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Autore: Oducchan    23/04/2008    5 recensioni
sakura viene lasciata a Konoha, dispensata dalla nuova missione che il team 7 deve compiere. ma mentre si ritrova da sola con i suoi pensieri, riesce finalmente a capire quanto crescendo lei sia cambiata...e quanto siano cambiati i suoi sentimenti verso una certa persona... (naru/saku)
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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JUST THE SUN

Dedicata a Gracy110, che proprio oggi compie gli anni. Ancora tanti auguri, sensei!!

 

 

A SUNNY KISS

 

 

Si tormentò le mani, torcendole tra loro, nel vago tentativo di calmarsi. Poi, non trovando requie, si mise a girare in tondo per la stanza, cercando nel movimento di sfogare la tensione. Non riuscendovi, si risolse a lasciarsi mollemente andare sul letto, con un sospiro.

Sakura Haruno si stava maledicendo mentalmente, e pregava intensamente che le cose si sistemassero in fretta, visto quanto si sentiva distrutta.

Tutto perché era stata tanto stupida, e aveva capito come realmente stavano le cose solo quando si era trovata sola.

Quando la normalità, la normalità di ogni giorno che l’aveva accompagnata silenziosamente ogni giorno di quegli anni così radicalmente diversi da quelli della sua infanzia, le era stata tolta un’altra volta.

Si era ritrovata a riflettere che, all’epoca della loro promozione a genin, non sarebbe mai successa una cosa del genere. Anzi, che allora, considerandosi la più debole del team 7, non le avrebbero fornito una giustificazione così futile.

E mentre pensava a quei ricordi sbiaditi nel tempo, si era accorta che…beh, erano appunto tali. Ricordi. sbiaditi.

I litigi continui tra Sasuke e Naruto, i ritardi di Kakashi, le sue sfuriate…e di nuovo Sasuke, il suo mutismo, la sua freddezza, il suo carisma…tutto sembrava appartenere a una vita che non era la sua. Davvero gli aveva detto certe cose? Davvero aveva pianto in quel patetico modo per tentare di non lasciarlo andare? Davvero aveva passato pomeriggi a litigare con Ino per lui?

Davvero lo aveva rimpianto tanto a lungo?

Si era improvvisamente accorta che Sasuke Uchiha non compariva da tempo immemorabile nella sua mente, se non come un fantasma occasionale che bisognava acchiappare. Se non come un’ombra che aleggiava al di fuori del villaggio e che oscurava il quadro perfetto della sua presente normalità.

Perché nella sua normalità, Sasuke Uchiha non rientrava più.

Era passato tanto tempo. Troppo. Quanti anni, cinque? Sei? E lei lo aveva rimpianto i primi tempi, poi si era fatta forte e aveva deciso che sarebbe andata avanti. Che prima o poi sarebbe tornato, e tutto sarebbe tornato a posto, alla normalità. Errore. Se mai Sasuke sarebbe tornato, non sarebbe più stato parte della normalità. Sarebbe stato una variabile incalcolabile che avrebbe scombussolato la sua esistenza, di nuovo. E di scombussolamenti così radicali, Sakura Haruno non voleva più viverne, non dopo quello che stava vivendo in quei giorni.

La sua normale giornata non era più incentrata sul moro erede degli Uchiha. Oramai girava attorno al suo impegno all’ospedale, alla sua sensei, al nuovo team 7 e al suo raggio di sole personale. Quotidianità era diventata lottare per salvare la vita ai pazienti, allenarsi con Tsunade, compiere missioni con Kakashi, Sai e Naruto, e passare le giornate con loro. Soprattutto con lui. Il suo biondo raggio di sole. Quel che faceva Sasuke Uchiha per conquistare il bramato potere, quel che pensava di lei o provava nei suoi confronti, non era più nei suoi interessi, né nelle sue preoccupazioni.

Lo aveva superato. Accantonato. Dimenticato.

Ora il centro dei suoi pensieri si era spostato. Senza che quasi se ne fosse accorta, quei capelli biondi e quegli occhi azzurri erano diventati la sua priorità assoluta. Adorava vederlo sorridere, si angosciava quando si feriva, si detestava se lo faceva stare male. Senza avvedersene, Naruto Uzumaki era diventato la sua ragione d’essere.

All’interno della sua giornata, ogni momento passato con lui diventata speciale. Le operazioni, gli allenamenti, gli ammonimenti di Kakashi, le battute taglienti di Sai e le sue risposte acide, tutto veniva messo in secondo piano quando, anche per pochi secondi, lui restava al suo fianco, con il suo sorriso, il suo buonumore, la sua allegria. Sakura si sentiva decisamente meglio, quando quella zazzera scompigliata entrava con il solito fracasso nel suo campo visivo, e doveva riconoscere che faceva quell’effetto un po’ a tutti. Il loro sensei, perennemente serio e misterioso, si poteva intuire che stirasse le labbra in un ampio sorriso nascosto sotto la maschera di stoffa. Sai, il compagno di squadra che quattro anni prima- Sakura lo ricordava con un certo imbarazzo- avevano tentato di escludere, sostenendo che Sasuke era in qualche modo insostituibile –cosa che si era rivelata irrimediabilmente falsa- ora aveva perso gran parte dell’aria meditabonda e solitaria, aveva diminuito drasticamente le offese e si era sciolto un po’. Sakura sapeva che si era affezionato a loro, almeno quanto loro si erano affezionati a lui. Erano diventati un gruppo compatto. Come lo erano stati una volta, con lui. O forse più di prima.

Ma lei si era infine accorta che non voleva che le cose tornassero come una volta. Come stavano adesso le andavano benissimo. All’alba dei suoi diciotto anni, aveva realizzato di aver superato definitamene il dolore, la prima cotta, il rifiuto, e di essere diventata una donna forte, determinata, in gamba. Innamorata.

Peccato che aveva realizzato tutte queste cose il giorno in cui il suo team aveva deciso di andarsene in missione senza di lei. Tre settimane lontani dal villaggio, lontani da lei. E neanche si erano presi la briga di avvisarla! Li aveva aspettati per una mattinata intera al ponte, chiedendosi come mai oltre al maestro kakashi fossero in ritardo anche gli altri due ragazzi, che forse non brillavano per puntualità, ma mai si facevano attendere più di troppo. Dopo ore di inutile attesa, si era recata a cercarli, e non trovandoli, si era fiondata adirata al palazzo dell’Hogake per ricevere delle spiegazioni. Lì, la doccia fredda: a Tsunade serviva una squadra per completare una missione, e l’aveva affidata al team 7; lei non era stata avvisata, poiché solo il giorno prima era stata impegnata in una difficilissima operazione, che si presumeva l’avesse lasciata esausta. Così la Quinta aveva dato ragione alle pressanti richieste di Naruto e a quelle, meno accorate ma pur sempre concordi, degli altri due shinobi, non l’aveva mandata a chiamare per lasciarla riposare e aveva lasciato andare i tre uomini.

Sakura allora aveva piantato in piedi un caos assurdo. Si era messa a gridare che no, non le interessavano le scuse che la sennin le riferiva da parte di Naruto; che lei no, non era stanca, e avrebbero dovuto fregarsene di quel che aveva o non aveva fatto; che avrebbe preferito di gran lunga essere buttata giù dal letto all’alba che essere trattata in quel modo; che lei, che diamine, non era per niente tanto debole e che ci voleva ben altro che una misera operazione chirurgica per lasciarla a secco di energie; e poi una serie di altri insulti e sceneggiate all’indirizzo di quegli stupidi ninja che l’avevano considerata così poco, molti dei quali senza un senso compiuto. Alla fine si era ritrovata seduta a terra, il volto in lacrime e una mano di Tsunade sul suo capo, mentre la consolava.

E lì erano iniziati i giorni bui, spenti, in cui si trascinava fino a sera per non ritrovarsi a pensare dove fossero gli altri, a cosa stessero facendo senza di lei, se avessero già completato la missione, se sarebbero tornati a casa presto…se quella testa quadra si fosse messa nei guai, se stesse bene, se non era capitato niente di male…ricordava ancora quella sera in cui, dopo averla invitata al chiosco e averle offerto una ciotola di ramen, Naruto aveva abbassato cupamente il capo e le aveva raccontato perché Itachi gli dava la caccia, perché si era ritrovato orfano appena nato, cosa succedeva quando perdeva il controllo…le raccontò del Kyuubi, dei Bijuu, dello Yondaime. E lei lo aveva ascoltato in silenzio, attenta a ogni parola, e lo aveva preso per mano quando, lievemente rosso in volto e con uno sguardo strano, aveva guardato altrove. Non le importava, no. Però ricordava benissimo cos’era successo a Gaara, e aveva cominciato a provare paura ogni volta che uscivano dal villaggio, a guardarsi le spalle durante le missioni, ad angosciarsi se ritardava anche solo un secondo agli appuntamenti. Era lì che aveva cominciato a preoccuparsi per lui? A desiderare che non gli capitasse niente di male? Che restasse sempre con lui? O era qualcosa che succedeva già prima, quando lo vedeva tornare coperto di fasciature? Sakura si sentiva ossessivamente protettiva nei suoi confronti. Ma doveva riconoscere che lui ricambiava la sensazione, facendola sentire al caldo. Al sicuro.

Per questo non riusciva a trovare confortevole la solidarietà che le esprimeva Ino in quel periodo-che, dopo l’abbandono di Shikamaru in favore di Temari, si era inaspettatamente interessata al fascino da artista di Sai, interesse pienamente ricambiato-. Per questo non si rassicurava quando tutti le spiegavano che andava tutto bene, che presto sarebbero tornati indietro, tutti e tre, sani e salvi. Non stava bene, solo perché si era accorta di una cosa tremendamente importante, e si mordeva le labbra per non averlo capito in tempo, perché ora doveva aspettare per poterlo dire al suo raggio di luce. Dirgli quanto sola si sentiva senza di lui, dirgli quanto grande era diventato quel baratro nella sua anima in quelle tre settimane passate da sola, dirgli quanto aveva bisogno del suo sorriso…solo che non poteva.

Perché le tre settimane erano trascorse e passate, e ormai si trovavano a metà della quarta. E ancora i suoi tre uomini non erano ancora tornati.

E Sakura aveva paura. Una paura irrazionale che non capiva da dove avesse origine, se dal terrore che l’Akatsuki li avesse attaccati, se dal pensiero che magari Naruto si era arrabbiato tanto da scatenare quel che non doveva scatenare, se dal pensiero che la missione potesse essere andata a finire male, se dal pensiero che avessero incontrato…Sakura deglutì a vuoto, quando incappò in quel pensiero. No, non dovevano aver incontrato Sasuke. Perché lo sapeva benissimo, lei forse aveva superato quel…quel “problema”, ma Naruto ancora no; lui continuava a sperarci, con tutto se stesso, di ritrovare quell’amico perduto. E lei irrazionalmente –ma forse neanche tanto- pensava che quell’ossessione gli sarebbe costata cara.

Per quel giorno, l’ennesimo di una lunga serie, si limitò ad alzarsi dal letto e a prepararsi per andare al suo turno all’ospedale. Tuttavia già si era ripromessa che se non avesse ricevuto notizie, sarebbe partita anche lei, per andarli a cercare; niente l’avrebbe fermata.

Ma quando già stava per uscire, la porta che si stava aprendo, quasi le venne un colpo dallo spavento quando le si parò innanzi un ninja medico, con la caratteristica divisa bianca

-Sakura Haruno- le disse solo, professionale -deve venire subito: il team 7 è rientrato in condizioni critiche, e potrebbe essere necessario il suo intervento-

In seguito, Sakura non seppe raccontare come riuscì a mantenere la lucidità necessaria per seguire il collega fino all’ospedale. Seppe solo dire che avvertiva il cuore batterle troppo velocemente in gola, il sangue pulsarle smanioso nelle tempie, e un malessere generale a livello dello stomaco. Si mosse come in uno stato di trance, le pupille dilatate all’interno dell’iride, tentando disperatamente di convincersi che niente di quello che aveva immaginato era accaduto davvero. Che stavano tutti bene. Che né Kakashi, né Sai, né soprattutto Naruto potevano permettersi il lusso di piantarla in asso per una visita al creatore. Che la sua adorabile testa quadra era troppo forte per farsi battere come un pivellino. Che probabilmente si erano sbucciati qualche ginocchio e nient’altro.

Entrò di corsa nell’edificio, senza curarsi più del suo accompagnatore; prese a percorrere i corridoi a perdifiato, controllando tutte le stanze e tutte le sale operatorie; sfrecciò davanti al banco accettazioni, senza fermarsi a chiedere nulla all’infermiera di turno; visitò tutti i piani, uno ad uno, senza trovare la minima traccia di chi cercava. Alla fine, giunta alla sala operatoria dell’ultimo piano, sala che era notoriamente inutilizzata per la sua scomodità, si arrese alla disperazione, non trovando la forza per controllare anche lì;  vi si accasciò di fronte, completamente senza fiato e con le lacrime che da minuti le offuscavano la vista desiderose di uscire.

-Dannazione- riuscì ad ansimare, distrutta. Perché, perché non li trovava? Doveva necessariamente parlargli. Era una necessità impellente. Eppure lui faceva a gara per nascondersi, per lasciarla in preda al panico e ai tormenti interiori

-Dove siete? DOVE SIETE?- urlò, scoppiando nel pianto che forse troppo a lungo aveva  trattenuto. Doveva ancora pagare tanto per i suoi errori? Aveva capito di aver sbagliato per tutta la vita, sì, ma questo non sembrava bastare.

-Sakura-chan? Che ci fai lì per terra?-lei alzò il capo, sentendo il richiamo, spalancando gli occhi sotto le dita. Quella voce…quella voce la conosceva bene! Si girò di scatto, facendo svolazzare i suoi capelli rosa, e incontrò due sorridenti occhi azzurri, e una zazzera bionda

-Sakura, come stai? È da tanto che non ci vediamo!-

-NARUTO!- rapida, si alzò in piedi, sorprendendo addirittura se stessa per la velocità della reazione, e gli si fiondò addosso, buttandogli le braccia al collo e abbracciandolo stretto, quasi temesse di vederlo evaporare da un secondo all’altro

-stai bene, stai bene, STAI BENE! Kami, stai bene!- strepitò, continuandolo a stringere, tentando di frenare le lacrime che scivolavano dalle ciglia

-ehm…sì, non c’è male. Ho un braccio rotto, ma non mi lamento- stupito dalla reazione, il biondino si grattò il capo con l’arto sano, e sorrise imbarazzato, imporporandosi lievemente. In suo aiuto intervenne il loro sensei: quando tossicchiò eloquentemente, Sakura divenne bordeaux e si allontanò dall’altro di colpo, non mancando di tirargli un sonoro schiaffone

-Ahia! Ma perché, scusa?- si lamentò lui, massaggiandosi la guancia con una buffa smorfia

-Questo è per esserti degnato di considerarmi come una pezza da piedi e per avermi lasciata a casa senza neanche un avviso- ribattè lei, tentando di riprendere il solito contegno. Rivolse così lo sguardo a Kakashi, nascondendo il sollievo sotto una patina di irosità –si può sapere che cosa vi è successo?-

-Siamo stati attaccati lungo la strada di ritorno. Ninja di scarso livello, niente di che- aggiunse, notando la sua apprensione –però ce la siamo vista brutta-

Sakura annuì, poi si accorse all’improvviso che c’era qualcosa che stonava in quel quadretto. Sentì la bocca seccarsi, ma ebbe comunque il coraggio di chiedere –sensei…dov’è Sai?-

-Lì dentro- l’uomo accennò con il capo alla porta della sala operatoria –è ridotto maluccio, non c’è che dire, ma non credo sia in pericolo di vita. L’Hokage ci ha fatto venire quassù perché era l’unica sala libera-

Sakura sbiancò. Non poteva crederci! Aveva passato giorni nell’angoscia più assoluta nei riguardi di Naruto, e ora rischiava di perdere l’amico silenzioso, l’abile artista dallo sguardo cupo che accanto a loro aveva imparato a vivere e a esprimere sentimenti. Si sentì profondamente in colpa, nei suoi riguardi e anche verso l’amica Ino: non aveva mai pensato che poteva succedere qualcosa a lui. Non a Sai. Non poteva succedere qualcosa a Sai. Perché Sai era parte della sua nuova normalità, ed era diventato uno dei suoi migliori amici; perché se un futuro senza Naruto era la cosa peggiore che potesse capitarle, un futuro senza Sai-o senza kakashi- veniva subito dopo. Era stata tanto stupida da credere che le cose sarebbero potute tornare a com’erano prima del tradimento di Sasuke. Ora ne era certa, voleva che restassero com’erano. Era egoistico, era infantile, ma che Sasuke Uchiha tornasse a farsi beffe dei loro sentimenti era decisamente troppo.

Vedendo la sua espressione, il biondino tentò di sdrammatizzare

-Sakura-chan, non fare quella faccia…è nelle mani di nonna Tsunade! Dai, vedo a prenderti qualcosa da bere..-

-NO!- rapida, Sakura abbandonò i suoi pensieri e bloccò sul nascere il movimento del ragazzo, obbligandolo a stare seduto accanto a lei –tu non ti muovi di qui finché non ci dicono che Sai sta benone. Perché c’è una cosa di cui ti devo parlare, e devo farlo da un sacco di tempo, però ho bisogno prima di sapere che Sai non è in pericolo. Devo…rimanere calma, ecco- aggiunse con le guance in fiamme, non trovando il coraggio di fissarlo negli occhi e allontanandosi subito da lui, sentendosi stranamente le mani bollenti. Naruto la fissò per un istante a bocca aperta, ma non disse nulla; il loro maestro li fissò sorpreso, prima di scuotere il capo con un nascosto sorriso.

Passò un’ora di silenzio, un ora in cui Sakura non fece che scervellarsi su come affrontare il discorso. Non poteva certo dirgli “ehi, Naruto, guarda, mi sono innamorata di te”, certo gli sarebbe venuto un colpo. Però non poteva neanche prenderla alla lontana, poi magari non capiva e se ne usciva con qualcosa di stupido. Ah, che sciocca che era…lui si era dichiarato anni prima, con una semplicità disarmante, e lei lo aveva disprezzato per inseguire un’illusione. Ora l’avrebbe accettata? O l’avrebbe trattata nello stesso modo?

In quel mentre, Shizune e Tsunade uscirono dalla porta, asciugandosi le mani in un panno; tutti gli sguardi, tesi, si rivolsero a loro per avere una risposta alle loro tacite domande

-sta bene. Ha un paio di costole rotte e una contusione allo stomaco, ma in un paio di settimane sarà di nuovo in piedi- annunciò la sennin con un ampio sorriso, e le sue parole vennero accolte da un grido di giubilo di Naruto e un sospiro della Kunoichi e di Kakashi.

Mentre le due donne si allontanavano, Sakura non riuscì a trattenersi e afferrò entrambe le mani del biondo, sia quella sana che quella fasciata, costringendolo a restare seduto e a voltarsi per guardarla. Incrociando i suoi luminosi occhi azzurri, vi si perse per qualche istante, ma poi riuscì a trovare un briciolo di determinazione.

-Naruto- esordì –è da un po’ che ci penso…beh, veramente è da quando siete partiti…però anche da prima…io…ecco…mi sono accorta che...t-tu mi fai…sentire…beh, bene, e io…io…insomma…mi sei mancato tanto e…vorrei che non mi dimenticassi più…e io…tu…mi chiedevo se…-

A interrompere le sue farneticazioni, ci pensò il dito che Naruto posò sulle sue labbra. Lei allargò le sue iridi verdi, emozionata.

-sai…anche tu mi piaci molto, Sakura- le sussurrò, con un tono di voce particolarmente caldo e dolce, che le mise i brividi.

-d-davvero?-

-certo…da tanto-

-beh, io ecco…mi chiedevo se ti andava di…provare a…- s’interruppe, non trovando il fiato di andare avanti

-sì, mi va. Mi va davvero tanto, di provare a stare insieme a te- le rispose lui, con lo stesso tono. Lei sorrise imbarazzata, alla carezza che le diede, ma non si oppose quando le loro teste si avvicinarono sempre di più

Si scambiarono un bacio dolce, fresco, forse un po’ impacciato, il tipo di bacio che si scambiano le persone che si amano la prima volta, carico di tante promesse e silenziose risposte. Le loro labbra si incontravano, felici di trovarsi finalmente tra loro, mentre le dita andavano a intrecciarsi ai capelli.

Kakashi tentò di richiamare la loro attenzione tossicchiando di nuovo, ma non ottenendo alcun risultato si alzò diplomaticamente in piedi

-immagino che andrò io a visitare il vostro collega…poi vi dirò come sta- dicendo ciò, aprì il battente e scomparve all’interno, non prima di aver lanciato un’occhiata tra il divertito e il compiaciuto ai suoi allievi.

I quali si staccarono per qualche istante, per riprendere fiato e guardarsi negli occhi, occhi pieni di luce e gioia. Sakura non si era mai sentita più felice, serena e completa; stare tra le braccia del ragazzo era semplicemente meraviglioso.

-Naruto…ti amo..- gli sussurrò, quasi temendo di poter spezzare quell’incanto

-anch’io Sakura. Tanto- e lei avvertì le famose farfalle nello stomaco, a quel sorriso. Poi dimenticò tutte le sue congetture, pensando solo alle sensazioni che le davano le sue labbra sulle proprie.

L’unica cosa coerente che riuscì a formulare fu un pensiero rivolto a tutti i potenziali nemici che il biondo si ritrovava nel mondo ninja. Guai a chi le avrebbe toccato la sua testa quadra, d’ora in poi…..

 

 

Buongiorno a tutti! Bene, questo è il mio primo esperimento di one-shot sul fandom di naruto, e ho scelto una naru/saku per iniziare…devo dire che è stato un po’ faticoso, indagare nella mente di Sakura su un cambiamento così radicale…alla fine mi sono accanita contro Sasuke (che se ne resti a spasso, quell’emo kid), però sono soddisfatta del risultato. Voi cosa ne dite?

Ah, dimenticavo. Lo so che se uso i suffissi giapponesi non dovrei dire “nonna Tsunade”, però non mi ricordo mai qual è quello giusto. Qualcuno sa dirmelo con esattezza?^^’

A presto, gioie! Besos

wolvie

 

 

 

   
 
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