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Autore: Lavi Bookman    11/11/2013    3 recensioni
"Il playmaker aggrotò la fronte, incerto. « Non credo ti dispiaccia così tanto la mia vicinanza, sai? », sorrise nuovamente e assotigliò gli occhi, soffiandogli le parole all'orecchio. Bastò la nuova rigidità acquisita dai muscoli del tiratore per convincerlo di aver fatto colpo. “Non mi arrenderò, Shin-chan. Puoi vincere a morra cinese quanto vuoi, ma questo è il mio campo.”"
E' la mia primissima fluff. Ma primissima proprio. In ventidue anni di vita non mi ci sono mai cimentata. E' un genere che non mi appartiene, e mi spaventa. Sì, ok, come fa a spaventare un genere? Eh, mica lo so, mica ho tutte le risposte, io.
Comunque, ci ho provato.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shintarou Midorima, Takao Kazunari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Guardò il cielo, e estrasse la mano destra fasciata dalla tasca del cappotto con interni in pile, allungandocela verso, come a volerlo toccare. Si sentì uno sciocco, ma con una mentale alzata di spalle concluse che a lui, di quello che poteva pensare la gente, non importava. Gli bastavano un libro, quando aveva quelle giornate in cui riusciva ad impegnare la mente abbastanza a lungo per potersi dedicare alla lettura, e un paio d'occhiali, per non sforzare troppo la vista. Gli sforzi inutili, lui, li odiava.
Erano giorni difficili, quelli. Con il gelo che entrava nel corpo, avvolgendo le ossa con la chiara intenzione di stritolarle e il cielo terso che prometteva pioggia ad ogni ora.
Non gli dispiaceva quella condizione metereologica, per quel poco che poteva interessargli ciò che lo circondava, ma sentiva distintamente sulla propria pelle il peso delle prime gocce d'acqua.
Ritornò a guardare la strada davanti a sé, indifferente alla gente che gli scorreva a fianco, chi quasi urtandolo. I muri grigi degli edifici che si stagliavano sopra la sua testa, mal ridotti e ricoperti di graffiti dal dubbio gusto artistico, le persone tutte uguali, incappucciate e segretamente ranicchiate dentro alle loro giacche, e il fumo e i vapori, le macchine e i clacson.
Tutto ciò lo trovava alieno. Era sempre stato convinto di non appartenere a nulla di ciò che la vista offriva ai suoi occhi.
« Shin-chan! », la voce alle sue spalle lo costrinse a voltarsi un poco per osservare l'amico che correva per raggiungerlo. Ansimante, con un mezzo sorriso stampato in faccia e gli occhi che faticavano a restare completamente aperti, nello sforzo di riprendere a respirare.
« Mh? »
« Non mi aspetti mai, non è giusto! » e fece una pausa, poggiandosi una mano all'altezza del petto, come a tranquillizzare il proprio cuore. "Chissà se, nonostante quello strato spesso di vestiti, riesce a sentire il sangue pompato puntargli contro le dita", pensò.
« Cammina, e stai zitto » ordinò il lanciatore riprendendo a muoversi. Lanciò un'ultima occhiata di sottecchi all'altro, notando che si era ricomposto e il respiro era tornato regolare.
Uno-due-tre-quattro [...]. Sì, i battiti non andavano più a ritmo Un-du-tr-quat.
« Shin-chan... » tentò un approccio il ragazzo che continuava a restargli alle spalle « mi ascolti? »
« Che vuoi? Non sai camminare in silenzio? »
« No, è che - » si morse volontariamente la lingua. Cominciare un discorso, con lui, era sempre stato complicato.
« Sto aspettando, Takao. »
« Hai mai provato qualcosa per qualcuno? »
« ''Qualcosa", come? » chiese l'interpellato senza modificare l'andatura. Nè l'espressione. Nè nulla, perché, così come era ormai risaputo, Midorima non mutava mai. Quel volto, non era adatto a trasudare nulla. Solo, qualche volta, stanchezza.
« Beh, sai », ritentò il corvino, « qualcosa come quel genere di qualcosa. »
Vide la schiena del ragazzo che gli camminava davanti farsi sempre più vicina, sino a realizzare l'improvvisa frenata di questi. Non gli sbattè contro, si bloccò a pochi centimetri, alzando un poco lo sguardo, sino a incastrarlo negli occhi indifferenti che lo fissavano come se fosse poco più di un insetto fastidioso.
« Non capisco cosa tu stia farneticando. »
« Ti è mai piaciuto qualcuno, a te? » chiese di getto Takao. Gli sorrise, come al solito. Era un'ottima difesa, quella. Mostrarsi perennemente allegro e mai in difficoltà. O quanto meno, non eccessivamente. Percepì un pizzicore salirgli dal collo sino alle guance, e si trattenne dal nascondere la propria faccia con la sciarpa. Era sempre stato un tipo sfacciato, uno di quelli che preferiscono scherzare, e raramente si capisce quando la serietà li assale. Eppure, con Midorima non riusciva a mantenere quell'aria da personificazione del sarcasmo.
« 'Piacere'? »
« 'Piacere'. »
« No. »
Rimase interdetto. Notò gli occhi verdi dell'altro tentare un qualche riparo dai suoi. Quello era esattamente il genere di segnale che non si aspettava di poter ricevere. Ghignò, Takao. Gli si avvicinò d'un passo e si alzò sulla punta dei piedi, arrivando a pochi centimetri di distanza dal suo volto.
« T-Takao, che cos- »
« Sssh, zitto Shin-chan, o rovinerai tutto! » lo scrutò meglio, e per un attimo pensò di poterlo baciare. Non lo avrebbe perdonato, ma un bacio rubato è sempre e comunque meglio di nulla.
« Smettila... » Midorima odiava terribilmente le situazioni di cui non aveva l'assoluto controllo. E odiava Takao, in quel preciso istante. Gli posò una mano sulla spalla per invitarlo ad allontanarsi, o almeno ad abbassarsi. Non servì. « L'oroscopo aveva detto che in mattinata avrei avuto sgradevoli incontri. »
Il playmaker aggrotò la fronte, incerto. « Non credo ti dispiaccia così tanto la mia vicinanza, sai? », sorrise nuovamente e assotigliò gli occhi, soffiandogli le parole all'orecchio. Bastò la nuova rigidità acquisita dai muscoli del tiratore per convincerlo di aver fatto colpo. “Non mi arrenderò, Shin-chan. Puoi vincere a morra cinese quanto vuoi, ma questo è il mio campo.”
« I-io credo sia meglio andare, adesso. »
Non insistette, tornando a camminare dietro al ragazzo che accellerò il passo. Lo fissava compiaciuto.
« Ehi »
« Mica sai starci zitto, eh? » e i piedi si velocizzarono uno davanti all'altro.
« Sai che non si può dire “voglimi bene”? » chiese con espressione indifferente Takao.
« Non esiste la forma imperativa del verbo “volere”, dato che non ha motivo d'esistere. Non puoi obbligare qualcuno a volerti bene. » fece una breve pausa, voltandosi quel poco che bastava per inchiodare i propri occhi a quelli del corvino. Si sistemò gli occhiali con l'indice e il dito medio. « E quindi? »
« Però del verbo “amare” l'imperativo c'è, no? » insistette imperterrito.
« Sì, c'è. Ripeto: “e quindi?” »
« E quindi, beh, “amami!”, no? »
Lasciò perdere l'espressione che si era disegnata sul volto dell'amico. Già se la immaginava, e tanto bastava per godere interiormente della propria piccola vittoria. Lasciarlo senza parole, basito, era un qualcosa che si sarebbe gustato per sempre, al solo ricordo.
Gli passò avanti, mentre l'altro rimaneva fermo in mezzo alla strada, intento a guardarlo come se gli avesse parlato in una lingua a lui sconosciuta.

0-1, palla al centro, Shin-chan.




Note dell'autrice:

Ok, boh, io non-.
Mi è venuta così, questa cosa. E non lo so, non mi convince, ma penso che anche a rivederla mi schiferebbe non cambierei opinione. Amo la coppia TakaMido, e credo siano il Fluff impersonato. La cosa simpatica è che io e questo genere siamo come la marmellata di fragole e la senape (primo accostamento strano che mi è venuto in mente).
Detto ciò: se vorrete lasciare commenti, sarò ben felice di leggerli, anche critiche -e data l'ora e la mia pochissima voglia di rileggere, me le posso aspettare, sì-.
(Da leggersi come: COMMENTATE!)
Aw, il letto mi chiama!
  
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