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Autore: MissBethCriss    09/11/2013    3 recensioni
Le vite delle persone che popolano questa storia sono legate da un filo rosso. Rosso come la passione che anima i cuori di due amanti, ma anche rosso come il sangue che pulsa nelle vene.
L’Amore vero riuscirà a sconfiggere la Morte?
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Blaine e Sebastian sfortunatamente non mi appartengono, ma sono di proprietà del nostro Ryan Murphy, pelatone fortunato; *sigh*

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro (mi fa sempre ridere scriverlo), ma è stata fatta solo per il puro piacere di scrivere di quei due baldracchi che mi hanno rubato il cuore.






Millions of second of perspective later. . .
 
 
You can't know what an experience will mean to future you
 until you are future you.
You need millions of second of perspective.
(John Green)
 
 
“Sveglia sveglia campione! Dobbiamo fare tante cose oggi.”
Disse il padre scuotendo delicatamente la piccola spalla del figlio che come sentì il padre alzarsi per andare dalla sorella richiuse gli occhietti per ritornare a dormire. Durante le vacanze provar a far alzare i suoi figli ad un orario decente era un’impresa che sfiorava la soglia dell’impossibile. Ma quel giorno ricorreva un anniversario, che era legato ad un promessa fatta anni fa, perciò non poteva tardare.
Guardò l’orologio a forma di Buzz Lightyear del figlio e constatò che all’ora dell’atterraggio del marito mancavano ancora circa tre ore, ce la poteva fare, dopo tutto era stato due settimane senza la sua presenza poteva farcela, solo un ultimo piccolo sforzo, mancava poco ormai e non vedeva l’ora di poter riabbracciarlo un’altra volta, di baciarlo e. . .
“Papà?”
“Dimmi tutto principessa.”
Le disse prendendola fra le braccia per poi lasciarle un tenero bacio sulla fronte per darle il buongiorno e la piccola ricambiò subito dandogliene uno sulla guancia per poi scoppiare a ridere per via della barba di due giorni che gli decorava il viso.
“Perché dobbiamo passare nel posto che ti rattrista sempre prima di andare a prendere dada?”
“Perché ho promesso ad una persona speciale che ci sarei andato, ad ogni anniversario, alle undici spaccate e sai che mantengo sempre le promesse.”
Lei le sorrise e poi fece segno di farla scendere e andò dal fratello che ancora dormiva sperando di riuscire a farlo svegliare. Lui la guardò fino a quando non scomparì sotto le coperte del fratello, gli voleva fare uno scherzo e il padre semplicemente rimase lì, fermo ad osservarli perché mai avrebbe immaginato un futuro del genere, mai avrebbe immaginato di poter dire di stare bene con se stesso. Di dire “sono felice” senza avere paura perché ad un certo punto capisci che il passato è solo. . .passato, non puoi cambiarlo perché non puoi tornare indietro e darti uno schiaffo pur di fermarti nell’istante in cui prendi quella decisione che cambierà tutto. Non puoi, devi solo imparare a conviverci. Ci mise troppo tempo a comprenderlo, ma ora che aveva loro sapeva che niente lo avrebbe più portato affondo.
Quando sentì delle risate provenire da sotto le coperte capì che la sua piccola era stata più brava di lui nella sveglia, il solletico era sempre un’arma micidiale, e per questo si incamminò tranquillo verso la cucina, ma prima di uscire doveva dire quelle paroline magiche che avrebbero fatto alzare presto dal letto il figlio anche di domenica mattina.
“Vado a riscaldare i muffin al cioccolato bianco e pere.”
Non finì di dire la parola bianco che già la sua piccola furia si era lanciata da fuori le coperte per dirigersi in cucina. Padre e figlia si guardarono per poi scoppiare a ridere.
 
****
“Quanto manca?”
Il padre guardò il figlio dallo specchietto retrovisore e gli uscì uno sbuffo divertito dalla bocca.
“Tesoro chiedermi ogni minuto quanto manca non accorcia la strada, purtroppo occorre andare un po’ fuori città ma ci siamo quasi, un altro po’ di pazienza.”
“Papà perché non ci hai mai portato lì?”
“Perché non è un bel posto.”
“Perché?”
“Perché lì è in bella mostra tutto ciò che hai perso nel corso del tempo, poi non è un posto adatto per bambini piccoli.”
“E perché oggi?”
“Perché noi non siamo più bambini piccoli, abbiamo sette anni e tre quarti, siamo grandi.”
“Oh certo campione, ma come mai tutte queste domande?”
“Dada dice che non si deve rispondere con una domanda.”
Disse risoluto il figli e quando il padre alzò gli occhi verso di lui vide lo sguardo che aveva sempre il marito quando lo riprendeva, scollò la testa ripensando al vecchio detto: “tale padre tale figlio”.
“Oggi perché non c’era nessuno disposto a farvi da babysitter e comunque prima o poi dovevate fare la sua conoscenza.”
“Ma la conoscenza di chi?!”
“Una persona speciale per me, molto speciale.”
“Ma non è dada la tua persona speciale?”
“Quel lui è stato la mia prima persona speciale, piccola.”
“No, non è vero. – disse alzando la voce in tono indignato la bambina puntatogli contro il suo ditino – Non  può esistere una persona più speciale di dada.”
Il padre fermò la macchina al semaforo rosso e si girò per guardare la figlia, le sorrise teneramente. La piccola aveva un debole particolare per suo marito.
“Allora diciamo che lui è stata la mia persona quasi-speciale e che prima di capire cosa fosse realmente una persona speciale ho dovuto aspettare dada. Può andare?”
Le chiese sornione il padre e la piccola annuì.
Arrivarono alla meta dopo che il quattordicesimo “ma siamo arrivati?” venne chiesto.
*****
“Bambini ritornate qui subito! Prendete la mia mano e fate i bravi, non è un parco a tema questo, abbiate rispetto. Su da bravi venite qui.”
Con un po’ di difficoltà il padre riuscì a farli star buoni e riuscirono ad arrivare alla tomba vicino all’angelo, non seppe come riuscì a prendere la mano del figlio tenendo nello stesso tempo le rose gialle e rosse senza farle cadere o rovinarle, ma quando si trovò di fronte la sua lapide si lasciò sfuggire un sospiro sollevato perché gli iniziava a far male la mano e finalmente poteva posare da qualche parte i fiori. Si inginocchiò e passò una mano delineando ogni lettera dorata in rilievo, delicatamente.
“Ne è passato di tempo eh? Mi dispiace ma come vedi ho lo mie buone motivazioni: due pesti.”
Disse il papà alla lapide come se stesse parlando ad un vecchio amico di fronte ad una tazza di tè nel soggiorno di casa sua.
I bambini guardarono attentamente quella lastra di pietra con delle lettere sopra e si scambiarono uno sguardo perché loro non avevano mai sentito quel nome tranne che. . .
“Ma è il nome di uno dei principi delle tue storie!”
Disse la bambina che riconobbe quel nome, le piaceva molto il suono il suo papà aveva un modo tutto suo di dirlo, sembrava che assaporasse ogni lettera, le piaceva come risuonasse nella loro stanzetta illuminata dalla lucina vicino al suo lettino. Il padre si girò verso di loro e le sorrise annuendo. Quello era uno dei metodi che aveva adottato per farlo continuare a vivere attraverso i ricordi. Il maschietto, che era rimasto in disparte, si avvicinò piano alle spalle del padre perché voleva vedere a quale principe si trovavano di fronte.
“Ma perché ha il mio secondo nome, papà?”
L’uomo aprì le sue braccia per invitare il figlio a venire ancora più vicino a lui, il padre sapeva che quel giorno prima o poi sarebbe arrivata perché per quanto non si poteva pensare al proprio passato esso ti veniva a cercare e non poteva pensare ad altrimenti visto che aveva messo proprio quel secondo nome al figlio.
“Vi abbiamo raccontato di come siamo divenuti una famiglia, vero?”
“Sì, quando è nato il cuginetto la cicogna aveva con se anche noi perché aveva trovato i due papà migliori a questo mondo disponibili a prenderci con loro.”
Disse la bambina che si aggrappò forte al braccio del padre posando la sua testolina piena di ricci sulla sua spalla.
“Esatto, ha trovato noi. Quando ti vidi per la prima volta sai cosa ho pensato, piccolo? ‘Ecco, qui c’è lo zampino del mio migliore amico, non ci sono dubbi. Lo si può definire un miracolo?’ Non credevo a ciò che avevo di fronte, i tuoi occhietti mi catturarono già dal primo sguardo, erano dei piccoli frammenti di cielo, molto simili ai suoi. In quel momento pensai che avrei fatto di tutto pur di vedervi felici, io e tuo padre ci eravamo sposati da pochi anni e raramente avevamo pensato di allargare la famiglia, ma stranamente il momento in cui meno te lo aspetti diviene il ‘momento perfetto’. Eravamo pronti a diventare papà. Così al nostro duo si aggiunsero anche quei due pargoletti chiamati Andrew Kurt e Emily Elizabeth Smythe-Anderson.”
Gli diede un bacio sulla loro testolina fra i ricci rossicci dopo aver detto i loro nomi. I bambini non capirono tutto ciò che gli avesse detto il padre, ma una cosa era certa.
Papa forse questo Kurt era un persona più che quasi-speciale se ci ha portato da voi.”
Disse la piccola Emily facendo commuovere suo padre che liberò dalla presa delicata il suo braccio solo per poter stringere entrambi forte a se, stretti vicino al suo cuore. Ed era quando si trovavano stretti in quegli abbracci che sembravano non finissero mai che Blaine ringraziava quella forza invisibile che quel giorno lo aveva avuto tra le sue grazie e che gli aveva dato una seconda possibilità.
Gli aveva dato la possibilità di risorgere dalle sue paure diventando un uomo migliore, capace di pensare al passato senza provare delle fitte allucinanti all’altezza del cuore. Non fu un cammino facile, passò dei mesi in cui non riusciva a immaginare un domani, un futuro, benché Sebastian ogni giorno, finito il suo turno, lo andava a trovare, ma Blaine non gli permetteva mai di entrare e forse fu questo uno dei suoi sbagli peggiori. Perché fu quando lasciò la porta aperta al biondo che gli sembrò di tornare a respirare ancora.
Quel giorno non poteva immaginare quante cose meravigliose avrebbe perso fino a quando non le conquistò.
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Lui si gira verso di lui e gli sorride. 
Per un’ultima volta.
Si porta vicino al viso la pistola e preme il grilletto.
Poi lo preme ancora, ma a vuoto per la seconda volta di fila.
Perciò ci prova un’altra volta, ma niente ancora, continua a premerlo benché non ci fossero più dei proiettili a disposizione. Sembra un pazzo, cieco di disperazione.
Lancia la pistola con un gesto rabbioso lontano da lui.
Si accascia a terra urlando e piangendo. Urla che non vuole più far parte di questo mondo e vorrebbe che quelle maledette porte di quell’inferno che gli hanno promesso si aprissero sotto ai suoi piedi.
E Blaine urla, tanto da fargli male la gola.
Urla finché non la sente che brucia.
Urla e non percepisce nemmeno le braccia di Sebastian che gli avvolgono il busto, che lo fa dondolare avanti e indietro per farlo tranquillizzare. Non sente nemmeno tutti i “si sistemerà tutto, te lo promesso”, “ce la faremo”, “io non ti abbandono”, “andrà per il meglio” di Sebastian perché è troppo forte l’oscurità che lo circonda. Le lacrime continuano a cadere copiose sul braccio di Sebastian, scivolano veloci sulla sua pelle per poi finire la loro corsa sul prato morbido. Sebastian lo tiene stretto a se  fino a quando le urla si affievoliscono e le lacrime incominciano a seccarsi, pian piano in quella piccola raduna ritorna il silenzio che è intervallato solo dai respiri pesanti di Blaine.
Sebastian lo tiene stretto fino a quando Blaine non decide di alzarsi, lo guarda e nel suo viso non traspare alcuna emozione e in quel momento il francese capisce che il proiettile non sarà andato non avrà colpito la sua carne, ma qualcosa dentro di lui si è rotto uccidendolo un poco e per rimettersi in piedi ci impiegherà più di quanto immaginasse.
Sebastian lo ristringe fra le sue braccia e Blaine risponde alla sua stretta aggrappandosi a lui con se avesse paura che da un momento all’altro non potesse fare che frantumarsi in mille piccoli pezzi, si sente così debole. Anche Sebastian si aggrappa a lui, per paura, per paura di perderlo un’altra volta. Gli bacia la fronte bagnata come muta promessa di restare per sempre al suo fianco, non l’avrebbe riabbandonato un’altra volta e in cuor suo sa che sì, ci vorranno mesi, anni, prima di ritornare alla normalità ma un giorno il sole ritornerà a risplendere nella sua vita. Necessiteranno di molta pazienza, ma alla fine sa che ne sarà valsa la pena.
 
*******
 
Papa mi prendi in braccio e mi metti sulle tue spalle? Ho paura che daddy poi non vede il cartellone!!”
“Vieni qui, Andrew. Anche se non so quanto dada ti possa essere d’aiuto per sembrare più alto.”
Disse scherzando sulla sua altezza e poi con un movimento fluido se lo mise sulle spalle e il bambino incominciò ad agitare le sue gambine colpendo di tanto in tanto il colpo del padre.
“Calma campione che così mi giochi lo sterno.”
Gli disse bloccandogli le gambine e per poi massaggiarsi il petto.
“Scusa papa.”
Fece il bambino con tono triste per poi appoggiare il suo mento sopra alla testa del padre incominciando a giocare con i suoi ricci mettendo il broncio, odiava restar immobile per troppo tempo, con l’altra mano metteva in bella mostra il cartello che aveva fatto per Sebastian. Ma quando vide che dall’uscita del gate si incominciarono a vedere i volti dei passeggeri Emily e Andrew incominciarono a battere le mani e a urlare il nome nel padre e Blaine scommetteva che a fine giornata si sarebbe ritrovato con tutto il petto abbozzato.
“Andrew. Stai. Fermo. O. Ti. Metto. Giù.”
Gli disse a denti stretti senza ottenere alcuna risposta e quando gli prese le braccia sottili si bloccò come intravide la sagoma del marito che avanzava verso di loro facendo slam fra la gente, Andrew come vide che l’altro suo papà li aveva visti fece di tutto pur di ritornare con i piedi per terra per poi corrergli incontro affiancato dalla sorella. Sebastian come li vide posò le valige a terra, si inginocchiò per poter stare alla loro altezza e aprì le braccia come invito per fiondarsi su di lui e i gemelli non se lo fecero ripetere due volte. I due si aggrapparono al suo collo e lo ricoprirono di baci e si “mi sei mancato tanto daddy”, Sebastian li strinse forte a se e rimasero in quella posizione fino a che i gemelli pensarono di aver dimostrato al loro papà quanto gli era mancato, nel frattempo Blaine si era avvicinato lentamente al resto della sua famiglia, guardando suo marito con quella luce negli occhi tipica di chi si è appena innamorato, prese la valigia del marito e si beò di quella scenetta che riscaldava il cuore a tutti coloro che gli passavano vicino e si fermavano a guardarli. Quando i bambini lasciarono la presa sul collo del padre questo fu finalmente libero di respirare a pieni polmoni ancora e poté alzare lo sguardo sul marito, Sebastian si alzò di scattò e si perse nei suoi occhi che per due settimane aveva visto solo attraverso lo schermo del suo computer. Rimasero fermi fino a quando di colpo Blaine non fece cadere le valige che aveva da poco preso in mano e ricoprì la distanza che li separavano in due falcate e ben presto si ritrovò fra le braccia del marito.
Sebastian gli lasciò una scia di piccoli baci umidi su tutta la sua mandibola fino a che non arrivò al suo orecchio per sussurragli che gli era mancato e Blaine lo strinse più forte.
“Ehi sono tornato, vacci piano, non me ne vado più via.”
Gli disse gentilmente Sebastian facendogli allentare di poco la presa sulla sia vita chiedendosi da dove venisse tutta questa necessità di stringerlo così forte e poi gli venne in mente che giorno era quello e capì il motivo perciò gli lasciò un bacio veloce e delicato sulla labbra, che passò inosservato agli occhi di tutti tranne quelli degli figli che incominciarono a ridere. Sebastian appoggiò la sua fronte su quella del marito ignorando i risolini dei figli.
“Come stai?”
“Ora bene.”
“Sicuro?”
“Sì, tutta passa quando sto con voi. Tranquillo.”
“Okay. Torniamo a casa?”
Gli chiese Sebastian accarezzandogli delicatamente la guancia ruvida per via della barba non fatta.
“Torniamo a casa.”
“Finalmente.”
Disse Sebastian con un sorriso sulle labbra che ancora a distanza di anni faceva fare delle capovolte allo stomaco di Blaine che si chiese se prima o poi questo effetto potesse scemare mai, ma quando Sebastian sorrise ai figli, capì che no, non gli sarebbe mai passato.
I bambini gli presero le mani lasciando da parte Blaine con le valigie, Sebastian girò la testa verso suo marito alzando le spalle a mo’ di scuse mentre Emily continuava a parlare di quello che avevano fatto nella sua assenza e Andrew gli chiedeva se era riuscito a leggere il suo “DADA SEBASTIAN. Bentornato!!!!” e tutto allo stesso tempo, il genitore francese si ritrovò ad annuire senza sapere a cosa annuiva, confidava che si sarebbe fatto raccontare tutto più tardi, nella tranquillità della loro casa, aveva bisogno di calma e del suo adorato divano, il jet lag incominciava a farsi sentire e incominciò ad odiare ancora di più quel convegno a Berlino.
*******
Se Sebastian credeva che i figli gli lasciassero cinque minuti di pace per poter respirare si sbagliava e di grosso. I gemelli fecero vedere al padre tutti i disegni che avevano fatto quella settimana, Andrew fece sentire al padre quello che Blaine gli aveva insegnato a suonare quella settimana e così fece Emily e poi venne l’ora della merenda e i bambini pregarono in tutte le lingue del mondo il padre di cucinare i pancake e invano andò il fiato dei genitori che gli ricordavano che quello si mangiava a colazione e ora non era colazione, ma Sebastian non riuscì ad essere fermo come sempre, per via della stanchezza e degli occhi che si facevano pesanti, perciò dopo aver bruciacchiato un pancake servì ai figli quella colazione che gli era mancata tanto perché Blaine era si un bravo papà ma i pancake di Sebastian erano Buonissimi, con la b maiuscola, come diceva Andrew. Quando ebbero la pancia piena Sebastian guardò con occhi sognati quel divano che spiccava invitante e comodo dal soggiorno chiaro e pian piano si mosse nella sua direzione, ma i bambini lo ripresero per mano per portarlo nella loro stanzetta perché gli voleva far provare il loro nuovo gioco che Blaine gli aveva comprato. Sebastian maledisse mentalmente suo marito e si lasciò trascinare  nella loro cameretta a giocare alla nuova versione del Monopoli con i personaggi del nuovo cartone che tanto piaceva ai figli e che mai si sarebbe ricordato il nome. Quando Blaine finì di pulire la cucina e dopo aver messo il voto agli ultimi compiti, che ancora gli mancavano da correggere, andò a fare compagnia al trio sperando di trovare il marito con gli occhi ancora aperti e vide che Sebastian aveva gli occhi che si stavano per chiudere, ma era anche nel pieno del gioco e mai avrebbe venduto ad Andrew quella proprietà che valeva un sacco di soldi.
“Ma dai che è un affarone papà!!”
“Andrew con la tua proprietà, che vale un quarto della mia, cosa ci dovrei fare? E perché dovrei comprartela?”
“Perché sono tuo figlio e vuoi il mio bene?”
Chiese con ovvietà il piccolo facendo ridere il genitore riccio che prese posto alle spalle di Sebastian che come se lo sentì dietro rilassò la schiena facendola aderire al petto di Blaine che gli lasciò un bacio sul collo.
“Bravo papa distraimelo che così mi vende la proprietà.”
“Andrew!”
Disse in coro in due genitori.
“Che c’è è vero! Papa continua!!”
“Questo è stampo Smythe, mio caro.”
Gli sussurrò il moretto e rimase fermo al suo posto stringendo a se Sebastian e osservò il gioco da sopra della spalla del marito e quando i battibecchi sulla proprietà cessarono e ritornarono ad un gioco tranquillo, Blaine senza accorgersene si ritrovò a baciargli il collo, mordicchiandogli la pelle di tanto in tanto distraendo completamente Sebastian dal gioco che si bloccò con i dadi a mezz’aria quando sentì la mano di Blaine che stava scendendo sempre giù. In quel momento la distanza in quei giorni si fece sentire ancora di più e il sangue gli fluì in posti in cui non doveva fluire in quel particolare modo di fronte ai figli.
Daddy? Ma stai bene? Ti stai gonfiando, non è che non eri più abituato ai pancake e ti stanno facendo la bua?”
Blaine immediatamente si bloccò e guardò prima il collo arrossato di Sebastian e poi il rigonfiamento che diceva la loro Emily, che non era dovuto a nessun pancake, e veloce andò a prendere un cuscino per far coprire il marito, quando riprese il suo posto Sebastian gli diede una gomitata che fece star buono Blaine per il resto della partita.
“Ti sei messo d’accordo con Drew a chi mi fa più male?”
Gli sussurrò dopo aver ricevuto il colpo.
“Cosa mi dici sempre?”
Gli chiese a denti stretti.
“Non di fronte ai bambini, lo so, lo so. Ma. . .”
“Lo so, lo so. Ma ora stai buono. E non distrarmi, voglio vincere.”
 
*******
“Oh bontà divina!”
Borbottò Sebastian prima di buttarsi a peso morto  sul letto andando a nascondere la sua testa sotto al cuscino di Blaine.
“Non devi provare a ridere o fare quella faccia, Anderson.”
Blaine tossì per camuffare la risata e ritornò a sbottonarsi la camicia per mettersi la t-shirt reduce dagli anni all’Università che aveva frequentato dopo essersi ripreso dal suo periodo più buio. A Blaine piaceva accerchiarsi di tutto ciò che costituiva la sua ripresa e non lo faceva per vanità, come per metter in mostra la sua forza, per lui era come un promemoria di tutto ciò che poteva non aver vissuto e un giorno, quando sarà anziano, si sarebbe guardato indietro e avrebbe visto che tirando le somme tanto male nella sua vita non l’aveva fatto, che aveva vissuto una vita senza rimpianti, piena di amore, che legava il suo cuore a quello del marito e a quello dei figli con un doppio filo rosso, che mai si spezzerà, piena di esperienze che l’hanno fortificato rendendolo ciò che è adesso. Gli aveva promesso che avrebbe vissuto anche per lui e mai avrebbe mancato la parola ad una promessa data.
“Che faccia?”
“Quella da ‘ mio marito è adorabile quando gioca con i bambini e anche quando è stanco e uh-oh sedere’. Quella faccia.”
“Era da tanto che non mi chiamavi Anderson.”
“Non cambiare il discorso.”
“Però è vero sei adorabile quando giochi con i bambini.”
Gli disse sorridendogli sornione e per tutta risposta ricevette un rantolo proveniente da sotto al cuscino, Sebastian odiava quando passava per quello ‘adorabile’.
“E quando sei stanco.”
Blaine si mise la maglietta e con un gesto rapido si tolse i pantaloni per poi sedersi a gambe incrociate di fianco a Sebastian passandogli una mano fra i capelli.
“Non pensavo di avere una faccia speciale per il ‘uh-oh sedere’.”
Gli disse dopo essersi abbassato per poterglielo sussurrare direttamente sull’orecchio facendogli anche  un po’ di solletico.
“Arricci le labbra in un sorriso strano e gli occhi ti si scuriscono sempre, l’ho notato parecchi anni fa quando ti trovai imbambolato e col tempo l’ho imparata a riconoscere perché la fai sempre.”
Blaine rise e scosse un po’ la testa per poi mettersi a cavalcioni sopra a Sebastian incominciando a massaggiargli la schiena, il francesino come sentì le mani del ricciolo che si muovevano esperte si rilassò completamente affidandosi a lui.
“Ma che hai fatto 16 ore di aereo? Senti te come sei teso.”
“Ho fatto uno scalo lungo a Francoforte, non da meno è stato quello di Chicago. Odio quelle sedie nella sala d’attesa. Per non parlare dei bambini.”
“Gli sei mancato, non sono abituati a starti lontano per così tanto tempo.”
“E tu?”
“Oh ma io non vedevo l’ora che partissi per Berlino, sono stato a meraviglia!”
Disse scherzando Blaine e il calcio da parte di Sebastian non tardò a venire, per via del colpo il moretto perse per un attimo l’equilibrio e si ritrovò sopra al marito mentre si toccava il punto dolorante.
“Ma ti pare il modo?”
Gli chiese mugugnando contro la sua spalla.
“Non è una cosa da dire quella che hai detto.”
“Ma ti sei rincretinito in queste settimane o è il jet lag che non ti fa capire il sarcasmo? E poi come diamine ci sei riuscito a colpirmi il fianco?”
“Ho le gambe lunghe.”
Fu la sua giustificazione. Poi Blaine rotolò su di un fianco e fece per alzarsi quando Sebastian lo bloccò per un braccio.
“Scusa per prima, non volevo farti male e-”
“Mi hai dato un calcio.”
Ribatté Blaine.
“Non fare il bambino piagnone, killer. Rimani qui, non ti alzare per favore, non volevo farti andare via.”
E Blaine si sciolse sotto lo sguardo di quegli occhi dispiaciuti e appannati per la troppa stanchezza, perciò si ristese al suo fianco poggiando la testa sul suo petto e stettero in silenzio per un po’. Blaine si fece cullare dal battito del suo cuore finché non iniziò a fargli delle domande.
“Che hanno detto i bambini quando gli hai portato i fiori per l’anniversario?”
“Emy inizialmente era tipo ‘non esiste persona più speciale di daddy, cosa stai dicendo papà?’ –disse Blaine imitando la voce di quel personaggio di quella serie che andava di moda negli anni ’80 – però quando gli ho spiegato il perché abbiamo scelto proprio Elizabeth e Kurt come loro secondi nomi Emy mi ha detto che se lui li aveva guidati fino a noi forse un po’ speciale lo era.”
“Non ti hanno chiesto nient’altro?”
“Emily voleva sapere il perché di ‘Elizabeth’. Sai per il fatto di sua madre, si chiamava così e diceva sempre che se mai avesse avuto un figlia l’avrebbe chiamata così, già da piccolino lo sapeva. Sai a nove anni gli nacque una cuginetta e passammo un’intera giornata insieme a Burt a trovare un nome, se ne uscì con quel nome e lo incomincia ad amare.”
“Anche a me è sempre piaciuto.”
“Infatti quello fu l’unico nome che impiegammo poco tempo a raggiungere un accordo.”
“Tu e il tuo Philippe.”
“E allora il tuo Theodore?”
Ribatté Sebastian.
“Era bellissimo.”
“Si poi ci mancava che nascesse con la voce da scoiattolo e avremmo fatto una fortuna!”
“Chipmunk, sono chipmunk. Theodore è un nome bellissimo. Theodore Smythe-Anderson.”
“Ma Andrew ancora di più.”
“Infatti alla fine mi hai convinto.”
Poi un altro silenzio cadde fra i due, Blaine voleva chiedergli una cosa, ma non trovava la forza per aprire la bocca. Per un po’ si limitò a disegnare dei cerchi immaginare sull’avambraccio di Sebastian.
“Ti capita mai di pensare a quante cose potremmo aver perso se quel giorno io. . .se quel giorno io, mi hai capito, vero?”
Sebastian prese dei bei respiri profondi e poi si tirò un po’ su facendo girare dalla sua parte Blaine, aveva parlato sempre con lo sguardo fisso sul muro, gli accarezzo delicato la guancia e stirò la sua bocca in sorriso sottile prima di aprire la bocca.
“Ci penso spesso, è più forte di me. Ormai è l’unico incubo che mi fa compagnia di notte, di tanto in tanto, però quando apro gli occhi e ti trovo al mio fianco mi sento subito meglio e ritorno a respirare. Sai per un secondo ho avuto una specie di sparo nelle mie orecchie che mi ronzava in testa, ma era più un flebile eco della catastrofe che essa stessa, credevo veramente di averti perso, per sempre. Perché me lo chiedi?”
“Perché io alcune volte non riesco a pensare ad altro. Ci sono giorni in cui mi salta alla memoria e riesco a pensare solo a quello.”
Sebastian gli prese il volto fra le sue mani e premette le labbra sulla sua fronte, rimasero così per un po’.
“Ne abbiamo già parlato, amore, non c’è niente di cui dover parlare ormai. Sei qui ed è quello che conta, lo so che giorni come oggi sono pesanti per te, ma cosa abbiamo detto una volta che abbiamo deciso di riprovare ad essere un noi?”
“Archiviamo il passato, non pensiamoci più e annulliamolo costruendoci sopra una nuova vita insieme.”
“Conta solo quello che abbiamo ora, conta solo il nostro amore, lo senti? – gli chiese portando la sua mano sul cuore per fargli percepire il battito che palpitava – contano i nostri figli. Hai visto? Gente che credeva che non potevamo avere una famiglia tutta nostra, ma non ce la stiamo cavando male e la dimostrazione sta in ogni loro sorriso. Non è più il tempo per pensare ai nostri sbagli o alle nostre colpe o a ciò che pensiamo che avremmo potuto fare, okay? Non possiamo tornare indietro, non abbiamo alcuna possibilità di cambiare il passato. Però possiamo decidere se passare la nostra vita a pensarci e a riempirci di se o fare qualcosa che ci permetta di alleggerire il peso che grava sulle nostre spalle. Ci siamo salvati a vicenda, due barche alla deriva che si incontrano in mare aperto e unendo la forza sono riuscite a tornare sulla riva. Siamo qui, ora, pensa a questo e non tormentarti ancora, non voglio perderti un’altra volta.”
“Non l’ho mai fatto.”
“Ti ho perso nel momento in cui ti ho detto la verità, qualcosa si era rotto, B.”
“Ti avrò pure detto delle cose che ti potevano ferire, ma non pensare per nemmeno un secondo che io non ti avrei più voluto al mio fianco. Lo sai.”
Sebastian annuì e Blaine se ne ritornò fra le sue braccia, Smythe lo strinse ancora più forte di prima a se, come se avesse paura si avere fra le braccia un sogno, qualcosa di non tangibile e che poteva scomparire in un battito di ciglia. La mano di Blaine era salda sul braccio di Sebastian come se la sensazione di stare alla deriva fosse ancora viva dentro si se e aveva bisogno di un’ancora a cui aggrapparsi. Stretti in quel abbraccio chiusero gli occhi aspettando la venuta di Morfeo, ma ben altri bussarono alla loro porta socchiusa. La testolina dei bambini spuntò dalla porta e aspettarono che i genitori gli dicessero qualcosa. Blaine teneva ancora gli occhi chiusi, come se fingesse di star dormendo anche se il sorriso che aveva lo tradiva, Sebastian invece puntava i suoi smeraldini che si erano addolciti come videro i ricci rossi dei figli emergere dalla porta, strinse a se il moretto e lo scosse un po’.
“Abbiamo ospiti.”
Gli disse nell’orecchio Sebastian per poi lasciargli un bacio svelto sulla guancia e con un movimento della mano fece capire ai figli che potevano entrare. I bambini come arrivarono davanti al loro letto incominciarono a darsi delle gomitate e si scambiarono degli sguardi per mettersi d’accordo su chi doveva parlare e nessuno dei due era deciso a fare il primo passo.
“Ci chiedevamo se. . .”
Incominciò Emily.
“. . .possiamo dormire nel lettone con voi.”
Finì per lei Andrew, i genitori si guardarono e si sorrisero.
“Le sapete le regole bambini: ognuno dorme nel proprio lettino.”
“Ma-ma Emy ha avuto un incubo!”
Ribatté Andrew e per tutta risposta Emily gli colpì la spalla.
“Non si fa quello Emily!”
La ripresero i genitori all’unisono.
“Ma non è giusto! Dice che sono sempre io che ho paura!”
“Ma sei una bambina tu, ovvio che hai paura!”
Daddy! Papa! Non è vero che ho paura.”
“Chiedetevi scusa a vicenda.”
“Ma-”
“Niente ma. Non si danno né i pugni né si dicono quelle cose.”
I bambini si guardarono e sbuffarono.
“Scusa!”
Dissero in coro per poi mettere il broncio. Sebastian rise e aprì il braccio, che non faceva d’appoggio alla testa di Blaine, e si spostò un po’ più a destra per far spazio ai gemelli, per far capire ai bambini che avevano il loro consenso di salire sopra il letto e i due non se lo fecero ripetere due volte. Emily prese possesso del lato destro del corpo di Sebastian e Andrew invece si mise in mezzo ai suoi due papà e felici i gemelli si strinsero forte a lui.
“Se quando ritorno mi riempite di così tanti abbracci vado via più spesso!”
Disse scherzando Sebastian suscitando negli altri tre tutt’altro che ilarità.
“No.”
Gli disse Blaine fulminandolo con lo sguardo dandogli un sbuffetto sulla nuca.
Papa non si danno le botte. . .”
“E dada non si dicono certe cose!”
Li ripresero i bambini per poi mettersi a ridere e si dettero il cinque, i genitori si guardarono e alzarono le spalle come per dire ‘ce la siamo cercata’.
I bambini sbadigliarono e si accomodarono meglio al fianco di Sebastian, Blaine guardò prima i gemelli e poi il marito e si sorrisero ed entrambi pensarono alla stessa cosa: non c’era bisogno di pensare al passato ormai, non da quando hanno loro che riempiono ogni momento libero della giornata. E Sebastian sotto questo punto di vista aveva ragione.
“Non vi state dimenticando una cosa, piccoli? – Andrew e Emily lo guardarono confusi così come Sebastian – il bacio a papà.”
Detto questo gli porse le guance e insieme i gemelli lo assalirono e Blaine fu rapido a prenderli per la vita nel momento in cui se li trovò su di lui, lo riempirono di piccoli bacetti e quando finirono il loro papà gli lasciò un bacio sulla fronte e poi se ne ritornarono a dove si trovavano prima. Sebastian accarezzò la schiena della figlia prima di stringerla più forte a se e così fece pure con la spalla di Blaine, quest’ultimo invece passò il braccio prima sopra al fianco sottile del figlio per posare la mano su quello di Sebastian e stretti in quell’abbraccio si addormentarono.
La stanza rimase per un po’ immersa nel silenzio che veniva rotto solo per via dei respiri che man mano si facevano più profondi e regolari, ma era un silenzio che era destinato a non durare ancora per molto.
“. . .Bas?”
“Mhm.”
Blaine fece forza sul suo fianco per poter alzare il busto fin quanto gli bastava per avere libero accesso alla labbra di Sebastian e si scambiarono un bacio che dapprima era solo un semplice sfiorarsi ma dopo si fece più profondo volto a riscoprirsi, un’altra volta. Quando si staccarono avevano gli occhi lucidi e avevano il cuore più leggero.
“Ti amo, Bas.”
Gli disse a mezza voce Blaine.
“Ti amo anch’io, killer.”
 
***********
 
Vedete quei due uomini che tengono per mano due gemelli, un maschietto e una femminuccia? Che di tanto in tanto si scambiano sguardi di nascosto e osservano l’altro quando questo non presta attenzione?
Vedete la loro felicità nel loro sguardo?
Vedete nei loro occhi quel luccichio che caratterizza il primo incontro, quello del colpo di fulmine?
Vedete  nei loro sorrisi quella felicità che ti pervade quando sai che sei arrivato quasi in cima e che manca poco oramai prima che tutto si prospetta sotto ai tuoi piedi?
Vedendoli pensate che in loro c’è qualcosa di rotto, qualcosa di accomodato a fatica e sangue?
Ovvio che no. Ora li vedete felici e guardandoli attentamente non siete capaci di catturare quella flebile ombra in fondo allo sguardo del tuo psicologo, colui che ti ha sempre aiutato a a venir fuori dai tuoi incubi e mai credereste che proprio lui è uscito da pochi anni dal suo. Lui è colui che ti sta aiutando e in un certo modo ti sta salvando, e mai nei suoi modi potreste capire che proprio quella persona così sicura di se una volta vide le sue certezze crollare, una ad una. Colui che salva vite di continuo un giorno credette di non aver saputo trovare un modo per salvare l’unica persona che abbia mai amato.
Oppure mai potreste immaginare che proprio quel tuo professore un po’ pazzo e un po’ troppo euforico e logorroico per un periodo della sua vita ha vissuto nell’ombra e non parlò per un po’. Se te lo raccontasse gli rideresti in faccia perché non ti sai immaginare quel viso eclissato del suo sorriso dolce.
Sapete qual è il loro segreto? Sapete come riescono a non far trapelare niente di loro ad occhi indiscreti?
Con l’Amore.
È così semplice?
Oh no, loro ci hanno messo mesi a capirlo. Comprendessero che l’unico modo per superare il loro passato era aprirsi totalmente all’altro, senza veli di bugie che li proteggessero. E oltre all’amore ovviamente si dovevano armare di perdono perché ci sono determinate cose che sono difficili da riuscire a perdonare, ma l’amore è più forte di qualunque colpa.
L’Amore non sempre riesce a salvarti, per quanto tu ami non puoi sottrare qualcuno dalla presa della Morte. L’Amore non sconfiggerà mai la Morte, ma le sa tener testa. Quello sì.
A quei due uomini gli venne concessa una seconda opportunità perché quel giorno il proiettile che bramava di sentir bruciare sulla sua pelle fu proprio quello che si conficcò nella corteccia di un albero. Le seconde opportunità non vanno né bruciate né sprecate, vanno tenute al sicuro. E loro non sprecarono nemmeno un secondo di quella vita che gli fu concessa di passare al fianco dell’altro.
Vedete quella famigliola, un po’ atipica, giù al parco in quel bellissimo pomeriggio di primavera? Loro in questo preciso instante sono la felicità.
Ogni piccolo avvenimento che si sono imbattuti lungo la strada che li portò fino a quel punto solo ora li si possono capire, dal modo in cui hanno influenzato il loro futuro perché non puoi capire quanto un’azione possa influire sul tuo flusso temporale finché un giorno realizzi che tutto è servito per portarti a dove sei ora. Il passato assume connotazioni diverse dalle quali non vuoi più scappare e ci impari a convivere.
Quei due uomini condividono segreti che mai verranno svelati ad altri, ma hanno trovato un modo per poter insegnare ai loro figli come comportarsi in determinate situazioni, nel più semplice dei modi: raccontandogli la storia di coloro che riuscirono a sconfiggere la Morte col fiore dell’Amore, non scappando dai loro sbagli ma affrontandoli.
Perché solo nelle favole l’Amore, quello vero, sconfiggerà la Morte, ma crederci non fa mai male. No?
 
THE END.
 
Beth’s Corner
Buona sera folks! Non ci sto prendendo gusto ad aggiornare a pochi minuto allo scoccare di mezzanotte è che la beta è stata per un intera settima senza pc e la stesura di questo capitolo mi ha preso più tempo del previsto, poi tra un laboratorio e lo studio il tempo per loro si accorcia sempre di più e mi dispiace, ma ahimè è la dura legge per la sopravvivenza scolastica dicono. Chiudo qui questa parentesi e veniamo a noi, che è meeglio!
"THE END". Non pensavo che sarebbe stato così difficile scrivere queste due parolone a fine capitolo e non da meno è stato spuntare la voce "Completa", è sempre duro chiudere un capitolo, porci una fine, ma come ho detto la settimana scorsa ogni cosa ha il suo tempo.
Chi ci era arrivato? Che “F is for Family” era un post-BoyB? Chi l'ha fatto complimenti a breve vi arriverà un Grant (Darren è mio #Iamnotevensorry) a casa vostra quindi affrettatevi a dirmi chi l'ha pensato! In quella raccolta ho sparso di qua e di là dei rifermenti a loro, molti riferimenti. E no, benché avessi pensato subito alle ultime parole dell'ultimo capitolo ho totalmente stravolto l'epilogo, in origine c'era un piccolo James, omaggio al buon signore del Jul's che li aiutava di più a far chiarezza nei loro cuori, poi sono arrivati i miei gemellini per via  di un prompt della Seblaine Week e ho subito realizzato che era questa la vita che volevo per i miei Sebastian e Blaine dopo lo sparo. Li volevo felici e avevo trovato la ricetta per la felicità (no nella Coca-Cola!!) in quella massa di ricci ramati e nei loro occhi cielo. Spero di non avervi delusi con scelta, ma veramente non sono riuscita a tenermi per me questa famiglia, non ce l'ho fatta, ve li ho fatti conoscere a poco a poco come mi piace fare, io non ce la faccio a far morire Blaine, non dopo tutto quello che gli ho fatto. Gente che avete riposto la vostra speranza nell'epilogo posso dire una cosa: AVETE FATTO BENISSIMO! Sono un mostro, ma fino a un certo punto.
Emily Elizabeth e Andrew Kurt (amo i loro nomi completi e non potete immaginare la fatica nel non poterli usare nella raccolta, fino ad oggi *balla conga*) vi ricordate che alla fine dell'os AU!Disney (Thanks for being the loved merman to my prince) vi avevo detto che li avresti rivisti? Mi riferivo a questo, non alla raccolta, la raccolta è venuta dopo.
Credo di non avere altro da dire, solo che sono una persona molto, ma molto triste, non so a voi ma a me mi mancherà Boy B, certo ci sarà ancora per un po' FifF, ma non è la stessa cosa. Adesso per voi quella famiglia non ha più segreti ormai, ma spero che non perderà il suo fascino.
Ho citato John Green all’inizio per un semplice motivo, oltre al fatto che lo amo tantissimo anche se per via dei suoi libri mi ha fatto soffrire tantissimo, quella frase mi è rimasta in teste per giorni, ancora oggi mi sento la sua voce che mi ricorda che tutto ciò che faccio ora a una conseguenza nel mio futuro, mi ha fatto pensare molto . Chi vuole vederlo ecco a voi il link a Perspective.
Vorrei ringraziare chi ha seguito questa storia dal primo capitolo fino ad oggi, chi ha scovato per caso questa storia e l'ha incominciata a metà strada o giù di lì. Ringrazio chi ha letto. Ringrazio chi mi ha fatto compagnia con le loro recensioni, le ho amate, dalla prima all'ultima e vi ringrazio ad una ad una. Grazie dal profondo del mio cuore.
E te, cara beta, mica mi son dimenticata di te, a te ti dico solo una cosa: grazie per tutto. Sai a cosa mi riferisco con "tutto", solo non ho abbastanza spazio per scriverlo e nemmeno troppo tempo perché sto quasi fuori tempo.
Alla prossima.
Love always,
Beth <3
   
 
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