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Autore: Violet2013    03/11/2013    17 recensioni
-''Allora un manga. Sei giapponese, no? I manga li leggerai...''
-''Certo!"
-''Ok, un manga. Metti che segui un manga dal primo all'ultimo numero per, che ne so, cinque anni? E poi finisce così, nel nulla, senza una degna conclusione...''
-''Tipo senza neanche un bacio tra i due protagonisti?'', arrossì.
-''Esatto!'', rispose lei, totalmente persa nei suoi ragionamenti, ''Alla fine non ti verrebbe voglia di prendere l'autore e riempirlo di botte?''
*
New York: Ranma Saotome, artista marziale giapponese, scopre che suo padre ed il suo migliore amico Soun hanno pianificato il suo matrimonio con una ragazza a lui sconosciuta.
AU su Ranma 1/2, i cui personaggi sono trasportati in una realtà totalmente differente.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo primo. "Adorava New York. La idolatrava smisuratamente..." No, è meglio "la mitizzava smisuratamente", ecco. "Per lui, in qualunque stagione, questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero e pulsava dei grandi motivi di George Gershwin..." No, fammi cominciare da capo... capitolo primo. "Era troppo romantico riguardo a Manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto: trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico. Per lui New York significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione..." Eh no, stantio, roba stantia, di gusto... insomma, dai, impegnati un po' di più... da capo. Capitolo primo. "Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea: la stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la città dei suoi sogni in una..." Non sarà troppo predicatorio? Insomma, guardiamoci in faccia: io questo libro lo devo vendere. Capitolo primo. "Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. Com'era difficile esistere, in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia..." Troppo arrabbiato. Non devo essere arrabbiato. Capitolo primo. "Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre..." No, aspetta, ci sono: "New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata..."
Woody Allen- Manhattan




New York splendeva della luce fioca di inizio ottobre. Gli alberi di Central Park si erano quasi del tutto accesi delle sfumature del rosso e del marrone, mentre la gente dell'Upper East Side iniziava ad avvolgersi nelle prime sciarpe di cashmere.
Ranma smise di mugugnare con la testa appoggiata al vetro del finestrino e si girò a guardare suo padre, che tracannava champagne a bordo della limousine che li stava guidando a casa Tendo.
Nel suo smoking nero sembrava quasi una persona rispettabile.
''Spiegami ancora cosa stiamo facendo...''
''E' molto semplice, figliolo. I Tendo possiedono un giro d'affari di milioni di dollari tra palestre e scuole di arti marziali. Sfortunatamente Soun, il capofamiglia, è vedovo ed ha avuto solo figlie femmine''
"E dunque?''
Bevve un'altra abbondante sorsata.
''Come ti ho detto Soun è il mio migliore amico, siamo praticamente fratelli mancati. Ha saputo delle mie sventure finanziarie e mi ha proposto di unire le nostre famiglie, in modo da avere tutti il futuro assicurato''
Ranma si stava spazientendo. Allentò la cravatta che il padre lo aveva obbligato ad indossare e si accese una sigaretta.
"Quindi tu vuoi farmi sposare una sconosciuta solo per soldi? Ho sempre pensato che fossi un padre degenere, ma riesci a stupirmi ogni giorno!''
"Non lamentarti sempre, avendo conosciuto la sua povera moglie posso dirti con certezza che saranno diventate tutte e tre molto belle. E poi non sarebbe la prima volta che le vedi, visto che quando eravate piccoli passavamo spesso le ferie insieme a Southampton. Inoltre, figliolo, tu sei un ottimo artista marziale. Saranno loro a guadagnarci quando ti affideranno la palestra ''.
''Dunque dovrei prendere moglie in forza di una conoscenza basata sul fare castelli di sabbia quando avevo cosa, cinque anni?''
''Non lamentarti, ragazzo. Ne abbiamo viste di peggio, mi pare''.
Spense energicamente la sigaretta, quasi polverizzandola.
''Lo sai cosa sei tu?''
''Non osare!''
"La mamma ha fatto solo bene a lasciarti!"
"Ranma!" -lo schiaffo che gli diede fu talmente forte da far girare anche l'autista, preoccupato per l'incolumità del sedicenne. Benchè fosse perfettamente in grado di difendersi, non lo fece. Conosceva suo padre e sapeva cosa avrebbe detto immediatamente dopo, per cui lo lasciò fare, approfittando della situazione.
''Non sei degno di portare il mio stesso cognome. Ora scendi e vai a farti un giro, quando ti sarai calmato ed avrai capito come ci si comporta potrai venire a questo indirizzo, in caso contrario puoi dormire anche in strada per quel che mi riguarda. Ragazzo, fermi la macchina!''
Felice di aver predetto la mossa del padre uscì dall'auto infilandosi il biglietto da visita di Tendo in tasca, sollevato di poter andare a bere un buon caffè caldo in solitudine, tanto per cambiare.

New York era una città quasi sconosciuta per lui, benchè ci fosse nato.

Genma era un artista marziale decaduto che aveva lasciato la terra natìa per seguire la sua allora fidanzata Nodoka, divenuta una stilista di fama mondiale, in America. Dopo sette anni di matrimonio e la nascita di un figlio era finito in brutti guai finanziari a causa della sua proverbiale inettitudine e della pazza idea di buttarsi nel campo dell'economia senza alcuna conoscenza tecnica, e Nodoka, esasperata, aveva chiesto il divorzio.
Ranma era il suo unico figlio e l'unica ragione di vita dell'uomo a partire da quel giorno fu quella di renderlo un suo degno erede, di riscattarsi attraverso quel bambino che tanto gli somigliava. Lo strappò alla madre e se ne tornò in Giappone, spostandosi di città in città ed iniziandolo sin dalla tenera età di sei anni alle arti marziali, mettendolo sotto torchio e dedicando tutta la sua vita alla sua formazione.
Da dieci anni Genma non mollava Ranma nemmeno un istante, per cui quella passeggiata solitaria per Madison Avenue fu più che gradita al giovane col codino.
Non sapendo bene dove andare decise di infilarsi in metropolitana. Tra la lista di fermate presenti sul tabellone che indicava il tragitto di quella linea scelse Brooklyn. Lì il caffè sarebbe stato certamente migliore che in quei baretti pseudo-alla moda del centro.

Il bar immediatamente fuori dalla stazione era caldo e poco illuminato. L'odore forte di legno e caffè che impregnava l'aria, insieme alla luce bassa, diede immediatamente un senso di familiarità al ragazzo, mentre la vista della nebbia sul ponte, dalla finestra, gli regalava un bellissimo spettacolo della città in quella fredda giornata di autunno.
Si sedette a fianco a due uomini di mezza età che gli offrirono una birra, che rifiutò educatamente, ed ordinò un doppio espresso alla bella ragazza dietro al bancone. A giudicare dai tratti somatici e dalla targhetta che portava sul seno, che Ranma non mancò di sbirciare, doveva essere giapponese anche lei, dal momento che si chiamava Ukyo.

Uscito dal locale, rinvigorito da quella sferzata di caffeina, fu travolto da quella che gli sembrò la scolaresca più numerosa della storia e perse l'orientamento.
Svoltando in uno spiazzale che credeva erroneamente di aver già attraversato si ritrovò in un vicolo cieco. Era già pronto a voltarsi e tornare indietro quando un forte vociare attirò la sua attenzione.
Davanti a lui, una decina di omoni di almeno tre etnìe diverse stavano affrontando una ragazzina più o meno della sua età.
Sapeva che nelle periferie si poteva trovare qualsiasi tipo di gente, per cui non si stupì dell'aspetto zingaresco della giovane. Era piccolina e magra, indossava dei jeans stretti e sdruciti infilati negli anfibi, un maglione consunto a righe bianche e nere ed un giubbino di pelle che doveva aver vissuto un paio di guerre mondiali, a giudicare dalle sue condizioni.
Lunghi capelli neri le cadevano lungo la schiena, gli occhi erano bistrati di nero e le labbra carnose rese ancora più sporgenti da un rossetto scuro. Un orribile piercing a cerchio le copriva buona parte dell'altrimenti bel nasino, piccolo e all'insù. Lo sguardo era duro ed aspro, senza la benchè minima traccia di paura. I suoi occhi sembravano aver visto situazioni nettamente peggiori di quella.
''Allora, bimba, ne hai abbastanza?''
"E' abbastanza quando lo dico io, Sven!"
Alla risposta della ragazza tre degli uomini le si scagliarono contro, mentre gli altri sogghignavano divertiti.
L'istinto protettivo del codinato ovviamente prevalse, e si buttò nella rissa. Dopotutto non era un artista marziale per nulla, e se c'era qualcosa che gli piaceva al mondo erano le donne, anche quelle con la faccia da delinquenti.
"E tu chi sei, moccioso?'', un ragazzo dalla pelle ambrata e gli occhi leggermente a mandorla lo afferrò per il codino, buttandolo a terra.
"Ma chi siete voi, piuttosto! Come osate toccare una ragazzina così indifesa?''
''Indifesa, eh?''
La mora gli tirò un calcio vigoroso sulle gambe, impedendogli di alzarsi.
''Hey, scema! Io cercavo solo di aiutarti!"
"E chi ti ha chiamato?''
"Allora, la finiamo con questa pagliacciata?'', un uomo basso e sovrappeso andò faccia a faccia con la giovane, che continuava a mantenere un'aria tranquilla e rilassata.
"Non preoccuparti, mi libero di questo scocciatore e poi continuiamo!"
Lo aiutò a rialzarsi e lo spinse via, intimandogli di andarsene, ed in fretta.
Ranma era sconcertato da tanta cocciutaggine.
''Mi spieghi perchè vuoi farti picchiare?''
"Ho detto vattene subito!"
"Non ti lascio qui da sola!"
"Sei duro di comprendonio, eh?''
''Oh, mi sono stancato!" -la loro lite furibonda fu interrotta dal vociare di Sven, lo slavo che aveva parlato per primo- ''Noi ce ne andiamo!"
''Ok, a domani'', li liquidò la ragazza con disinteresse muovendo la mano destra in modo circolare, svogliata. Sven la prese per il colletto della giacca e la alzò di un paio di centimetri, mentre Ranma guardava la scena pietrificato.
''I miei soldi, principessa.''
La lasciò andare e la ragazza afferrò una mazzetta di banconote dalla tasca posteriore dei jeans, porgendoli all'uomo.
''Stesso posto, stessa ora. Non fatemi aspettare come oggi.''
Il gruppo di malviventi si allontanò silenziosamente spintonando un pensieroso Ranma, mentre la ragazzina si ravvivava i capelli. Le si avvicinò arrabbiato.
"Erano rubati, vero?''
"Eh?''
"Quei soldi. Erano rubati.''
"Direi che non ti riguarda'', rispose fulminandolo con lo sguardo ed avvicinandosi ad un'enorme moto. Con un rapido movimento della mano fece saltare la catena di sicurezza e la buttò lontano, Ranma la raggiunse accelerando il passo.
''Vuoi rubare anche quella?''
"Se non fai attenzione ti strappo quel codino come ho strappato la catena, e non scherzo.''
Fece per salire sul pesante ciclomotore, ma il ragazzo la bloccò prendendola per la vita ed obbligandola a girarsi, guardandola negli occhi per un tempo interminabile.
"Senti, io non so cosa stesse succedendo poco fa. Credevo che quei tizi ti stessero aggredendo, ma a quanto pare mi sbagliavo. Non so in che giri loschi tu sia, se droga, furti o quant'altro, ma ti posso assicurare che quello che fai è sbagliato, molto sbagliato."
La ragazza lo tirò per la cravatta allentata, girando su se stessa e facendogli sbattere la schiena contro un muro di mattoni. Ranma planò su un paio di bidoni dell'immondizia in metallo, la ragazza gli si parò davanti, con le gambe leggermente divaricate e le mani sui fianchi.
"Non mi faccio dare lezioni di vita da un figlio di papà che non sa niente della vita. Tornatene da dove sei venuto e non farti più vedere, se ci tieni alla pelle"
Senza che il codinato riuscisse a mettere insieme le parole per replicare, la giovane si allontanò sgommando, mentre iniziava a piovere.



Ed eccovi qui un piccolo assaggio di una nuova aventura in cui, spero, mi seguirete! Sono molto insicura di questa ff di cui ho steso solo i primissimi capitoli, per cui, se vi va di farmi sapere cosa pensate, mi fate un piacere immenso, come sempre!
Grazie di cuore a chi leggerà!
  
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