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Autore: allison742    03/11/2013    3 recensioni
Senti ragazza, se lo ami ancora corri da lui! Fottitene di tutto e di tutti; però, ti prego, corri da lui!
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I will never get used to you
 


Il continuo ed incessante rumore la fece sbuffare e il persistente fastidio le diede la forza di mettere i piedi per terra.
- Sono le tre del mattino! Chi diavolo è?  - urlò.
Strisciò fino all’uscio e, senza far caso all’orribile aspetto, aprì con decisione la pesante porta di legno.
Non ebbe neanche il tempo di realizzare la situazione, che si trovò al collo la sua migliore amica.
- Ehi tesoro… che succede? – chiese, stringendola forte.
- Abbiamo litigato Tamala.
- Di nuovo?
- Sì, e non credo che ci sarà una prossima volta. Ho visto i suoi occhi, sono… spenti. E’ finita.
- Ti prego, non dire così. – la supplicò, accompagnandola in salotto.
- Non c’è altro da dire. Non mi ama più;  avrei dovuto accorgermene molto prima di trovarmi in questo stato. Guardarmi, sono patetica!
- Stana…
- STANA COSA? Che ne è stato della frase: “Ci sarò comunque vada.”? Perché io credo proprio se la sia dimenticata. Tu non l’hai visto in questi ultimi mesi, non puoi sapere cosa ho passato. Va bene il lavoro, vanno bene gli impegni, va bene persino la stanchezza,  ma quello sguardo spento, quella svogliatezza nei miei confronti, quel poco interesse… quello no, non è tipico di un uomo innamorato. E a me manca incredibilmente quell’uomo. Non credo di potercela fare senza…
- Vieni qui, dai. – rispose Tam, stringendola tra le braccia. – Com’è successo?
- E’ stata la lite più tranquilla ed educata della storia. Nessuno ha alzato la voce, nessuno ha mosso un muscolo. Ma forse, dopotutto, è stata anche la peggiore della storia. Gli ho chiesto cosa c’era che non andava, mi ha risposto “niente”. Gli ho detto che non ci credevo, che era ora di tirare fuori ciò che davvero provava; gli ho detto che mi ero accorta del suo sguardo spento, della mancanza di quell’amore che avrebbe potuto muovere le montagne; gli ho detto che mi ero resa conto che ormai non ero più la sua fonte di felicità. Non ha risposto. Si è voltato ed è sparito, senza sbattere la porta. Senza urla, senza pianti, senza pugni stretti… solo una terribile sensazione di essere sola al mondo.
- Tornerà, lo sai. Torna sempre. Ora devi solo capire se ne vale ancora la pena. Lo ami?
- Io? Sì, lo amo ancora. Nonostante tutto.
- Sai Stana, mia nonna mi diceva che tornano. Quelli che ti amano, intendo. Se ti amano davvero, tornano. Se ti amano davvero la tua assenza forma un buco nel cuore e hanno bisogno di te. E non ce la possono fare. Per questo tornano. Ti ama davvero, se torna.
- Vorresti dire che tutte le volte che è tornato, è perché mi ha amata davvero?
- Può darsi… io me lo ricordo all’inizio: non esistevi altro che tu.
- Giusto: all’inizio. Ora mi abbraccia solo quando mi vede piangere, mi chiede cosa non va solo quando mi vede a pezzi, quando ormai è troppo tardi. Quanti abbracci mancati, quante volte non mi ha capita, quante volte mi ha persa ancora prima di perdermi davvero.
- E sei sicura che ora ti abbia persa davvero?
- Io penso di sì. Magari tornerà, come dici tu, ma io non merito di soffrire di nuovo e, per quanto lo ami ancora, da oggi in poi verrò prima io. Sai, la gente pensa che la cosa peggiore sia perdere una persona a cui si vuole bene. Si sbaglia. La cosa peggiore è perdere sé stessi mentre si vuole troppo bene a qualcuno, dimenticarsi che anche noi siamo importanti.  – concluse, asciugandosi le lacrime. – Grazie Tamala.  – aggiunse poi, abbracciandola di nuovo.
- Vuoi fermarti qui?
- No, credo che andrò a farmi un giro.
- Stai attenta, mi raccomando.
- Come sempre… ti voglio bene.
- Anche io ragazza, anche io… - sussurrò, prima di chiudere la porta e tornare in camera da letto, consapevole del fatto che, forse, quella sarebbe stata davvero l’ultima volta che l’avrebbe consolata a causa sua.
 
Il “credo che andrò a farmi un giro” si trasformò ben presto in un passaggio da locale a locale, nei quali, senza rendersene conto, cominciava ad avere sempre meno contatti con la realtà.
- Un altro! – ordinò al vecchio barista.
- Problemi di cuore eh? – chiese, riempiendole il bicchiere.
- Molti. Ma da oggi in poi stop. Ho chiuso.
- Non hai idea di quanti ripetono le stesse cose tutte le sere, esattamente dove sei seduta tu.
- No no no! – biascicò alzando un braccio – io sono seria.
- Sì… immagino… - la prese in giro.
- Senti Mr. Io-so-come-aiutare-le-ragazze-in-crisi, ho chiuso con tutte queste cazzate che l’amore presenta in bella vista. L’amore è una fregatura. Tutti fanno l’errore di dire che è Amore,  ma si definisce Amore solo quando il sentimento è ricambiato. E nel mio caso non lo è, quindi risparmia le parole per la prossima che si siederà al mio posto.
- Sei la prima persona che incontro che , da ubriaca, riesce a formulare una frase che contenga le parole “definisce” e “ricambiato”.
- Che ci vuoi fare? Ho studiato… - rispose, bevendo un altro sorso.
 - E, sentiamo un po’, sei tu a non ricambiare il sentimento?
- Ti pare che se fossi io, sarei qui ridotta in questo stato?
- Touchè.
- Già… - sorrise, facendo oscillare il liquido denso, perdendosi ad osservare le piccole goccioline che ricadevano verso il basso.
Poi sentì la risposta del barista e, di colpo, si alzò.
Barcollò per il corridoio, scontrandosi contro un ragazzo, e uscì dal bar. Guardò a destra e a sinistra, poi attraversò la strada correndo. Correndo il più veloce possibile.
Ora, anche a distanza di anni, quella frase non se la dimenticherà mai:
- Senti ragazza, se lo ami ancora corri da lui! Fottitene di tutto e di tutti; però, ti prego, corri da lui! – le disse con una punta di rimpianto. Probabilmente era solo ciò che avrebbe voluto fare quando ancora era giovane.
 
Arrivò con il fiatone fino all’enorme giardino. Da quando vivevano insieme non era più passata da quelle parti.
La casa Nathan si alzava verso il cielo  in modo quasi minaccioso. Ma Stana era troppo agitata e troppo ubriaca per farci caso.
Fece un bel respiro e si incamminò verso l’entrata.
Lo avrebbe spinto, gli avrebbe urlato in faccia che lo odiava, che le stava rovinando la vita.
Il consiglio del barista aveva avuto l’effetto opposto: le era servito a capire che aveva fatto silenzio per troppo tempo, era ora di renderlo presente di tutto il dolore che aveva provocato.
Era stata male, e stava male tutt’ora, per colpa sua. Perché stare zitti e subire ancora e ancora?
- Ti odio…  - sussurrò all’aria gelida.
- Ti odio… - disse poi a voce alta, prima di cominciare ad urlare: - TI ODIO! TI ODIO! TI ODIO! – le lacrime che le graffiavano il viso vennero asciugate del vento ancor prima di cadere a terra.
Iniziò a correre e arrivò in un attimo davanti alla porta.
Allungò il braccio e suonò ripetutamente il campanello, la rabbia la stava mangiando viva.
D’un tratto la porta si aprì.
Nathan era davanti a lei, con lo sguardo sconvolto. Non l’aveva mai vista in quello stato.
Lei lo guardò in faccia e glielo disse, gli svuotò addosso tutto quello che provava.
E poi non sarebbe più tornata indietro.
 
 
Due anni dopo…
 
 
- Sai Stana, forse per te può sembrare facile, sei una che è sempre stata abituata a dire in faccia ciò che prova, ma per me non è così. Quindi tutto ciò che voglio dirti me lo sono scritto – disse, estraendo un foglio dalla tasca. Si schiarì la voce e cominciò – Questa è la mia lettera per te. La voglio urlare al mondo, voglio far sapere a tutte le donne che sono tuo. Che ti appartengo. Tu hai sempre sperato in noi, hai sempre creduto che ce l’avremmo fatta. E ora siamo qui, insieme. Mi viene da sorridere ogni volta che penso a quanto sei gelosa, beh, lasciatelo dire, tu se l’unica che vedo. Non devi preoccupartene. Con questa lettera probabilmente scombinatissima, voglio farti capire che la nostra non si tratta di una fase momentanea. Tu sei la mia vita, anche se non ti merito… ma, ti prego, continua ad amarmi lo stesso.
E quando lo specchio ci urlerà in faccia che stiamo invecchiando, io non mi volterò dall’altra parte, ma vorrò guardarti negli occhi e dirtelo: tu sei la mia vita, il mio amore, l’unica persona con cui mi sento completo e con la quale voglio stare. E questa sarà l’unica cosa che non cambierà mai.
Quindi non smetterò mai di provarci, non smetterò mai di guardare la direzione in cui tu te ne vai, e non smetterò mai di perdere il respiro quando poi ti volti a guardarmi.
Non smetterò mai di stringere la tua mano, non smetterò mai di sceglierti, non smetterò mai di sognarti la notte. Ma, soprattutto, non mi abituerò mai a te.
Stana si asciugo una piccolissima lacrima all’angolo dell’occhio, poi prese fiato e rispose, rendendosi conto che il suo discorso non sarebbe stato niente in confronto a quello di Nate. Ma ormai era tardi per cambiare.
- Ti ricordi quella notte? Ero ubriaca è vero. Ho gridato di odiarti per le strade della città, sono arrivata fin sotto casa tua e ho suonato il campanello ripetutamente. Volevo dirtelo in faccia che ti odiavo, poi hai aperto e maledizione, io ero ubriaca sì, ma tu eri ugualmente bellissimo e ti amavo. E così quando mi hai chiesto cosa ci facessi lì, al posto di un “Vaffanculo ti odio” mi è uscito un “Vaffanculo ti amo”.
Nathan scoppiò a ridere, mentre nella sua mente scorrevano nitidi i ricordi.
Incatenarono i loro sguardi, ma vennero interrotti da una voce al loro fianco.
Si erano persino dimenticati dove si trovavano…
- Ed ora, per il potere conferitomi dallo stato di Los Angeles, io vi dichiaro marito e moglie!
 
                                                                                                                      




La canzone che ho usato per il discorso di Nathan è "Never stop" dei Safetysuit. 
Ascoltatela, è MAGNIFICA!
Ciao! 





 
   
 
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