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Autore: DemonHeartM    04/11/2013    1 recensioni
Tra i vicoli della Londra vittoriana Richard si aggira in cerca di un futuro migliore e in cerca delle ricchezze... degli altri. Un destino buio e senza speranza che però viene scombussolato, un giorno, dall'incontro con uno strano professore, la sua mente labirintica e la sua ossessione per le invenzioni.
La loro avventura si muove in un mondo falso e corrotto, perfetto specchio dell'ambigua morale ottocentesca e vive delle passioni e delle sofferenze della gente comune. Tutto immerso in una tiepida atmosfera Steampunk, con tinte ironiche e demenziali.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PFCo

È un ridondante rumore di calcinacci a spezzare il silenzio di uno dei tanti vicoli malfamati di Londra. Richard guardò di sotto, come a seguire il percorso di quei pezzi di terracotta che si schiantavano sul selciato sottostante, rompendo l’atmosfera chiusa e assonnata di una mattina che di Inglese aveva ben poco. La fresca brezza dell’alba accarezzò il volto del ragazzo, che per una volta era ben contento di non dover girare sui tetti con la pioggia battente. L’occhio attento pareva seguire con attenzione le altezze così varie degli edifici che si susseguivano nella suo giro di ronda. Ironico chiamarlo così, visto che l’unica cosa che Richard amava curare e sorvegliare erano le sue tasche, sempre vuote al levare del sole ma subito rinfrancate fino alla sera. Tutto stava nel conoscere bene le  abitudini. Gli aristocratici, ad esempio,  non amavano troppo rimanere in casa e passavano le giornate nei salotti e nelle varie sale private di cui Londra abbondava al tempo, la cui dubbia utilità e il gusto lascivo e lussurioso lasciavano solo nell’immaginarle una nota di piacere sulla lingua. Per qualcuno di abbastanza abile, quindi, non era difficile appropriarsi di quelle cose che lasciavano poco custodite o che loro ritenevano di poca importanza, ma che al mercato nero fruttavano di che vivere in maniera decente.
Richard indietreggiò di qualche passo. Era praticamente sul bordo del tetto di una delle case costruite di recente in quella zona. Dire che offrissero un alloggio decente per le persone che lavoravano in miniera poteva essere considerata una battuta di più che pessimo gusto, ma almeno avevano un riparo, potevano sopravvivere. Si diede la rincorsa e saltò. Altri pezzi di terracotta e calce caddero dal tetto, frantumandosi di sotto, mentre Richard rimaneva, con le mani, aggrappato all’edificio di fronte, cercando di farsi forza con le gambe per reggersi, mentre le braccia lo tiravano su.  Si sollevò, controllando di non aver perso nessuno dei suoi arnesi nell’effettuare il salto, mentre dirigeva lo sguardo a qualche isolato di distanza.
Di solito era abituato a non seguire alcun giro prefissato, lavorava in maniera completamente libera. In effetti sembrava che una sorta di istinto soprannaturale riuscisse a guidarlo verso gli obbiettivi più succosi, non aveva proprio nulla di cui lamentarsi. Ma quella volta non era così. Erano giorni che gli aveva messo gli occhi addosso, non riusciva a toglierselo dalla testa. L’altezza, la difficoltà e neanche il fatto di essere scoperto lo spaventavano troppo. Si era già riuscito a salvare da brutte situazioni e di certo non avrebbe tenuto a freno la sua curiosità per così poco. Ad ogni momento che passava a pensarci, le mani fremevano come se fossero vogliose di afferrare qualcosa da lì e svignarsela il prima possibile. Non poteva resistere al desiderio che lo attanagliava.
Forse erano davvero in pochi, effettivamente, quelli che potevano negare il fascino che quella casa esercitava, soprattutto rispetto al piatto quartiere che la circondava. Già solo in altezza, svettava con maestosità rispetto alle modeste edificazioni che altre famiglie di discreto ceto e rendita avevano costruito in anni di accumuli e guadagni. In più, se si consideravano le resistenti e sicure costruzioni di mattoni, intonacate ad arte, che le facevano da cortile, il grottesco accostamento di strutture di non si sa quale metallo e il precario accostamento di elementi comuni come lo stesso tetto fatto di piastrelle di terracotta alle appariscenti strutture circolari che andavano ad intersecarsi in un tripudio di forme davano l’idea che, qualunque cosa ci fosse dentro quell’edificio, potesse essere solo lontanamente immaginabile. Non sarebbe mai riuscito ad entrare nella ditta dei Garrad, che le stesse guardie della regina proteggevano con estrema cura, e i gioielli della corona sarebbero rimasti certamente per lui solo un sogno da stupidi. Ma proprio per questo quella maestosa torre d’acciaio era, per Richard, allettante quanto poteva esserlo la Jewel House. Il percorso sui tetti che lo separava dal suo obbiettivo però non si prospettava troppo impervio. Certo, alcune grondaie pericolanti e calcinacci in libera caduta potevano rappresentare problemi di non poco conto, ma non era così stupido da rischiare di farsi seriamente male senza conoscere vie più sicure. In più, non era un grandissimo acrobata.
Almeno era in grado di arrampicarsi discretamente e certo non aveva paura di sporcarsi gli abiti per una scalata più dura della norma.
Quando fu a pochi passi dall’imponente edificio, non poté fare a meno di fermarsi a fissarlo, quasi come se da lontano non rendesse la stessa idea che la vicinanza dava. Nonostante l’apparenza che poteva dare ad un primo sguardo, cioè quella di una rimediata accozzaglia di scarti di ferro e oggetti dalla forma più che insolita, il fascino che quella struttura esercitava aveva dell’incredibile. Ad osservarla con attenzione, seppure fossero tanti materiali diversi a comporre l’edificio, erano tutti armonici nella composizione e nella tinta, apparendo quasi come il piano prestabilito di un disegno studiato nei minimi dettagli. La sua forma ricordava a grandi linee un grosso cilindro deformato alla base, lungo le pareti del quale si alternavano arcate e cornicioni in mattoni e strutture cave, che rivelavano la presenza di quelli che si poteva presupporre fossero complessi metallici incavati.
Gli occhi di Richard iniziarono a scorrere lenti lungo la fiancata che troneggiava davanti a lui, come per capire un modo sicuro per entrare lì dentro senza destare troppa attenzione in gente troppo curiosa. Per prima cosa, cercò delle finestre.
Di sicuro, il giovane rimase parecchio deluso quando notò che le classiche strutture di forma rettangolare, ampie e facili da violare, erano state rimosse e sostituite da altri punti di luce dalla forma pressoché circolare, che ricordavano, per certi versi, gli oblò di un normalissimo naviglio. Di sicuro, non era possibile forzarle semplicemente e in poco tempo. Gli serviva un’altra idea.
Dovette cercare un paio di metri più in alto. Finalmente sembrava esserci uno spiraglio. Certo, gli sembrò strano che, tra quello che sembrava il terzo e il quarto piano dell’edificio ci fosse una zona vuota, legata al resto della struttura da un pilone centrale che assicurava solidità. Non c’era alcun motivo per cui un edificio del genere avesse bisogno di una tale zona vuota e, tra l’altro, non ispirava davvero tanta stabilità su tutta la struttura. Ma questi sono dubbi che passarono per la mente di Richard per un tempo davvero insignificante, non era quello che gli importava davvero, in fondo. Esaminando la parete esterna della torre, con le sporgenze e gli incavi sparsi occasionalmente lungo il tragitto che lo separava dalla sua via d’entrata, concluse che non doveva essere troppo difficile arrampicarsi fin lassù. Il suo modo di arrampicarsi era molto rozzo e scoordinato, tanto che molte volte sembrava riuscire a tenersi aggrappato per puro miracolo. Nonostante ciò, raggiunse quasi subito il piccolo spazio che separava i due piani superiori dell’edificio e che gli poteva permettere di strisciare dentro senza troppi problemi. Strisciare, dovette letteralmente farlo, visto che lo spazio per passare e raggiungere un foro di modeste dimensioni che si apriva sul soffitto della stanza sottostante era davvero esiguo. Si fece comunque coraggio e sopportò anche quella prova, passando in un ambiente che dava un tale senso di costrizione e compressione da bloccare il respiro, sempre con il pensiero fisso, nella mente, che la struttura potesse cedere, da un momento all’altro, e dare fine alla sua vita di avverse fortune e furti. La stessa difficoltà nel raggiungere quel luogo non gli permise di fare un’entrata comoda ma, scivolando, cadde direttamente sul pavimento della stanza sottostante. Il tonfo, forte e improvviso, rimbombò nella stanza, spezzando l’atmosfera silente che aleggiava al suo interno. Richard non riuscì ad alzarsi subito. La botta era stata abbastanza forte e non era completamente sicuro di essere tutto intero, tanto più che per alcuni secondi non riusciva a sentire le gambe, né le braccia. Di sicuro, tutto il suo torace lo sentiva, tanto era dolorante. Cercò di sollevare almeno lo sguardo, per capire dove fosse finito, ma non sapeva spiegarsi esattamente cosa c’era davanti a lui. La sua vista era leggermente annebbiata, ma era più che sicuro che ci fosse qualcosa che penzolasse dal muro di fronte a lui. Non ebbe modo di rendersene subito conto, ma, qualunque cosa ci fosse, aveva iniziato a muoversi. L’aria iniziò a riempirsi di un caldo, ma sopportabile, strato di vapore, che rese la vista di Richard ancora più difficoltosa. D’un tratto, sentì che il suo corpo stava iniziando a sollevarsi, come se qualche forza misteriosa lo stesse trascinando in alto, ma non c’era nulla di troppo misterioso in questo. Non appena i suoi occhi furono in grado di vederlo si accorse, a metà tra lo stupore e la paura, che delle costruzioni metalliche, simili a braccia umane, almeno per quanto riguardava le mani, lo stavano tenendo per la camicia, lasciandolo a penzoloni per un po’. Poi, con un gesto che aveva un’aria stranamente flemmatica e servizievole, queste lo posarono nuovamente a terra, avendo cura però di averlo rimesso in piedi sulle sue gambe. Il giovane rimase impietrito di fronte a quei due arti scintillanti che, con dei movimenti molto rumorosi e lenti, tornarono nuovamente al loro posto, mentre il vapore nella stanza iniziava a diminuire progressivamente. Richard osservò che, alla sinistra di entrambi gli arti, c’erano dei piccoli tubi. Molto probabilmente, era da lì che proveniva il vapore. Ne era stranamente incuriosito. Anche se era lì per motivi ben diversi, non poté resistere all’avvicinarsi a quei due prodigiosi arti metallici. A vederli sembravano proprio braccia, ma le loro dimensioni e il loro colore lasciavano intendere qualcosa di tutt’altro che umano. Qualcosa di molto complesso e studiato, ma che fuori lasciava intravedere così poco. Non ebbe però modo di ragionare su molto altro.
-Potrei chiedervi cosa ci fa in casa mia, ragazzo?-

 

  
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