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Autore: Martowl    04/11/2013    4 recensioni
Sebastiano, con la testa poggiata al muro, gli occhi socchiusi e perennemente in tuta.
Medea, con una mano cercava di dare un senso a quella chioma ribelle che aveva, appoggiata contro il termosifone freddo.
Sebastiano la chiamava la donna fuoco, perché non aveva mai freddo.
Era l’unica persona a non chiamarla mai per nome, non ci riusciva.
Medea, a sua volta, aveva imparato a conoscerlo come Carani, non sarebbe tornata certo indietro.
Medea e Sebastiano erano gli ennesimi alunni annoiati di quella scuola ma, a modo loro, nel loro silenzio e nei loro sguardi, Medea e Sebastiano esistevano.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Acidi e solitari caffè.
 

«Austegni, lo prendi un caffè?»
«Solo se me lo offri, Carani».
Questa scena si ripeteva due volte al giorno, a volte anche al contrario.
Ormai ogni persona di quel liceo si aspettava di vedere, tutti i giorni, Sebastiano e Medea davanti alla macchinetta del caffè, in silenzio.
Ognuno racchiuso nei propri pensieri, ognuno preso da se stesso ma riuscendo comunque a farsi compagnia così.
Ogni tanto si giravano a guardarsi, si scambiavano un’occhiata accigliata e facevano un buffo sorriso, prima di continuare a guardare il caffè, unica cosa che fosse degna di attenzione alle otto del mattino.
 
Sebastiano, con la testa poggiata al muro, gli occhi socchiusi e perennemente in tuta.
Medea, con una mano cercava di dare un senso a quella chioma ribelle che aveva, appoggiata contro il termosifone freddo.
Sebastiano la chiamava la donna fuoco, perché non aveva mai freddo.
Era l’unica persona a non chiamarla mai per nome, non ci riusciva.
Medea, a sua volta, aveva imparato a conoscerlo come Carani, non sarebbe tornata certo indietro.
Giacomo, compagno di classe di entrambi, si divertiva a passare le noiose ore scolastiche ad ascoltare i continui battibecchi dei due.
 
Medea aveva lunghi capelli castani, con grossi occhi marroni e labbra carnose.
Sebastiano non amava tagliarsi i capelli, sottostava al volere della madre d’estate e dalle lamentele della Austegni d’inverno. Gli occhi avevano leggere striature verdi, in mezzo al marrone. Aveva zigomi pronunciati e una leggera barba che odiava.
 
Medea e Sebastiano erano gli ennesimi alunni annoiati di quella scuola ma, a modo loro, nel loro silenzio e nei loro sguardi, Medea e Sebastiano esistevano.
 
Era semplice vederli insieme, anche se passavano la maggior parte del tempo a riempirsi di brutte parole.
Erano presenti l’uno nella vita dell’altra, seppur in modo trasparente.
Sebastiano cercava Medea nei lunghi capelli disordinati di ogni ragazza e nelle sciarpe colorate, Medea cercava Sebastiano nelle conversazioni silenziose o nelle grosse felpe invernali.
Sebastiano conosceva il profumo della pelle della ragazza, così come lei conosceva il profumo che ogni mattina lui si spruzzava.
Non si erano mai abbracciati, così come non si erano mai detti ti voglio bene o non si erano mai scambiati effusioni, né in pubblico né in intimità.
Perché Sebastiano era solito passare le giornate con Medea, semplicemente in silenzio.
 
Erano anni che si conoscevano, che conoscevano la casa altrui come se fosse propria.
Medea amava il cuscino di Sebastiano, così come lui prediligeva la coperta verde, piuttosto che quella blu in camera della ragazza.
 
C’era stata una gita in cui entrambi si erano ammalati e avevano passato più tempo insieme, piuttosto vicini. Erano stati allontanati in malo modo dal gruppo, come se avessero la peste bubbonica, piuttosto che una semplice febbre. Si erano così ritrovati a dividere il letto, nelle serate in compagnia. A passarsi caramelle per il mal di gola e a condividere il piumone in momenti di bisogno.
La seconda sera, quando la temperatura di Medea aveva toccato il massimo, si era addormentata aggrappata al petto del ragazzo. Era stata svegliata dalle leggere carezze sui capelli di Sebastiano che sussurrava il suo nome.
L’indomani, appena sveglia, si disse che era semplicemente stato uno scherzo della sua mente.
Sebastiano, secondo lei, non sapeva nemmeno come si chiamasse.
 
C’erano giornate in cui la quiete regnava sovrana e quelle erano le giornate peggiori.
Capitavano giornate in cui ognuno si pagasse il caffè per conto proprio, e tutta la scuola correva ai ripari.
Medea era conosciuta per via del suo carattere acido. Sebastiano per la sua solitudine acuta.
Uno era la cura dell’altro. L’altra faccia della medaglia di se stessi.
Sebastiano teneva a bada Medea e lei dava colore alla sua solitudine.
Si completavano, solo che ancora non lo sapevano.
 
C’era solo una cosa che Medea adorava del corpo di Sebastiano.
La leggera peluria che gli partiva dall’ombelico e scompariva all’interno del pantalone. Un’unica striscia che non significava nulla ma che al contempo nascondeva mille curiosità. La trovava tremendamente attraente.
Poi un giorno l’aveva visto sorridere, sorridere con il cuore.
E Medea aveva capito che c’erano due cose, che adorava di Sebastiano.
 
C’erano giorni in cui non voleva fare altro che lasciarla andare, urlarle contro quanto fosse inutile e provocatorio quel suo comportamento infantile.
C’erano giorni in cui Sebastiano non capiva perché ancora accettasse la compagnia di Medea, la mattina; come potesse sopportare quel respiro profondo, quella leggera ruga al centro della fronte quando c’era qualcosa che la irritava, o le labbra carnose chiuse tra i denti pur di non farsi scappare quella parola di troppo.
Ma subito dopo essersi chiesto tutto ciò, Sebastiano capiva di essersi risposto da solo.
 
Era capitata per caso, era la solita giornata noiosa, la solita battuta squallida letta su Facebook.
Damiano l’aveva sfidata, però.
‘Voglio vedere se hai il coraggio di scriverla a Sebastiano’ diceva il messaggio.
Lo sapevano tutti, che per Medea non c’era nulla di più bello di una sfida.
Fu così che prese il cellulare e scrisse al ragazzo, senza pensarci.
‘Vorrei che ci fosse qualcosa di più tra noi due’ recitava il messaggio.
Il vuoto totale si creò nella mente di Sebastiano.
Era o non era una dichiarazione?
Fu con quella domanda, che gli arrivò un secondo messaggio.
‘Per esempio un muro’ era la risposta.
Fu così che Sebastiano scoprì due cose.
Mai fidarsi della Austegni e che, in fin dei conti, ci aveva anche pensato.
Ma questo non lo avrebbe mai rivelato.
Se Medea teneva alle sfide, Sebastiano teneva al suo orgoglio.
 
Era arrivato la fine dell’anno e molte scommesse erano già state perse.
Ognuno della classe aveva dato un limite alla storia che sarebbe nata tra i due, perché era impossibile che non ci fosse del sentimento. Era impossibile, si erano detti tutti.
 
Una volta si erano toccati, si erano abbracciati in silenzio, al riparo da sguardi indiscreti.  
C’erano loro, il viso di Medea nascosto nel collo di Sebastiano e la sua mano, incastrata tra i capelli della ragazza.
Era stato un sospiro, un leggero spiffero del vento –si sarebbe poi detta lei-, un minuscolo movimento di labbra che avevano più forza di un tornado.
«Oh Medea» aveva sussurrato Sebastiano.
«Lo so Sebastiano» rispose lei.
Si guardarono e si capirono, perché tra loro le parole erano solo tempo sprecato.
 
Anche l’ultima campanella dell’ultimo anno scolastico suonò, gli ultimi sguardi a quello strano edificio, le ultime urla di gioia.
Ma un angolo di quel grosso palazzo, tra due mura verdi e dei versi di Catullo che recitavano ‘Odi et amo’ scritti con una penna rossa, due ragazzi si stavano guardando.
Quando poi le labbra di Sebastiano si appoggiarono leggermente su quelle di Medea, tutto il resto perse interesse.
Perché con un retrogusto di caffè, non si parlava più di Austegni o Carani, non si parlava più della ragazza dal brutto carattere e del ragazzo solitario. Perché con un retrogusto di caffè, si parlava di Sebastiano e Medea, di una scommessa persa in partenza, perché Medea ci teneva alle sfide quanto Sebastiano ci teneva all’orgoglio.
E nessuno, mai, sarebbe stato vincitore del loro amore, tranne loro stessi.
 
Spigolo dell'autrice.

Questa è solo una delle tante idiozie che la mia mente malata ha partorito. Una di quelle uscite tra un libro di chimica e uno di storia.
Quando lo studio si fa troppo intenso, io scappo, nella scrittura.
E poi escono idiozie, ma di cui vado fiera, in qualche modo.
Medea e Sebastiano mi stanno a cuore, a modo loro, e ho intenzione di scrivere qualcos'altro.
Niente di lungo, perché inizierei ad odiarli. 
E a me piacciono così, di poche parole, con i loro sguardi.
So che non piacerà a tutti, ma sarei grata,a voi, se mi lasciaste qualche piccolo commento, dicendomi cosa ne pensate.
Grazie mille per aver letto! 

Bisou, 
Martowl.
   
 
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