Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Tamar10    08/11/2013    2 recensioni
Mycroft non aveva mai preteso di capire come ragionasse suo fratello -sarebbe sicuramente diventato matto nel tentativo-, ma in quel momento avrebbe dato non so cosa per sapere cosa agli stesse passando per la testa.
Sherlock ha undici anni ed è disposto a utilizzare ogni mezzo per dimostrare l'esistenza di Babbo Natale. Mycroft cerca (inutilmente) di limitare i danni.
Perché non può esserci un Natale tranquillo in casa Holmes.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Per watanuki, spero che prima o poi riuscirai a dirmi cosa ne pensi





Sherlock non era assolutamente un bambino normale.

Anche se non aveva ancora niente a che fare con l'adulto squilibrato che sarebbe diventato, amava già comportarsi teatralmente e ficcare il naso dappertutto.

Ormai Mycroft s'era rassegnato al fatto che la sua non fosse solo una fase da “bimbo curioso all'ennesima potenza”, per questo riusciva a sopportare abbastanza pazientemente i continui esperimenti, le esplosioni, gli eventuali pedinamenti e le azioni sconsiderate compiute da suo fratello. Certo, ultimamente c'era stato un piccolo disguido con le Poste e naturalmente era dovuto intervenire lui per tirare Sherlock fuori dai guai, ma non era ancora successo niente di veramente preoccupante.

Pensava di essere pronto a tutto. Si dovette ricredere, ovviamente, quando lo vide sul tetto mentre si infilava in uno dei camini della mensa scolastica.

Chiamò gli insegnanti che lo fecero tirare giù e, dopo una breve visita dalla preside della scuola, Sherlock fu sospeso. Per la terza volta quell'anno.

Qualche telefonata da parte di sua madre e parecchie crisi isteriche dopo, Mycroft riuscì a parlare faccia a faccia con suo fratello.

“Cosa diavolo pensavi di fare?!” lo aggredì.

Il bambino lo guardò storto, assottigliando gli occhi. I suoi lineamenti, già ben definiti e quasi regali, diedero al suo volto un'espressione quasi pericolosa.

Mycroft sapeva bene che Sherlock non amava essere disturbato mentre faceva quei suoi “giochetti”.

“Era una dimostrazione” spiegò stizzito, sillabando le parole una ad una come se parlare gli richiedesse chissà quale sforzo, “E sarebbe andata a buon fine se tu non l'avessi interrotta!”

Il fratello maggiore alzò entrambe le sopracciglia, per nulla impressionato da quella sceneggiata plateale.

“Sentiamo,” cominciò invece con tono affabile, “cosa voleva dimostrare il grande Sherlock Holmes saltellando sul tetto della mensa?”

Lo sguardo di Sherlock vacillò per un attimo, mentre lui si mordeva le labbra con quella che sembrava -per sommo piacere di Mycroft- indecisione.

“Stavo dimostrando l'esistenza di Babbo Natale” rispose infine con un tono terribilmente serio.

Mycroft rimase in silenzio per qualche secondo, aspettando che quella frase assumesse un senso nella sua mente unica e geniale.

Quando successe Mycroft Holmes, il ragazzo più serio ed educato di tutta Londra, scoppiò a ridere sguaiatamente.

 

 

Il primo indizio era stata la neve sugli stivali di sua madre. Li aveva comprati due giorni prima da Gucci e quando era uscito per andare a scuola avevano ancora attaccata l'etichetta. Quindi lei doveva essere andata da qualche parte quella mattina. Quando le chiese dove fosse andata lei gli rispose in modo vago che doveva fare la spesa.

Strano, quello di solito era compito dei domestici e sua madre non amava uscire a passeggiare in inverno.

Pochi giorni dopo aveva trovato anche il secondo indizio: brillantini sul tavolo della cucina.

Quel genere di cose che si mettono sui regali per bambini. Si chiese per chi potesse essere stato confezionato il regalo, lui non aveva amici e i brillantini non erano decisamente nello stile di Mycroft.

Intanto il Natale si stava avvicinando.

Quello era il periodo dell'anno che Sherlock preferiva e non era per i regali -nel 73% dei casi erano più costosi che utili- o per le luminarie -uno spreco di energia- o per la neve -fredda e fastidiosa- e neanche per le vacanze -lui non aveva bisogno di riposo-.

Quello che più lo affascinava era proprio quello ciò che non riusciva a comprendere razionalmente. C'era uno spirito magico che si disperdeva nell'aria, quasi come una droga, e rendeva le persone felici. Vedeva la meraviglia, la bontà e l'amore che si moltiplicavano sul viso delle persone. Persino Mycroft era meno insopportabile del solito.

E poi c'era Babbo Natale.

Babbo Natale era la cosa che Sherlock preferiva in assoluto. L'unico eroe a cui credesse. Riusciva a far felici milioni di persone e tutto senza secondi fini.

In più rappresentava il più grande mistero che il piccolo Sherlock non era ancora riuscito a svelare: come? Come faceva a consegnare tutti i regali in una sola notte? Come si intrufolava nelle case, perfino nella sua che era protetta con i più avanzati sistemi di sicurezza?

Era una sfida emozionante: lui contro Babbo Natale.

Per questo uno degli ultimi giorni prima dell'inizio delle vacanze il genio undicenne decise che era giunto il momento di un appostamento.

Una volta entrato nell'istituto insieme a Mycroft, stando ben attento a non farsi filmare dalle telecamere di sicurezza, e seminato il fratello, scivolò di nuovo fuori dal cancello della scuola.

Aveva con sé un po' di spiccioli presi in prestito dall'armadietto del suo compagno di banco, che era stato talmente stupido da mettere come combinazione la data di fondazione della sua squadra preferita.

Comprò un giornale, non tanto perché gli interessasse veramente leggerlo (sapeva che c'erano scritte solo cavolate), ma più che altro perché gli dava un'aria da grande.

Mentre camminava col Times sotto braccio tirò fuori una busta. Quella era la sua letterina per Babbo Natale.

Aveva cercato anche quella di Mycroft, rischiando la vita infilandosi in camera sua, ma non aveva trovato niente. Chissà come faceva Babbo Natale a sapere cosa desiderava. Considerando le sue molte conoscenze influenti non era da escludere che suo fratello avesse un collegamento diretto con Babbo Natale.

Prese l'appunto mentale di indagare anche su questa pista nel caso il suo piano non funzionasse.

Affrettò il passo, benché non avesse nessuna effettiva fretta sentiva l'eccitazione tipica di un caso.

Sbucò in Oxford Street, un sorrisetto di trionfo gli illuminò la faccia quando individuò il suo obbiettivo. Era impossibile che il suo piano fallisse.

Si avvicinò alla mailbox aprendo il giornale con disinvoltura. Lanciò una veloce occhiata intorno per valutare la situazione: la maggior parte dei passanti erano impiegati che stavano andando a lavoro, c'erano anche alcuni turisti -distinguibili dagli zaini, dalle scarpe sportive e dagli occhiali da sole-, nel bar di fronte una cameriera doveva aver rotto da poco col suo ragazzo -lo si notava dal trucco e da un segno bianco sul suo anulare, dove un tempo aveva portato l'anello-, un pensionato era seduto ad uno dei tavolini all'aperto.

Sherlock analizzò ed assorbì queste informazioni.

Si sfilò la cravatta dell'uniforme scolastica con soddisfazione, aveva sempre odiato vestirsi come i suoi comuni compagni, a si sistemò la giacca. Doveva essere sempre impeccabile.

Quindi osservò la lettera. L'indirizzo Paese di Babbo Natale, Polo Nord” era scritto con una calligrafia da bambino grande e chiara, i francobolli erano al loro posto e la busta era sigillata. Soddisfatto Sherlock la imbucò. Poi si allontanò fino alla prima fermata del bus, che distava solo pochi metri, e si mise a leggere il giornale mentre aspettava.

Di fianco la mailbox c'era scritto che ritiravano la posta alle 12.15 A.M. quindi tutto sommato doveva aspettare solo un paio d'ore.

Il problema -perché ovviamente un problema c'era- era che Sherlock odiava aspettare, era così terribilmente noioso. Resse solo un'ora.

Poi a conclusione di un lungo ragionamento (che includeva un paio di complotti e parecchi omicidi apparentemente casuali) decise che avrebbe notevolmente abbreviato i tempi dell'indagine se avesse scassinato la cassetta postale.

Doveva esserci per forza una telecamera che monitorasse l'arrivo di lettere destinate a Babbo Natale. Poi quelle lettere venivano prelevate con urgenza da qualche addetto delle poste, o più probabilmente un elfo infiltrato, e portate al suo covo segreto (che non poteva essere veramente al Polo Nord, chi sarebbe stato così stupido da rendere noto a tutti il proprio covo segreto?)

In teoria non ci sarebbero dovute essere complicazioni, in pratica le cose degenerarono leggermente.

Probabilmente fu quando Sherlock, esasperato dai tentativi di scasso falliti miseramente, decise di sciogliere la cassetta postale con dell'acido o, più probabilmente, quando arrivò l'addetto delle poste e trovò il ragazzo, in piedi davanti alla mailbox semidistrutta, che ebbe la pessima idea di puntualizzare che un lavoratore serio non si sarebbe mai fermato a pranzare da McDonald's arrivando in ritardo di 7,02 minuti.

Quindi fu solo per colpa di queste piccole coincidenze e di strane congiunzioni astrali che Sherlock Holmes fu trascinato nella stazione della polizia e accusato di atti vandalici.

Ancora una volta dovette intervenire Mycroft spiegando che “no, suo fratello non era pazzo, ma solo uno strano bambino che credeva che tutta la vita fosse uno stupido gioco” per evitare (momentaneamente) a Sherlock di venire schedato.

Probabilmente già allora avrebbe dovuto capire che c'era qualcosa che non andava.

Innanzitutto quando aveva sventrato quella povera cassetta postale aveva potuto osservare, poco prima di essere brutalmente aggredito da quella sottospecie di postino, che non c'era alcuna telecamera. Inoltre nessuno aveva preso sul serio le sue teorie su Babbo Natale.

Aveva la sensazione di aver in qualche modo sbagliato. C'era qualcosa che non riusciva -o non voleva- afferrare, gli indizi non si incastravano fra di loro e il suo piano si era rivelato un buco nell'acqua.

Mycroft chiamò un taxi, aprendo con eleganza la portiera per far salire il piccolo criminale.

Sherlock restò muto per tutto il tragitto fino a casa, ignorando le occhiate deluse e scocciate di suo fratello.

Ormai mancavano solo quattro giorni a Natale e stava elaborando un altro piano geniale: se non riusciva a capire come Babbo Natale facesse a compiere il suo lavoro, non restava che chiederlo al diretto interessato.

Era una cosa fattibile. Gli sarebbe servita molta caffeina e una posizione strategica davanti al camino. Valutò anche l'idea di costruire una trappola, nel caso Babbo Natale non avesse voluto collaborare.

Aveva già programmato di stare tranquillo nei giorni seguenti, così forse quell'anno avrebbe evitato di finire sulla lista dei cattivi.

Ci riuscì fino alle due del pomeriggio del giorno seguente.

Poi successe il fattaccio.

 

 

Era partito tutto per equivoco.

Durante la lezione di chimica, i problemi che la professoressa stava ponendo erano così banali che Sherlock avrebbe potuto risolverli anche mentre suonava il violino e declamava a memoria versi di Shakespeare -sarebbe stata una scena divertente-, il genietto stava stabilendo gli ultimi dettagli del suo piano.

Aveva avuto la malaugurata idea di intitolare il suo foglio con sopra uno schema riassuntivo “Progetto Babbo Natale”, che fra l'altro non era neanche un titolo così brillante, quando il suo compagno di banco (sì, lo stesso idiota a cui Sherlock rubava i soldi) aveva esclamato a voce decisamente troppo alta “Wow! Cos'è che stai scrivendo su Babbo Natale?”

Non aveva fatto in tempo a fulminarlo con una delle sue occhiatacce meglio riuscite che tutti i suoi compagni di classe si erano voltati verso di lui con un ghigno dipinto sulla faccia.

“Oh, il piccolo Sherlock Holmes sta scrivendo a Babbo Natale!” esclamò Edward Ronstone.

Edward era il classico bimbo snob, figlio di papà, perfettino. Somigliava un po' ad un topo con quei capelli biondicci e i grandi occhi neri.

Non era stupido, ma non arrivava neanche lontanamente al livello di Sherlock, per questo cercava sempre di sminuirlo in tutti i modi. Sherlock, dal canto suo, non faceva assolutamente nulla per rendersi più simpatico. Le prese in giro gli scivolavano addosso, mentre lui si limitava a guardare tutti dall'alto in basso con arroganza.

“Non te l'ha ancora detto nessuno che Babbo Natale non esiste?” continuò Edward interrompendo del tutto la lezione.

“Certo che esiste” replicò Sherlock senza scomporsi.

Il suo commento scatenò l'ilarità generale fra i ragazzi.

“Che sta succedendo là in fondo?!” domandò seccata la professoressa.

Normalmente Sherlock se ne sarebbe fregato degli stupidi commenti e delle risatine dei suoi compagni di classe privi di un'intelligenza evoluta e sofisticata come la sua, ma era già scocciato per non aver ancora risolto il caso.

Si alzò in piedi di scatto, rigido come un soldatino. La prof lo guardò con un misto di sorpresa e rassegnazione, non era la prima volta che aveva a che fare con lui.

“Certo che esiste” disse di nuovo il bambino, “E te lo dimostrerò”.

Raccolse solo il suo cappotto, lasciando tutti i suoi libri e la sua borsa in aula, poi si diresse verso l'uscita. Era già alla porta quando si girò di nuovo verso la classe.

“Comunque avete sbagliato tutti.” disse accennando alla lavagna, “La soluzione è 42,7 g”

Quindi uscì stringendosi nel cappotto nero. Quando anche l'ultimo riccio svanì dietro lo stipite della porta tirarono tutti un sospiro di sollievo.

 

 

Mycroft non aveva mai preteso di capire come ragionasse suo fratello -sarebbe sicuramente diventato matto nel tentativo-, ma in quel momento avrebbe dato non so cosa per sapere cosa agli stesse passando per la testa.

Esteriormente sembrava normale, per quanto Sherlock potesse sembrare normale, eppure per la prima volta nella sua vita Mycroft vide il dubbio nel suo sguardo, la paura di aver sbagliato.

Senza l'atteggiamento di superiorità e i modi sprezzanti sembrava più piccolo, quasi fragile.

“Babbo Natale!” esclamò, “Questo è strambo perfino per te”

Sherlock fece una smorfia, seccato dai commenti del fratello.

“Andiamo, come fai a credere che esista davvero?!”

“Eliminato l'impossibile ciò che resta, per quanto improbabile che sia, dev'essere la verità” declamò Sherlock con voce atona.

“Quindi secondo te un vecchio e grasso signore che fa il giro del mondo in una notte consegnando regali ad ogni bambino è solo “improbabile” ?” domandò Mycroft ironico.

Il fratello non rispose. Si limitò a scrollare le spalle, allontanandosi sconfitto.

 

 

Nel giardino di casa Holmes la neve cadeva incessante.

Il piccolo Sherlock guardava il cielo grigio con apatia. Era la vigilia di Natale, eppure si sentiva più triste del solito.

I fiocchi di neve vortivanti erano l'unica cosa viva in quel tempo triste e uniforme.

Sherlock aprì la bocca cercando di mangiarne uno come aveva visto fare una volta a due bambini davanti a scuola. L'aveva reputato stupido, soprattutto quando uno dei due aveva esclamato che la neve era il suo cibo preferito. Ridicolo, considerando che non era altro che un misto di H2O e smog, ma in quel momento aveva bisogno di sentirsi piccolo e stupido.

Un ficcò volteggio piano posandosi sulla sua lingua.

Freddo e vuoto.

Era di quello che sapeva la sua adolescenza.

Era sparita l'aria magica del Natale e il profumo di biscotti. Non che lui fosse mai stato quel genere di bambino, ma c'era un momento in cui anche quello finiva.

Freddo, vuoto e fumo.

Era un sapore amaro, ma non sgradito.

“Sherlock!” lo richiamò suo fratello “Che diavolo stai facendo qui fuori?! Mamma è su tutte le furie!”

Era ufficialmente adolescente da pochi secondi e aveva già deciso che era una seccatura.

Aspirò, sentendo la nicotina entrare in circolo. Udì indistintamente suo fratello esclamare:

“Cosa stai...? Quella è una sigaretta?!”

“Quanto sei perspicace Mycroft!”

“Cosa credi di fare?”

Sherlock abbassò lo sguardo, come per cercare la risposta nel nevischio ai suoi piedi.

“Babbo Natale non esiste” disse infine, “Non è mai esistito. Era solo la mamma.”

Mycroft annuì in silenzio.

“Affogo le mie delusioni nel fumo” ammise Sherlock amaro.

“Hai solo undici anni! Dove le hai prese quelle?”

Per tutta risposta gli sventolò la tessera sanitaria davanti agli occhi. La tessera sanitaria di Mycroft.

“Dovresti stare più attento alle tue cose” disse con un sorrisetto ironico.

Mycroft sbuffò guardandosi intorno.

Il giardino di villa Holmes era buio. I fiocchi che imbiancavano il prato davano al paesaggio un'aria spettrale, un misto fra bellezza e desolazione. Era sempre stato così in quella famiglia.

Sherlock puntò i suoi inquietanti occhi azzurri su di lui.

Mycorft pensò che suo fratello fosse un essere straordinario. Decisamente anormale, anche se non sapeva ancora se fosse un bene o un male. Considerò quello che sarebbe potuto diventare e nessuna delle prospettive sembrava positiva.

Ma lui era il fratello maggiore, si sarebbe dovuto prendere cura lui di Sherlock.

Con un gesto brusco prese la sigaretta dalle mani del fratello.

“È illegale. E se lo scoprisse mamma ti ucciderebbe” disse buttandola a terra.

Sherlock guardò con sconforto la casa, da cui provenivano luce e calore. Sapeva che era tutta una finzione: i regali, l'affetto dei parenti, le risate. Forse in fondo non aveva mai creduto davvero a Babbo Natale, era solo un'illusione per sperare che le cose non fossero davvero così deprimenti.

Era rimasto deluso e, mentre dentro la villa i suoi parenti si riscaldavano davanti al camino, lui rimaneva freddo e distante.

Come i suoi occhi, come il suo cuore.

 

Chiude gli occhi mentre Mycroft con una mano sulla sua spalla lo conduce verso il portone. Qualcosa di bagnato gli scivola lungo la guancia, spera vivamente che sia neve.

“Sherlock?” lo chiama.

“Mmh?”

“Buon Natale”

“Sei in anticipo” Lancia un'occhiata all'orologio. “Di due ore e quattro minuti.”

Mycroft non gli risponde nemmeno. Entra in casa, scrollandosi la neve dal giubbotto.

Sherlock lo segue poco dopo.

Forse Babbo Natale esiste, si ritrova a pensare, quando sente uno strano calore sciogliergli un poco il cuore.









Note:
Finalmente riesco a pubblicare questa storia che per vari motivi è rimasta a poltrire nel mio computer per mesi.
Non so perché scrivo storie natalizie quando non siamo neanche lontanamente vicini a Natale, ma vabbè.
Questa è la prima storia che scrivo su questo intrigante(?) fandom, spero che non risulti troppo surreale o stupida e vi piaccia.
A presto <3

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Tamar10