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Autore: lillilola    05/11/2013    4 recensioni
Credi che la famiglia accanto alla tua sia normale?
Credi che Hazel sia una ragazza dolce e gentile?
Credi che Derek sia il tipico ragazzino che si fa pestare dai bulli?
Credi che i loro genitori siano dei fotografi?
Credi che non nascondano dei segreti così importanti che se li scoprissi andresti a fondo con loro?
Beh, credi male.
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Mi sono sempre chiesta com’è la vita delle persone normali.
Hanno degli amici? Da quanto tempo? Sono mai stati traditi?
Nella monotonia ci si annoia?
Hanno mai sorprese dallo svegliarsi alla mattina al tornare a dormire?
Sogni tranquilli invadono i loro sogni?
Che tipo di benzina usano per bruciare le case?
Quali passamontagna hanno comprato per la loro prima rapina?
Preferivano una pistola di che calibro? Le avevano dato un nome?
Cosa? Le persone normali non bruciano le case e non fanno rapine?
Forse dopotutto, preferisco non essere una persona normale, preferivo stare con la mia sociopatica famiglia.
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1: PERFETTAMENTE IMPERFETTI




Mi sono sempre chiesta com’è la vita delle persone normali.
Hanno degli amici? Da quanto tempo? Sono mai stati traditi?
Nella monotonia ci si annoia?
Hanno mai sorprese dallo svegliarsi alla mattina al tornare a dormire?
Sogni tranquilli invadono i loro sogni?
Che tipo di benzina usano per bruciare le case?
Quali passamontagna hanno comprato per la loro prima rapina?
Preferivano una pistola di che calibro? Le avevano dato un nome?
Cosa? Le persone normali non bruciano le case e non fanno rapine?
Forse dopotutto, preferisco non essere una persona normale, preferivo stare con la mia sociopatica famiglia.
        # # # # #
Eravamo in macchina da cinque ore, senza contare le sette in aereo, il jet leg e lo stress che era palpabile tra noi quasi fosse una cosa materiale.
Guardai mio fratello, Derek ,  intento a modificare il game boy.
Notò che lo stavo fissando e mi fece i pollici in su corredato da un sorriso forzato e stanco, voleva mostrarmi che stava bene anche se le occhiaie che aveva lo facevano sembrare più un panda che essere umano.
 - Dove ha detto che siamo? – chiese mia madre guardando la cartina.
 - Il numero 13 –
 - Porta sfortuna –
 - No, di solito quelli siamo noi a portarla – disse papà fermandosi davanti una villetta.
Restai stupita nel notare che non era la solita casa isolata dalle altre, ma una casa che si trovava in un quartiere piuttosto abitato.
Scesi dall’auto e sentii le mie gambe gridare di gioia come mai avevano fatto.
Entrammo nella casa e mi venne quasi un infarto nel notare che nessuno stipite e nessun’asse del parquet aveva minacciato alla mia vita.
Rischiai ancora di più che il cuore mi si fermasse nel petto quando capii che i topi non avrebbero potuto zampettare allegramente nella soffitta facendomi così addormentare.
Come avrei fatto ora?
Sorrisi non abituata a quel lusso, allargai il sorriso quando notai che anche il resto della famiglia arrivò alle mie stesse conclusioni.
 - Se non ci sono topi a cui sparare io dico di andarcene – disse mio fratello ridacchiando.
 - Farai il sacrificio di abituartici per ora – gli misi un braccio attorno alle spalle e ci dirigemmo in cucina per iniziare a mettere in ordine gli scatoloni arrivati il giorno prima.
 - Ragazzi, siamo in un quartiere residenziale, ci tocca evitare rogne – sbuffò mio padre.
Certo, come se noi le rogne le andassimo a cercare.
 - Come ad esempio non prendere a martellate il cane dei vicini – mi guardarono tutti.
Alzai gli occhi al cielo.
 - Sentite, l’avrebbe fatto chiunque di voi se quel maledetto cane avesse continuando ad abbaiare sotto la vostra finestra ogni sacrosanta mattina alle sei – misi le scodelle in uno dei ripiani – l’avrei fatto soffrire di meno se qualcuno – mi girai verso mio padre – non avesse sparato alla gamba dell’elettricista – incrociai le braccia.
 - Tuschè – sorrise tornando a mettere apposto le cose in salotto.
Eravamo imperfettamente perfetti.
 - Prima di decidere la versione di sulla storia da raccontare,  vi ricordo che il nostro cognome è Sullivan – disse mia madre.
Annuimmo come se la cosa ci importasse tanto; avevamo cambiato tanti cognomi e altrettanti nomi , che ormai non mi ricordavo più qual era il mio.
 - Che lavoro fatte? – chiesi iniziando con le domande base.
 - Lavoriamo per il cinema e s…-
 - Non pensarci nemmeno ‘ma. Fate tu la casalinga e il papà giardiniere, come l’ultima volta – disse mio fratello andando a sedersi sulle scale.
I capelli bianchi di mio padre apparvero .
 - Davvero no! L’ultima volta mi hanno invaso di domande su come curare le rose canine bianche in modo diverso dalle rose canine rosse. Quindi ripeto no. –
Restammo a pensare.
Ci servivano dei lavori dove non sembrava strano se restavano a casa per del tempo, visto che mio padre era teoricamente segregato, anche  se in pratica aveva una vita sociale più attiva della mia.
Era difficile scegliere che lavoro far fare ai miei.
 - Che ne dite dei fotografi ? – chiesi.
Mi guardarono, e poi si guardarono tra loro complici e annuirono.
 - Fa molto chic essere la figlia di una coppia di fotografi – sorrisi – e poi così spiegate il trasferimento a causa di un lavoro artistico –
Avevo delle ottime , semplici e pratiche idee.
 - Quindi siamo dei fotografi – disse mio padre.
 - Dov’è la mia camera? – chiesi.
Mio fratello mi passò un tovagliolo; l’aprii e ci trovai disegnata la piantina della casa con i nomi di ogni stanza.
Era molto efficiente.
La camera era al piano superiore.
 - Usiamo i soliti nomi o Fred ha deciso di cambiarli? – chiese mio fratello fiducioso nel fatto di poter scegliere per se stesso il proprio nome per una volta.
 - Non ti permetterà di chiamarti Garagador – dissi ridendo- ti va di andare a vedere dove dormirai per le prossime dieci settimane? –
Sbuffai quando notai l’aria afflitta con cui tutti mi guardavano.
Sapevano che avevo ragione.
Era tecnicamente impossibile per noi restare in un posto per più di tre mesi senza combinare danni.
Derek mi prese la mano e mi portò in camera.
Mi fece sedere sul letto e tirò fuori un altro tovagliolo di carta su cui aveva scritto.
Per lui la carta era un optional, meglio i tovaglioli in stoffa.
 - Anne Clarisse Smith , reginetta del ballo e capo indiscusso delle cheerleader nonché stronza patologica. Susan Less, Vivian Mayer e Louise Samuels sono le sue nemesi. Stai lontana da loro e tutto andrà bene – il resoconto delle persone a cui dovevo stare alla larga fu più breve del solito, forse perché andavamo a una scuola di periferia.
 - La scuola è piccola, quindi attenta a ciò che fai – lo guardai come se fossi stata io quella espulsa  dalla scuola precedente per estorsione – vediamo di non combinare guai ora che la casa mi piace –
Si sedette affianco a me.
 - Anche a me piace l’idea che non ci siano i topi –
Rise.
 - Domani ti aggiorno sui soldi – mi stesi stravolta dal viaggio – prenderò due telefoni usa e getta da venti dollari –
A me la contraffazione di qualsiasi documento e dei soldi, a lui l’hakeraggio di ogni tipo di oggetto tecnologico.
Eravamo una grande squadra.
Sentimmo il campanello suonare, probabilmente era Fred, ma ero troppa stanca per qualsiasi cosa, così mi addormentai con mio fratello affianco.

 
# # # # #

Guardai il pulmino che sembrava più una trappola mortale che un automezzo.
Ma dopotutto se non mi avevano ancora fatto fuori i mafiosi, cosa potrebbe farmi un pulmino oltre che farmi salire la colazione?
Seguii mio fratello che salì sicuro di sé, e con il radar mentale che scannerizzava le persone in modalità ON.
Dovetti ricordarmi un paio di volte come mi chiamavo e che il cognome era Sullivan prima di salire.
Mi osservarono un po’ tutti, e poi bene o male iniziarono a commentare.
Mi sedetti vicino a Derek che aveva iniziato a prendere appunti sulle persone, era impressionante, e a volte era difficile ricordarmi che aveva solo quindici anni.
Subito dopo di noi salirono quattro ragazzi.
 - Luke Robert Hemmings giocatore di football, Calum Thomas Hood anche lui giocatore di football, Michael Gordon Clifford aspirante rock star e a chiudere la fila Ashton Fletcher Irwin amante dei film e cotta segreta di Anne – lo guardai – sono i nostri vicini -.
Annuii.
Non li avevo nemmeno guardati, impegnata com’ero nel capire se questo coso avesse retto con un paio di persone in più.
 - Siete i nuovi vicini? – chiese un biondo comparendo al mio fianco.
 - Già – sorrisi cordiale – ci siamo trasferiti ieri –
 - Mi chiamo Luke Hemmings – mi mostrò la mano.
 - Sono Hazel Sullivan – gli indicai mio fratello – lui è Derek -.
Si sporse e fece un segno con la mano.
Era deluso perché gli avevo proibito di chiamarsi Garagador.
 - Sono Ashton – disse un altro ragazzo.
Rispondere “lo so”, sarebbe stato scortese?
Alzai lo sguardo e feci l’errore peggiore del mondo: realizzai che era bello.
Sorrisi intimidita mentre nel cervello i neuroni iniziarono a sbattere contro le pareti perché non sapevano che fare, e dire cose come: “Sai, la mia specialità è contraffare soldi e documenti ”, non era una buona idea.
L’autobus si fermò e salì quella che doveva essere Anne.
 - Smettila di sorridere come un’ebete e ricorda che non ci dobbiamo far notare – mi sussurrò mentre smisi all’istante di sorridere.
Non mi ero nemmeno accorta che stavo sorridendo!
Guardai in cagnesco mio fratello, mentre una chioma bionda che ondeggiava e un fisico perfetto si dirigevano verso di noi.
Merda!
Feci finta di cercare qualcosa in cartella, per non attirare l’attenzione della regina della scuola.
Iniziai a cercare qualcosa tipo un unicorno, ovvero qualcosa che non esisteva per permettermi di non alzare lo sguardo e incrociare il suo.
Mi avrebbe già etichettato, e io non avrei reagito bene.
Non volevo tornare con i topi!
 - Ciao Ashton –
Iniziai a tossire quando i suoi feromoni e il bagno che si era fatta nel profumo One Milion otturarono le mie vie respiratorie.
Come non riuscivo a evitare di attirare l’attenzione!
Era un arte praticamente.
Sentivo il suo sguardo addosso, ma nonostante questo continuai a cercare il mio unicorno tossendo nello zaino, nella vana speranza che nessuno si fosse accorto di me.
Peccato che nel mio zaino la tosse avesse lo stesso rimbombo di quando si tossisce in una galleria .
Sospirai mettendo fuori la testa dal nascondiglio, e notai mezzo pulmino a fissarmi.
Fanculo non si può nemmeno tossire qui?
 - Ciao – disse seccata – che cosa ci fai qui? –
Ma era cretina o cosa? Cosa.
Non vedeva che ero sul pulmino della scuola per andare a pettinare i canguri? Insomma anche loro necessitano di un cambio di look ogni tanto.
Mi limitai a risponderle che dovevo andare a scuola.
 - I tuoi occhi sono veri? – chiese curiosa.
Chi è più intelligente tra te e il mio mignolo del piede?
La guardai seccata.
 - Sono veri – risposi tra i denti.
Sembrò stupita.
 - Ma sono di due colori diversi! –
La perspicacia che gran virtù.
 - Si chiama eterocromia .
Si allontanò di scatto.
 - È contagiosa? No spero – chiese allarmata.
Che dire, io speravo che i miei neuroni non si suicidassero a forza di parlare con lei.
 - Non è una malattia. È un difetto genetico…se sai cosa vuol dire –
Mi chiedevo quale fosse la forza che mi impediva di prenderle la faccia e strisciarla violentemente al muro per poi prenderla a mazzat..
Oh già, era l’effetto della nuova casa.
Buon per lei.
Il pulmino si fermò davanti a scuola.






Salve bella gente :D
Allora ammirate il primo capitolo TA-DAAAAAN *stelle filanti che compaiono a caso*.
Bene, non so quanti di voi leggeranno la parte dell'autrice (lo dico perchè di solito io non la leggo XD ), quindi per chiunque leggesse qui (ragazzi, ragazze, signori,signore, cani,gatti e ippogrifi), spero che il primo capitolo vi piaccia.
Ditemi cosa ne pensate: se fa schifo, se credete sia matta, se pensate di tirarmi una secchiata di olio bollente in faccia da quanto fa cagare e cose simili.
Non sono mlto informata sulla bnd, quindi magari se per caso trovate errori tipo: " E sua madre, Gianna, Blah blah blah..." E la madre non si chiama così avvisatemi :D 
Grazie mille :) BUONA LETTURA
   
 
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