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Autore: flamin    02/11/2013    3 recensioni
[Vari generi] [Friendship + accenni su pairing] [Long]
Una ragazza ‘particolare’ si ritrova costretta ad affrontare una vita diversa dopo che viene ritrovata al largo di una delle spiagge della baia del New Jersey.
Però, anche dopo essersi costruita un presente, ecco che riaffiora qualcosa dal suo passato. Qualcosa di confuso che distruggerà nuovamente tutto.

Dal capitolo 1:: L’uomo sbuffò per l’ennesima, snervante, volta e lasciò cadere sulla scrivania ingombra il resto degli appunti scarabocchiati a caso. Il suo volto, era contratto in una smorfia che, se non fosse stato per le circostanze, avrei considerato assolutamente divertente.
«Dunque, tu ricordi perché sei qui, giusto?»

Dal capitolo 2:: Beh, che dire, ricordo che da allora in poi riuscii a legare tantissimo con quella ragazzina, sebbene non ne avessi inizialmente voglia. Ma con lei riuscivo ad essere me stessa, quella persona solare e schietta che era rimasta seppellita quasi completamente, dentro di me. E l’adoravo con tutto il cuore, per me lei era come una sorella minore, qualcuno da proteggere, e nessuno avrebbe dovuto anche solo provare a toccarla, o a ferirla.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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nda. oi, buondì a tutti c:
asfdghjkl-- quanto adoro la naturalezza con la quale riesco a scrivere questa long. non mi vanto certo della qualità dello scritto –dato che ho diversi dubbi su quella :’D- ma noto che le parole sembrano sbucare fuori dalla mia mente in autonomia e adoro quando mi trovo in queste situazioni.
dunque, ringrazio le quattordici persone che l’hanno messa tra le preferite, i ‘mi piace’, le ricordate e il resto; ovviamente anche le recensioni, soprattutto quelle. e non lo dico perché sono avida di recensioni –no, davvero, i don’t care-, piuttosto perché i vostri commenti, complimenti e tutto il resto mi riscaldano il cuore, ahw. scusate se non rispondo spesso, ma alcuni di voi sanno già che prendo in mano il pc solo per scrivere e aggiornare, purtroppo :c
parlando del capitolo, l’ho la scorsa mattinata, durante un’ora buca, a scuola. per quanto riguarda i nomi dei ragazzi che compariranno… c’è sempre un perché e sono tutti nomi che mi piacciono, uhuhuhu-
spero che sia di vostro gradimento c:
un bacione,

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Streets of Philadelphia. ²³

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{ Chapter 3 }
Cold coffee
 
 
She’s like cold coffee in the morning
I’m drunk off last nights whisky and coke
She’ll make me shiver without warning
And make me laugh as if I’m in on the joke
And you can stay with me forever
Or you could stay with me for now
Tell me if I’m wrong
Tell me if I’m right
Tell me if you need a loving hand
To help you fall asleep tonight
Tell me if I know
 




 
 
Mi spostai velocemente una ciocca fuori posto dietro l’orecchio e tossicchiai «Ehm… io… devo andare, sì.»
Feci per muovere qualche altro passo in avanti, quando lei mi afferrò per un braccio; la sentii esclamare un «Aspetta!» impaziente che mi lasciò totalmente di stucco, tanto che la mia apertura oculare, sicuramente, superava il centimetro e mezzo.
Era smaniosa, singhiozzava; in effetti sembrava in preda ad un attacco di isteria acuta.
Pensai immediatamente qualcosa di molto educato come “Ma questa che cazzo di problemi ha?” e, a pensarci, ero nel giusto, in un certo senso: chiunque sarebbe rimasta nel mio stesso modo.
Insomma, per comportarsi in quella maniera, doveva avere per forza una ragione valida, a meno che non fosse completamente matta.
Storsi il naso con disapprovazione «Scusa?»
Mary scosse la testa. «Perdonami, non volevo.»
«È tutto ok, ma adesso levati dai piedi.» tagliai corto con secchezza, divincolandomi dalla sua presa.
«Ehi!» ecco, forse fu proprio la sorpresa e la stizza, a farmi voltare, nuovamente, come un pesce lesso; che quella fosse strana, l’avevo sempre saputo, ma non avevo mai testato il suo essere lunatica, prima di allora, ‘dal vivo’.
«Voglio solo dirti una cosa.» borbottò in leggero imbarazzo, dopo essersi resa conto di aver strepitato alla grande in mezzo alla strada.
«Beh, allora muoviti, o rischio di prendermi un raffreddore di dimensioni colossali.»
Fece una cosa ancora più inaspettata; mi lanciò qualcosa. La afferrai con prontezza ed aprii il pugno, esaminando l’oggetto con curiosità: un mazzo di chiavi.
«Cosa cav-»
La Rose aveva appena finito di raccogliere alcune buste della spesa sparse per la via, ridotta ad una sorta di piccola lastra ghiacciata «Prendilo come un invito a prendere un caffè caldo, allora e…» ne fissò uno in particolare, corrucciata, imprecando a bassa voce «Urgh…»
Incrociai il suo sguardo inorridito e commentai, incrociando le braccia «Spero proprio che non ci siano uova, là dentro.»
Scosse la testa, sorridendo tra sé e borbottando un, quasi malinconico, «No, non ci sono uova.»
«Beh, queste sono tue.» le consegnai ancora il mazzo, ammiccando.
Mary tirò su col naso, facendomi cenno di seguirla.
Avete presente quelle giornate strane in cui tutto sembra finire in un battito di ciglia? Esattamente, fu così.
La mia strana vicina mi fece presente la sua –quasi totale- ossessione per la Nutella e mi convinse a preparare una torta al cacao, mettendo in mezzo diversi ingredienti e promettendomi che no, con lei non avrei bruciato nulla e non avrei dovuto preoccuparmi più di tanto.
«Salve a tutti, signori e signore, benvenuti a--»
La mora iniziò a fare il verso di una di quelle presentatrici assurde, tipiche della tv, ma venne interrotta prontamente da me, più indaffarata e confusa che mai, piena di farina e glassa dalla testa ai piedi che esclamai corrucciata «Victoria Grace passione dai fuoco alla cucina.»
Le nostre risate echeggiarono per tutto l’appartamento, mentre il sole calava inesorabilmente verso la costa, come se volesse inzupparsi nel mare, lasciando diverse striature rosa salmone nel cielo arancio.
«E vivi qui da sola?» mi misi una mano davanti alle labbra, ridacchiando e addentando un’altra fetta di torta che, stranamente, era riuscita davvero bene.
Nello stesso momento in cui la avvicinai alla bocca, l’odore dolce e ‘caldo’ della stessa mi risvegliarono diverse sensazioni impercettibili che mi scatenarono tanti piccoli brividi.
“Che strano, eppure mi ricorda… qualcosa…” pensai, sommessamente.
«Nah-» rispose lei, sistemando meglio la teglia, nel divano. A gambe incrociate, dato il nostro essere maldestro, potevamo affermare di aver fatto fin troppo caos in troppo poco tempo, dando un’occhiata all’appartamento completamente sottosopra  «Vivo con una ragazza di nome Erika, ma è più piccola di noi.»
«Mh-mh…»
«Davvero non ricordi nulla, Victoria?»
Attimi di silenzio scorsero come se fosse sabbia da una clessidra, poi scossi la testa, con fare cauto ed insolitamente paziente «No.» conclusi, alla fine.
No, okay, dico sul serio; non mi piace quando mi fanno domande del genere, magari pensando che io sia un po’ troppo fuori, anzi, lo odio.
Perché la gente dovrebbe volerlo chiedere?, è qualcosa di importante?, di inevitabile? Io non credo proprio.
«Ma…»
«Senti.» la interruppi repentinamente, scavallando le gambe e alzandomi. «Non so perché te ne interessi, né cosa ti passa per la testa, ho già il mio psicologo. Non ho bisogno di parlarne con nessuno. E non voglio
«Io volevo solo dire che...» obbiettò la Rose, ma fu interrotta nuovamente.
«Ti ringrazio per la serata; ma domani ho scuola ed ho un mucchio di faccende da sbrigare, stammi bene.»
Pensai di essere piuttosto brava a svicolare, mentre chiudevo fragorosamente il portone e tornavo a casa; il problema è che non riuscivo a capire il perché del suo interesse, o l’istinto naturale di fuggire via. Il mio carattere impulsivo aveva vinto anche quella volta, lo faceva sempre.
Eppure un tempo, ne sono sicura, ero piuttosto diversa, avevo il sorriso contagioso. Lo psicologo diceva che la mia, un tempo, era stata una situazione abbastanza precaria: una famiglia difficile ed un problema di personalità che riuscivo a gestire fino ad un certo punto; lo stress e la perdita di memoria, si pensa, mi indussero a passare definitivamente al “lato oscuro”, l’appellativo spiegherebbe da sé il perché non mi piace lo psicologo. Quello stronzo.
Comunque la mia mente concepiva che c’era qualcosa di davvero strano, insomma, non erano sensazioni che si provavano normalmente ed il fatto che fossero state provocate da un pezzo di torta, era ancora più inquietante.
Cenai con le mie coinquiline e tornai nella mia stanza, come un vecchio lupo solitario. Ultimamente evitavo i contatti con ‘qualsiasi forma di vita organica’, o almeno così si dice, credo.
Le sentivo bisbigliare, su quanto fossi diventata strana e suscettibile, su come mi girava spesso la testa e sui miei incontri in centro, che non sembravano fare progressi. E adesso mi chiedo: ma che cazzo glie ne dovrebbe fregare, a loro?
Feci per bere dalla tazza di caffè caldo che tenevo stretta tra le mani; prima preferii soffiarci su, tanto per non scottarmi come una sciocca.
«A Luke non piacerebbe sapere che la sua ragazza sta diventando matta!» sentii un urletto compiaciuto ed alzai la testa che poco prima avevo affondato nel cuscino.
«Vaffanculo
Probabilmente tre tazze di bevanda piena di caffeina facevano davvero male ai nervi.
Mi misi a sedere a gambe incrociate e accesi il pc, distrattamente, prendendo a fissare intensamente un punto imprecisato della parete di fronte a me. Cosa che fa molto ‘mistico’.
 
 
Fuori dall’edificio e dai vetri appannati dalla condensa, riuscii ad intravedere la pioggia scrosciante che batteva su una frenetica strada, in autunno inoltrato. Un cartello pubblicitario –tra i tanti che scorgevo- di una sala cinematografica, mi fece identificare il posto come ‘Brooklyn’, anche se sapevo già dove mi trovavo. Una sensazione che sentivo così, a pelle.
Il mio naso rosso, che faceva un baffo a certi tizi delle pubblicità natalizie, contrastava con la familiarità del posto e la bella sensazione di calduccio che percorreva le mie membra.
«Che diamine, non è possibile!» sentii qualcuno imprecare, a distanza di circa cinque tavoli; alzai il viso alla ricerca della fonte –che sembrava squittire- e incrociai lo sguardo spiazzato del bibliotecario anziano mentre un’altra donna –la moglie, probabilmente- imprecò a bassa voce e borbottò «Ragazza, siamo in una biblioteca, buon Dio!»
La tipa che aveva fatto imbestialire la proprietaria si era appena versata sopra quello che credo fosse tè. Sinceramente, avrei imprecato anche io come un’ineducata, se mi fosse successa una cosa del genere, ma al contrario dei miei lineamenti induriti, lei sembrava piuttosto diversa: occhi castani dietro una sottile montatura, espressione allibita e guance che, ne ero sicura, dovevano sembrare prendere il volo ogni qualvolta ella sorrideva –cosa che pensai facesse spesso-; sembrava uscita da una di quelle riviste Natalizie accoglienti.
«Scusate, il fatto è che scotta.» spiegò più a sé stessa che agli altri, che la osservavano sottecchi.
Nel frattempo io, che mi ero avvicinata a lei per cercare un libro interessante, mi lasciai sfuggire una risatina; risatina che non sfuggì all’altra.
«Eeeehi, dico sul serio.»
«Non lo metto in dubbio.» ribattei, strizzando gli occhi e sforzandomi di ottenere un’espressione seria.
«Come stai, Victoria?»
«…»
«Qualcosa non va?»
«C-come… come fai a sapere il mio nome?»
Scoppiò a ridere, mettendo in mostra un enorme sorriso; allargando le braccia in segno di resa disse «Sono Anne Smith, siamo sullo stesso piano, a scuola.»
Nh… Smith? Mai sentito. No, aspetta… Ah, giusto, come ho fatto a non capire di averla già vista, prima d’ora? pensai mentre prendevo posto accanto a lei.
 
 
Una volta studiai qualcosa sulla comunicazione, a scuola. A quanto ne so –e a quanto si può capire- la comunicazione è fondamentale per noi esseri umani e, per farla, abbiamo bisogno sia di saper parlare che di ascoltare bene. L’ascolto non è qualcosa di davvero obbligatorio. Captiamo semplicemente i suoni, ma solo noi possiamo decidere a quali dare veramente ascolto; ecco perché, probabilmente, sentii solo allora una delle mie coinquiline esclamare spazientita «Vì, ha chiamato lo psicologo, mi ha chiesto di ricordarti che domani mattina ti aspetta all’ufficio. Credo che abbia notizie.»
«No… notizie?»
Uno squillo mi fece voltare verso lo schermo del computer –che avevo dimenticato di stringere tra le mani- che aveva iniziato a lampeggiare; un messaggio.
 
 
 
Oggetto: -
Mittente: mrsgreen@hotmail.com
Destinatario: victoriagrace@hotmail.com
Testo: “Non sei sola, mandarino mio ❤” -AJ
 
 
 
Rilessi il messaggio una mezza dozzina di volte, l’unico primo pensiero che mi sfiorò la mente fu… “Ma cosa cazzo…”
 
 
   
 
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