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Autore: Arwen297    03/11/2013    1 recensioni
A seguito di una brutta battaglia, durante la quale Haruka perde la vita, Michiru si trova da sola a dover fare i conti con il dolore e la mancanza che permea il suo essere dopo la scomparsa della sua compagna di squadra.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Note dell'Autrice: Una breve guida per leggere in modo corretto questa One-Shot. La scritta in blu è il testo della canzone, quella in nero normale sono i pensieri nel presente di Michiru, quelli in corsivo nero sono ricordi.

Sono un pò arrugginita ma è da tempo che volevo scrivere una song-fic su questa canzone che mi sembra molto adatta alla coppia. Come sempre i commenti sono ben accetti quindi fateli pure, specie perché non scrivevo più da un sacco e non vorrei essere regredita alla preistoria come stile.

Il Vento

Idea di Arwen297 – Personaggi Naoko Takeuchi – Canzone "Il vento" di Daniele Ronda


È mattina presto col sole che si è appena affacciato

Tutto è identico intorno, la casa col tempo seduto

A riprendere fiato


Apro gli occhi nella penombra del mattino, come se avessi dormito chissà quanto stanotte. Mi bruciano, non riesco quasi a tenerli aperti, il tempo si è fermato. Nell'esatto momento in cui il mio cuore si è rotto in una miriade di pezzi. Lo stesso instante in cui ho visto quella casa esplodere e coprirsi di fuoco.

La stessa frazione di secondo in cui ho visto sfumare la speranza, la convinzione che ti avrei stretta nuovamente tra le mie braccia.

Tra quelle fiamme è diventata cenere anche una parte di me. Mi sembra di annegare, di non riuscire a respirare. Di essere di continuo spinta sott'acqua da un mare invisibile, sconosciuto ma che non riesco più a controllare. Un mare che non mi è più mio amico, un mare che mi costringe a lottare per riempire di ossigeno i miei polmoni. Per riprendere fiato ogni volta che mi invade come un estraneo. Il vuoto dentro di me è insopportabile. Questa stanza lo è, ha perso il motivo di esistere. Nell'aria ancora sento il tuo profumo, allungo la mano a toccare il tuo cuscino. Ma non ci sei tu, è gelido. Freddo. Come il mio cuore ridotto a un muscolo che si muove per inerzia. Senza nemmeno sapere il motivo della sua esistenza.

Non riesco a stare in questa camera in cui abbiamo condiviso i nostri attimi più intimi, un sacco di momenti felici. Una stanza in cui ci siamo ritrovate dopo ogni scontro più duro degli altri, dopo una litigata troppo focosa.

Non questa volta.

Il mio corpo ancora ha le ferite causate dall'ultima battaglia, ma il loro fastidio e niente rispetto a quello che sento dentro. Mi alzo, esco da questo luogo senza quasi sapere dove dirigermi. Come se fossi un automa che si muove senza meta.

Vado in sala e i miei occhi si posano sul tuo pianoforte bianco, sul casco che hai lasciato li  ieri sera. E gli occhi incominciano a bruciare più forte. Apro la finestra ed esco sul balcone.


Ed è un vento che muove i pensieri e ci resti aggrappato

Perché è quel vento lì che ti ha preso, strappato

Ed è un vento che suona le foglie degli alberi fuori

E sei tu che attraverso di lui tiri questo pigiama

E mi sfiori

E riprendi quello stupido vecchio discorso

Che non avevamo finito

Ed io posso chiederti solo perché non l'abbiamo finito


Sono circa le sette del mattino, l'orizzonte è già chiaro, ma fa ancora abbastanza freddino, nonostante sia ormai Maggio. E mi torna in mente la prima volta che ho incrociato i tuoi occhi verdi, tu non sapevi nemmeno che esistevo nella realtà. Ero solo una componente sempre presente nei tuoi sogni più agitati e più incomprensibili. Ti ho seguita per tanto tempo senza farmi vedere. Fino a quel giorno in cui Elza Grey non ti ha sfidata. Il vero primo incontro è stato li, dopo quella gara. Eri accaldata per quella corsa. Avevi il fiatone, ti passavi l'asciugamano sul viso. Mi sembrava di essere caduta vittima di un bellissimo incantesimo. Anche se ero cosciente che ti avrei condannata a portare un fardello troppo grande sulle spalle, un fardello che già io stavo portando. Non potevo ignorare la felicità che mi pervadeva l'animo nel sapere che eri tu ad essere la mia compagna di squadra, poteva essere chiunque altra. Ma la fortuna aveva voluto che fossi tu. Così sfuggente, così impulsiva e testarda.

Felicità che adesso mi è stata brutalmente strappata via insieme a te. Fisso la ringhiera del terrazzo sopra alla quale ho appoggiato le mani, sento i capelli che cadono a formare una tenda che mi separa dal mondo esterno, non dal vuoto incolmabile che sento dentro. Una goccia d'acqua colpisce il ferro, mentre non riesco a trattenere le lacrime. Non poterti stringere a me, non poter essere consolata da te come ogni volta che ne ho avuto bisogno, mi fa sentire tremendamente sola.

Vorrei poterti avere qui, per togliere l'armatura che porto sempre e che solamente tu riuscivi a togliere, mostrando al mondo il lato più fragile e delicato di me.

Inizia a soffiare una brezza, improvvisa nel giro di pochi istanti, così talmente improvvisa e strana che ho la sensazione che  dovunque tu sia tu mi stia osservando. Probabilmente stai male quanto me, o forse no. Forse stai talmente bene lassù da non avere il bisogno di vedermi, di condividere ogni secondo della nostra vita futura irrimediabilmente distrutta. E insieme a lei un sacco di discorsi, propositi e obbiettivi che ci eravamo prefissati di raggiungere insieme senza mai finirli e che non saranno realizzati.

Il leggero tocco di questo venticello mi fa sentire a casa, mi sembra di averti accanto, sembra che voglia consolarmi con la sua presenza.

Sfiora la mia pelle come fino a qualche sera fa facevi delicamente tu, prima che mare e vento iniziassero a mescolarsi donandosi a vicenda. Ho quella stessa sensazione di essere improvvisamente coccolata, di non essere più sola.


Ed è il vento che mi parla

Ha occhi, mi guarda

Ed è il vento che ora corre, cazzo se corre

Mi stropiccia la faccia

E mi soffia il tuo ricordo

Addosso e adesso


Un vento che improvvisamente mi sbatte con una crudeltà inaudita addosso una marea di ricordi che ti riguardano. Come se già non ne avessi abbastanza di cose a cui pensare e a cui abbiamo fronteggiato insieme.

Ricordo la violenza con cui mi hai respinta quando hai capito che io ero colei che ti appariva in sogno, al pari del vento che sento avvolgermi in questo momento. La paura che ti leggevo negli occhi per un destino che in realtà non volevi e che non riuscivi ad accettare. Per ogni giorno mi prendo un momento, anche stupido e lo tengo lontano da sguardi in discreti per sentirti di nuovo come allora.


Il sole splendeva nel cielo, ormai era estate e finalmente dopo tanti mesi di battaglie contro l'esercito del silenzio era arrivato il momento anche per noi di tornare ad una vita normale. Senza pericoli da affrontare ogni giorno. Avevamo sfidato Bunny prima di lasciare Tokyo e non avevamo potuto fare a meno di riconoscere che lei era veramente la nostra principessa. La piccola Ottavia ormai era stata consegnata a un dottor Tomoe libero da qualsiasi follia demoniaca. Libera di fare una vita normale senza correre pericoli. La nostra macchina sfrecciava lontana dalla città da circa due ore. La meta? La casa al mare di mio nonno, ero l'unica libera di andare quando volevo e li erano racchiusi i ricordi più belli della mia infanzia passata accanto alla sua figura che per me era sempre stata importante. Un punto fermo, che cercava di capire il malessere che provavo a causa delle aspettative dei miei genitori riguardanti il mio talento musicale fuori dal comune. Così alla sua morte, avvenuta quando già ero maggiorenne ero subentrata come proprietaria dell'appartamento. Aveva tagliato fuori i miei genitori, e questo a loro non era mai andato giù.

" Siamo arrivate credo" mi disse lei, girandosi brevemente verso di me. Uscii fuori dai miei pensieri e nel mio raggio visivo comparve l'abitazione cui ero tanto affezionata, a dire la verità non era niente di particolarmente appariscente, ma era proprio grazie alla sua semplicità che mi piaceva tanto. Non vi erano sfarzi inutili, era una classica casa al mare costruita per essere vissuta principalmente in estate, con accesso diretto alla spiaggia.

Al piano superiore una terrazza si affacciava sul mare, permettendo di godere dei tramonti estivi.

***

I raggi del sole si frangevano sulla superficie cristallina del mare, illuminandolo di una miriade di schegge luminose mentre la sfera celeste piano piano si abbassava sull'orizzonte, dipingendo il cielo di un rosso fuoco.

Uno spettacolo che più volte avevo visto da piccola, ma che ogni volta mi appariva semplicemente meraviglioso.

Sentii una presenza dietro di me, ma non mi allarmai, ero sicura che fosse lei. Ormai avevamo raggiunto una complicità tale da sentire la reciproca presenza anche senza vederci. Quasi come se avessimo avuto gli occhi dietro la testa. La sento avvicinarsi, e dopo qualche istante eccola dietro di me.

Il mio cuore perse un battito.

Trattenetti il respiro chiudendo gli occhi.

Un brivido percorse la mia schiena.

"A cosa pensavi?" mi chiese, il suo respiro sul mio orecchio.

"Nulla ammiravo il panorama, sai...ogni volta mi lascia senza fiato, anche se è ormai da anni che posso goderne" risposi io, anche se quella volta sapevo che era tutto diverso: non avevo mai sentito il mare così vivo, così forte.

Così presente e voluminoso dentro di me.

"Uhm.." mi rispose lei "E come mai lo trovi diverso ogni volta?" concluse.

"Non lo so, credo di riuscire ogni volta a vedere un lato che prima mi era sconosciuto...e questa volta sento palpabile il mare...l'ultima volta ancora non avevo accettato i poteri.." le risposi cercando di non perdere la lucidità a causa della sua bocca che esplorava la mia spalla. Sentii le sue mani sulle spalle e mi girai, specchiandomi in quegli occhi verdi che mi facevano venire le farfalle nello stomaco come a una ragazzina di quattordici anni alle prese con la prima cotta. I miei occhi viaggiarono dai suoi alle sue labbra, poco più in basso. Sentii presto il loro calore sopra le mie, il cuore che batteva forte.

"Lo senti?" mi sussurrò.

"Che cosa?" le risposi.

"Il vento"

Prende senso quella volta quando mi hai detto

Ascolta il vento


Ora come allora sono sempre su un terrazzo, e capisco solo adesso cosa volevi dirmi con ascoltare il vento. Anche ora sono sono affacciata ad osservare il mondo che mi circonda, a vedere il sole che illumina sempre di più questa città che si sta pian piano risvegliando.

Come allora anche adesso sono avvolta dal vento, anche se non posso sentirlo dentro di me. Ma solo attorno, e improvvisamente mi sento un pò meno sola. Anche se il dolore non è per nulla alleviato, anzi. Forse quel ricordo, che mi ha sbattuto in faccia lui stesso, mi fa tremendamente male. Non riesco a pensare ai momenti felici, non a quei momenti che mi sono stati brutalmente portati via. Quel giorno lo ricordo bene, mi fece sentire più viva di quanto ci fosse riuscito qualunque altro, mi sentivo finalmente completa. Sicura di me.


Scambierei tutta quanta la vita per un solo momento passato

E per farmi più male cancello i sorrisi

E ricordo soltanto le volte che abbiam litigato

Perché il senso di colpa è un dolore e un sollievo malato

Per l'assurda illusione che con un colpevole

Il dolore sarà cancellato


Non so per quale motivo, in preda a un masochismo assoluto mi convinco a pensare ai momenti meno belli, quelli in cui abbiamo litigato. Come se questo potesse in qualche modo farmi sentire meglio, come se fossi capace di iniziare a odiarla per tutte le parole che sono volate in quelle situazioni.

Il problema e che non riesco a odiarla.

Non ci riuscivo quando era al mio fianco.

Non riesco ora che non è più qui con me.

Solo ora mi rendo conto di quanto fossero futuli e inutili quelle litigate, solo ora capisco quanto tempo abbiamo perso a tenerci rispettivamente i musi per giorni senza rivolgersi la parola, facendo finta che l'altra non esistesse.

Quanti istanti sprecati al discapito della nostra felicità insieme. Ora non ci è più possibile litigare, ne far pace. Ma preferirei litigare altre mille volte con te, pur di poter vederti. Pur di tornare a far pace in un modo unicamente ed esclusivamente nostro. Mi concentro nuovamente sul vento che soffia intorno a me.


È la tua voce che mi parla

La sento addosso

È un'immagine che corre, cazzo se corre

Ed il cuore si spacca

E non voglio respirare

Aspettami, arrivo

Ma prendo fiato se ripenso a quando mi hai detto

Ascolta il vento… il vento


Mi sembra di sentire la tua voce. Lui è la tua voce. È come se il mare dentro di me parlasse con te attraverso di lui. Perché una massa così grande non può rimanere immobile quando viene sfiorata da una corrente d'aria simile.

E' la tua voce che mi parla, che ci parla. Vuoi consolarmi lo so, ma la verità e che non so nemmeno io come trovare un qualcosa a cui aggrapparmi per venirne fuori. Ogni volta che ci provo mi sento annegare in un mare che nemmeno io so come controllare. Sento il respiro mancarmi, l'aria mancarmi. E' iniziata un eclissi del mio cuore e non so nemmeno io come poterne uscire.

Ma il punto è, voglio uscirne veramente? Alla fine basterebbe così poco per non soffrire più così tanto come sto soffrendo io ora.

Basterebbe così poco...

   
 
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