenziosamente sul lungo rettilineo autostradale. Il numero delle altre auto si riduce sempre di più, mano a mano che il tempo passa e che l’intensità della nevicata aumenta.
È un viaggio silenzioso, ma se fosse sveglia non sarebbe poi tanto diverso. Sembra una che parla molto, ma non è così. Dipende dai momenti.
Certe volte mi chiedo se tra noi funzioni davvero. Ho l’impressione che non sia così. Ho l’impressione che lei non possa funzionare proprio con nessuno.
“Sembra diverso da quando stavamo da Niall”
Ieri mattina, mentre facevamo colazione. Lo ha detto così, distrattamente, senza darvi troppa importanza. Lo ha lasciato cadere così, senza aggiungere altro. Io non ho replicato, ma ci penso spesso.
Diverso? Sì o no? Se sì, in che modo?
A Dublino, nonostante i litigi costanti, stavamo bene. Eravamo felici. Ma adesso?
Non litighiamo praticamente mai, e quando lo facciamo di solito mi rinfaccia tutto quello su cui ha chiuso un occhio prima, e mi fa stare da schifo. Poi, improvvisamente, fa come se niente fosse. Si scusa, mi bacia, e riprendiamo da dove avevamo interrotto.
Notti come questa sono la storia della mia vita.
Usciamo, la porto a casa. Guido tutta la notte per tenerla al caldo, mentre il tempo sembra non passare mai.
In momenti come questo, dove la solitudine arriva quasi a soffocarmi, mi dico che amarla è tempo sprecato. Mi irrita, mi fa sentire solo ed inutile. È sfuggente, lunatica, troppo enigmatica. Le sue parole sono taglienti come lame, anche se nemmeno se ne rende conto.
Me le tatuo dentro ogni volta. Queste soprattutto.
Spesso mi dicevo “Cambierà”, ma ora so che non potrà mai farlo. Lei è così. E allora, cosa fare? Lasciarla?
Domande come questa sono la storia della mia vita.
La illudo, e consumo tutto il suo amore, fino a che non è vuota.
È una cosa cattiva, in realtà, ma non riesco a dispiacermene. Prendere il suo amore mi sembra il minimo. Lei da me prende tutto: mi prede il sonno, mi prende il tempo, mi prende la carriera, mi prende l’aria.
Questa vita con lei prima o poi mi ammazza.
Punto una strada qualunque, vado verso la costa. Tra due ore e duecentosedici chilometri vedrò il mare. La neve si infittisce, rallento un po’. L’orologio segna le due e venti, e mi accorgo di non essere più stanco.
Provo a ricordare quando è stata l’ultima volta che Elena mi ha svegliato con un bacio ed un sorriso, quando è stata l’ultima volta che mi ha raccontato uno dei suoi sogni assurdi, o una delle sue speranze.
Capita sempre più spesso che mi svegli con lei accanto che dorme ancora. La osservo e mi chiedo cosa diavolo ci sia nella sua testa.
Spero almeno che mi ami davvero. Sì, credo che mi ami. No, ne sono sicuro.
Elena mi ama, con tutto il suo cuore.
Lo vedo nelle mani intrecciate alle mie quando ha paura, lo vedo nei baci sugli occhi quando sono troppo stanco per tenerli aperti. Lo vedo nella fatica che fa per star dietro alla scuola e al mio lavoro. Lo vedo nei contatti sempre più rari con chiunque che non sia io.
Non torna in Italia da quattro mesi. Non vede la sua famiglia da quattro mesi. Vede Har poche volte al mese, quelle poche volte in cui riusciamo a trovarci tutti assieme. Siamo solo io e lei. Sempre io e lei.
Se ha rinunciato a tutto per me, deve amarmi davvero.
Ma se mi ama davvero, perché la sento così distante?
È lontana anni luce. Una stella che brilla a miliardi di chilometri di distanza.
La guardo e mi restituisce un mugolio vibrato. Istintivamente sorriso, ho imparato a conoscerli. Li fa quando sogna. Una volta le ho chiesto cosa avesse sognato di così bello da farla mugolare così. Ha detto che aveva sognato me.
Allungo la mano sinistra, e le sfioro i capelli scuri. Sta sognando me?
La sto perdendo, mi sta scivolando via.
E poi mi chiedo: l’ho mai avuta davvero? È mai stata davvero mia?
Elena è come i fiocchi di neve. Così bella, fragile e delicata. Così perfetta che vorresti afferrarla e tenertela tutta per te. Ma appena la prendi di si scioglie in mano.
Forse è nata solo nel momento sbagliato. Avrebbe dovuto nascere quando le persone così malinconiche scrivevano libri e poesie, ispirati dalla loro tristezza assoluta. Lei la sua tristezza la sfoga così, con i suoi chilometrici viaggi mentali in solitario, da cui sono sistematicamente escluso.
Il concetto di condivisione non è mai stato il suo forte.
A questo punto non so se faccia più male andarmene o restare.
Inchiodo l’auto di botto, ma non suona alcun clacson. Un Range Rover mi supera placido sulla destra, e scendo in fretta dall’auto. Mi sento soffocare.
Il terreno mi si apre sotto i piedi, sono ad un passo dal caderci dentro. E dal buttarmici. Mi viene quasi da piangere, ma sono solo cazzate.
L’aria mi manca e non so dove andarla a cercare.
Forse ho lasciato che andasse avanti per troppo tempo. Mi sono tuffato sin dall’inizio in un rapporto malsano e senza futuro. Lei mi ha sempre fatto del male. Di notte mi ha guardato per ore, ed ore, ed ore, e all’alba mi ha ucciso di altro amore.
Una voce mi dice “Smettila, smettila finché sei in tempo!”, “Vattene fino a che ancora puoi!” E sono sul punto di farlo.
Come un suicida che si butta giù da un palazzo, in una frazione di secondo, decido di abbandonarla, così, in auto, sulla statale alle tre e mezza del mattino. Come un cane.
Non so perché, ma mi sembra l’unica scelta possibile.
Comincio a correre lungo il guardrail, poi lo supero con un salto e mi perdo nella campagna inglese. Mi sento libero.
Libero di ricominciare, libero di amare qualcuno che non sia lei, libero di affidarmi a qualcuno che non sia incredibilmente divertente un attimo prima e dannatamente triste un attimo dopo. Sento che potrei spiccare il volo.
Ma non dura tanto.
La mia andatura rallenta, nella neve che ormai mi arriva quasi alle caviglie.
Sono ore che nevica ininterrottamente, e sento i vestiti umidi addosso. Forse non smetterà, ed Elena si ritroverà sepolta nella neve per sempre.
Nel buio denso e viscoso la immagino aprire gli occhi, circondata da tutto quel bianco, con la coperta di tartan rossa. La immagino cercarmi nell’abitacolo, con apprensione, ancora assonnata. Immagino le sue guance arrossate ed i suoi occhi spenti e pieni di lacrime. La vedo poggiare il mento sulle ginocchia, nella mia testa. Sospira e non dice niente, non fa niente. Resta immobile così, per giorni, sola e dimenticata.
Mi fermo di botto. Le posso fare davvero una cosa del genere? Avevo giurato che l’avrei protetta, che non l’avrei fatta soffrire, che non l’avrei lasciata sola mai più.
Che le sue lune storte facciano pure parte della mia vita, chi se ne frega?! Fanno parte di lei, ed ora anche di me. E se non sa condividere lei, condividerò io per tutti e due.
E nel suo mondo prima o poi ci entrerò, e se non dovesse succedere, sarebbe poi così grave?
All’improvviso niente ha più importanza. Voglio solo sentire il rumore del suo respiro.
Corro come un pazzo, alla cieca, mi perdo mille volte, e giro in tondo come un idiota.
La neve sotto i piedi brucia come fuoco. Quando raggiungo il guardrail devono essere passate ore.
I fari di un’Audi contro mano mi accecano.
Mi ci vuole una frazione di secondo a capire che l’auto è la mia.
Elena è alla guida, e mi rimanda un grosso sorriso. La coperta giace abbandonata sul sedile di sinistra. Confuso salgo sul lato del passeggero, e prima che possa dire qualsiasi cosa, Elena fa inversione e ci ritroviamo di nuovo dalla parte giusta.
-Se proprio non ce la facevi più, c’è un auto grill a due chilometri. Non dimostri niente a nessuno irrigando i campi in piena notte. Con questo freddo rischi solo che ti si stacchi l’amico laggiù.-pare orgogliosa della sua battuta.-Mi stavo preoccupando. Temevo ti fossi perso.
Non dico niente, e non aggiunge nient’altro. Non riesco ancora a realizzare.
Chiudo gli occhi un attimo, solo un secondo, e quando li riapro l’auto è ferma.
Guardo accanto a me, ed Elena è sparita. Sento un sapore acido in bocca.
Sono io ad essere stato abbandonato come un cane? E lei dove può essere andata a piedi, da sola?
Esco dall’auto. Albeggia.
Elena è seduta sul cofano anteriore con le gambe incrociate, ancora scalza.
Guarda il mare.
*
Spazio autrice (sobsob)
Alloooour, se siete arrivati fino a qui vi ringraaazio sentitamente
perché so che questa storia è depressa e straziante e
mi state odiando per questo (?)
Ad ogni modo, per me è stato difficilissimo scrivere
questa storia, in quanto ho dovuto mettere alla luce
tutti i difetti di Elena, che un po', lo so, sono anche i miei.
Il finale originariamente non era questo, ma ho preferito
cambiarlo perché l'altro non mi convinceva totalmente.
Devo dire che sono davvero contenta del risultato, e rileggendo
mi sono scesi due lacrimoni giganti.
Mi farebbe davvero piacere leggere cosa ne pensate, perchè
questa storia per me, come ho già detto, non è semplicemente una storia.
Tod vi ama tutti, incondizionatamente

ps. se volete sapere di più, della coppia Tarry (in cui Taylor Swift
non c'entra niente, il termine l'ho coniato io due anni fa ahahah)
leggete l'altra os missing moments
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1417189&i=1
 
  
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