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Autore: Frappesca    04/11/2013    3 recensioni
Kristen, diciotto anni, ragazza scontrosa e non molto amichevole, improvvisamente passa dall’essere la ragazza invisibile a cui nessuno da importanza alla ragazza calamita che attira a sé continui casini, ritrovandocisi dentro senza nemmeno capire come.
Steven, venti anni, ragazzo determinato e in cerca di indipendenza, è invece molto abile nel creare casini e nel finire in situazioni assurde.
Che cosa accadrà quando i due si incontreranno?
Dal capitolo 3:
- Mi stai dando del ladro?-
- Non dovrei?-
-NO! Te l’avrò detto mille volte che non ho cattive intenzioni! Devo ripetertelo in aramaico? - disse alzando la voce sempre più innervosito.
- Senti, non fare l’incazzato con me in casa mia! Non ti rendi conto che quello che hai fatto avrebbe potuto far prendere un infarto a qualsiasi altra persona normale???-
- Ti ho detto che ho capito! Non l’ho fatto apposta e MI DISPIACE!!! Quante volte dovrò dirtelo ancora???-
Kristen interruppe quel battibecco non appena si accorse che nella foga di quel litigio i due si erano avvicinati di molto, forse troppo.
Erano a un palmo di distanza l’uno dall’altra e un silenzio innaturale era calato tra i due.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Nascondendo un sorriso 





1.  Gli opposti non si attraggono
 
 



Avete presente quelle mattine in cui vi svegliate e vorreste che il tempo tornasse indietro, anche solo di cinque minuti, per non dover abbandonare il proprio letto e per poter vivere nei sogni ancora un altro po’?
Ecco, questa era la sensazione che provava Kristen dovendosi risvegliare per poter iniziare un altro, apparentemente interminabile, anno di scuola.
 L’ultimo per sua fortuna.
Kristen Harvey non era altro che una qualunque ragazza di città di 18 anni, la cui unica possibilità per poter avere una specie di futuro era frequentare le scuole superiori, luogo di cui non riusciva a trovare un singolo lato positivo, sebbene ci avesse già trascorso ben quattro anni della sua “vita non vissuta”, come la chiamava lei.
Il pallore del suo viso contrastava con il castano scuro dei suoi corti e sbarazzini capelli che le ricadevano sulla fronte, gli occhi erano di un color verde acqua.
Era una ragazza di media statura, non troppo magra e con un seno da far invidia a tutte le ragazzine della sua scuola che avrebbero pagato oro per avere un corpo come il suo.
Ma lei, al contrario, non dava molta importanza al suo aspetto fisico. Anzi, a dir la verità era l’ultima cosa a cui si interessava.
Non era di certo la ragazzina sempre sorridente con vestitini pieni di pizzetti e altri fronzoli vari, con orecchini luccicanti, con un make-up sempre perfetto e i capelli sempre al loro posto.
 No, assolutamente no.
 Il suo guardaroba comprendeva solo jeans, felpe, magliette a mezze maniche e tute, nient’altro.
 Insomma … era la tipica maschiaccia che trascurava sé stessa.
 


Quella mattina di metà settembre sembrava condividere con tutti gli studenti il lutto del fatidico rientro a scuola.
Il cielo era coperto e l’atmosfera era quella dell’autunno inoltrato, con i marciapiedi già ricoperti di foglie secche e con le persone già attrezzate di ombrello e soprabito.
Questa era la cosa più straziante per Jason che avrebbe fatto di tutto pur di poter vedere un raggio di sole illuminare quel paesaggio triste e buio.
Anche Jason Cooper era un ragazzo di 18 anni che stava per iniziare l’ultimo anno di superiori con il suo solito spirito entusiasta, tipico del suo carattere ancora un po’ infantile.
Il suo viso, ricoperto di lentiggini,  era incorniciato da una folta e disordinata nuvola di capelli ricci di color castano che spesso copriva con un cappellino per diminuirne il volume.
La sua caratteristica che non gli mancava mai e grazie al quale tutti lo riconoscevano era senza dubbio il suo sorriso.
Non passava giorno senza che i muri di quella scuola vecchia e malandata non potessero ammirare la solarità e la grandezza di quel semplice sorriso.
Ma nonostante Jason fosse il ragazzo più solare, disponibile e allegro della scuola, si ritrovava ad essere considerato uno sfigato per il semplice fatto che avrebbe preferito giocare a pallone in giardino piuttosto che andare a letto con la ragazza più sexy della scuola.
Ma la sua ingenuità gli impediva di aprire gli occhi e di capire che le persone che considerava suoi amici non facevano altro che prenderlo in giro e schernirlo di fronte agli altri.
Però secondo lui non esistevano persone cattive.
 


Non ci sarebbe stato alcun modo per nessun essere vivente di poter strappare un minimo accenno di un sorriso a Kristen durante quel giorno.
Forse solo un miracolo.  
Kristen era già fuori dalla porta di casa,puntuale come sempre, pronta per riprendere la routine scolastica, monotona e ripetitiva, che avrebbe occupato altri nove mesi della sua vita.
Camminava a passo svelto e deciso, sicura di sé con i suoi anfibi, per le strade della periferia di Purley, una cittadina vicino a Londra, con le cuffiette del suo inseparabile ipod nelle orecchie e con aria indifferente.
Ormai le gambe si muovevano da sole, senza alcun comando dal cervello, perché anche loro sapevano benissimo che l’unica strada da percorrere era sempre quella che portava a scuola.
Non ci sarebbe stata alcuna deviazione che avrebbe potuto cambiare il corso predefinito delle cose, nessun tipo di avventura emozionante avrebbe sconvolto la solita monotonia.
Niente.
 L’unica cosa che l’aspettava era quel cancello arrugginito.
E dentro di sé sapeva benissimo che quella era anche l’unica cosa che non avrebbe voluto vedere.
Ma purtroppo ci era già davanti e con un po’ di esitazione varcò quella soglia.
Dopo aver controllato dove si tenessero i corsi che aveva scelto, si diresse verso un’aula in fondo ad un lungo corridoio a piano terra, dove aveva già fatto ingresso il professor Wilkinson, che teneva quel corso.
 I banchi dell’aula fortunatamente erano singoli, quindi almeno durante quel corso non avrebbe dovuto condividere le proprie giornate con un compagno di banco rompiscatole.
Prese posto vicino alla finestra in terza fila, sperando di non essere disturbata, né dal professore, né dagli altri studenti che occupavano l’aula.
 


- Signor Cooper, si sposti vicino alla finestra, per piacere. La sua folta chioma di capelli, per quanto bella possa essere, come al solito nasconde tutti gli studenti dietro di lei.- Così esordì il professore una volta sistemate le proprie cose sulla cattedra.
Jason prese tutti i suoi libri e senza obbiettare si alzò da quel banco in prima fila allegro e solare come al solito, salutando quelli che avrebbero dovuto essere i suoi nuovi vicini di banco.
- E si faccia cucire quei pantaloni per piacere. Siamo solo al primo giorno ed è già riuscito a strapparli?-  ammonì il professore abbassando i propri occhiali dalle lenti tonde per guardare meglio i due strappi presenti sui pantaloni dell’uniforme di Jason all’altezza delle ginocchia.
- Mi scusi tanto, cercherò di sistemarli! - disse con un sorrisetto imbarazzato mentre prendeva posto al suo nuovo banco.
Si guardava attorno spaesato tra quelle nuove facce, come se in quei cinque minuti in cui era stato in prima fila si fosse già affezionato ai visi che aveva avuto vicino e con cui aveva scambiato due parole, facendo qualche considerazione sul tempo o sulla grandezza dell’aula.
Alla sua sinistra c’era un ragazzo che si dondolava sulla sedia con l’intenzione di non ascoltare una sola parola di quello che avrebbe detto il professore, mentre dietro di lui c’era una ragazza che con la sua penna nera scriveva fiumi di parole senza mai fermarsi.
Stette ad osservare quella penna nel suo movimento ritmico e continuo per un po’, come se fosse stato ipnotizzato.
 


- Ciao! Che scrivi di bello??- Kristen sobbalzò dalla sedia appena sentì mormorare queste parole da un ragazzo riccioluto che si trovava davanti al proprio banco e che continuava a dondolarsi sulla sedia per cercare di leggere anche solo una parola di quel papiro che stava scrivendo.
- Non sono affari tuoi. Spostati.- rispose sottovoce con tono duro, girando il foglio sopra il quale stava scribacchiando, per non farlo vedere a quel tipo, troppo curioso e confidenziale per i suoi gusti.
- Non dirmi che prendi già appunti! E’ solo il primo giorno di scuola!!- continuò a bassa voce.
- Ho detto che non sono affari tuoi.- sussurrò ancora arrabbiata per essere stata distratta dai propri pensieri.
- Ok, ok … Non insisto. Comunque io sono Jason! - le disse con il suo sorriso enorme spiaccicato in faccia e porgendole una mano, come fanno dei colleghi di lavoro che si presentano.
- Non m’interessa. - rispose con un tono sempre più duro e seccato creando un’atmosfera di ghiaccio e guardando con aria disgustata quella mano tesa di fronte a sé.
- Ehi, ti sto antipatico? Perché se è così mi dispiace, non intendevo esserlo. Volevo solo fare un po’ di amicizia! Comunque mi piacerebbe sapere come ti chiami!-
Kristen sbuffò seccata e pose il suo sguardo fuori dalla finestra, voltando le spalle a Jason, lasciando intendere che avrebbe preferito buttarsi dal quarto piano di un grattacielo piuttosto che continuare quella conversazione che aveva interrotto tanto bruscamente i suoi mille pensieri.
- Ehi, scusa. Non volevo disturbarti! Però dai, non fare così, ti ho solo chiesto come ti chiami.- cercò di riattaccare bottone.
Ciò che ottenne fu solo un silenzio tombale.
- Ehi, dai! Non voglio mica mangiarti.-
Ancora silenzio tombale.
A questo punto Jason per attirare la sua attenzione su di sé iniziò a picchiettare insistente la spalla di Kristen con il dito, dondolandosi con la sedia verso il suo banco.
La ragazza, ancora più infastidita di prima, voltò lo sguardo di scatto e fissò il povero Jason, assottigliando lo sguardo,  con due occhi che avrebbero fatto ghiacciare un deserto.
- Ehi! Perché te la prendi così? Ho per caso detto qualcosa di sbagliato?  … Sto solo cercando di socializzare un po’, non c’è bisogno di reagire in questo modo … -
- Rinunciaci … Non sono il tipo di persona che vorresti incontrare, fidati.-
- Ma smettila! Sappi che io non rinuncio mai! Comunque, sei sempre così fredda e scontrosa? –
- Si. -
- Nah! Non ci credo. Scommetti che prima della fine della giornata riuscirò a trasformare quel broncio in un sorriso?-
- No. Non ci proverei nemmeno se fossi in te. E’ meglio per tutti se mi stai alla larga.-
- Non ti lascerò in pace finché non ti avrò vista con un bel sorriso!-
- Continua a sperare. Sarà tutto tempo perso … -
- Ma insomma! Che ci vuole a sorridere? E’ il gesto più semplice e spontaneo che l’uomo conosca! Sorridendo non solo esprimi felicità ma la regali anche a chi ti sta attorno!- disse più raggiante che mai.
- Vedo che hai una tua filosofia sul sorriso! Beh, mi spieghi come con uno stupido sorriso possa donare felicità a coloro che mi stanno attorno quando non riesco a rendere felice nemmeno me stessa?- rispose Kristen il più velocemente possibile in modo secco e duro e a voce bassa, per evitare di attirare l’attenzione del professor Wilkinson.
Jason rimase colpito da quella risposta, aveva notato che le parole di quella ragazza erano impregnate di odio e amarezza.
- Forse non riesci ad essere felice perché non vuoi essere felice. Forse se provassi ad essere meno scontrosa e a farti degli amici, potresti ritornare a sorridere. –
- Forse invece dovresti stare zitto e non impicciarti negli affari degli altri.-
- Volevo solo fare amiciz … -
- Ed io volevo solo starmene un po’ in pace. Non ho bisogno di psicologi che mi dicano cosa devo o non devo fare senza nemmeno capire un millesimo di quello che provo e che ho provato.-
- Non era mia intenzione fare lo psicologo. Comunque hai un bel caratterino, lasciatelo dire.-
- Ti avevo avvisato. No? Non sono il tipo di persona che vorresti incontrare. Anzi, che nessuno vorrebbe incontrare!-. La ragazza sembrava accaldarsi sempre di più, trasformando quello sguardo impassibile e impenetrabile in un’espressione di rabbia, odio, amarezza e disgusto.
- A me fa piacere averti incontrato. Ora ho un obbiettivo da poter raggiungere. –
- E sarebbe?-
- Farti sorridere!-
Kristen, stupita da quella risposta, ebbe un attimo di esitazione, iniziò a farneticare di fronte a quelle parole così spontanee e sincere, come quelle di un bambino.
- Le persone come te … che credono che essere felici sia la cosa più semplice al mondo … non le sopporto, perché non hanno mai provato cosa sia il dolore, non sanno cosa vuol dire … -.
- Signor Cooper, signorina Harvey, volete smetterla di parlare? E’ solo il primo giorno di scuola, suvvia, mostrate un po’ di contegno almeno per oggi!- interruppe il professor Wilkinson.
I due, colti di sorpresa, distolsero lo sguardo l’uno dall’altra.
Kristen, ancora scossa ed un po’ turbata dalle affermazioni del ragazzo, ritornò a scrivere veloce come un uragano, non distogliendo mai gli occhi da quel quadernetto per evitare di essere nuovamente interrotta da qualche ragazzo impiccione.
Una volta finita la lezione, la ragazza scivolò fuori dall’aula veloce e silenziosa e si diresse verso la classe in cui si sarebbe svolta la seconda ora.

 

 
 
 Ciao a tutte!
Allora, che dire? In questi giorni vagando tra le mille storie inconcluse che ho lasciato al loro triste destino in una cartella sperduta nel mio computer, ho trovato questa, l’ho sistemata e (miracolo!) ho deciso di continuarla!
Quindi voilà! Che ne pensate?
Comunque in questo capitolo incontriamo solo uno dei due personaggi principali, che sarebbe Kristen. Nel prossimo capitolo faremo la conoscenza di Steven.
Ok, ho capito, non ve ne frega niente. ç_ç
Bye bye, alla prossima!
Francesca <3

  
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