Libri > Orgoglio e Pregiudizio
Ricorda la storia  |      
Autore: IloveJoseph    10/11/2013    3 recensioni
Eccomi ancora. Ringrazio i messaggi, e i commenti, delle varie lettrici. Siete davvero un tesoro. Sto cercando di dare il massimo in queste stesure, e mi fa piacere che voi lo notiate. Inoltre, come ho già detto ad una di voi, queste one shot sono cronologiche, nel senso che seguono un filo narrativo. Spero di poter pubblicare l'altro frammento, la settimana prossima, se ho del tempo come ne ho avuto stamattina, di poterlo mettere per iscritto.
Grazie ancora, non le avrei scritte, se non ci fosse stato il vostro 'sostegno'.
Spazio autrice: come sapete, la piccola Mary ha sempre avuto una vita difficile, e in queste stesure, continuerà ad averla. Poi capirete voi stesse, leggendo! :)
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mary Bennet
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era l’alba. Come di consuetudine, Mary Bennet, non riusciva proprio a rinunciare a quel sublime spettacolo che il cielo le offriva al suo primo risveglio. Era, sicuramente, l’unico aspetto del mondo, che le disegnava un sorriso sul viso e una felicità soddisfacente nel cuore. Se ci fosse un’altra vita, la piccola Bennet, sicuramente avrebbe sperato di essere una stella, o anche un raggio di sole, che illuminava l’intera volta celeste. Oh si, lei amava tanto il pensiero di sentirsi bella, splendete, luminosa, come invece, in quella società, non appariva mai. Forse, in una vita passata, era stata una donna così sicura di sé, e meravigliosa, da apparire millantatrice in ogni suo gesto. Magari è per questo ipotetico comportamento, se nella vita odierna, le è costato questo prezzo così caro da pagare.
Oh si. Doveva essere per forza così.
Oppure perché così tanto odio nei suoi confronti? Cosa mai aveva fatto di così disumano, da essere considerata così insulsa?
Oh no. Ancora. Ci stava ripensando, nuovamente, alla sua penosa vita, e di conseguenza si stava anche rovinando quell’unico momento perfetto della natura, che la faceva stare, a volte, anche in pace con se stessa!
Ma come non avrebbe potuto pensare alla sua realtà di ogni suo misero giorno? Non poteva far finta di niente, perché anche se la sua esistenza, effettivamente, valeva poco, comunque era la sua vita, e lei purtroppo la stava vivendo. Non poteva fingere di farsi piacere quella realtà. Perché no, non era così. Non sarebbe mai potuto essere così, dato che a nessuno avrebbe garbato quella nostalgia, quella solitudine, che si insidiava nel suo cuore, ogni giorno. Neanche al  Signor Collins, che era un essere così ripugnante e solitario.
La ragazza strinse la sua mano destra con vigore. Fece un grosso respiro e iniziò a vestirsi. Una scia di rabbia, le aveva oscurato persino quella visuale meravigliosa, dei primi albori del giorno.
Maledetta la sua vita!.
                Come si poteva tollerare, quell’individuo spregevole di suo cugino, e poi non apprezzare la sua personalità e la sua musica? Ma con quale criterio, lei, veniva considerata una donna poco deliziosa, quando poi c’era gente sicuramente con una indole inferiore rispetto alla sua? Ma soprattutto perché doveva essere, continuamente, criticata? Chi lo aveva deciso? Con quale presunzione la gente la guardava, la giudicava?  E specialmente, perché doveva accettare questo comportamento e starsene anche zitta buona? Davvero la ragazza, non si capacitava di ciò! Era pura follia, ciò che stava vivendo, e anche accettando. Non stava scritto né in mare e né in terra, che lei meritasse tutto questo disprezzo. La cosa più tremenda, in aggiunta, stava nel doversi sfogare da sola, dentro di lei, senza nessuno appoggio. Perché anche le sue urla di dolore, sarebbero apparse come silenzio, da ignorare.
Questa non era vita. Questa era una vera e propria rogna, invece.!
Aprì la porta della sua camera. Nel corridoio e nel resto della casa c’era silenzio assoluto. Quanta pace stava provando nelle sue vene, Mary, non dovendo sentire i capricci infantili delle sue sorelle, e di sua madre. Erano tutti a letto, dopotutto, era mattina presto e solo una folle come lei poteva aprire i suoi occhi  all’albore del giorno. Ma, in fin dei conti,  lei non era una gran Donna, dunque tutto era lecito nel mondo di Mary Bennet. Prese il suo soprabito marrone, e fuoriuscendo dall’entrata secondaria della cucina, scappo via.
Quanto avrebbe voluto, scappare via da quella società. E non solo alla mattina presto, ma per tutta la sua vita.
Oh si.
Sarebbe fuggita. Sarebbe scappata con il suo Signor Wilson, che tanto le mancava. E sarebbe andata via per sempre con lui. Solo di lui, e di nuova aria aveva bisogno. Ma forse, anche se fosse stata con lui in quel paesino che tanto disprezzava, la piccola Mary  avrebbe comunque ritrovato la pace. Forse era proprio  lui la sua medicina.  Magari era lui la cura di ogni suo male, la salvezza da quell’inferno quotidiano.
Oh si.
Lo sentiva nel suo cuore. Lo sentiva nelle sue vene. Nella sua anima. Nella solitudine di non averlo visto, l’altro giorno, mentre passava in quella carrozza.  Nel desiderio di vederlo. Lo ha sempre saputo. Dal primo istante. Dal primo incrocio di sguardo. Dalla prima parola. Ha sempre saputo, nel profondo di lei, che lui  sarebbe diventato la sua dolce, nuova, quotidianità.
Allora si. Allora, a questo punto, avrebbe anche accettato, capito, questa vita così infame, se la cura di ogni cosa fosse  stato lui.
Tanto dolore, tanta sofferenza, tanta nostalgia valeva la pena subirla, per poi soddisfare i propri occhi con una sembianza, così dolce, e angelica, di quell’uomo sembrato creato apposto per lei. In lui, Mary, ci rivedeva ogni comportamento da cavaliere, ogni insegnamento,  ogni ideale, ogni sogno, che avevano fatto crescere la piccola Bennet nel suo mondo, fantastico e surreale. Ma ora non lo era più. Ora la fantasticheria di Mary, si era realizzata. Aveva avuto la certezza che un uomo tanto bello e sognato, esistesse. Per lei. Solo e unicamente per la sua anima così pura e genuina.
“Oh Dio, a codesto punto, perdonami.
Perdonami, se ho dubitato della tua esistenza, e della tua dimenticanza sulla mia vita.
Perdonami. Perché lo so, che quell’uomo, quel dono, lo hai regalato a me, per rendere più graziosa, questa vita, che credevo mi avesse offerto il diavolo stesso.”
Ciò penso la Bennet. Saltellando da una pozzanghera all’altra. Con le mani incrociate dietro alla vita.
Allora, te lo chiedo anche io, che vivo, sento, questo amore dall’esterno, di  perdonare  questa piccola fanciulla, abbandonata dal fato. Perdona anche i suoi pensieri incontrollabili verso quell’uomo, che tanto la piccola, sogna anche di giorno. Perdona, anche, oh Dio, i nuovi sentimenti, maliziosi e minuti, di cui lei stessa si vergogna di svelare al suo cuore. Ma sa che sono lì. Sono piccoli impulsi, che custode, come diamanti preziosi. Allora, a questo punto, perdona, anche la sua illusione, che la convince del fatto che il suo signore sia restato per lei.
Quanta ilarità,la piccola Bennet, procura a noi donne, nel persuadersi che il suo Signore sia lì per lei; che sia restato e che non l’abbia abbandonata.
Ma io, ma voi, sappiamo che questa non debba essere solo una utopia.
Oh no.
Il suo Signor realmente, è rimasto per lei. L’ha persino cercata, quella mattina, con la sua voce. Ma tutto questo lei non lo sa.
E noi donne, che siamo piccoli marchingegni del diavolo, ci stupiamo davanti alla speranza di quell’amore, che la Bennet, desidera di rivedere, di rincontrare
Allora, già che ci sei, oh Dio, perdona anche la sua brama di riguardarlo ancora. Sempre. In ogni secondo del suo tempo. Perdona, in questo preciso momento,  il suo pensiero di poterlo incontrare  nel bosco, in cui ora si trova. Sta pensando, oh Dio, di incontrarlo mentre lei è seduta al tronco di un albero, intenta a guardare e a sentire i profumi della natura . E sogna, ad occhi aperti, che lui arrivi, bello quanto un tuo angelo, in groppa al suo cavallo.
 Dio, ci sei? Stai leggendo la sua mente?  Ti sei accorto, di quanto amore vero, ci sia, nel cuore di questa fanciulla? Allora se davvero lo hai capito anche tu, fai in modo tale che la sua fantasia non resti tale. Fai in modo, che il suo amore, non resti solo tra i ricordi del cuore. Fai in mondo, che Mary, capisca, che almeno tu non ce l’hai con lei, e che le regali l’angelo più bello del tuo regno.
La piccola, pensando e ripensando, sussultò non appena sentì dei zoccoli di una cavallo, trottare sui sassolini del bosco.
Oh.
Era la stessa situazione, dell’altro giorno. Quella carrozza la attraeva così tanto, da pensare che lì dentro ci fosse il suo signore. Lo stesso stava accadendo, ora, per la galoppata di quel cavallo.
E se in groppa a quel destriero, ci fosse stato, nuovamente, lui?
La piccola, fidandosi dei suoi presentimenti, cercò di sistemarsi un po’ i capelli e di ricoprirsi, con il soprabito, l’orlo del suo abito, che si era sporcato di fango. Quanto avrebbe voluto apparire più gradevole d’aspetto, solo e unicamente per lui. Neanche per se stessa. Solo per Wilson, sarebbe cambiata un minimo, se ce ne fosse stato bisogno.
Il cavallo, si stava avvicinando sempre di più. La piccola, con la coda dell’occhio, intravide un uomo con una difesa rossa e bianca.
Oh no.
Questa volta si era sbagliata. Questa volta il desiderio di rivederlo era così grande, da offuscarle completamente la ragione.
La Bennet, sbuffò leggermente. Mentre accovacciandosi maggiormente al tronco di quella quercia, ispirò un po’ di aria pulita.  Si chiese, cosa stesse facendo, in quel preciso istante, il suo Signore. Quasi sorrise a quel pensiero: cosa avrebbe mai potuto fare all’alba? Dormire, no? Sembrava anche più che ovvio! Ma Mary ormai faticava a distinguere  l’ovvio dal sensato. Ormai, la sua mente, era completamente abbindolata da un solo nome.  Inoltre il sole stava diventando più caldo, e luminoso. L’alba ormai era passata. E la Bennet sarebbe dovuta ritornare a casa, oppure si sarebbe beccata anche una sfuriata di sua madre. Solo quella ci mancava, in quel momento!  Per evitare fraintendimenti, si alzò, e si ripulì il vestito all’indietro, con la mano destra.
Sentì, una volta voltatosi, un fruscio di vento, accarezzarle il viso.  Sarebbe stato ovvio sentirlo, nel bel mezzo di un bosco.
Ma quel brivido. Quel sussulto. Erano dovuti ad altro. E per altro non si intendeva l’aria fresca primaverile.
“anche lei qui? Ma che sublime sorpresa!” una voce angelica, riportò lo sguardo di Mary in avanti.
Oh, di nuovo quell’impeto di emozioni fibrillava nelle sue vene. Oh, era lui. Questa volta, davvero era lui!
“la sorpresa è tutta mia, Signore. Non credevo che il bosco fosse un ottimo risveglio anche per gli uomini.”
“credo, che lei sappia ben poco dei veri uomini, ma che sappia, forse, un po’ troppo dei soldati..” affermò, quasi con rammarico, il Signor Wilson.  La Bennet lo guardò confusa, mentre lui le sorrise.
“sono pur sempre uomini, no?”
“di natura si, ma mi creda, di carattere no. Ne conosco tanti, purtroppo. Dovrebbero essere  i primi a  rispettare le  esigenze del mondo, delle donne, ma sono i primi a disonorarle.”
“è per caso stato uno di loro, che si è pentito del suo comportamento così infimo, e si è riconvertito?” chiese, divertita, la sorella Bennet. Con lui,inutile negarlo, stava bene. Si sentiva a suo agio. Avrebbe fermato il tempo.
Se solo Dio, avesse potuto..
“ha scoperto il mio  ignobile segreto! Come ha fatto?” domandò serio, Wilson,  mentre la Bennet fece un sorriso di stupore.
“sa, siamo così, noi donne. Ed anche nel nostro universo, ci sono coloro che credono di essere tali, comportandosi da vero arpie,  mentre quelle che invece si comportano da vere Signore, restando in silenzio, vengono considerate poco gradevoli..”
“non mi dica che questo sia il suo caso però!”
“lei cosa crede?”
“che una donna di così acuta intelligenza, e sottigliezza, io nella mia vita non l’ho mai incontrata. E mi creda, per esperienza militare, di donne ne ho viste tante!”
“ah, ma ecco che ritorna il soldato millantatore! Colui che si vanta delle mille spedizioni, e del fascino sulle donzelle..” esclamò Mary, mentre Wilson sorrise imbarazzato.
“è anche per questo che mi sono convertito alla gestione del patrimonio familiare, lasciando l’ambizione militare. Ma sa, i ricordi, per quanto siano tali, non si possono cancellare del tutto. L’essere soldato, continuerà ad essere parte della mia persona. Ma lei, a quanto vedo, ne conosce però di guerrieri..”
“non si lasci ammaliare dall’apparenza delle parole, Signore. Io ne conosco tanti, ma solo grazie ai romanzi..”
“ed anche nei romanzi ci sono comportamenti così meschini degli eroi?”
“solo di quelli che si reputano tali, ma che in realtà non lo so. Sa, i romanzi, non sono fantasia. O almeno non descrivono fantasticherie, ma la realtà che dovrebbe esistere” disse sospirando Mary, mentre il suo Signore, la guardava intrigato.
“lei è una donna dalle mille scoperte..”
“perché pensa ciò?”
“perché  lo sta dimostrando nel suo modo di parlarmi. Mi ha davvero intrigato la sera scorsa, in cui le chiesi un ballo. Ma poi andò via..”
“mia madre si sentì poco bene. Mi creda, non è stata per mia volontà..”
“lo so, Signorina Mary Bennet!” le rispose malizioso, mentre la ragazza lo guardò del tutto stupita.
“lei sa il mio nome, come può essere possibile?”
“Sa Mary, forse nei romanzi,  non descrivono del tutto la realtà. Perché se fosse stato così, avrebbe anche saputo che un soldato, mi scusi, intendevo un uomo, quando vuole sapere qualcosa va fino in fondo. Desidera la vittoria, e non ferma la guerra finché non la ottiene!”
“ma la vittoria consiste in un trofeo..”
“esattamente”
“e quale sarebbe nel  mio caso?”
“sapere la vostra identità, e potervi salutare da lontano per richiamare la vostra attenzione, se solo lei lo avesse desiderato” continuò serio il Signore, mentre Mary fece un'espressione di meraviglia.
"cosa intende, Signore?"
"l'altro giorno, l'ho vista in compagnia di due fanciulle, che salutavano la carrozza del Signor Bingley, in cui c'era il Signor Darcy e c'ero anche io. Io vi ho salutata, ma..."
"mi scusi tanto Signore. Non vorrei apparirle snob, ma io davvero non mi sono accorta della sua presenza." si giustificò frettolosamente la sorella Bennet, mentre il Signor Wilson sorrise
"stia tranquilla, Signorina. Me ne sono accorto del fatto che lei era già di spalle, e non avrebbe potuto ascoltare la mia voce. Quindi non si logori dentro!" sentenziò serio il Signore.
Oh no.
No, caro Signore, la sottoscritta Mary Bennet avrebbe dovuto e come ascoltare la sua voce. Non avrebbe potuto fare altro che riconoscere, un suono così gradevole. Come ha potuto continuare a sentire le voci irritanti delle sue sorelle, e non quella del suo signore?
Ah! Questa volta, davvero si considerò stupida.
"Casomai deve farsi perdonare altro.." le disse malizioso, mentre la squadrava con lo sguardo.
"cosa intende, questa volta?"
"beh, del ballo che non mi ha concesso.."
"mi dispiace correggere le persone  con le quali parlo, soprattutto se queste ultime siano uomini di buon senso che ritornano sui propri passi quando comprendono di sbagliare. Ma mi scuso, in anticipo, mio Signore, per correggerla questa volta."
"c'è dell'errore nella mia affermazione di prima?"
"si, Signore."
"e quale sarebbe? Io alla fine, sono solo certo del fatto che con lei non ho  avuto il piacere di danzare.."
"ha ragione su questo. Ma vede, non è stato un rifiuto personale. C'è stato un contrattempo, ed io sono dovuta andare via con la mia  famiglia. "
"lo so, e me ne dispiace Signorina. Spero che sua madre si sia anche già ripresa, però non posso negarvi il mio dispiacere  per ciò, durante quella sera e anche il giorno successivo.."
"ve lo ripeto Signore, non è stata colpa mia. Mi dispiace tanto di averle procurato della pena nel cuore."
"ma può anche rimediare a ciò.."
"come potrei? La festa è finita!"
"ma ce ne sarebbe un'altra, a fine settimana, e già ne ho parlato con i padroni di casa nel far ospitare anche la vostra famiglia.."
"oh no, Signore, lei è troppo buono. Non vorrei essere, assieme, alla mia famiglia motivo di disturbo. Il Signor Bingley e la sua famiglia ci hanno anche ospitato fin troppo.." affermò sincera la ragazza, mentre il suo cuore era meraviglioso come il sole fioco di prima mattina.
"lo so questo, e sinceramente temevo anche io di proporre ad un mio parente l'invito di un'intera famiglia nella sua residenza. Così volevo nominare solo lei, ma quando mi sono avvicinato per chiederlo, l'invito  per la sua famiglia era stato già fatto e anche arrivato a destinazione." le disse con tono felice.
Si vedeva, di quanto fosse contento, il signor Wilson, e quasi Mary se ne sbalordiva. Non credeva, che davvero il signore avesse avuto così tanto desiderio della sua compagnia.
"quindi, non credo che lei mi possa sfuggire al prossimo ballo.."
"dipenderà dallo stato di salute di mia madre" rispose divertita Mary, mentre il Signore corrugò la fronte
"allora vorrà dire che ci saranno tanti altri balli, ma questa volta, non mi prenda per un villano, se le dicessi che inviterei  solo lei!" enfatizzò serio, mente Mary continuò a sorridere
"altri balli? Non vorrei  essere indiscreta, Signore,  ma mi sta dicendo che lei si fermerà ancora per molto, qui da noi?"
"è un problema per lei?"
"assolutamente no. Non vedo quale problema lei mi possa creare.."
"neanche la mia continua insistenza nel danzare con voi, la infastidisce?"
"vorrebbe che mi irritasse?"
"no, perché davvero me ne dispiacerebbe a quel punto.."
"ed io non voglio darvi altro dolore, soldato.." azzardò, maliziosa, Mary mentre il signore la guardò teneramente.
Lentamente, Mary, iniziò ad avvertire quasi un fastidio, della sua stessa voce. E vide l'immagine del signore, sbiadirsi sempre di più. In aggiunta, anche in quel bosco, risentì la voce di Jane, richiamarla.
"Mary, Mary, sveglia!" le diceva dolcemente, la sorella bionda
"Jane? Dove sono?"
"in camera tua. Ti sei alzata più tardi del solito."
"l'alba dov'è?" chiese, sorvolando l'affermazione della sorella, mentre di scattò si alzò dal suo letto e si avvicinò alla finestra
"l'avresti vista, se ti fossi svegliata un po' di tempo fa. Sei stata l'ultima ad aprire gli occhi. Quasi pensavamo che stessi male, dato che di solito sei la prima a svegliarti" le disse sincera, mentre dal salotto la madre, euforicamente, le chiamava all'ordine.
"vestiti e scendi dopo. Vediamo cosa altro è successo.." disse sospirando, la sorella più grande, mentre la lasciò sola, con un'angoscia nel cuore.
Aveva sognato tutto. L'alba. Il suo Signore. L'invito. Il cavallo che trottolava. Era stato solo un sogno, che lei stessa aveva preferito anche al primo risveglio del sole.
Tutto finito.
Mary Bennet, aveva lasciato quel sogno, con cruccio nel cuore.
"Oh,  Santo Dio, il signor Bingley ci ha invitate, tutte quante, ad un ballo che si terrà nella sua casa, questo fine settimanaa!" urlò sua madre euforica, mentre si sentivano le altre voci confabulare. Ma questa volta, non era un sogno. Lei ora era sveglia. E l'invito, che aveva supposto, realmente c'era.

Cosa significava tutto ciò?
Che senso c'era nel sognarsi dell'essere inviata dal suo Signore ad un ballo, che realmente si sarebbe tenuto?
Perché solo la parte dell'invito era reale, e tutto il resto no?
Perché anche i sogni ce la avevano con lei?!              
Povera anima indifesa. Quanta pena, avremmo provato anche noi, al posto suo.

La ragazza, alquanto scossa, scese subito nel salotto. Aveva anche ancora la vestaglia. Poco se ne importò, delle occhiate delle sorelle.
"hai sentito Mary? Un altro ballo ci sarà in questo weekend!"
"cosa vuoi che le importi, madre? E' sempre triste anche durante le feste" si intromise Kitty, con voce stizzita.
"chi ci invita?" chiese, non badando alla informazione, della sua sorellastra
"il signor Bingley. Ancora lui. Sarà sicuramente rimasto ammaliato dalla nostra Jane.."
"ma a questo ballo non ci andremo mamma!" si intromise Lydia, con voce seria.
"tesoro, perché dici così?"
"perché,  l'altro giorno,  io e Kitty salutammo la carrozza del signor Bingley,  il quale non si fermò a parlare con noi. Evidentemente, invita l'intera famiglia, solo per non apparire maleducato. Ma in realtà si interessa solo di Jane. Allora, cara madre, dato che siamo donne ragionevoli, dobbiamo farci desiderare ma soprattutto rispettare. Anche noi meritiamo  la loro attenzione. Dunque, io consiglierei di non andare.." affermò così tante parole Lydia, che la stessa Mary pensava di continuare a sognare. Non era possibile che fosse diventata così saggia, dall'oggi al domani. Ma soprattutto che lo fosse diventata proprio in quel momento.
Cosa c'era in corso? Una crociata contro di lei?
Misere oche starnazzanti che parlano a vanvera, e quando dicono parole giuste, lo fanno sempre nel momento erroneo!
"mi sembra un comportamento da bambine, questo. Anche se non andassimo, comunque la situazione non cambierebbe. Da donne, quali siamo, non potremmo certo lamentarci contro di loro per la mancanza di cura verso di noi. Dovrebbero dimostrarcela, di loro iniziativa, senza nostri richiami, e se non lo fanno, non possiamo obbligarli nel farlo. Dunque, per me comunque non si risolverebbe perfettamente nulla. Madre!" sentenziò tutto d'un fiato Mary, mentre la donna, sembrava rimettere in ordine le idee. Passarono minuti infernali, in quella stanza. Mary si trovava in imbarazzo, perché sarebbe dovuta essere felice  di non andare a quel ballo. Ma non poteva rischiare e perdere questa occasione. Aveva sognato un invito fattale dal suo signore. L'invito era arrivato, e lei doveva assolutamente sapere se fosse stato mandato anche da parte sua. Lei doveva vederlo. Tra il mancato saluto della carrozza, e il sogno maligno, davvero la piccola Bennet, non poteva sopportare un'altra situazione sprecata. Doveva incontrarlo, non più nei suoi sogni, ma realmente. Ne aveva bisogno! E sua sorella, non le avrebbe rovinato il suo piano.
Quando la madre aprì bocca, Mary sapeva che da quelle parole sarebbe dipeso il suo stato d'animo. Ora davvero, ciò che avrebbe detto la Signora Bennet, sarebbe stato doloroso più di qualunque altra critica.
"avete ragione entrambe. Lo so, e ci ho riflettuto anche. Ma credo che un weekend, all'insegna della tranquillità, senza altre feste e champagne, ci voglia proprio. Dunque, farò arrivare stesso oggi, una lettera di scuse al Signor Bingley, in cui gli diremo di non poter partecipare alla sua festa. E con questo, il discorso si chiude qui!" disse dura, voltando lo sguardo su Jane e Lizzie, mentre le due oche minori sorridevano appagate. La piccola Bennet, si trattenne dal piangere, e corse, come un fulmine, in camera sua, chiudendosi a chiave. Si precipitò sul letto, e iniziò a maledire tutto e tutti. La sua sofferenza era così grande, che davvero temette che tutte le sue speranze fossero state cancellate definitivamente.
La carrozza, il sogno, le sue sorelle, sua madre, il destino, davvero questa volta con lei non ci erano andati piano.
Era stata delusa, più e più volte.
Tentava di risalire a galla, ogni qual volta, dopo ogni delusione, ma c'era sempre qualcosa che la rispingeva verso il basso.
Era sola, in tutto ciò.
Sola, come sempre, nel combattere contro tutto.
Sola, ma non perdeva mai l'attesa di essere salvata dal suo Signore.
"Oh Wilson dov'è ora?"
Chiese, tra un singhiozzo e l'altro, la piccola Bennet. 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Orgoglio e Pregiudizio / Vai alla pagina dell'autore: IloveJoseph