I wasn't enough

Non abbastanza, era quello che ero -beh, che sono- abituato a pensare di me.

Non abbastanza intelligente per i miei genitori, non abbastanza simpatico per i miei compagni di classe, non abbastanza carino per le ragazze che mi piacevano.

Così poi uno ci si abitua, a considerarsi un “non abbastanza” e finisce col diventarlo per davvero.

Nel mio caso, il “non abbastanza” che più mi ha pesato è stato quello che precedeva il “coraggioso”.

Mi nascondevo dietro a chi era più forte di me per evitare di essere ferito; sono arrivato a nascondermi persino dietro a lei, dietro a una ragazza!

L'avevo fatta diventare il mio tutto, la mia ancora, la mia colonna portante, e mi rendeva felice.

Perchè sì, nonostante tutto, nonostante avessi praticamente tutti contro io ero felice.

Felice.

Fino a quando mio padre -senza cattiveria- ha insinuato “E se lei non ci fosse più? Come faresti da solo?” e allora ho incominciato a pensarci, a pensare alla mia debolezza, e al fatto che le persone -chi prima, chi dopo- se ne vanno sempre.

Sempre.

Così il mio non essere abbastanza coraggioso ha iniziato a prevalere, e piuttosto che stare male per un abbandono, ho scelto ancora una volta la codardia.

Già, perchè quello che se ne è andato, alla fine, sono stato io.

Io, che per essere accettato da persone di cui non me ne fregava nulla ho scelto di cambiare, di rinnegare me stesso.

Così come un codardo -come un bastardo- sono scappato, senza preoccuparmi di guardare chi lasciavo alle spalle, chi ferivo, chi distruggevo.

Sulla mia coscienza gravano l'uccisione di una persona e il ferimento profondo di un'altra, perchè ho ucciso me stesso diventando qualcuno che non sono mai stato, e al contempo ho colpito alle spalle chi mi era sempre stata vicina.

Bell'amico, eh?

Se guardo verso sinistra con la coda dell'occhio riesco appena a vederla, con i soliti capelli ricci che sembrano dotati di vita propria, perchè sparano in tutte le direzioni; lei li lascia sempre liberi, non cerca di costringerli solo per paura di essere presa in giro per la sua stranezza o quant'altro.

Lei è semplicemente... Lei.

Ed è per questo che, essenzialmente, oltre ad essere la mia amica più vera, lei rappresentava tutto ciò che avrei voluto essere.

Ho preso l'abitudine di ignorarla a scuola -o almeno di provarci- perchè così forse è un po' più semplice.

Beh, questo è quello che cerco di convincermi a pensare, ma la verità è che non è affatto facile, specialmente quando posso sentire il suo sguardo risentito e deluso depositarsi fra le mie scapole.

La verità è che ho paura di ciò che potrei leggere in quegli occhi nocciola se i nostri sguardi si incontrassero.

Cosa ci sarebbe? Tristezza, delusione, rabbia, rassegnazione, indifferenza?
 

Sono ancora seduto con i miei nuovi “amici” in mensa e sto scostando con fastidio la mano di questa rompiscatole di una cheerleader quando scopro quale delle ipotesi mi avrebbe fatto più male tra le precedenti: l'ultima, sicuramente.

Perchè mentre lascia la mensa, passandomi affianco per raggiungere la porta...

Beh, questa volta è lei che non mi degna nemmeno di uno sguardo, ignorandomi completamente.

“Bravo Niall, te lo sei proprio meritato” penso mentre fingo una risata per una battuta che non mi ha nemmeno fatto ridere, perchè l'unica cosa che riesco a pensare è:

“Che nemmeno per lei fossi abbastanza?”

Ciao :)
Dunque, questo è il seguito (oh, beh, si dai, all'incirca, avete capito, ecco) di "It hurts".
Si tratta ovviamente di un POV Niall e ehm...
Beh, non ho molto da dire, se non che so che fa schifo e che mi dispiace per l'interlinea, ma ho avuto dei problemi, non posso usare Word e con queso programma non sono riuscita a metterne una decente D:
Detto ciò, mi scuso per gli erroracci sicuramente presenti e vi mando un bacione <3