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Autore: MadCheshireCat    07/11/2013    1 recensioni
'Essere dimenticati dai proprio soldati, essere dimenticati dai propri nemici...Ma essere dimenticati da qualcuno che consideri importante é terribile.' Post-Poseidon Arc. Julian scopre che sentirsi mortale non é poi così divertente, men che meno quando senti che le emozioni ti influenzano più del dovuto.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Poseidon Julian Solo, Siren Sorrento
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono stupita nel constatare che questa coppia é praticamente invisibile. Ad un certo punto mi sono detta che dovevo contribuire in qualche modo e invece che godermi la pausa tra una lezione e l'altra, mi sono messa a scrivere su un blocco per appunti.

L'ho riletta almeno un paio di volte, ma se qualche errore m'é scappato, avvertitemi, eh! Ora alla storia- Enjoy!

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Poteva sentire i flutti che si infrangevano furiosi sul litorale, il vento che ululava fuori dalla finestra, eppure non era quello che gli impediva di prendere sonno: per quanto gli riguardava, il mondo poteva crollare e collassare su sé stesso, poco gli sarebbe importato.
Alla fine non era forse stato il suo sogno, quello di vedere i continenti sommersi, ripuliti da ciò lo infestava? Un sogno che, a parere suo, era naufragato troppo in fretta. Aveva ormai perso il conto delle giornate passate lì dentro, in quel faro accanto all’oceano impetuoso che ora non gli apparteneva più.

Faticava a distinguere un giorno dall’altro, la monotonia era ciò che lo trascinava mollamente fino al momento in cui gli era permesso di chiuedere gli occhi e dormire. In quell’ammasso informe che ormai era diventata la sua vita, riusciva a riconoscere un momento ricorrente durante il quale era in grado di sentirsi ancora una persona. Inconsciamente contava i giorni, attendeva con finta serenità il momento in cui avrebbe sentito bussare alla porta. Nessuno lo veniva a trovare, nessuno tranne l’unica persona che, insieme a lui e Kanon, era sopravissuta. Sorrento aveva continuato a seguirlo da lontano, senza mai perderlo di vista, finché un giorno aveva deciso di parlargli di persona. Julian era felice, anche se non riusciva a dimostrarlo, ma almeno aveva un motivo per attendere con impazienza il 21 di ogni mese, sapendo che quel giorno avrebbe ricevuto una visita più che gradita.

In più, non poteva fare a meno di essere più allegro del solito sapendo che il loro prossimo incontro sarebbe stato sicuramente più speciale degli altri. Il 21 di Marzo era il suo compleanno e sicuramente Sorrento aveva pensato a qualcosa. E guarda caso, il 21 cadeva proprio quel giorno.

Non si stupì quando sentì battere alla sua porta, ma l’insistenza con cui il ragazzo stava bussando lo lasciò un po’ perplesso, dato che non era da lui avere tanta fretta. Aprì la porta con un sorriso che durò tristemente poco, poiché di fronte a lui non c’era un giovane sorridente con il suo flauto a tracolla, bensì un vecchio che teneva in mano una busta, ciancicando qualcosa in una lingua che non gli era ben chiara.

Il disappunto era più che chiaro sul volto di Julian che, senza proferire alcuna parola né di irritazione né di ringraziamento, strappò la busta dalla mano per poi sbattergli la porta in faccia. Era irritato, come mai in vita sua: si sentiva tradito, come se qualcuno gli avesse appena sferrato un sonoro pugno nello stomaco all’improvviso, senza motivo. Possibile che persino Sorrento l’avesse dimenticato?

Sentì il mondo mancargli sotto i piedi, tanto che finì col crollare sulla sua poltrona, tenendosi la testa con la mano destra, fissando con insistenza quasi ossessiva la porta che, dopo l’arrivo del ‘postino’ non era più stata toccata: non voleva crederci, semplicemente non accettava che anche l’austriaco l’avesse dimenticato lì, come un brutto ricordo che viene rimosso e piazzato nel luogo più distante dalla propria mente. Passarono le ore, ma Julian non si mosse finché le stelle non furono alte in cielo ed i suoi sensi davano i primi segni di cedimento.

Abbattuto più di quanto non s’aspettasse, il giovane uomo si trascinò verso il proprio letto, senza nemmeno cambiarsi di abito. Si sentiva spossato, vuoto- Non aveva voglia di perdere tempo, mettersi il pigiama l’avrebbe semplicemente costretto a rimanere sveglio più del dovuto. Dov’era finito il grande possessore del potere del Dio dei Mari? Era rimasto solo l’umano. Di divino, non c’era niente, se non la solitudine. Divina nel senso che aveva dimensioni ragguardevoli, poco adatta ad un mero essere umano.

Il sonno oscurò la sua visione prima che potesse anche soltanto ripensare alla giornata che sarebbe dovuta essere la migliore, ma che si é ridotta a quello: un uomo solo, abbandonato su di un letto.

Contro ogni aspettativa e previsione, quella notte si scatenò una tempesta non indifferente, era come se il tempo atmosferico ancora riflettesse lo stato d’animo di quello che un tempo era una divinità. Tuttavia, il tempo orribile non impedì ad una certa persona di arrivare lì nel cuore della notte, fradicio, gocciolante ed estremamente in ritardo. Fu felice di essersi fatto fare una copia delle chiavi del faro, altrimenti sarebbe stato costretto a rimanere bloccato di fuori sotto la pioggia battente.

Sorrento sgattaiolò all’interno della stanza di Julian, trovandolo completamente allungato sul letto, con un’espressione contrita in volto. Il flautista si sentì leggermente in colpa, ma sapeva come farsi perdonare o almeno sperava di saperlo. Mise giù il flauto e il pacchetto che si era portato a dietro fino a lì, in modo da avere le mani libere per sistemare il giovane meglio sul letto, infilandosi poi lì accanto.

"Penso che il regalo te lo darò domani, insieme ad un sacco di spiegazioni. Scusami, Julian, non volevo lasciarti da solo." il musicista baciò la fronte dell ex-divinità che non diede segno di essersene nemmeno accorto. Sospirando, Sorrento prese la coperta e la tirò sopra di loro, addormentandosi senza nemmeno accorgesi che la tempesta era sparita tanto velocemente quanto era comparsa.

  
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