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Autore: kiku_san    22/04/2008    5 recensioni
E se Murtagh non fosse fuggito dal palazzo di Galbatorix, ma fosse cresciuto alla sua corte tra intrighi e giochi di potere, fino a diventare Cavaliere e a giurargli fedeltà di sua spontanea volontà..E se Brom e Ajihad non fossero morti ...E se L'Imperatore considerasse Nasuada una pedina essenziale per la vittoria contro i Varden...Un NasuadaxMurtagh che inizia con un inganno e si sviluppa tra odio e violenza, in un gioco crudele e perverso nel quale i ruoli di vittima e carnefice non sono così scontati.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh, Nasuada
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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URLA E SUSSURRI


IL MESSAGGERO

Dopo un giugno freddo e piovoso, tanto da sembrare un’anticipazione d’autunno anziché l’inizio dell’estate, luglio signoreggiava trionfante. L’inverno era stato straordinariamente mite e la primavera altrettanto straordinariamente arida, ma ora la vegetazione era in pieno rigoglio, riscaldata dal sole e alimentata dalle piogge del mese precedente. La terra asciutta aveva assorbito avidamente l’acqua ed ora verdeggiava opulente. Le piante cariche di foglie e frutti si beavano al vento lieve e caldo che muoveva le fronde. Il cielo immutabile, di un azzurro cobalto, senza neppure una striatura bianca o una nuvola solitaria, era uniforme come una tavola.
Nasuada si affacciò alla balconata del palazzo, guardò lungamente il cielo perdendosi nella sua immobilità, rotta a tratti dal volo rapido di un uccello. Spostò lo sguardo ai boschi poco lontani che delimitavano il giardino e avvolta dal calore del vento del sud, rimase ad ascoltare il mormorio delle fronde mosse dalla brezza. Le giornate si susseguivano limpide, caldissime e pigre nel Surda.
Aspirò l’aria che entrò calda ed asciutta nei polmoni.
Si appoggiò alla balaustra pensosa. Fece scorrere lo sguardo sui profili delle colline, da quelle boscose davanti a se, alle ondulazioni azzurrine che si perdevano all’orizzonte.
In quel luogo la guerra sembrava lontana eppure era alle porte. Fra poco l’esercito dei Varden e di re Orrin sarebbero partiti per le Pianure Ardenti, dove si sarebbe giocata la battaglia finale. Le spie avevano riportato la notizia che Galbatorix stesse raccogliendo a Uru-baen un immenso numero d’uomini. Suo padre stava ancora aspettando l’arrivo di re Rothgar, ma il tempo ormai stava per scadere.
Nasuada fu riscossa dai suoi pensieri, da dei passi alle sue spalle.
“Il messaggero dell’Imperatore è giunto”
Nasuada si affrettò a raggiungere la sala del trono.
Galbatorix aveva inviato un messaggero con le sue richieste, Ajihad aveva garantito di ascoltarle.
Entrambi sapevano che non sarebbero venuti a capo di nulla, ma ad entrambi serviva tempo per studiare nuove strategie e organizzare l’esercito.
Nella sala, re Orrin di Surda stava seduto sul trono, Ajihad gli era accanto, seduto su di un seggio. Lei gli si accostò. Dietro ad Ajihad, in piedi, vi era Eragon, colui nel quale era riposta la speranza dei Varden.
Le porte si aprirono e il messaggero avanzò con passo sicuro fino a portarsi vicino al trono. Era racchiuso in un lungo mantello nero che lo ricopriva da capo a piedi. Il cappuccio calato fin sopra agli occhi avvolgeva il suo viso nell’oscurità.
Non si chinò, ne fece alcun segno di omaggio, scrutò invece per un lungo istante i presenti e Nasuada sentì su di se uno sguardo bruciante che sembrò trapassarla da parte a parte.
Con un gesto deciso l’uomo spinse indietro il cappuccio.
Era un ragazzo, il volto magro e pallido, capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi in ciocche disordinate, occhi come lame d’acciaio: chiari, freddi, duri.
“Vengo da parte del mio signore l’Imperatore con un messaggio per te Ajihad” le parole uscirono ferme e decise.
“Chi sei?” rispose lui con lo stesso tono.
“Sono Murtagh figlio di Morzan”
Un brivido assalì i presenti, misto a stupore e rabbia. Tutti conoscevano Murtagh per fama, anche se nessuno lo aveva mai visto, perlomeno così da vicino.
Come osava presentarsi ad Aberon? E come mai l’Imperatore aveva mandato il suo braccio destro a parlamentare, anziché inviare un semplice messaggero? Certo la sua presenza doveva avere un altro scopo.
Murtagh era figlio di Morzan , ucciso da Brom, che così aveva pareggiato i conti con il Rinnegato. Si sapeva che Galbatorix da allora lo aveva allevato alla sua corte e che cresciuto, lo aveva istruito personalmente.
Leggende circolavano su Murtagh, sulla sua crudeltà, sulla sua sete di sangue che superava quella del padre e si diceva perfino quella dell’Imperatore.
“Qual è il tuo messaggio, dillo in fretta e poi vattene, la tua presenza non è gradita”
Murtagh sogghignò: “Il mio signore chiede che ritiri il tuo esercito e ti arrenda senza condizioni. Nella sua generosità concede a te e a re Orrin di passare la vita in cella anziché morire. Desidera la testa di Brom e la fedeltà di Eragon, promette inoltre che tua figlia…” e i suoi occhi si fissarono rapidissimi in quelli di Nasuada che rabbrividì involontariamente, ma che si costrinse a non abbassare lo sguardo, come invece avrebbe voluto.
Per una manciata di secondi lottò contro quegli occhi crudeli e beffardi che all’improvviso la lasciarono quasi esausta, per inchiodarsi di nuovo in quelli del capo dei Varden.
“… Che tua figlia non sarà data come preda di guerra ai soldati, ma arricchirà il suo harem”
“Sporco bastardo, come osi presentarti con questa richiesta” reagì rabbioso Eragon.
“Tu devi essere Eragon” sibilò Murtagh, “L’allievo di Brom”
“Sono io”rispose con rabbia il giovane mettendo mano alla spada.Un gesto di Ajihad lo fermò.
Murtagh rise di una risata sferzante: “Ci saranno altre occasioni per battersi non temere e allora ti ucciderò, ma solo dopo che avrai potuto vedere con i tuoi occhi, avverarsi tutto ciò che ho detto oggi”
Sembrò ai presenti che una folata di gelo li avviluppasse.
Nasuada si costrinse a non rabbrividire di nuovo.
Ajihad stava pensando convulsamente a quale scopo Galbatorix avesse mandato Murtagh, il suo prediletto, a portare una proposta inaccettabile.
“Le tue minacce non ci spaventano, perché sei venuto in realtà?” ribattè duramente.
Murtagh soffocò una risata: “Per portarti questo messaggio; forse ti sembrerà troppo duro, ma pensaci, l’alternativa è ben peggiore” le ultime parole le sibilò con un piacere perverso.
“Vattene e dì a quel traditore del tuo signore, che nessuno di noi lo teme”
“Lo immagino ma se non accettate, quando perderete, queste condizioni che ora vi sembrano così terribili, vi parranno pietose”
Nasuada non ascoltava, il suo sguardo non riusciva a staccarsi da Murtagh: era di una bellezza strana: i suoi capelli avevano qualcosa di troppo nero, gli occhi qualcosa di troppo calmo e freddo, la carnagione qualcosa di troppo delicato e bianco.
Forse lui si accorse dello sguardo di lei, perché spostò rapidamente il suo e silenziosamente la scrutò, finché sembrò a Nasuada che qualcosa si rompesse dentro di lei e che contemporaneamente negli occhi chiari di Murtagh si producesse un cedimento, subito seguito da un lampo di rabbia.
“C’è un’altra ragione per cui sono qui, ho chiesto io al mio signore di portare il messaggio”
“ Perché?”
“Volevo vedervi in faccia, da vicino, prima che i vostri volti siano stravolti dalla paura, dall’orrore, dal dolore”
“Non ne sarei così sicuro”replicò deciso Eragon “dovrai batterti con un Cavaliere dei Draghi”
Questa volta Murtagh rise, una risata aspra che subito gli morì in gola.
“Anch’io sono un Cavaliere”
A quelle parole lo stupore si dipinse sul volto di tutti i presenti. Nessuno lo avrebbe mai immaginato..
“ Menti” scattò Eragon.
“Vuoi vedere il marchio?” e così dicendo si sfilò i guanti di pelle e mostrò il gedwey ignasia che brillò lievemente, all’anulare splendeva un anello con incastonato un rubino, “Era di mio padre come la spada che ora possiedi tu. Ti giuro che però sarà ancora per poco, te la toglierò io stesso di mano, prima di strapparti il cuore” aggiunse stringendo le labbra e gli occhi divennero due fessure.
“Tu sei un rinnegato come tuo padre, come il padrone che servi” urlò Eragon.
“E’ questione di punti di vista. I Cavalieri erano finiti, corrotti, deboli, imbelli, parassiti che sopravvivevano senza più nessun potere”
“Come puoi dire una cosa del genere?”
“Se non avessi ragione, dimmi Eragon, come fu che nessuno riuscì ad opporsi a Galbatorix?”
Eragon si zittì.
Murtagh sogghignò: “Mi dispiace, hai scelto il maestro sbagliato. Io e Galbatorix siamo i veri Cavalieri”
“Odi Brom perché ha ucciso tuo padre”
Murtagh lo guardò fissamente: “Ti sbagli” disse con voce gelida “Non lo odio affatto, in realtà mi ha fatto un favore”
“Se sei un vero Cavaliere dovresti desiderare che il Consiglio venga di nuovo ripristinato” insistette Eragon.
Murtagh sputò: “Il Consiglio non esite più, ha fatto il suo tempo, ora può esserci solo l’Impero”
“Hai fatto ciò che dovevi: hai portato il messaggio e ci hai visti. Ricorda i nostri volti quando perderai la battaglia. E ora puoi andare, l’aria sta diventando irrespirabile, non voglio che la tua puzza impregni tutta la sala” intervenne Ajihad.
“Che cosa devo riferire al mio signore?”
“Riferisci che il destino di Alagaesia si giocherà sul campo di battaglia”
Murtagh non replicò, ma una smorfia crudele passò come un lampo sul suo viso. Rialzò il cappuccio e indietreggiò fino al portone. Prima che si voltasse per uscire, Nasuada sentì di nuovo una sensazione di bruciore sulla sua pelle. Cercò con gli occhi, il viso di Murtagh nell’oscurità del mantello, ma scorse solo per un attimo due lame di luce.


2. Nella sala calò il silenzio, solo dopo che l’eco dei passi di Murtagh si fu spento nei corridoi del palazzo, Ajihad parlò.
“ Qual è il vero motivo per cui Galbatorix ha mandato il suo favorito? Non riesco a capirlo, ma deve esserci una ragione valida e pericolosa, è una trappola”
“Che genere di trappola?” intervenne Eragon “Penso piuttosto che abbia voluto mostrare la sua spavalderia e la sua sicurezza per farci vacillare”
Ajihad pensava in silenzio, quando alzò gli occhi si rivolse a Nasuada.
“Che ne pensi?”
Nasuada si sentiva stranamente agitata; solitamente sapeva mantenere il suo sangue freddo e Ajihad ricercava il suo parere perché in qualunque situazione era in grado di analizzare gli eventi in modo chiaro e preciso, senza farsi ingannare dalle emozioni.
“Non riesco a capire padre, sono d’accordo con te, ci deve essere un motivo preciso, ma non riesco ad individuarlo”
Quando Murtagh l’aveva guardata negli occhi, aveva sentito dentro di se qualcosa muoversi e svilupparsi: rabbia, dolore, odio. Giurò che Murtagh l’avrebbe pagata, avrebbe pagato tutto ciò che aveva fatto.
“Voglio conoscere l’opinione di Brom. In ogni caso la guerra ci sarà e giunti a questo punto continuerà fino alla fine”
“Vinceremo padre” Nasuada gli si accostò accarezzandogli una spalla.
“O perderemo ma non possiamo più tirarci indietro, troppi anni sono passati aspettando questo momento, è giunta l’ora di concludere la partita”
Ajihad ricordava i giorni in cui Galbatorix aveva preso il potere, non li avrebbe mai potuti dimenticare. Tutta la sua vita era stata spazzata via in poche ore. Traditori avevano ucciso le guardie fedeli a suo padre, governatore di Dras-Leona, che era stato impiccato sulla pubblica piazza come un malfattore, insieme a tutti i funzionari che non avevano giurato fedeltà a Galbatorix.
Non voleva pensare alla fine che era stata riservata a sua madre, dopo così tanti anni respingeva il ricordo perché troppo doloroso. Lui era fuggito vestito da servo, avrebbe voluto combattere e morire con i suoi fidi, ma si era reso conto che l’unico modo per vendicarsi era cercare di restare vivo il più a lungo possibile. Per anni aveva vissuto nell’ombra, aveva conosciuto l’amore, anche se per breve tempo, sua moglie lo aveva lasciato morendo di parto, nel dare alla luce la figlia.
Solo in quel momento aveva capito che era giunto il tempo di fare qualcosa. Aveva cavalcato per giorni insieme con alcuni fedeli. Al fine avevano trovato rifugio nel Farthen-Dur.
I Nani che lo abitavano avevano permesso che i nuovi venuti vi trovassero riparo. Erano passati gli anni, Ajihad era sempre più deciso a cambiare di nuovo la storia. Poco per volta il loro rifugio era divenuto la meta d’individui, che come lui e i suoi compagni, non accettavano la tirannia e il terrore che Galbatorix usava per regnare. Era gente che sognava la libertà, la giustizia. Vecchi che ricordavano i tempi in cui i Cavalieri facevano d’Alagaesia un paese felice; giovani che sognavano quei giorni che conoscevano solo attraverso il racconto dei nonni.
Ben presto una nuova speranza si diffuse tra il popolo, se ne parlava piano, con frasi spezzate, a bassa voce, solo tra amici fidati: i Varden stavano sfidando l’Impero.
E così per vie traverse, gente sempre più numerosa affluì al Farthen-Dur e si crearono cellule ribelli in tutto il paese. Poi tutto successe più rapidamente di quanto ci si aspettasse: l’arrivo di Brom e soprattutto d’Eragon e di Saphira, gli Urgali che avevano attaccato il loro rifugio, la guerra imminente.


3. Murtagh cavalcò veloce nella sera, dirigendosi verso i confini del Surda. In un vecchio bosco accanto a delle rocce, smontò da cavallo e si guardò attorno. Il silenzio era rotto solo dai movimenti furtivi degli animali notturni.
“Castigo sono qui, fatti vedere”
Improvvisamente con uno schianto secco di rami, un drago rosso fuoco si fece strada tra le rocce e gli alberi.
“Finalmente sei arrivato, com’è andata?”
Murtagh sorrise tetramente.
“Bene naturalmente, tutto è andato secondo i piani dell’Imperatore”
“Nessuno ha sospettato di nulla?”
“No, neppure quell’idiota di Eragon” rise.
Velocemente salì in groppa a Castigo.
“Ed ora allontaniamoci da qui, dobbiamo trovare un posto dove poter aspettare senza farci scorgere, la tua presenza non deve essere ancora svelata”
“Quanto dovremo aspettare?”
“Non molto, domani la preda ci cadrà in bocca, noi dovremo solo raccattarla e portarla più in fretta possibile a Uru-baen”
  
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