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Autore: Sai Sama    09/11/2013    2 recensioni
[...]C’era una volta, tanto tempo fa, un castello sotto una collina, dove il sole non si vedeva mai e la luna non osava mostrare il suo pallido volto.
Quel castello incantato era cristallino senza essere di cristallo, con pareti sottili e pavimenti trasparenti, ma era solo buio quello che lasciavano vedere.[...]
Storia arrivata terza al contest: "Follow the Mad"
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stardust and Silver Hair

NOME (su EFP e forum, specificando quale volete nel banner):    Sai Sama su Efp e Lindael sul forum (sul banner vorrei Sai Sama)
Titolo: Stardust and Silver Hair
PACCHETTO: Bambola di cera
CITAZIONI: Perché dal cielo non si può strappare via una stella ( Da Laphroaig) Questo mondo che fugge senza di me non sarà mai più lo stesso! (Da L’Elefante) Salvami dalla mia stessa esistenza, dalle paure che non posso nascondere. (Da Save Me)
ALTRI GENERI (se presenti): //
RATING: Verde
AVVERTIMENTI: //
TIPOLOGIA (drabble, flash, one-shot...): One Shot
BETA-READING (se presente): No
INTRODUZIONE: C’era una volta, tanto tempo fa, un castello sotto una collina, dove il sole non si vedeva mai e la luna non osava mostrare il suo pallido volto.

Quel castello incantato era cristallino senza essere di cristallo, con pareti sottili e pavimenti trasparenti, ma era solo buio quello che lasciavano vedere.

NDA: Comincio subito con il dire che questa è più una fiaba che una favola, ma, visto che nel contest si parla di generi letterari ho pensato che intendeste il genere favola nel più ampio senso del termine. Se non è così vi prego di non perderci tempo sopraXD Come seconda nota vorrei dire che la prima citazione, quella presa da Laphroaig, l’ho leggermente modificata, originariamente non è una domanda. Poi vorrei dire che la citazione presa da Save me è una traduzione fatta da me, so che le avevate linkate, ma per una deformazione professionale (studio per diventare traduttrice) ho preferito tradurla da sola. Infine vorrei spiegarvi che le frequenti ripetizioni nel testo sono tutte volute, è idealmente una fiaba scritta e pensata per dei bambini, quindi le ripetizioni aiutano la comprensione del testo e la memorizzazione. E…penso sia tutto, enjoy^^

 

 

Stardust and Silver Hair

 

C’era una volta, tanto tempo fa, un castello sotto una collina, dove il sole non si vedeva mai e la luna non osava mostrare il suo pallido volto.

Quel castello incantato era cristallino senza essere di cristallo, con pareti sottili e pavimenti trasparenti, ma era solo buio quello che lasciavano vedere.

Il signore del castello, il Re di quella landa tanto scura e desolata ogni giorno e ogni notte alzava il viso al cielo che non poteva vedere, malinconico e triste perché avrebbe almeno voluto osservare la volta  stellata e avrebbe voluto sentire l’aria fresca sul viso.

Eppure ogni volta tutto quello che otteneva era pesante, umida, oscurità.

Un’oscurità tanto profonda e avvolgente da sembrare viva, senziente.

Persino la voce dolce del Re si perdeva lì, soffocata dal nero in cui viveva.

-Perché dal cielo non si può strappare via una stella?-

Chiedeva sempre il Re dai capelli d’argento e gli occhi d’oro.

Nessuno rispondeva.

Lui non voleva il sole, perché sapeva che si sarebbe bruciato con tanta, dolorosa, luce.

Non voleva neanche la luna, perché era troppo grande per il suo castello, ma una stella…una stella sarebbe stata perfetta per lui.

Piccola e luminosa, poteva quasi vedersi mentre la teneva in mano, cantando sommessamente per lei, facendola risplendere in quell’oscurità opprimente.

Un desiderio tanto piccolo meritava di essere realizzato, lui meritava di avere una piccola stella da vezzeggiare e ammirare.

Così decise di mandare uno dei suoi sudditi, un’ombra in mezzo ad altre mille ombre, a prendere per lui una stella.

La collina che conteneva il castello di cristallo non aveva uscite, quasi che i suoi abitanti ne fossero prigionieri, ma la piccola ombra trovò un modo per uscire, passando attraverso le crepe della fertile terra.

Al di fuori il mondo scorreva veloce, troppo veloce per i suoi gusti.

-Questo mondo che fugge senza di me non sarà mai più lo stesso!-

Disse in una lingua che nessun umano avrebbe mai potuto comprendere, per poi alzare lo sguardo verso il cielo, dove milioni, miliardi, di puntini luminosi sembravano sorridergli.

Così la piccola ombra si allungò e si allungò, fino a un’altezza impossibile, fino a raggiungere quelle stelle.

E le stelle non erano più puntini luminosi, no, erano piccole fatine che dai loro corpi emanavano luce.

La piccola ombra restò un po’ perplessa, ma gli ordini del suo Re erano legge, quindi racchiuse nelle mani una di queste piccole fatine e, mentre le altre piangevano e la chiamavano, tornò verso terra, fino a che non fu di nuovo di dimensioni normali.

Vedeva il chiarore uscire dai suoi palmi uniti, quindi sapeva che la piccolina era ancora viva e con essa tornò sotto la collina e poi nel palazzo, fino a fermarsi davanti al suo Re.

-Vi ho portato la stella, mio signore.-

Disse l’ombra, allungando le mani verso il sovrano e aprendole, a scoprire il tesoro contenuto all’interno.

La fatina provò a volare via, ma il Re la riacchiappò al volo.

Ora aveva quella piccola stella e mai e poi mai se la sarebbe fatta scappare!

Con un elegante canto modellò l’oscurità a creare un’elaborata gabbia da uccelli e dentro ci richiuse la stella.

La sua luce era forte abbastanza da far brillare tutte le pareti del castello come gioielli, ma allo stesso tempo abbastanza debole da non ferire quegli esseri fatti di buio.

Il Re dai capelli d’argento era così felice di quella piccola stella che passava il suo tempo a cantare per lei, rinchiusa nella sua gabbia, e a guardarla.

Ma niente, nessuna canzone, per quanto dolce o magica, cantata dal Re, pareva riuscire a consolarla.

Lacrime su lacrime bagnavano il fondo della sua piccola prigione scura, mentre lei piangeva per la nostalgia delle sue sorelle.

Una notte, o forse un giorno, il Re si addormentò, le palpebre si abbassarono sugli occhi colore dell’oro, mentre il suo viso era illuminato dalla dolce luce della stella.

Sola nella sua gabbia e senza più neanche la struggente voce del Re a tenerle compagnia la fatina si spaventò, l’oscurità di quel luogo così lontano dal suo cielo sembrava quasi volerla mangiare.

Così prese una decisione, avrebbe ballato.

E mai danza fu altrettanto elegante, piena di grazia o bella quanto quella della stella, che, leggiadra, si muoveva da una parte all’altra della sua piccola gabbietta, volteggiando sulla punta di quei minuscoli piedini.

Non si accorse fino a quando non ebbe finito il suo ballo che il Re si era svegliato e che la stava guardando con i grandi occhi dorati pieni di lacrime dovute alla profonda bellezza di quello spettacolo.

-Salvami dalla mia stessa esistenza, dalle paure che non posso nascondere.-

Il Re pregò la piccola stella, mettendoci tutto il suo dolore, tutte le sue paure in quelle parole.

La stellina fu mossa a compassione, anche se quello era lo stesso essere che l’aveva imprigionata, e allungò una manina verso il suo viso, accarezzandogli la pelle della guancia.

-Piccolo Re luminoso, ti prego lasciami andare e io ti prometto che ti salverò da questa oscurità e ti donerò una luce che non svanirà mai.-

Gli disse, la voce acuta che sembrava il rumore dei raggi di sole sul ghiaccio.

Il Re annuì e fece scomparire la gabbia, lasciando la fatina a svolazzare nell’oscurità davanti a lui.

-Ora che mi hai liberato io ti darò una luce che resterà con te per sempre.-

Trillò ancora la stella posandosi sulla mano del sovrano e prendendogli in mano una piccola ciocca di lunghi capelli d’argento.

-Ma per farlo mi servono i tuoi capelli, piccolo Re luminoso.-

Spiegò tirandoli giocosamente.

Il signore del castello non esitò un attimo, prese in mano i suoi lunghi capelli e li tagliò con forbici fatte d’oscurità, per poi lasciarli cadere sulle proprie gambe davanti alla piccola stella, che prese subito ad intrecciarli formando una lunga treccia.

Quando ebbe finito si alzò in volo sopra la sua opera e dalle sue ali scese una polverina luminosa, che diede ai capelli una differente consistenza.

-Ecco piccolo Re luminoso, questa candela brucerà per sempre illuminando il tuo castello della luce che c’è nel tuo cuore, accendila.-

Disse con un sorriso la stella, librandosi di nuovo in volo, all’altezza del viso del sovrano mentre questo prendeva in mano quella candela argentata e la portava davanti a se, confuso, chiedendosi come accenderla.

-Non so come fare, stella. Cosa dovrei fare per accenderla?-

Domandò infatti, guardando la piccola stella che rise volteggiando nell’aria, contenta della sua nuova libertà.

-Desideralo mio piccolo Re luminoso e si accenderà per te.-

Gli spiegò e così fu, una fiammella argentata si accese alla cima della lunga candela, facendo una luce addirittura più grande di quella della stella.

Il Re rise e la sua risata cristallina fece crescere ancora di più la fiamma, come se fosse lui stesso a dargli potenza.

-La cera di questa candela è magica, perché è fatta con i tuoi capelli e con la polvere delle mie ali, Re luminoso, essa reagirà alla tua luce interiore, più resterai puro più essa brillerà con forza, abbine cura.-

Disse la stellina facendo per andarsene.

-Aspetta stella, ti prego.-

La richiamò il Re, facendola voltare.

Con le lunghe dita candide prese un pezzo cera dalla cima della candela, ammorbidita dal calore della fiamma, e lo modellò fino ad ottenerne una piccola perla, facile per la stella da portare in mano.

-Prendi questo regalo in segno della mia gratitudine e per non dimenticarti di me, perché mai io mi dimenticherò di te.-

La fatina tornò indietro e prese la piccola perla stringendola al petto, per poi posare un delicato bacio sulla guancia del sovrano.

Lo ringraziò e scomparve, trovando la sua via d’uscita dalla collina e tornando dalle sue sorelle nel cielo a raccontare loro della sua avventura e del piccolo Re luminoso che ora non viveva più nell’oscurità.

C’è chi dice che ancora oggi, nelle notti serene d’estate, se si guarda bene, si possa vedere il chiarore di quella magica candela provenire da sotto una collina
   
 
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