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Autore: Aleena    08/11/2013    2 recensioni
Shasta, un drow dalle grandi ambizioni, intesse una relazione proibita con Kania che lo porterà davanti al giudizio della sua Dea. La sua condanna all'eterno dolore, però, si trasforma nell'occasione di potere e di libertà che per tutta la vita aveva, inconsapevolmente, atteso.
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1a Classificata al contest "Imprisonment: because there isn't only happiness in our life" indetto da Visbs e Tallu_chan sul forum di EFP.
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I fantasmi di Che'el Phish'
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XI - FINE
 
 
  Shasta rincasò due giorni dopo la firma della pace, passando attraverso le ombre del giardino stranamente vuoto, con un’ampolla di sangue nuova appesa al fianco; l’ultima. Gabriel lo attendeva, nascosto all’ombra di una quercia dai rami cadenti, piegati dall’età e dal vento caldo del deserto.
«Sei rincasato, finalmente. Temevo che quella succube avesse creato… complicazioni.»
«Non si è presentata, come avevi previsto, ma è stata stupida: ha lasciato che scoprissi dove alloggiava» disse Shasta, e allungò una mano a tendere l’ampolla. Il sangue al suo interno era di una consistenza strana, come fosse un liquido sul punto di volatilizzarsi. Strane correnti lo attraversavano, mischiandolo. «Che ve ne farete, mio signore?»
«Il sangue di quella femmina contiene l’essenza di Celydo. L’unico potere che valesse avere era il suo. E forse…» Gabriel lasciò la frase a metà, il volto acceso da una brama innaturale. Chiuse gli occhi e portò alle labbra il sangue della succuba, bevendolo in un solo sorso, quasi temesse potesse esservi del veleno.
Non accadde nulla.
«Padrone?» domandò Shasta, avvicinandosi di un passo. Gabriel sorrideva, gli occhi chiusi rivolti al cielo stellato sopra la sua testa.
«A me» disse Gabriel, mantenendo la posizione, e all’improvviso le forze di Shasta vennero meno: i muscoli cedettero, improvvisamente svuotati del loro vigore, mentre dalla sua gola qualcosa scivolava via, verso la figura del vampiro.
«Gabr…» cominciò Shasta, ma un brusco cenno dell’altro lo interruppe.
«Taci. Quando mai ti ho dato licenza di prenderti simili libertà, servo?» il suo tono era brusco, la voce impastata di soddisfazione «Ha funzionato, vedi? La tua vita… la sento scorrere in me, come un tempo. Come quando anche io…» s’interruppe e Shasta comprese.
«Lei… non era viva… Celydo…. Non avrebbe potuto rubare la vita ad uno spettro…»
«Un lavoro che solo quella femmina poteva fare, si. Ed ora l’illusione della vita e mia. Poter godere di ogni desiderio, ogni sapore, ogni colore… ogni luce! Senza dover rinunciare alla mia natura. Capisci?» domandò a nessuno in particolare, ebbro com’era.
«E la mia vita?»
«Conosci la verità amore mio. Devo chiuderti la bocca.» disse Gabriel con tenerezza, avvicinandosi a lui. Aveva le zanne snudate, l’espressione bramosa in volto – e Shasta rivide nel suo viso il sé stesso di un tempo, quello che aveva sperato nella morte di Kania per salvare la propria vita. Un volto senza pietà.
«Peccato, eri davvero un esemplare delizioso, amore mio. Così ingenuo, così stupidamente piano di te, così disperatamente convinto. Come se quelli come noi potessero avere altro che la supremazia. Capisci, non è vero?» aveva parlato lentamente, avvicinandosi pian piano a Shasta che, incapacitato a muoversi, aveva solo potuto osservare in volto la propria morte.
Quando i canini perforarono la pelle non ci fu piacere, né selvaggio desiderio. Solo dolore, infinito, come di mille pezzetti di ferro che rovistassero a fondo nelle sue vene, graffiandole. Shasta chinò la testa, facendola cadere sul braccio di Gabriel che, avvolto dalla brama del pasto, non sene rese neppure conto. Il dolore durò un istante – o forse una vita intera – poi la coscienza si affievolì al ritmo cadente del battito cardiaco.
«Solo il potere conta, mio caro. Né l’amore, né il rispetto, né le azioni: solo il potere, il valore del tuo nome.» disse il vampiro e su alzò, lasciando il corpo riverso a terra, all’ombra della grande quercia, dove sicuramente qualche servo l’avrebbe trovato e poi gettato.
Mentre rientrava in casa, Gabriel l’aveva già dimenticato: toccandosi il braccio dove i denti dell’altro erano affondati, cercando di soffocare il dolore che sapeva avergli inflitto, il vampiro non fece caso ai segni del morso che pian piano si rimarginavano, come non aveva prestato attenzione al rossore innaturale della labbra di Shasta. 
 
 
 

Piccolo Spazio-me: Ed eccoci alla fine :) Volevo ringraziare chi ha seguitola storia fin qui e dirvi che, si, avevo previsto che questo piccolo esperimento avesse una seconda parte, per cui avevo lasciato un finale un po’ aperto… Spero di riuscire a metterlo su carta prima o poi :D le tempistiche non sono il mio forte, come si può vedere dal tempo che è passato tra un capitolo e l’altro.
Grazie ancora :)  
  
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