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Autore: solarial    21/04/2008    6 recensioni
[I Classificata al terzo contest di Immaginaria: Veleno indetto da _Pe_ e Lady Butterfly]
Ma io, sposa diletta, non ho nessuno che mi scorti, non mio padre che mi regge orgoglioso e commosso, non ci sono sguardi ammaliati o felici che accompagnano la mia avanzata.
I nostri invitati sono solo coloro che ci stanno additando e, mentre percorro lenta questo corridoio, non ha importanza se ci sputano addosso, se ci urlano che siamo immorali, se non amano questa unione: io sono qui, sono di fronte a te, finalmente.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Coupables
Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Generi: Romantico, Drammatico, Introspettivo
Rating: Arancione
Avvertimenti: One-shot, Lime, What if? (E se ...)
Beta reading: Nacochan

-I personaggi di Naruto non mi appartengono, ma sono di proprietà esclusiva del suo creatore, Masashi Kishimoto. La fanfiction è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per il piacere di farlo.
Warming: questa fanfic tratta del tema delicato quale incesto tra cugini, per cui, se la cosa vi disturba o avete problemi nel leggere questo genere di cose, potetre tranquillamente chiudere la pagina, nessuno ve ne farà una colpa.

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Coupables

Roméo, pourquoi faut-il
Que l'on fasse
De notre histoire
Une comédie, une farce?*


Con un sospiro chiudo gli occhi.
Ormai ci siamo.
Ma non ho paura, per la prima volta in vita mia non ho paura di quello che mi aspetta, ne sono felice, invece.
Infinitamente felice.
L'avreste mai detto, padre?
E mi sento libera, sì.
Sono libera di fare quello che davvero più desidero.
Finalmente.
Niente più bugie o nascondigli.
Le mie labbra si piegano in un dolce sorriso.

Prendo delicatamente la tua mano e tasto, con le mie dita, la tua pelle.
Non sono mai state curate le tue mani.
Non hanno potuto, vero?
Questi segni, questi calli e questi tagli vivi o cicatrizzati, sono solo il frutto di tutti gli allenamenti ai quali ti sei sottoposto sin da bambino.
Ogni giorno passavi il tempo a sfidare te stesso pur di migliorarti e superare i tuoi limiti; ed io ti spiavo, ti ho sempre spiato: anche quando tu non potevi sospettarlo, anche quando tu mi odiavi.

Ogni qual volta che esse mi sfioravano lentamente quello che provavo era così forte da accendermi un fuoco dentro, che divampava lentamente, prepotente, che mi prendeva tutta, spingendomi ad abbandonarmi, inerte, vogliosa, pronta ad assaporare il frutto del nostro peccato.

Perché quello che noi chiamavamo amore, per gli altri non era altro che un raccapricciante, immorale, vomitevole e oltraggioso peccato.
La vergogna della nostra famiglia, il fango che avrebbe denigrato il buon nome degli Hyuga: ecco come saremmo stati considerati.
E noi lo sapevamo, per questo avevamo deciso di tenerlo nascosto; sarebbe stato il nostro segreto.
Nessuno ci avrebbe capiti, ci avrebbero solo giudicato senza capire cosa significasse per noi il sentimento che ci legava.
Lontano da tutto e tutti: solo noi e il desiderio, la passione e l'amore.

Non avremmo mai potuto vivere alla luce del sole capaci di librarci in cielo, con il peso della vergogna addosso, così ci siamo accontentati di vivere nelle tenebre.
L'oscurità sarebbe stata la nostra unica testimone.
Ed io non avrei mai avuto paura di essa, non dopo tutto quello che ha fatto per noi, silenziosa e posata, perché non ci ha mai giudicato, non ha mai chiesto il perché, ci ha solo vegliati.
Ed io la ringrazio, per tutto quello che ci ha donato.

Ed adesso è tutto finito, non è vero?
Siamo alla resa dei conti, ormai.
Accompagno quella mano sul mio viso, lasciando che essa inerme mi accarezzi il volto. Chiudo gli occhi e mi abbandono; e, non appena sento quelle dita premere sulle mie labbra, sospiro:
non resisto, non posso, non ne ho la forza, mi capisci? Capisci fino a che punto siamo arrivati? Te ne rendi conto?

Accompagno la mano sino al mio seno ma non la sento stringere, eppure lo vorrei, vorrei solo che tu mi toccassi... ti prego, toccami, fallo, adesso, stringilo forte, voglio sentirlo stretto tra le tue mani; ti prego, ne ho bisogno, ti scongiuro, non riesco a non volerlo.
Premo la tua mano sul mio petto, la stringo così forte che mi fa male, ma non importa: amo questo dolore se sei tu a provocarlo.
Il mio cuore batte furiosamente, lo senti? Senti come batte? No, vero?

Sono così disperata, afflitta, avvilita, che ho paura... sì, ho paura di me stessa.
Ne ho talmente tanta che mi sento male, mi sento mancare, sento come se delle mani gelide si posassero sul mio collo e stringessero, impedendo all’ossigeno di circolare, facendo così morire le mie difese, mentre le unghie si conficcano nella carne, affondando, come a voler aggiungere dolore al dolore.

Mi rendo conto di quando debole io sia dinnanzi a te, a come sia semplice spezzarmi, a come io sia talmente piegata dalla tua dipendenza da essere disposta anche ad umiliarmi pur di esserti sempre accanto, pur di sentirti, pur di sentirmi viva.
Ho bisogno di te, solo di te e nient'altro.

Riaccompagno la tua mano sulle mie labbra e inizio a baciarla dolcemente, ovunque, senza tralasciarne nessuna parte, ogni dito, ogni porzione di pelle.
Dalle mie labbra esce un suono labile, un sospiro roco.
E' così fredda la tua mano, amore mio, talmente fredda che vorrei che questi miei baci potessero scaldarti.

Ci hanno divisi amore mio e ridono: li senti come ridono?
No, tu non puoi sentirli, e di questo sono felice, mi dà sollievo, per quanto possa servire.
Quasi ti invidio, sai? Non senti come ridono, come sono felici di quello che ci hanno fatto.
Loro non possono capire, sono talmente superficiali da provare piacere dinnanzi al nostro dolore, ma manca ancora poco; non sanno che nessuno può dividerci.
Ridete, ridete pure, non servirà a nulla.

Non avevate nessun diritto di mettervi in mezzo, non sarebbe servito a nulla, non avete ancora capito che nessuno può dividerci?
Siete solo degli stolti, illusi.
Quello che voi chiamate amore interdetto rappresenta solo la purezza ed il candore del nostro essere.
E non mi pento, è tutto inutile, non mi pentirò mai di essermi donata a quest’uomo.
Non mi vergognerò mai di aver provato passione, desiderio, piacere, di essermi unita nel corpo così come nell'anima a lui.
Nessuno di voi ci impedirà di vivere e di amarci, nessuno di voi spegnerà la fiamma che regge la nostra vita.

Accarezzo dolcemente il tuo viso, scostando dalla fronte le ciocche castane, così in contrasto con il candore della tua pelle da renderla ancora più pallida.
Le mie dita tremanti lasciano spazio alle mie labbra, ti bacio la fronte, accarezzando con esse quel segno che tanto ti ha condannato in passato: il sigillo che ha sancito la tua appartenenza alla casata cadetta degli Hyuga.

Hanno sempre stabilito tutto della nostra vita, ogni singolo attimo era già stato deciso, e questo ci ha portato a credere che il destino avesse già tutto sotto controllo.
Noi non eravamo altro che burattini nelle sue mani.
Ci abbiamo creduto per così tanto tempo che abbiamo vissuto sotto la sua campana di vetro, mettendo da parte, scacciando via, tutti i nostri sogni e speranze, sino a quando siamo stati in grado di capire e di spezzare, una volta per tutte, quelle catene che ci imprigionavano dietro quel cognome che tanto abbiamo odiato.
Chiudo gli occhi, lasciandomi cullare dal ricordo della nostra ultima sera.

***

-Domani è il giorno...- Dico in un sussurro mentre le mie braccia si stringono attorno al mio addome.
Nonostante tutti gli sforzi e le attenzioni, non riuscimmo a mantenere segreta la nostra relazione a lungo, mio padre ci scoprì proprio quando le tue labbra si erano posate sulle mie e da allora non ci vide più. Doveva punirci, perché non eravamo altro che la delusione e la vergogna della nostra famiglia.
Ci avrebbe divisi disse, e l'avrebbe fatto nella maniera più dolorosa, sotto gli occhi di tutti i membri degli Hyuga. Tu saresti perito sotto le sue stesse mani, ed io avrei assistito alla tua caduta.

Sento freddo.

Tu sei lì.
Sei seduto sul letto, immobile, serio, e mi stai fissando così profondamente che mi sento come se mi stessi spogliando.
Improvvisamente le tue braccia percorrono le mie, ed io appoggio la mia testa sul tuo torace. Porti una delle mie lunghe ciocche vicino al tuo naso, ne inspiri il profumo di lavanda; ti è sempre piaciuto.
Ora non sento più freddo, mi sento così bene tra le tue braccia.
E così strano, sai? Non ho bisogno di dirti come mi senta o cosa voglia, perché tu sai perfettamente cosa fare.
Non sono importanti per noi le parole, esse perdono di significato nel momento in cui finiamo di pronunciarle, ma la presenza dell'uno per l'altro, quei piccoli gesti, quelle carezze, gli sguardi, i baci, gli abbracci, non fanno altro che suggellare in eterno quello che le parole spengono.
-Sei ancora in tempo per fuggire.- Mi dici accarezzandomi i capelli, lentamente.
-Tu fuggiresti?- Non mi rispondi ma so già quale potrebbe essere la tua risposta. Sorrido, la tua è anche la mia.

Siamo condannati.
La tua mano mi sfiora una gota, le tue labbra si piegano in un ghigno. Sto arrossendo; ti stupisce, non è vero?
Ti chiedi come possa ancora arrossire o imbarazzarmi dinnanzi al tuo tocco, ma per me è come se fosse la prima volta. Ogni volta per me è come la prima volta.
Le tue dita seguono il profilo del mio viso e, mentre la mia mano stringe la tua, chiudo gli occhi non appena le sento scendere sul mio collo, mentre le tue labbra mi baciano dietro l'orecchio.
Quando mi mordi il lobo, sospiro.
Sento quel bisogno di sentirmi sempre più vicina, di perdermi per te, in te.
E mi volti, permettendomi di fissarti negli occhi e vedervi dentro il lampo di desiderio che rende lucido persino il loro color perlaceo. E mi ci specchio dentro vedendo quello che tu leggi nei miei: passione, desiderio, perdizione... amore.
Non resisto più.
Mi alzo in punta di piedi e, fissandoti, restando imprigionata dentro lo splendore dei tuoi occhi, da dove oltre il desiderio io scorgo il dolore ed il senso di colpa, ti sorrido e scuoto la testa, come a farti capire che non devi colpevolizzarti di nulla, e ti bacio.

Dapprima il nostro bacio è timido e dolce, così diverso dai soliti. Tu non sei rude come sempre, non stai pretendendo di avere qualcosa da me, ed io non ho quella urgenza che mi preme ogni qualvolta le tue labbra si allontanano dalle mie... mi abbracci come ad incatenarmi a te.
Non temere, non me ne andrò.
Comincio a sentire il tuo desiderio ed io vorrei che anche tu avvertissi il mio.
E, quando la tua lingua penetra tra le mie labbra, sono pronta ad accoglierla: non c'è più spazio per la dolcezza, ma solo per la passione lacerante, il desiderio ardente, istinto carnale, eccitazione prorompente.
E mi abbandono a te, alle tue braccia, al tuo corpo, alla tua anima.
Mi baci, mi accarezzi, mi tocchi.
Le mani sul mio seno, sulle mie cosce, sulle braccia, sulle mani.
Le labbra tiepide che bruciano la mia pelle al loro passaggio.
I tuoi respiri rochi che mi infiammano e mi fanno inarcare sempre di più.
-Guardami!- Mi chiedi quando sei dentro di me. Ed io, sforzandomi, lo faccio.
Ogni tuo desiderio per me è un ordine.
Mi fissi, segui con i tuoi occhi il profilo dei miei. Accosti la tua fronte alla mia e prima di cominciare a muoverti dici: -Non mi pentirò mai di tutto questo.- Mi sorridi.
Sei così buffo, impacciato, non sorridi mai, tranne quando ghigni, ma ora stai sorridendo, quello che vedo è davvero un sorriso, sorridi per me.
E' il regalo più bello che potessi farmi: il tuo primo vero sorriso, dopo tanti anni, è per me; il tuo ultimo sorriso, dopo anni, è per me.
La consapevolezza di non poterti più sentire dentro di me, di avvertire il calore nascere e crescere, di unirci, di danzare con te, per te, si fa sempre più decisa.

Sento le lacrime premere per uscire, mi bruciano gli occhi, ed io non gli impedisco di scivolare via, mostro per la prima volta, dopo tanto tempo, le mie debolezze; e non mi importa, non mi importa se sto piangendo, se tu stai fissando il mio dolore, perché so, io lo so che tu provi la stessa cosa, lo so, lo sento.
Ogni singola lacrima rappresenta quello che noi proviamo: amarezza, angoscia, tormento.
Le prendi una per una con le tue labbra e cominci a muoverti, a spingerti sempre più in me, con quell'urgenza che ci lega, con quella forza che ti anima e che mi spinge ad assecondare le tue spinte.
E piango e poi rido, perché se da un lato so benissimo che questa sarà la nostra ultima notte di passione, dall'altro sono consapevole che finalmente potremmo vivere felici insieme per sempre.
Niente più rimpianti, niente più segreti.
E quando alla fine il desiderio esplode, lasciandoci esausti, stremati ma appagati, restiamo abbracciati, uniti, silenziosi, ascoltando i battiti dei nostri cuori impazziti e il rumore dei nostri respiri affannosi.
Ed ora siamo pronti.
-Attendiamo la nostra sorte.- mi dici baciandomi la fronte ed io mi stringo di più, vorrei potermi fondere con te.

***

La nostra ultima notte d'amore.
Per tutta la notte ci siamo concessi più di quello che potevamo.
Ed io sono felice di aver fatto l'amore con te, perché non è stato solo sesso, no, il nostro non era solo quello, noi abbiamo imparato a fare l'amore, abbiamo imparato a conoscerlo.
Perché, così come io ho donato la mia anima a te, tu silenzioso, l'hai donata a me. Ed io sarò in grado di custodirla.

Abbasso il mio viso, e ti guardo. I tuoi occhi sono chiusi ora, stai dormendo, finalmente non soffri più, e tra poco anche io cadrò in questo sonno eterno.
Aspettami, sto per arrivare.

Alzo gli occhi ed osservo uno dopo l'altro tutti quei volti che continuano a squadrarci con disgusto, con orrore, come se fossimo della sudicia feccia.
Posso leggere indistintamente su ciascuno di essi la nausea, la repulsione, la condanna, lo schifo... ma che cosa ne possono sapere loro, eh?
Nulla.

Mi fermo in particolare sugli occhi di colui che era un tempo mio padre ma che, non appena mi ha scoperto tra le braccia di suo nipote, mi ha disonorato, picchiata, sgridata, disconosciuta come sua figlia ed erede.
Egli stringe tra le braccia la sua figlia prediletta, colei che era mia sorella, che ci osserva anch'ella come se fossimo sbagliati.
Ma cosa ne vuoi sapere tu, Hanabi? Troppo legata a ciò che questa famiglia ti dice, rinchiusa nell'illusione e nella perfezione del suo buon nome.
Ma non ve lo permetto.
Non vi permetto di guardarci così. No, no e ancora no!
E' inutile padre che pretendiate rispetto, non sono più vostra figlia, l'avete detto anche voi.
Potete picchiarmi, rinchiudermi per mesi, isolarmi da lui, ma non servirà ad allontanarmi, non servirà a nulla.
Non potete dividerci.
E ridete padre, ridete pure, perché tra poco non farete altro che piegare il capo, sconfitto.

Voi vi siete macchiato del crimine di aver ucciso questo uomo innocente e non ve ne pentite.
Come riuscite a guardarvi ancora nello specchio?
Non avete un cuore?
Che fine ha fatto la vostra coscienza?
Possibile che il nome di questa famiglia sia più importante dell'essere umano? Dei sentimenti?

Vi siete presi il diritto di sfidarlo tre giorni fa.
Trascinato per i capelli, costretto a combattere contro di voi, costretto a difendersi ed attaccare. Lo sapevi che sarebbe perito, non avrebbe mai potuto battervi, nemmeno usando il Byakugan**, troppo forte per lui.

L'avete maltrattato, umiliato, pestato, ucciso sotto i miei occhi.
Ogni volta che la vostra lama affondava dentro di lui, voi ferivate anche me.
Ogni volta che un pugno colpiva il suo viso sentivo il dolore propagarmi dentro.
E se il suo sangue fuoriusciva, esso si depositava dentro le mie ferite.
Senza pietà, senza fermarvi a pensare, solo per il codice di questa famiglia maledetta, voi avete ucciso.
Siete felice di quello che avete fatto?
Vi sentite fiero, adesso?

Vi siete meravigliato, non è così?
Eravate convinto che sarebbe caduto e non si sarebbe mai più alzato al vostro primo colpo. Ma no, vi sbagliavate, non si sarebbe arreso facilmente; se doveva morire l'avrebbe fatto con onore, per me, per sé, per noi.

Pensavate che io vi implorassi di smetterla, di perdonarci, di lasciarlo vivo.
No, padre, vi sbagliavate ancora: non mi sarei umiliata così tanto. Ho promesso a Neji che sarei stata forte, mostrandomi dura e fredda. Ho mantenuto fede alla parola data. Lui deve essere sempre orgoglioso di me.

Quando l'ho visto crollare, esausto, ho avuto il coraggio di non abbandonarmi e di non svenire, sono corsa da lui a sorreggerlo, perché non avrei mai permesso di farlo cadere a terra, inerme e solo, abbandonato sotto i vostri piedi.
Le mie mani hanno toccato il suo sangue, le mie labbra lo hanno assaggiato.
-Arriverò tra poco.- Gli ho sussurrato prima di vedergli chiudere gli occhi.

Siamo qui, adesso.
Ci siete voi, i vostri sudditi e parenti che ci osservano.
Ci sei tu, amore mio. Ci sono io.
Quanto tempo è passato da quando tu hai chiuso gli occhi?
Non lo so, sembra un'eternità. Forse un’ora, o forse pochi minuti. Ma non importa ormai.
Vi guardo e sorrido, padre. E' arrivato il momento.
La mia mano, lenta ma decisa, afferra e stringe a sé una boccetta: la guardo, la esamino.
Veleno. Uno dei più potenti che esistano sulla terra. Una singola ed inutile goccia può essere letale; capace di mandarti dal Creatore in un battito di ciglia, senza che te ne renda conto. Forse non soffrirò, non lo so, e questo mi fa star male, mi fa sentire in colpa, perché so che morirò senza aver sentito lo stesso dolore, lo stesso tormento di colui che mi giace ai miei piedi.

-Potete dividerci nella vita, ma non nella morte!- Urlo con tutte le mie forze e così, senza ripensamenti, senza rimpianti, verso il contenuto della boccetta, tutto, fino all'ultima goccia, dentro la mia bocca.
E sento il contenuto di questo veleno scivolare lento dalle mie labbra, che adesso bruciano, alla mia gola, via via sempre di più, più giù... ti prego, fa in fretta, sussurro.

Mi sento come una sposina davanti alla Chiesa che attraversa lenta, emozionata, con gli occhi brillanti, il lungo corridoio che la separa dal suo sposo.
Sorride emozionata, bella nel suo abito lungo, brillante come una stella, osservata dai suoi invitati e retta dal padre che commosso sta per concedere la sua bambina a colui che la prenderà con sé per l'eternità.

Ma io, sposa diletta, non ho nessuno che mi scorti, non mio padre che mi regge orgoglioso e commosso, non ci sono sguardi ammaliati o felici che accompagnano la mia avanzata.
I nostri invitati sono solo coloro che ci stanno additando e, mentre percorro lenta questo corridoio, non ha importanza se ci sputano addosso, se ci urlano che siamo immorali, se non amano questa unione; io sono qui, sono di fronte a te, finalmente.

Tremo, lascio cadere a terra la boccetta che si rompe in mille pezzi, mi abbandono al tuo corpo, crollando sopra di te.
Sto morendo, padre, guardatemi morire.
Guardate cosa avete fatto.
Potete ancora ridere di noi?
Avete ucciso l'uomo che amo ed io lo raggiungo.
Mi piego verso le tue labbra.
Le tue labbra fredde contro le mie.
Chiudo gli occhi.
Ora anche io sono pronta per vivere in questo sonno eterno.
Arrivo Neji.


Tu alzi questo velo e mi fissi, depositando le tue labbra sulle mie.
Sei felice, non è vero?
Tutto sparisce, non c'è più nessuno,
non sento più le voci cattive che inveiscono contro di noi:
ci siamo solo noi.
Mi prendi la mano, baciando il palmo e la adagi dolcemente sul tuo cuore.


***

Ore dopo la loro esecuzione una guardia aveva consegnato al padre un diario, chiedendogli se anche esso doveva essere bruciato, così come il resto della roba dei due giovani.
Hiashi-sama, dopo averlo tolto dalla mano della guardia, prese a spogliarlo con l'espressione cupa, soffermandosi su l'ultima pagina. Con le dita sfiorò la data che riportava quelle parole, l'ultima pagina risaliva al giorno prima della loro morte.
Cominciò a leggere.

Caro diario,
So benissimo che mio padre ti leggerà, ma allora non potrà fare più nulla; sarà troppo tardi per tornare indietro.
Permettimi dunque di lasciargli qualche parola.

Ho preso la mia decisione e né Voi, né nessuno altro potrà fermarmi.
Domani, dopo l'esecuzione del mio unico amore, io lo raggiungerò. Sì, esatto, io mi toglierò la vita. Prenderò tra le mani questa boccetta che ora stringo con così tanto amore tra le mie mani e morirò.
Il veleno mi salverà uccidendomi e così io sarò finalmente libera, libera di amare il mio Neji, oltre le barriere del tempo e dello spazio, oltre la parentela che ci lega, oltre il vostro nome, padre.
Mi lascio morire.

Perché restare a invecchiare
In questo mondo dove non si è più.
Tutti hanno il diritto di scegliere
Quando colui che si ama si uccide per voi.
Non cercate di comprenderci
Non cercate più nulla da noi.

Vi lascio con il vostro odio
Ma lasciatemi andare lontano da voi.
Io, mi uccido per amore.(***)

Sono sempre stata una codarda per voi.
Ma voi non mi conoscevate affatto, non nel modo giusto.

Addio, Padre.
Scacco Matto.
Non ve lo aspettavate, vero?

Fine


---
Accidenti! Non avrei mai immaginato di arrivare prima *_*
Ringrazio _Pe_ e Lady Butterfly per aver indetto questo bellissimo contest e per avermi incoronata vincitrice! Vi ringrazio dal profondo del mio cuore!
Grazie anche a Izumi che mi ha aiutato betandomi la fanfic.

Grazie a tutti coloro che leggeranno.

Credits.

Il titolo significa Colpevoli, dal francese Coupables.
Piccoli accenni alla tragedia di Romeo e Giulietta di Shakespeare, beh più che altro la scelta del veleno!
-* Le poisson - Juliette, dal musical: Roméo et Juliette, de la haine à l'amour
-** Byakugan: Abilità Innata del clan Hyuga.
-*** Traduzione del testo: La mort de Juliette - Juliette, dal musical: Roméo et Juliette, de la haine à l'amour.
Entrambe le canzoni non mi appartengono ma sono di proprietà esclusiva del suo creatore, Gérard Presgurvic.

Di seguito le parole originali dei pezzi usati per la traduzione.

Pourquoi rester à vieillir
Dans ce monde où tu n'es plus
Est-ce qu'on a le droit de choisir
Quand celui qu'on aime pour vous se tue
Ne cherchez pas à nous comprendre
Ne cherchez plus rien de nous
Je vous laisse avec votre haine
Mais laissez-moi partir loin de vous
Moi, je meurs d'amour
Moi, je meurs d'amour


Grazie a tutti!

   
 
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