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Autore: MandyCri    08/11/2013    11 recensioni
Un insegnante di matematica e un’alunna.
Un ragazzo scrupoloso. Una ragazza scellerata.
Un uomo di umili origini e una donna dell’alta società.
Due mondi completamente diversi che si intersecano e si uniscono come nella più banale delle addizioni.
La matematica non è un’opinione e il risultato di uno più uno è sempre due.
Un amore difficile, tenero e divertente.
Josh e Ilary si scontreranno in uno dei più famosi luoghi comuni: Teach & Love.
Ideata e scritta per il contest "Teach & Love"
Prima classificata.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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CAPITOLO 1
 
Josh Carper si sistemò gli occhiali che gli erano scesi, per l’ennesima volta, sulla punta del naso.
Fece due lunghi sospiri, ma non trovò il coraggio di entrare.
Era il suo primo giorno di scuola e, dalle urla che provenivano dalla classe in cui avrebbe tenuto la sua prima lezione, non sarebbe stata di certo una passeggiata.
Sospirò ancora.
Quando Mr. Gyll, il preside del liceo privato della sua città, l’aveva chiamato per comunicargli che, tra tutti i candidati, era stato scelto lui come docente di matematica, gli era quasi venuto un infarto dall’emozione e c’era mancato poco che si fosse messo a piangere.
Aveva abbracciato sua madre con l’entusiasmo di un bambino e si era convinto che, finalmente, per lui e la donna che l’aveva messo al mondo ventisette anni prima, fossero finiti i momenti bui, i sacrifici e le rinunce.
Non che Josh avesse avuto un’infanzia difficile.
Sua madre aveva lavorato giorno e notte, risparmiando ogni centesimo per garantirgli vestiti sempre nuovi e un’istruzione adeguata, dopo che il padre se ne era andato, lasciandola senza un soldo.
Sarah Carper aveva lavorato sodo per mandarlo al college e lui si era sempre impegnato al massimo per premiare gli sforzi di sua madre, tant’è che si era laureato con il massimo dei voti, la lode e un encomio speciale.
Era riuscito a laurearsi grazie a lei, alle borse di studio e ai suoi mille lavoretti dopo scuola. Il tutto gli aveva permesso di portare a termine il college.
Non appena aveva finito l’università e dato l’esame per l’abitazione all’insegnamento, aveva contattato tutte le scuole della contea e inviato loro il suo curriculum.
Una volta tanto, la fortuna si era girata dalla parte giusta e aveva scelto lui.
Cosa chiedere di meglio se non insegnare al liceo più in vista della propria città?
In quel modo, avrebbe potuto aiutare la madre economicamente e, vivendo con Sarah, risparmiare i soldi che sarebbero stati destinati invece ad una stanza o un piccolo appartamento in un’altra città, senza contare che lo stipendio era, decisamente, superiore a quello di un liceo pubblico.
Josh si riteneva veramente fortunato.
Tuttavia, in quel momento, si sentì assalito dal panico.
Lui aveva frequentato il liceo pubblico.
Non aveva mai avuto a che fare con la gente ricca e, ai suoi tempi, aveva guardato, con una certa distanza e diffidenza, i figli di papà che frequentavano proprio quello stesso liceo in cui adesso si apprestava ad insegnare.
Non aveva mai interagito con quell’élite e ora non sapeva proprio come comportarsi, nemmeno adesso che era adulto e laureato.
Quella mattina aveva indossato un paio di jeans scuri e la camicia nuova comprata apposta per l’occasione, giusto per non sentirsi diverso. Invece, entrando a scuola, si era sentito completamente fuori luogo.
Tutti gli insegnati erano vestiti in modo impeccabile, elegante ed estremamente severo.
Sapeva che la maggior parte di loro erano persone come lui, ma nonostante questo, si era sentito diverso.
Deglutì due o tre volte e, finalmente, prese coraggio ed entrò.
Non appena fece il suo ingresso in classe, gli alunni ammutolirono scrutandolo con curiosità, forse per la sua giovane età e si sedettero composti ai loro posti.
Josh fece loro un sorriso tirato e si presentò – Buon giorno a tutti. Io sono Josh Carper, il vostro nuovo insegnante di matematica – disse, scrivendo in uno stampatello ordinato il suo nome alla lavagna.
La classe lo salutò in coro – Buon giorno professor Carper.
Si sedette quindi sulla sua sedia e guardò pensieroso il registro.
Scorse tutti i nomi della lista mentalmente, come se questi potessero suggerirgli qualcosa, poi cominciò a fare l’appello.
Ovviamente, molti cognomi gli erano familiari.
Parecchi di quei ragazzi erano figli degli uomini e delle donne più in vista della città.
Cercò di memorizzare i visi ad uno ad uno, chiamandoli.
- Ilary Santhel – pronunciò curioso.
Tyler Santhel era il più potente uomo politico della Contea, si mormorava che, nel giro di qualche anno, si sarebbe candidato alla casa bianca.
Una ragazza dai lunghi capelli scuri, con gli occhi neri e un’abbronzata perfetta alzò la mano annoiata – Presente – biascicò, masticando una gomma.
Josh si risentì subito.
Razza di una maleducata, viziata, egoista, figlia di papà!
Nessuno aveva insegnato a quella ragazzina a portare rispetto alle persone più anziane e con una carica superiore (almeno in quel momento) rispetto a lei?
- Miss Santhel sarebbe così gentile da sputare quella gomma? – chiese acidamente.
La ragazza per tutta risposta fece una grossa bolla e la fece scoppiare con uno schiocco sonoro, provocando l’ilarità di tutta la classe.
Josh si alzò in tutto il suo metro e novanta e si diresse con fare autoritario verso il banco della ragazza.
- Sputi quella gomma. Immediatamente! – ordinò, tendendogli il palmo della mano sotto la faccia.
La ragazza lo fissò perplessa e inarcò un sopracciglio – Dice sul serio? – chiese perplessa.
- Si. Dico sul serio! – rispose lapidario.
Ilary Santhel fece spallucce e si avvicinò con il viso alla sua mano, poi aprì la bocca e fece scendere la gomma da masticare, titubante.
Josh spalancò gli occhi incredulo e schifato.
Non era certo questo che aveva in mente, quando le aveva ordinato di sputarla.
Doveva prendere un foglio di carta e metterla dentro, non espellerla sulla sua mano!
Assottigliò lo sguardo e con eleganza strappò una pagina dal quaderno che la ragazza teneva sul banco, si pulì la mano e appallottolò il foglio.
Si diresse verso la cattedra con la schiena ben dritta, fece canestro, centrando perfettamente il cestino con la pallottolina di carta e poi si accomodò con fare non curante sulla sua sedia.
Si stiracchiò e poi sorrise diabolico – Miss Santhel. Alla lavagna – disse perentorio, senza nemmeno concludere l’appello.
- Ma non è giusto! Perché? – protestò la ragazza.
- Ho bisogno di sapere a che punto siete con il programma e lei sarà così gentile da espormelo – rispose, guardandola dritta negli occhi.
- È stato lei a dirmi di sputare la cicca e, se ricorda bene, io le ho chiesto se stava dicendo sul serio!
- Miss Santhel… alla lavagna! – ordinò.
- Mi mette il voto? – chiese astiosa.
- Certo! – rispose, sentendosi potente per la prima volta da quando aveva fatto il suo ingresso in quella classe.
- Non è giusto! È il primo giorno di scuola – contestò lei.
- Non mi sembra sia nella posizione di discutere con me, Miss Santhel. Avanti, non si faccia pregare. Deve solo farmi un resoconto di dove siete arrivati l’anno scorso in modo che io possa sapere a che livello siete – aggrottò la fronte – Allora viene o no? Io le consiglio di uscire, perché se decidesse di restare al suo posto, sarei costretto a metterle un impreparato.
La ragazza biascicò qualcosa che non riuscì a capire e, borbottando, si alzò.
Josh aprì leggermente gli occhi, quando lei gli si avvicinò.
Avvertì il flusso sanguigno sprigionarsi nelle parte bassi, in modo al quanto pericoloso.
Si agitò sulla sedia e cercò di pensare alla matematica.
Quando era entrato a scuola aveva notato che tutti gli alunni indossavano delle divise, forse per distinguersi dai licei pubblici dove l’uniforme non esisteva.
Le ragazze portavano una gonna scozzese blu e verde lunga al ginocchio, una camicia bianca e un golfino blu, mentre i ragazzi indossavano pantaloni eleganti blu scuro, camicia bianca, cravatta verde e un maglioncino blu.
Tuttavia la gonna di quella ragazza sembrava decisamente più corta rispetto allo standard che aveva riscontrato nei corridoi.
Le belle gambe erano indubbiamente in mostra e alla gonna mancavano almeno venti centimetri di stoffa per arrivare al ginocchio, senza contare che almeno quattro bottoni della camicia erano sciolti e Josh vedeva chiaramente la parte finale del reggiseno, senza voler sottolineare tutto il resto.
Distolse lo sguardo e cominciò a scartabellare tutti gli appunti che Msr Wilson, colei che l’aveva preceduto, gli aveva lasciato in eredità.
Cosa gli era venuto in mente di chiamarla alla lavagna?
Cominciò a sudare freddo.
Cristo Santo! Lui era il professore!
Si sistemò sulla sedia, palesando una sicurezza che non aveva in quel momento e accavallò le gambe – La donna che le fa il bucato ha avuto dei problemi, Miss Santhel? – chiese spavaldo, indicando con la penna la gonna.
Ilary lo fissò dubbiosa – Non capisco a cosa si stia riferendo – rispose lei, scostandosi i lunghi capelli scuri da viso.
- Sembra che i suoi vestiti si siano ristretti – chiarì lui, ammiccando.
La ragazza spalancò i grandi occhi neri e arrossì leggermente, ma non disse nulla.
- Deve dire alla sua cameriera di stare più attenta la prossima volta, ne va della sua integrità morale e reputazione. Chissà cosa ne penserebbe il preside se vedesse la sua uniforme – continuò imperterrito.
Ilary arrossì ancora di più – Glielo dirò – disse con fierezza.
Josh sorrise sornione – Ne sono sicuro – acconsentì – Allora, veniamo a noi…
 
***
 
Voleva morire!
Non solo non era preparata e avrebbe preso un brutto voto, ma quello scimmione le aveva appena fatto fare una gran brutta figura davanti a tutti i suoi compagni.
Quando l’aveva visto entrare, quasi non aveva creduto ai suoi occhi.
Da quando il preside Gyll arruolava professori così giovani e dall’aspetto così gradevole?
Mr. Carper era un bel ragazzo.
Biondo, occhi scuri, alto e con un corpo decisamente non da insegnante di matematica!
In comune con lo stereotipo del professore di matematica standard, Mr. Carper aveva solo gli occhiali.
Peccato, perché gli nascondevano il bel viso, magari con delle lenti a contatto…
Quando l’aveva rimproverata per la gomma da masticare, aveva fatto la bolla e in seguito,  scoppiata, per attivare la sua attenzione e cavoli se ci era riuscita, ma non nella maniera che, però, si era augurata!
L’aveva ridicolizzata davanti a tutti.
Prima di entrare in classe, si era rifugiata in bagno e si era arrotolata la gonna e slacciato i bottoni della camicetta per farsi notare da Christopher Reed, il ragazzo più affascinante di tutta la classe che l’aveva mollata per Linda Scott, la compagna secchiona, proprio l’estate appena trascorsa.
Voleva fargli capire a cosa aveva rinunciato e invece?
Lo scimmione era riuscito a capovolgere la situazione, rendendo vani i suoi sforzi di apparire come una dame fatale!
Ilary scosse la testa decisa.
Non era quello il momento per pensare a certe cose.
Guardò spaesata i compagni in cerca di qualche aiuto.
Lei non sapeva nulla di matematica.
La professoressa Wilson le anticipava sempre il giorno in cui l’avrebbe interrogata e, in modo velato, le suggeriva anche gli argomenti da studiare e questo grazie all’amicizia che la legava a suo padre.
Adesso era arrivato questo professorino dei suoi stivali che le avrebbe abbassato la media.
Accidenti a lui!
Cercò in tutti i modi di destreggiarsi con gli esercizi.
I risultati furono penosi, ovviamente.
- Vada al suo posto Miss Santhel. Ho capito. Ci sarà molto da lavorare se anche gli altri suoi colleghi sono al suo livello. Ah… e si faccia dare una divisa nuova, quella, mi sembra, sia troppo piccola per lei… – disse il professore compiaciuto, tra il divertimento generale.
Maledetto bastardo!
Tornò, quindi, al suo banco con la testa bassa e la coda tra le gambe.
- Me la pagherà – sussurrò alla sua compagna e fidata amica Christine.
- Però è un figo pazzesco – le rispose la ragazza con aria sognante.
Ilary grugnì indispettita.
Seguì il resto della lezione distrattamente.
Doveva assolutamente trovare il modo per rimediare a quella figuraccia e, soprattutto, recuperare il brutto voto, perché era palese che la sua interrogazione non fosse andata bene.
Quando, finalmente, la campanella suonò, tutti i suoi compagni si alzarono di scatto e uscirono dall’aula.
- Christine tu vai pure, io ti raggiungo tra poco – disse all’amica che la stava aspettando.
Quando l’aula fu deserta si avvicinò titubante al professore, ormai divenuto suo acerrimo nemico.
- Mr. Carper… - chiamò gentilmente.
Il ragazzo alzò gli occhi e si sistemò gli occhiali neri sul naso – Mi dica Miss Santhel.
- Posso sapere che voto mi ha messo? – chiese timorosa.
Il professore assottigliò lo sguardo – Non è andata bene. Sarà meglio che lei incominci a studiare seriamente – rispose lui integerrimo.
Ilary si morse l’interno della guancia – Davvero mi ha dato il voto? – domandò speranzosa.
Josh Carper appoggiò i gomiti sulla cattedra e unì le mani, appoggiò la fronte su di esse e poi alzò gli occhi, puntandoglieli contro – Miss Santhel cosa vuole? – chiese esasperato.
- Tra due settimane mio padre darà una festa a casa nostra. Lo fa ogni anno all’inizio della scuola. Invita tutti i professori, il preside e le famiglie degli alunni. È invitato anche lei – disse ritrovando la sua innata sicurezza.
- È un modo per comprarmi? – asserì lui scettico.
Ilary sentì il sangue ribollirle nel cervello.
Brutto scimmione!
- È un modo per cominciare in armonia l’anno scolastico! – rispose arrabbiata.
Josh le sorrise sornione – A me sembra un modo velato per arruffianarsi il corpo docente – affermò sibillino.
Ilary lo fissò storta – Allora non inviteremmo anche gli altri studenti e relativi genitori – dichiarò con aria di sfida – Ognuno è libero di parlare con i professori. È solo una festa, Mr. Carper, ma forse lei non sarebbe adatto… sa… bisogna vestirsi elegantemente – aggiunse, socchiudendo gli occhi, per fargli capire ciò che voleva dire tra le righe.
Il professore allargò le braccia e se le mise dietro la nuca - È un modo velato per farmi capire che non sono alla vostra altezza e non ho l’abbigliamento adatto per insegnare matematica in questa scuola?
- È un dato di fatto, professore – disse lei lanciando un’occhiata allusiva ai suoi jeans.
- Capisco. Grazie per l’invito Miss Santhel. Ci penserò, promesso. Nel frattempo le consiglio di studiare bene, se vuole recuperare l’insufficienza di oggi. Se ha bisogno di aiuto, in ogni caso, sono qui, anche se temo che dovremmo partire dalle tabelline – le sorrise sarcastico, prima di ritornare a guardare il libro che era aperto sulla cattedra.
- È un modo velato per dirmi che non sono preparata nella sua materia?
- È un dato di fatto, Miss Santhel – le rispose, giocando con lei nel riutilizzare la stessa frase, come in precedenza aveva fatto lei stessa – Ah… e a proposito di abbigliamento. Sarà il caso che lei srotoli quella gonna e metta la camicetta dentro. È vero che così può mostrare le gambe, ma decisamente questo modo di indossarla le fa la vita da torello – aggiunse, facendole l’occhiolino.
Ilary avvertì la temperatura corporea salire a dismisura.
Si girò di scatto e uscì dalla classe senza nemmeno salutare.
Si avviò come una furia verso il bagno.
Brutto scimmione che non era altro!
 

 
   
 
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