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Autore: Reykon23    02/11/2013    2 recensioni
Qualcosa è successo nel presente di akane...qualcosa che ha fatto si che lei e ranma si dividessero...nulla potrà dire cosa accadrà in futuro, i segreti sono tutti da scoprire e contenuti nei petali....in quei petali che vagano dimenticati...
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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SUSSURRI

Come un sussurro, un battito d’ ali il pensiero tuo che s’ intreccia col mio;
come due mani che si sfiorano nell’ infinito ma che non si toccano mai.
Pensieri come essenze che parlano d’amore,quello etereo, non passionale, ma di un’ amore allo stato puro. E come una lacrima lascia la scia quando sul volto scivola lentamente, così sei tu che mi illumini il cammino, cossichè io non possa inciampare.

Anonimo

 


Ero senza energie.
La vista era completamente annebbiata da un oscurità tale che non riuscivo a percepire il resto del mio corpo.
Ero incatenata.
Sentivo qualcosa di pesante che mi teneva piantonata al pavimento, le mani immobili sul mio fianco bloccate da troppo tempo in quella posizione  tale che ormai non sapevo dire se i miei muscoli funzionavano ancora.
Respiravo a fatica.
La stanchezza si era impossessata della mia mente e del mio corpo e niente, neanche un miracolo poteva salvarmi.
Cosa era successo veramente?! Dove mi trovavo?
Ricordo solo che ero al locale…e si! Qualcuno mi aveva teso una trappola alle spalle!
Ero stata presa…la domanda ovvia però: da chi?!
L’aria era fredda, pesante, tetra…si mischiava con un atmosfera lugubre che in quel momento mi stava inghiottendo letteralmente.
I miei occhi mi permisero di vedere l’unica fonte di luce di quell’ambiente oscuro: una finestrella posta in alto dall’altra parte della stanza.
Era evidente che fosse giorno là fuori, eppure mi sentivo come se fossi stata trasportata in un altro mondo.
Mi guardai intorno e vidi pareti spoglie e rovinate dal tempo, alcune sedie accatastate in un angolo in modo disordinato, pezzi di intonaco sparsi qua e là che si confondevano con strati di polvere accumulata in giro.
Di colpo le mie riflessioni furono interrotte da un rumore sinistro, e mi girai verso la fonte.
Una porta cigolante si stava aprendo dalla parete posta sul mio lato, e ne emerse l’ultima persona che poteva aspettarmi al mondo.
< Ciao Ukyo! Come è stato il risveglio?! >.
Dall’alto del piedistallo della sua libertà, si stava ergendo davanti a me Ryoga.
Ma non era la stessa persona che mi ricordavo praticamente da sempre.
Aveva un aspetto orribile, mal curato, una voce fredda e pungente come la pioggia d’inverno, e i suoi occhi…non c’era modo di descriverli adeguatamente, trafiggevano il mio corpo come mille lame scagliate di sorpresa senza alcun modo per difendersi.
< TU! > lo guardai con tutto il disprezzo che potevo dimostrare in quel momento, ma questo non sembrò altro che farlo divertire, tale che emise una sonora risata che riecheggiò in quella stanza dimenticata dal mondo.
< Dai, calma mia cara, non vorrei che avessi qualche strana reazione, nelle condizioni in cui ti trovi potresti solo peggiorare le cose >.
Esclamato questo, si avvicinò a passo felpato verso di me, mantenendo le distanze e continuando a fissarmi imperterrito.
< Ti starai domandando perché ti abbia portato qui…lo so lo so..sono stato abbastanza brusco nell’invitarti in questo luogo, diciamo a “forza”>.
< A forza?!? L’ironia non serve a un bel niente, idiota che non sei altro! Che vuoi da me dopo tutto questo tempo? Che diavolo di intenzioni hai?!?>.
< Calma, calma! Non mi sembrano i modi che un ospite debba mostrare a casa degli altri! Suvvia tranquillizzati, dovrai stare qui per un po’… non ti farò del male, per ora…>
Iniziò a volteggiare per la stanza, cominciano a scrutare il soffitto, come se cercasse la risposta a un qualche quesito, dopodiché si fermò vicino alla finestra guardando la fuori.

< Che cosa?! Che stai dicendo?! Tu sei pazzo! >
La mia voce alta e squillante stonava decisamente con quella sua bassa e pacata, con una tale tranquillità che non faceva altro che aumentare la rabbia dentro di me.
< Forse neanche ne sei consapevole in realtà di quello che sai, ma hai delle informazioni che se sapute da altri, mi metterebbero i bastoni tra le ruote…>
Lo guardai attonita.
In quell’istante capì due cose: la prima che non era il vero Ryoga quello che avevo davanti; la seconda che, come in ogni occasione, in quella storia ci fosse di mezzo l’ultima persona che speravo…Ranma.
Combattere ormai sembrava inutile, mi chiusi in me stessa e in un mutismo che speravo portasse qualche reazione al mio rapitore così misterioso e crudele.
< Mi dispiace che ci sia andata di mezzo proprio tu, ma credimi è meglio che tu stia qui per il momento>.
Mi lanciò un sorriso disprezzante, e subito dopo si mosse verso la porta, richiudendola con un tonfo tale che fece tremare il soffitto.
Sospirai.
Cosa dovevo fare?! Non avevo via di fuga in quella condizione.
Mi potevo forse rassegnare? Non era nella mia natura.
Ma dovevo per forza realizzare che da oggi in poi quel luogo diroccato era diventato per me la cosa più orribile: la mia prigione.



Non c’erano parole.
Non c’erano pensieri.
Non c’erano emozioni.
Il mondo attorno a noi era scomparso, o semplicemente non era mai esistito.
Sentivo come se vibravo in aria, perché il confine tra la terra e il cielo si era annullato a sua volta.
Calore. Puro calore come non l’avevo sentito mai; ma non proveniva dall’esterno, da qualche fonte che riscaldava la mia pelle, veniva da dentro, da qualche parte sconosciuta del mio petto, e rapidamente si stava espandendo su tutto il mio corpo.
E qui la cosa più insensata: le mie gambe si facevano molli, leggiadre, e mentre tremavano come immerse nella gelide neve, eppure continuavo a sentire questa costante calura…questo tiepido tepore.
Ma ciò che c’era di più bello al mondo lo avevo appena assaggiato: le sue labbra.
Con lui era sempre stato come essere rinchiusi nella stessa stanza, divisi da fitte sbarre, che ci consentivano di vederci e scrutarci sempre senza mai poterci sfiorare.
Nella vita quotidiana e nelle arti marziali il tatto l’avevo sempre considerato il più inutile dei 5 sensi umani: la vista era fondamentale per vedere lo spazio, l’olfatto per percepire gli odori che si diffondono, l’udito per sentire i suoni che ti circondano, il gusto per capire ciò che assaggi e ingerisci.
Ma il tatto…lo avevo sempre accantonato a priori, e ora invece mi sembrava la cosa più fondamentale che ci fosse.
Le mie mani istintivamente si erano mosse dal suo braccio fino alla testa, per avvicinare sempre di più i nostri visi in una morsa inscindibile; le sue invece si erano ancorate ai miei fianchi come un’armatura aderente che mi avrebbe protetto da ogni pericolo.
Non eravamo mai stati così vicini come lo eravamo adesso.
I miei occhi si erano chiusi da soli, come se sapessero già che volevo godermi quel momento con tutta me stessa, senza che niente e nessuno potesse disturbare il nostro congiungerci.
L’unica cosa che sapevo era solo che c’era passione.
Ero stata invasa da sensazioni così straordinarie che mi facevano credere di essere un’altra persona.
Il bacio si fece più approfondito nel momento in cui Ranma cominciò a dischiudere le sue labbra, forzando leggermente le mie.
Come potevo non permetterglielo?! La razionalità aveva abbandonato quel luogo tanto tempo fa.
Le lingue allora cominciarono a fare la loro danza.
Una strana fame sembrò assalirci. Fame d’amore forse?!
Non so dirlo….era tutto così nuovo per me.
Ma stavo diventando consapevole che più cercavo di estinguerla, più si ingrandiva e non permetteva di saziarla mai.
Il mio cervello riceveva continue scariche elettriche.
Il sapore di Ranma era davvero indescrivibile, ma era come una droga senza cui ormai non potevo più vivere.
Non so dire quanto tempo passò….1 secondo?! O Forse 1000 anni….
Quando andammo verso gli altri camminavamo in modo impacciato e in imbarazzo, eppure notavo che c’era un sorriso nascosto in lui, che faceva germogliare in me la felicità allo stato puro.
Il mio corpo dovette resistere la lontananza di Ranma per i due giorni seguenti.
Le gare del torneo impegnavano tutto il gruppo dei combattenti compreso lui, e duravano l’intera giornata, cossichè ogni volta arrivavo la mattina per poi tornare la sera a casa, anche se stavo portando continui sospetti nella mente di Kasumi e Nabiki.
Il pomeriggio del terzo giorno finalmente era arrivata la finale, gli ultimi 4 contendenti si dovevano sfidare in mezzo al bosco, in una specie di ambiente scosceso, instabile e pieno di trappole.
tutti se la stavano cavando molto bene, notavo la bravura e la dedizione che ci mettevano tutti i componenti della scuola, e dentro di me continuavo a tifare per Ranma.
Uno degli 3 finalisti aveva usato una tecnica particolare che gli permetteva di dividere il terreno sotto di lui, cercando quindi di mettere in difficoltà Ranma, che prontamente saltò in aria per usare il suo contrattacco.
< Ti stai divertendo eh?! >
Uno dei combattenti usciti al primo giorno si avvicinò a me, prendendomi un po’ alla sprovvista e facendomi girare all’improvviso.
< Ahh beh si abbastanza…ammetto che molte cose sono a me sconosciute, ma siete tutti molto bravi >
< Si certo, chi più chi meno, anche se lo so che, da come lo guardi da quando abbiamo cominciato, speri che vinca il tuo caro innamorato > Dopo questa reazione mi strizzò l’occhio, e io mi girai indispettita per tutta questa noncuranza di sottolineare le cose.
In realtà questa cosa sembrò provocare più danno a Ranma che a me, perché con la coda dell’occhio vide quella specie di mini discussione e il mio fastidio, e questo lo distrasse per quei pochi secondi che consentirono al combattente che controllava l’acqua di scagliarli un’onda che lo centrò in pieno, e lo scaraventò dall’altra parte della radura.
Subito io insieme ad alcuni ci dirigemmo da lui per capire cosa si era fatto.
< Maledizione! Mi ha distratto quello lì che civettava con te!!! >
Aveva un piccolo bernoccolo dietro la testa, ma per il resto era intero.
Cominciammo a ridere tutti insieme, per la situazione buffa che si era creata, mi dispiaceva certo che Ranma fosse uscito in questo modo, però ero ancora più felice che lui fosse….geloso.
Alla fine il torneo si concluse con la vittoria del combattente della terra, e quella sera si preannunciavano grandi festeggiamenti alla scuola.




La radura come ogni anno era stata tutta addobbata e sistemata a pennello per festeggiare la conclusione del torneo.
Un altro anno buttato in fumo, dannazione!
Maledetto quell’idiota che ci provava con Akane! Anche se lei l’ha negato, qua vedo che tutti gli riservano occhiate fin troppo eloquenti!
Si era seduto ai bordi dello spiazzo su un tronco a rimirare lo spettacolo e godersi la frescura serale.
Il cielo non prometteva una bella notte, si vedevano nuvoloni cupi che creavano una barriera e che facevano presagire che non sarebbero stati clementi nel non far piovere come negli scorsi giorni.
Piccole lanterne erano state appese tutte intorno a creare un gioco di luci che animava l’atmosfera.
Vedevo tutti che si stavano accomodando ai tavoli pronti ad assaggiare le varie cibarie, tra cui alcune preparate dalla cuoca migliore del mondo: Akane!
Dovevo andare a prendere le tinozze sul retro della casa, pronte per far vomitare tutti gli intrepidi che avrebbero mangiato i suoi piatti.
E poi spuntò lei dalla porta.
Con il suo fare dolce e amichevole, portando alcuni piatti a tavola.
I suoi capelli mossi dal venticello trasportavano il suo profumo fino al mio naso, causandomi dei brividi lungo la schiena: non so dire se erano provocati dal freddo, o dalla sua essenza.
E in quel momento ripensai al bacio di 3giorni fa.
Era stato tutto così magico, un momento così unico nella sua semplicità.
Ma il guaio più grosso era proprio questo: era stato meraviglioso.
Perché non era successo mai prima? La vergogna si era impossessata sempre di me, ora invece non desideravo altro che averla accanto, riassaggiare le sue labbra, la sua bocca, toccare di nuovo il suo esile ma fantastico corpo.
E mentre facevo questi pensieri tra me e me trasalì nel vedere che qualcuno mi prese la mano.
Era l’oggetto del mio desiderio.
Mi sorrise.
< A che pensi?>
< Oh, a niente…riflettevo ancora come abbia fatto quell idiota debole a vincere!> mentì spudoratamente, ormai per me era acqua passata la sconfitta.
< Dai non starci a rimuginare, ti potrai rifare in altre occasioni…ora andiamo a festeggiare forza>.
Ci sedemmo tutti a tavola cominciando la grande festa.
Tutti mangiavano, bevevano, discutevano, scherzavano.
C’era un’aria di spensieratezza e tranquillità che per un po’ non fece pensare a nessuno dei propri problemi.
Finito il cenone tutti iniziarono a raccontare alcune storie buffe che crearono risate in tutta la radura, vedevo akane divertita e serena, il suo viso così splendido e lucente abbagliava chiunque fosse investito dalla sua luce.
Come prima, mi spostai più in là, di lato, vicino alla porta della scuola, seduto per terra a strappare i fili di erba che circondavano tutto il terreno.
Ero irrequieto.
Era nata una tempesta dal nulla dentro di me.
Sentivo che dovevo fare qualcosa…qualcosa per lei.
O forse ero semplicemente egoista, perché ciò che volevo era lei.
Ma come fare a riavvicinarla di nuovo e creare l’atmosfera giusta?
Ed eccola di nuovo che ritornava da me, a destabilizzarmi con la sua vicinanza.
Lei era la risposta, oltre che la domanda.
Si sedette accanto, appoggiando la testa sulla mia spalla.
< Sento che c’è qualcosa che non va…vuoi parlarne?>
Ormai era diventata una grande lettrice di anime…o forse riusciava a leggere soltanto la mia.
< No no…tranquilla è tutto apposto, sono solo così, un po strano stasera…>
Mi voltai leggermente verso di lei e notai che già aveva lo sguardo puntato su di me.
< Capisco…ma sai già che con me puoi parlare di qualsiasi cosa…niente può scandalizzarmi ormai> detto questo uscì un altro dei suoi sorrisi che mi scioglievano letteralmente.
La sua voce mi arrivava piano e distante nonostante fosse a pochi centimetri da me.
Non stavano semplicemente parlando….perchè quelle non erano parole buttate al vento, erano dei sussuri carichi di significato e mistero.
< Si lo so benissimo…ma sai certe cose…sono difficili da esternare>
Piccoli brividi risalivano dalle mie gambe e dalle mie braccia, e mio malgrado lei se ne accorse.
< Hai freddo? > mi disse.
< No…non esattamente…ho più che altro paura di agire>
Distese gli occhi, mostrando un certo stupore.
Si avvicinò ancora di più a me e il suo sussuro si sentì sempre più flebile e chiaro.
< io già ti ho dato un dito…sta a te cogliere con tutto te stesso tutta la mia mano…>
Ora ero io quello stupito. Preso alla sprovvista. Imbarazzato.
C’era un non so che di sensuale nella sua voce, nelle sue muovenze, nei suoi occhi.
Stavolta toccò a me seguire l’istinto.
La baciai.
Un altro bacio più bello e ancora più maestoso di quello dell’altra volta.
La mia mano si posò sulla sua guancia lievemente imporporata in modo che non potesse mai sfuggirmi.
Lei rispose alla mia voglia con tutta l’energia che aveva, tale che dopo un minuto dovette staccarsi per poter riprendere a respirare.
Le mie labbra cariche e gonfie erano pronte a serrarsi di nuovo su di lei, ma stavolta furono bloccate dal suo dito che si interpose tra di noi.
< Stavolta niente e nessuno ci dovrà interrompere>.
di colpo si staccò dal mio abbraccio e si alzò.
Si mise davanti la porta e mi lanciò uno sguardo.
Avevo capito ciò che intendeva.
Dopo di che si dileguò dentro.
Aspettai qualche minuto lì fermo e seduto a rimirare il cielo e i miei compagni che nel prato continuavano a parlare e ubriacarsi.
Finchè anche io mi alzai, e mi addentrai dentro casa.
Nessuno può sapere cosa accade nel resto del mondo quando non è presente a un evento.
Nessuno può essere consapevole delle reali emozioni che prova una persona.
Nessuno può restare fermo ad aspettare che la vita passi subito in fretta.
E nessuno era a conoscenza che a Nerima, nel monte che sovrastava la città, in una radura sperduta, vi era un grande edificio, al cui interno una porta era stata appena chiusa a chiave.






 
  
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