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Autore: emotjon    11/11/2013    35 recensioni
Un angelo. Capelli ricci, occhi smeraldo.
Un demone. Pelle ambrata, occhi cioccolato fuso.
E lei. La ragazza da cui dipende il destino di... tutto.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
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*probabilmente mi crederete una pazza, lo so.
ho in corso "Blind love" e "Irresistible" ferma ad un punto vagamente morto.
eppure sto iniziando una terza storia.
sì, sono decisamente pazza. eppure, qualcuno dopo aver letto in anteprima questo prologo, mi ha pregata di postarlo.
le ho ascoltate, per mia sfortuna. no, okay, a parte gli scherzi.
se vi sembrerà di leggere "Fallen", vi capisco. ma vi assicuro che ho solo preso spunto.
non sarà la stessa cosa, promesso. bene, detto questo...
mi dileguo. e vi lascio alla lettura. spero vi piaccia almeno un po'.
recensite, mi raccomando c:
alla prossima, xx Fede.




1. Prologo.
 

“Non si può sfuggire alle tenebre,
perché il male non muore mai.”
 


Parigi, 1789.
Una ragazza mora, dagli occhi scuri. Ventidue anni.
Gli abiti logori, sporchi e lacerati dalle intemperie. Sdraiata malamente su quel marciapiede sudicio da ore ormai, senza che nessuno si accorga di lei, senza che nessuno si sia fermato per soccorrerla. Siamo in piena rivoluzione francese. E quella ragazza in realtà non è una ragazza qualunque, ma la dama di compagnia della regina, Maria Antonietta.
Un ragazza che fino al giorno prima se ne stava tranquilla nel palazzo di Versailles, nonostante dovesse sottostare agli ordini della regina. Le piaceva quello che faceva, in fondo. Indossava bei vestiti, parlava con le persone più influenti di Francia…
E ora si trovava lì con gli occhi chiusi, aspettando che la morte la portasse con sé.
O in alternativa, aspettando che un’anima buona la salvasse dal suo destino. E come se l’avessero sentita, un uomo dalla carnagione chiara, i capelli ricci tirati indietro e gli occhi color smeraldo, e una donna di colore dai lunghi capelli color ebano, comparvero al suo fianco, apparentemente dal nulla.
«Dobbiamo portarla via da qui», mormorò lui abbassandosi al livello della giovane per sfiorarle il viso coperto di polvere. A quel contatto, fu come se la parte della ragazza che voleva morire, tornasse alla realtà, alla vita.
E aprì gli occhi. Poco, ma abbastanza per immergersi in quelli color prato del ragazzo davanti a lei. Lui le sorrise appena, ma dentro di sé saltava di gioia per il fatto che lei non fosse morta.
«Aiutami…», riuscì a mormorare.
Un soffio, non udibile da orecchie umane. Ma lui l’aveva sentita.
«Harry, stanno arrivando… devi portarla via, ora», gli disse severa la donna che era con lui. Il ragazzo si irrigidì, se non fosse riuscito a salvarla nemmeno quella volta non l’avrebbe sopportato. Non ancora, non poteva succedere ancora. «Adesso, Harold», ripeté la mora, usando apposta il nome per intero del riccio.
«Non posso, devo ucciderli tutti…».
«La porto via io», li interruppe un terzo ragazzo, comparendo apparentemente dal nulla, come avevano fatto anche loro pochi minuti prima. Harry si irrigidì a quella voce, ma in qualche modo riuscì ad annuire, nonostante l’altro non gli fosse mai andato a genio.
Mai, nella sua lunga vita, avrebbe pensato di dover fare affidamento su uno come lui.
Ma doveva, per una volta doveva fidarsi.
Il riccio si voltò appena, quanto bastava per vedere la pelle ambrata e il profilo perfetto dell’altro ragazzo. I suoi capelli mori, tirati indietro. I suoi occhi color cioccolato, spenti da anni. Le sue labbra sottili, stirate in un mezzo sorriso. E il suo completo, da perfetto gentiluomo, tutto spiegazzato.
Annuì appena, lasciando un bacio sulla fronte della ragazza che ancora giaceva a terra, mentre il moro la prendeva in braccio come fosse una piuma. «Voglio che viva quanto lo vuoi tu», sussurrò, un attimo prima di dispiegare le ali nere e sparire verso il cielo.
Non l’aveva visto nessuno, ovviamente. Nessuno che non fossero Harry e la ragazza mora. Nessuno che non fosse chi la voleva morta. Così, quando il demone perse la presa sulla ragazza, furono in pochi a vederla cadere.
Ma il suo debole cuore non fu l’unico a spezzarsi.
Ne aveva appena spezzati altri due insieme al suo.
Solo che lei non se ne rese nemmeno conto, mentre moriva.
 

Chicago, 1922.
Una ragazza mora, dagli occhi scuri. Ventidue anni.
Gli occhi luccicanti dall’alcool e dalla musica che sembrava scorrerle direttamente nelle vene. I capelli tagliati corti, cotonati e tenuti su in tanti boccoli. Una ragazza mora, che voleva in suo divertimento nonostante tutto. Nonostante il proibizionismo.
Una ragazza con degli occhi tanto penetranti da sembrare quasi irreali.
Abbracciata ad un ragazzo riccio, castano scuro e dagli occhi color smeraldo. Stavano ballando un normalissimo charleston, si stavano divertendo come non mai, mentre una ragazza di colore dai capelli color ebano li accompagnava con la sua voce calda, perfetta per la musica dell’epoca.
«Mi prometti che non te ne andrai?», le chiese il ragazzo accarezzandole il viso arrossato dal caldo, dall’alcool e dal troppo ballare. La ragazza inclinò la testa da un lato, non riuscendo a capire cosa intendesse.
«Harry, che…?».
«Promettilo», le sussurrò lui, ad un centimetro dalle sue labbra. La fece arrossire come ogni volta, quasi costringendola ad annuire. Perché non poteva permettersi di perderla ancora, l’avrebbe ucciso. Come lo uccideva ogni fottuta volta.
Ogni volta che lei moriva, era come se Harry morisse con lei.
Ed era come se anche l’altro ragazzo, che in quel momento li guardava da bancone del bar, morisse con lei. Innamorato di lei dall’alba dei tempi, all’inizio il suo cuore si era semplicemente crepato, profondamente magari, ma solo crepato. Ma di volta in volta si spezzava in mille pezzettini, che niente e nessuno potevano rimettere insieme.
Solo lei avrebbe potuto.
«Te lo prometto», mormorò la mora stringendosi al ragazzo dagli occhi color smeraldo.
Senza sapere che di lì a qualche istante sarebbe morta tra le sue braccia, senza che nessuno potesse fare niente per fermare la sua morte. Perché era destinata a morire, di vita in vita, all’infinito, finché in un modo o nell’altro non si fosse resa conto.
Morta, di nuovo, senza poter mantenere la promessa fatta all’amore della sua vita.
Delle sue vite, sarebbe meglio dire.
 

L’Avana, 1959.
Un ragazza mora, dagli occhi scuri. Ventidue anni.
La felicità di una ragazza qualunque, in quegli occhi. L’amore che traspare, da quegli occhi. L’amore per il ragazzo leggermente mulatto che la sta trascinando per le strade affollate della capitale cubana, sballottandola da un parte all’altra per arrivare in piazza, dove sono tutti.
«Zayn, aspetta!», urlò la mora ridendo. Era meglio prenderla sul ridere, decisamente. Sapeva perfettamente quanto al moro piacesse la sua risata. Era la cosa che più di tutte aveva impedito la sua autodistruzione, in tutti quegli anni. Tutto quel tempo in cui l’aveva aspettata, era stato meno vuoto solo grazie al ricordo della sua risata.
Una risata cristallina, piena di vita.
Una risata che veniva spazzata via dalla morte ogni ventidue anni. E Zayn non ce la faceva più. Avrebbe dovuto essersi abituato a perderla, ma era impossibile. Impossibile abituarsi quando la persona che più ami al mondo ti muore tra le braccia.
Ne soffrirai, sempre e comunque.
Il moro si unì alla sua risata, tirandola a sé per stringerla in un abbraccio. Quello che sarebbe stato il loro ultimo abbraccio, in quella vita. Perché Zayn l’avrebbe aspettata, sempre, anche in capo al mondo.
«Ti amo… lo sai, vero?», mormorò il ragazzo lasciandole un bacio sulla fronte. La ragazza annuì, ma era confusa, come se stesse vivendo una sorta di deja vu. Le sembrava di aver già sentito quelle parole, ma uscite dalla bocca di qualcun altro.
«Ti amo anch’io, Jawaad», sussurrò il suo secondo nome, facendo quasi ridere il ragazzo, che la strinse a sé ancora di più, se possibile. Le lasciò un bacio sulle labbra, un bacio a dir poco casto mentre intorno a loro scoppiava la rivoluzione cubana, e alla comparsa di centinaia di Nephilim lei moriva tra le sue braccia.
Senza accorgersene. E ogni volta come fosse la prima. E come fosse l’ultima.
Mentre un ragazzo riccio li osservava da uno dei tetti, anche lui con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato, le ali aperte, candidissime, e brillanti dalla rabbia. Arrabbiato per non averla potuta salvare, di nuovo. Arrabbiato perché quella volta lei non aveva scelto lui, ma suo fratello. Aveva scelto l’unica altra persona il cui amore per lei era totalizzante, infinito.
Aveva scelto Zayn, e non Harry.
E anche se non era la prima volta che succedeva, faceva male, come faceva male vederla morire tra le braccia di qualcuno che non fosse lui. Ma se ne rimase lì, a osservare la sua anima gemella staccarsi dal proprio corpo e sparire tra le nuvole, un mezzo sorriso ad increspargli le labbra, ma senza avere la forza di far comparire le fossette.
Quelle erano solo per lei. E si ritrovò a piangere, su quel tetto, mentre due braccia familiari lo avvolgevano. Mentre il profumo della propria migliore amica lo inebriava, facendogli dimenticare tutto anche se solo per un istante.
Non avrebbe sopportato l’ennesimo funerale, Zayn, stavolta non ce l’avrebbe fatta, lo sentiva. Così, mentre i Nephilim lo accerchiavano, Zayn fece l’unica cosa che gli sembrò giusta fare. Dispiegò le ali di tenebra e si librò verso l’alto, lasciando che una serie di lacrime bollenti solcassero il suo viso.
Lasciando il corpo della ragazza di cui era innamorato da sempre in pasto alla folla.
Il suo corpo, perché Zayn sapeva perfettamente che la sua anima non era più in quel luogo. Si era appena liberata, e stava già correndo alla sua prossima vita, come succedeva da migliaia di anni, sempre nello stesso modo.


 
   
 
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