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Autore: juniper_goblinfly    08/11/2013    4 recensioni
Questo testo nasce per un concorso di scrittura per il Comicon di Milano ( trovate tutte le info aprendo la fanfiction).
C'č dolore pił grande della morte del tuo migliore amico? Se fosse anche la persona che ami di pił al mondo?
" Non esiste qualcosa che ferisca pił dei bei ricordi, per cui cerca di dimenticarti di me. " [ cit.]
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CONCORSO SCRITUTTRA: Sherlock bbc
Comicon Milano 2013
~ Uno Studio In Sherlock Holmes
Scritto per: Sherlock Holmes- The game is afoot

KEEP WATCHING OVER MY SOUL

Aprģ gli occhi lentamente, perchč colpiti dalla luce che entrava dalla finestra. Il sole era gią piuttosto alto e scaldava i loro corpi ancora distesi sotto le coperte. John sorrise, sfiorando le labbra rosee, socchiuse, del detective. In risposta Sherlock gli si strinse maggiormente al petto, senza peró mai spostare la mano da sopra la cicatrice sulla spalla di John. Lo aveva sempre fatto da quando avevano iniziato a dormire assieme, ovvero dopo i tre anni in cui Sherlock si era finto morto. 
Il dottore ricordava perfettamente quel giorno. 
Pioveva e lui era rientrato a notte fonda dal lavoro, sotto una pioggia fredda e violenta. Avrebbe dormito al 221b perchč la vecchia governante aveva bisogno di lui, perció salģ le scale, anche se riluttante. Appena mise piede nel minuscolo soggiorno, un lampo lo illuminó dalle finestre aperte. In quel millesimo di secondo il suo mondo si fermó. Difronte a lui, a dargli le spalle, c'era una figura alta, riccia e dagli occhi chiarissimi. Lasció cadere la giacca che teneva tra le mani. 
- Sh-sherlock... -
Dovette sorreggersi al muro mentre il bruno gli indicó una tazza di tea caldo e gli rivolse un sorriso sincero. 
- Perdonami, John- 
Il soldato strinse i denti, inasprendo il suo sguardo. Chiuse i pugni fino a far sbiancare le nocche e sentire la pelle scricchiolare; anche il respiro si fece pił affannoso per la rabbia.
- Tu, lurido maledetto!- 
Gli puntó un dito contro, per poi avvicinarsi e afferrare Sherlock per il bavero della giacca. 
- Hai idea di cosa mi hai fatto passare?!-
Era lģ, Sherlock era lģ perchč poteva toccarlo, ma la rabbia superava lo stupore e la felicitą. 
- Era necessario...-
- Necessario?!- 
Non riuscģ a trattenersi, il biondo, e lo colpģ in pieno volto. Subito il sangue coló dal naso del riccio, fino al mento e sulla camicia perfettamente stirata. Non si mosse, rimase immobile, con la testa bassa, quasi rassegnato. Se possibile, quel comportamento fece infuriare ancora di pił John, che alzó il braccio per sferrargli un nuovo pugno, ma questa volta Sherlock alzó una mano, ad afferrare quella dell'altro. Probabilmente, nella sua testa, il detective sapeva gią da molto prima che avrebbe reagito cosģ. John lo guardó, facendo una smorfia, ritraendo e rilassando i pugni, cosģ come ogni fibra del corpo. 
- Ti odio... -
Sussurró e gli circondó il collo con le braccia, sentendo gli occhi pizzicare. Le lacrime scesero senza sosta, sotto lo sguardo di uno Sherlock sgomento e confuso -per la prima volta.
- Ti odio...-
Ripetč John, posando le labbra su quelle del bruno che si irrigidģ all'istante. Il detective ricambió impacciato e il sapore del sangue si spanse nelle loro bocche. 
- Lo so...- 
Sospiró il riccio in quel bacio, quasi disperato e che valeva per loro pił di qualsiasi altra parola, pił di qualsiasi altra cosa. Troppo tempo entrambi erano rimasti nascosti dietro la loro maschera, uno del soldato fiero e retto; l'altro nel suo comportamento freddo e distaccato. Eppure erano bastati pochi secondi perchč queste maschere si infrangessero a terra, in mille pezzi, lasciando finalmente che realmente vivessero la loro vita, esattamente come la volevano. 
Quando si separarono John si asciugó le lacrime, sorridendo nervoso. 
Era iniziato cosģ, in un modo tanto semplice che ancora lo confondeva. Quando riabbassņ gli occhi sul consulente detective, vide che questo lo stava osservando, sorridendo. 
- Sempre perso nei ricordi, vero?- 
Gli diede un buffetto sul mento, mente l'altro, che lo circondava con le braccia forti, le spalle larghe e il petto ampio, giocava con i ricci sparsi sul cuscino. 
- Sempre...-
- Eppure secondo me dovresti guardare solamente avanti...-
- E dimenticare il giorno in cui sei tornato? -
- Si... Insomma, tutto il male che ti ho fatto...- 
- Fa parte della nostra vita, no? -
- Si, ma... -
- Niente ma! - Sorrise - Devo andare a lavorare, comunque, ci vediamo questa sera, ok?- 
Successe poi tutto improvvisamente. Verso sera Sherlock ricevette una telefonata e rispose, seccato perchč lo avevano distolto dalle sue analisi su un campione di sangue. Gli mancó il respiro sentendo all'altro capo la voce di Lestrade e alle sue parole lasció cadere il vetrino che stringeva tra le dita, permettendo che si infrangesse a terra. Uscģ di corsa e in pochi minuti fu all'ospedale, in preda ad un panico totale che gli intorpidiva il corpo. Pensava solo a John, solo a lui, fino a quando non trovó la sua stanza e il biondo sdraiato su uno dei lettini, solo e collegato a molti, troppi, fili. Avvicinandosi notó immediatamente la ferita sul petto e la grande macchia rossa che si allargava sotto le bende candide. Gli occhi color del ghiaccio del riccio si inumidirono e non riuscģ pił a reggersi sulle gambe. Crolló accanto al letto, su uno sgabello, stringendo una mano di John e seppellendo il viso contro il suo fianco, senza riuscire e fermare il violento tremito che gli scuoteva le spalle. 
Il biondo lo guardó con gli occhi stanchi e socchiusi, passandogli una mano tra i capelli, per l'ultima volta, come sapevano bene entrambi. Il soldato era sicuro che Sherlock avesse capito subito come erano andate le cose e si risparmió di spiegarglielo, sorridendogli invece. 
- E-ehi... Sono felice che... Tu sia qui... - 
- Non parlare, devi riposare, ti prego... -
John scosse la testa - Non... Non mi riprenderó, lo sai...-.
Sherlock abbassņ la testa - Non č vero! Non puoi lasciarmi!-
Il medico sorrise ancora una volta, facendolo avvicinare per dargli un bacio leggero sulle labbra e sussurrargli le due parole che non erano mai riusciti a dirsi prima. Ti amo. Poi chiuse gli occhi. Sherlock lo scosse, urló con tutto il fiato che aveva in corpo, fino a quando alcuni medici non accorsero per portarlo via a forza. Combattč, il detective, tra le lacrime, perchč non poteva lasciare il suo uomo, il suo migliore amico, solo. Ma alla fine dovette arrendersi. 
In seguito, dopo il funerale a cui parteciparono pochi intimi, cominció a recarsi alla lapide di John tutte le settimane, portando un mazzo di iris che il dottore adorava. E ogni stramaledetta volta provava lo stesso logorante dolore di quel giorno. Fu solo un anno e mezzo dopo, in seguito a notti passate a pregare un Dio che probabilmente non esisteva se gli aveva strappato via il cuore in un modo tanto orribile, che una mano gli si posó su una spalla. Sherlock teneva la testa bassa davanti alla lapide chiara, ma si voltó comunque, controvoglia. 
Si trovó davanti due occhi come mare in tempesta e quel sorriso che aveva ormai dimenticato. 
- John...-
Era davanti a lui, in carne ed ossa, vivo! Ma era semplicemente impossibile, a meno che... 
- Sherlock, come ci si sente quando la persona che ami ti lascia in un modo tanto orribile?- 
  
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