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Autore: Mo_    11/11/2013    8 recensioni
Andy è inglese, e questo è l'unico aggettivo che serve per descriverlo.
Si è trasferito da Londra per studiare legge nel miglior college di Sydney e si è ritrovato a fare da manager a quattro ragazzi che vogliono solo fare musica e godersi la vita.
Da bravo manager avrebbe dovuto mantenere le distanze, eppure Lukey, Cal, Mikey e Ash sono presto diventati la sua nuova famiglia Australiana.
Tutto va alla grande finché Kat, la vera sorella di Andy, non viene spedita in Australia dai loro genitori quasi come un pacco di posta prioritaria.
Kat è ... Complicata.
Ha i capelli blu, fa boxe, ama il rock, quello vecchio, quello vero, ed ha alle spalle un amore che l'ha distrutta.
Con i suoi rari sorrisi e quella scintilla negli occhi sconvolgerà tutto.
Si troverà a dover scegliere, a rischiare di rovinare un'amicizia, una band.
Perché Ash è sexy e riesce a farla ridere, ma Luke... Luke è l'unico che conosce i suoi demoni, è quello che vorrebbe avere accanto durante i suoi attacchi di panico, è quello che vuole tenere tra le braccia tutta la notte.
E sono entrambi fottutamente innamorati di lei.
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=afanuchgyC4&feature=youtu.be
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Messing Around'
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1
From London with(out) love
 
Can you hear the silence?
Can you see the dark?
Can you fix the broken?
Can you feel my heart?

I'm scared to get close anf I hate being alone.
I can't drown my demons, they know how to swim.
Bring me the horizon - Can you feel my heart.


Kat 
Gancio, gancio, montante.
Il rumore sordo dei colpi che vanno in porto riempie le mie orecchie e mi inebria a tal punto da isolarmi dal resto del mondo. Il mio avversario mi colpisce, tanta forza e zero tecnica, è come se mi avesse semplicemente sfiorato. Brad è solo una palla di muscoli ed egocentrismo, ed anche se questo è semplicemente un allenamento ce la metto tutta per stenderlo il più velocemente e brutalmente possibile.
«Vai Kat, complisci più forte.» con le parole d’incoraggiamento di sottofondo, mi bastano altri due frontali ed un montante per mandarlo al tappeto.
Mezza sega.
Lui pesa il doppio di me ed è un ventenne, io ho diciassette anni e sono una ragazza.
«Così, la prossima volta che pensi anche solo di essere migliore di me, ti ricorderai di questo momento»
Esco dal ring fiera di me stessa, con la guancia che fa male, ma troppo esaltata per poter davvero sentire dolore.
«Kat lo sai che di regola non potrei farti combattere con un ragazzo» la stessa voce che mi ha portato alla vittoria ora mi segue rassegnata fino al saccone appeso nell’angolo destro di quella sudicia palestra. Josh è il mio allenatore, nonché  il miglior boxer di Londinese degli anni Ottanta e fratello di mio padre. Solo che preferire chiamare lui papà, piuttosto che quello stronzo.
«Le ragazze che sono qui le stendo semplicemente alzando il dito, almeno con Brad c’è soddisfazione» gli rispondo cominciando a tirare pugni contro il mio avversario di cuoio. Quel saccone sa tutto di me. Sa quando sono troppo debole per dargli anche solo un pugno e quando sono così incazzata da poterlo staccare dalla catena, lui si deve sorbire tutti i miei sbalzi d’umore e le mie lagne. Se solo potesse parlare si ribellerebbe. O sarebbe il mio migliore amico.
«Spiegami di Sidney» continua Josh in vena di chiacchiere «Domani c’è il torneo più importante della stagione, non puoi restare da me e andare un’altra volta a trovare tuo fratello? Credo che i tuoi se la caveranno un paio di giorni senza di te»
«Perché credi che sia così incazzata oggi? Mi costringono ad andare con loro, probabilmente hanno anche scelto apposta la data per non farmi combattere. Andy è l’unica cosa positiva, non lo vedo da secoli»
«Se proprio non si può fare niente, ti organizzerò altri incontri più in là. Vuoi un passaggio a casa Kat? Sono le undici, è ora di andare»
«Tranquillo, so difendermi» 
Josh scoppia a ridere ed io gli faccio l’occhiolino, senza mai fermare la raffica di pugni davanti a me. Considerando che non rivedrò questo posto ormai più familiare di casa mia per qualche giorno, me lo godo fino all’ultimo. Finchè il custode non spegne le luci e praticamente mi porta di forza verso l’uscita. Ad ogni modo, mi sono sfogata abbastanza.
Fuori dalla palestra è tutto buio e piovoso, sia metaforicamente che letteralmente. Cammino lentamente per le strade di una città mai silenziosa cercando un  pretesto per tornare a casa il più tardi possibile. Il cappuccio del felpone non basta a ripararmi dalla pioggia, ma va bene così. Sia dove sono ora che casa mia sono abbastanza lontane dal centro, eppure una volta nell’underground prendo un treno per il Tower Bridge. Il lungo Tamigi di notte fa la sua porca figura. Sembra un posto magico, senza tempo. 
Mi siedo su una panchina e aspetto, senza sapere cosa aspettare.
Un tempo non ero così. Non ero incazzata ventiquattro ore su ventiquattro, non trovavo scuse pur di non tornare a casa, non avevo i capelli blu e non sfondavo di pugni chiunque intralciava il mio percorso. Prima avrei dato di tutto per andare in Australia a trovare mio fratello, ora il solo pensiero di lasciare la mia città per qualche giorno mi spaventa. Io e Londra siamo entrate in simbiosi. Entrambe grigie, entrambe tristi, entrambe anche estremamente forti. In Australia, invece, in questo momento c’è il sole. Ed io non sono pronta per l’estate, non me la sento.
Ma devo fare uno sforzo, per Andy, non per i miei genitori, no, solo per lui.
Verso l’una un messaggio di mio padre illumina lo schermo del mio telefono, vuole solo sapere se sono ancora viva, ormai si è rassegnato al mio continuo fuggire da casa.
L’aria si sta facendo troppo fredda e la stanchezza comincia a farsi sentire, così credo sia arrivato il momento di andarmi a gettare sul letto. Tra piedi e treno, varco la porta d’ingresso che sono le due meno qualcosa. Ed i miei non mi dicono niente. Mi hanno gridato contro troppo e troppe volte per avere ancora qualcosa da dire. In camera c’è una valigia non fatta da me, ma con la mia roba. Un biglietto poggiato sulle coperte mi dice di mettere la sveglia per le 5, ma io in Australia non ci voglio neanche andare, quindi se proprio ci tengono mi sveglieranno loro.
Scrivo un cuore come messaggio ad Andy, poi mi addormento senza neanche rendermene conto.
Ho una strana sensazione dentro, ma il sonno è più forte. 
La porto con me nei miei incubi.
 
Andy
 
«Allora Andy, una certa Kat ti ha scritto un  cuore ieri alle due, che amore, chi è? La tua nuova fiamma? La conosciamo?» Ashton, con il mio telefono in mano, fa tutto fuorchè quello che gli chiedo. Come sempre, d’altronde. 
«è mia sorella Ash, e no, non la conoscete» gli rispondo nervoso mentre, nonostante i movimenti rallentati, cerco di ridare alla casa un aspetto dignitoso. Qui, però, servirebbe un’agenzia di pulizie più che cinque ragazzi con i postumi di una sbornia colossale. Soprattutto se tre quinti non collaborano.
«Quando hai detto che arriva tua sorella?» domanda Luke dal divano davanti alla televisione, tutto preso da una partita all’x-box contro Michael.
«Tra tre ore idioti! Anziché giocare potreste darmi una mano?» chiedo quasi in tono di preghiera, gettandogli addosso il sacco della spazzatura.
«Ho vinto ancora!» è l’attinente risposta di Michael che, fregandosi altamente della mia richiesta, scatta in piedi e lancia un cuscino contro il povero Luke, come sempre sconfitto. Questo, però, non è il momento della compassione.
«Ragazzi dai! Prendete esempio da Calum» Calum che, proprio in quel momento, lascia cadere per terra scopa e paletta con aria incazzata e fa per avvicinarsi alla porta d’ingresso.
«Ho fatto abbastanza, schiavizza gli altri ora» la sua ribellione, nel momento sbagliato, viene volentieri imitata dagli altri. Calum sparisce prima che possa dirgli niente, a Mike basta un balzo per correre via, Luke sfugge alla mia presa e mi grida anche un «buon lavoro», ma Ash è in gabbia. Troppo rallentato da tutto l’alcool di ieri sera non si rende neanche conto di quello che gli sta succedendo intorno e, quando cerca anche lui di correre verso la via d’uscita, a trattenerlo dalla t-shirt non ci metto niente. Ash assonnato, affamato e alcolizzato è piuttosto arrendevole.
«A noi due» gli sorrido, abbracciandolo scherzosamente, ma vedendo che non reagisce mi gioco l’asso nella manica «poi ti porto a fare colazione e avrai l’onore di conoscere  Kat»
«Non lo faccio per tua sorella, ma per la colazione» il suo viso si illumina, ecco come comprare Ashton Irwin la mattina dopo una sbronza. Il cibo è la chiave.
Gli affido il saccone della spazzatura e lui si prepara al grande sforzo togliendosi la t-shirt e legandosela in testa così da sentirsi una vera e propria casalinga. 
Dopo un’ora di lavoro intenso ci ritroviamo buttati sul divano uno addosso all’altro, distrutti, con  la casa più o meno pulita.
«Tu sei pazzo, rendere decente questo posto è un’impresa» si lamenta il biondo sdraiato sui cuscini con la testa all’indietro.
«Lo so, per questo non ce l’avrei fatta da solo» gli sorrido grato, lui si rimette la maglia e mi sbatte addosso la pezza che ha usato per pulire, sommergendomi di briciole e polvere. Faccio per dargli un pugno ma lui mi blocca dicendo «colazione amico, colazione» con quel suo sorriso a diecimila watt al quale nessuno potrebbe resistere.
Lo guardo meglio e mi rendo conto che non posso portarlo in giro così, nonostante questo sia solo l’inizio della loro carriera passeggiare per Sidney con i 5 Seconds of Summer significa bloccarsi ogni venti metri per colpa di orde di fan urlanti. Le ragazze di qui sono pazze, probabilmente gli hanno attaccato delle cimici addosso perché riescono a trovarli sempre. SEMPRE. Li riconoscono anche oltre i vetri della macchina e solitamente, se lo fanno, bloccano completamente il traffico. Oggi però non posso fare ritardo. Non ho intenzione di lasciare Kat da sola nell’enorme aeroporto di Sidney.
«Ash ti voglio vedere tra un minuto completamente irriconoscibile, muovi il culo»
Alzarsi dal divano è davvero, davvero faticoso. Ancora peggio svuotare tutti i cassetti in cerca di un paio di occhiali da sole e delle chiavi della macchina, ma tutto sommato cerco di reggermi in piedi. Quando Ash riappare si è più o meno trasformato in un australiano qualsiasi. Wayfarer dalle lenti oscurate calati sugli occhi, un cappello da baseball dimenticato da Calum ed una comunissima T-shirt bianca delle mie che gli va decisamente troppo larga. Nascondere Ash non è mai un grande problema, a meno che non sorride. Il suo sorriso lo riconoscono sempre tutti. Solitamente quelli difficili da far passare inosservati sono Mike e Luke. Luke ha un viso troppo particolare per non riconoscerlo e Mike…beh, tra capelli blu, verdi, fucsia e quant’altro di certo non si confonde con la folla.
«Se sorridi ti ammazzo» intimo al biondo mentre lasciamo casa e raggiungiamo la decappottabile parcheggiata nel giardino. La mia meravigliosa BMW grigio metallizzato.
«Considerando che l’hai comprata con i nostri soldi, come minimo dovresti far guidare me.» tenta di convincermi Ash, pronto ogni giorno con una scusa diversa per andare al volante. E non è che non mi fidi di lui, ma… ok, no, non mi fido di lui. La prima e ultima volta che gli ho affidato il comando più che una passeggiata in macchina sembrava una gara di rally dove i malcapitati pedoni erano visti come ostacoli da superare alla massima velocità e i semafori considerati un optional. Se gli altri erano così masochisti da farlo guidare, problemi loro. Ash doveva stare ben lontano dal mio gioiellino.
«Quei soldi me li sono guadagnati. Organizzare quattro incoscienti come voi non è certo un lavoro per tutti»
«Ma se tu hai vent’anni e frequenti ancora dei ragazzini!»
«Si chiama lavoro, Ash, se no vi avrei già buttati tutti giù dal balcone di casa vostra»
«Si chiama lavoro anche quando organizziamo le migliori feste del quartiere? Quando andiamo a fare surf insieme? Quando non ti va di dormire da solo e veniamo a farti compagnia?»
«Meglio considerarlo lavoro Ash, perché quando mi svegliate la domenica mattina buttandovi tutti e quattro sul mio letto, beh, vi ucciderei»
Ce ne andiamo così, scherzando, per tutto il tragitto. Anche perché con Ash la parola serietà, la maggiorparte delle volte, è un ricordo lontano. Sidney scivola veloce ai lati della macchina, il tipico vento fresco ci scompiglia i capelli ed il sole brilla sopra le nostre teste. Le mattine australiane sono una cosa che non cambierei con nulla al mondo. Nonostante non sia in perfetta forma, in questo momento quasi riesco a sentirmi felice. È questo posto che ti rende felice. E anche Ashton che spara stronzate a raffica aiuta. 
Arriviamo in aeroporto che sono le dodici e, grazie al tragitto senza intralci, abbiamo anche una mezz’ora di anticipo, così posso offrire ad Ash quella famosa colazione. Si, colazione alle dodici. 
«Per quanto si fermerà tua sorella?» domanda mentre si ingozza di ciambelle glassate e frappè al cioccolato. Non posso criticarlo considerando che ho preso all’incirca le sue stesse cose, ma lui sembra un orso appena risvegliato dal letargo, mentre io sono… inglese. Nonostante quei quattro cerchino disperatamente di trasformarmi in uno di loro, sarò sempre il più raffinato qui. 
«Non lo so Ash, i miei mi hanno pregato di tenerla con me per un po’. Lontana da Londra e da tutto quello che Londra comporta.»
«E lei è contenta di stare con te?»
«Di stare con me suppongo di si, il problema è che non sa niente. Lei pensa di tornare a casa tra un paio di giorni.»
Ad Ashton va di traverso il frappè.
«E tu che intendi fare? Tenerla a Sidney con la forza?»
«non lo so, Ash. Solo… non spaventiamola subito con la questione della band. Nel caso non ti riconosca, non presentarti come Ashton dei 5 Seconds of Summer. Sii solo Ash»
Ash mi fa un ok con il pollice sporco di glassa al cioccolato e subito dopo mi sorride. Anche se gli avevo detto di non farlo, per questa volta non obbietto. 
Se c’è una cosa a parte fare o sparare cazzate in cui Ahston Irwin è il migliore, quella è sicuramente il saper ascoltare. Le famose chiacchierate con Ash sono meglio di una seduta dallo psicologo e credo che anche a Kat farà bene conoscerlo.
«Sarei più che felice di essere solo Ash con qualcuno»
«Non diciamo niente agli altri per ora. Cerchiamo di tenerla lontana da loro. Tu sei Ash e vieni con me al college, sei un australiano qualunque e facciamo una vita qualunque»
«Non hai detto ai tuoi di aver lasciato il college, vero?»
Non riesco a rispondere alla domanda perché la nostra attenzione viene attirata dalla voce metallica dell’altoparlante che annuncia l’arrivo del volo da Londra. Sia santificata.
«Andiamo dai» gli dico alzandomi per andare a pagare, ma Ash mi rivolge uno sguardo di quelli alla “non finisce qui”, poi prende l’ultima ciambella rimasta e se la mette sulla testa a mo’ di aureola.
«Guarda, sono l’angelo delle ciambelle» ed ecco che torna il solito Ash. Lo guardo e mi piego in due dalle risate. Due bambine al mio fianco fanno lo stesso, giusto per far capire il raiting delle sue battute. 
«Se mi pregate tutte le sere vi porterò una ciambella al cioccolato appena vi sveglierete» le sussurra piegandosi all’altezza dei loro visi «no bugia, perché io la mattina dormo e..»
«Andiamo idiota» afferro la sua (mia) maglia e lo trascino via dalle sue nuove amiche «sei un po’ coglione però, ammettilo dai»
«e la cosa bella è che mi vuoi bene lo stesso» risponde ridendo ed io gli tappo la bocca, coprendo quel cazzo di sorriso. Sussurra uno scusa contro le mie dita, cominciando a leccarmele per farmi spostare la mano, e continuando comunque a ridere come un pazzo.
Kat ci trova così.
Incrocio il suo sguardo e quasi non la riconosco. 
Avrà perso almeno dieci chili dall’ultima volta che l’ho vista, il pesante trucco nero sugli occhi è sbavato, l’enorme maglione bianco non è decisamente adatto alla giornata di oggi e ha i capelli blu. Ha i capelli BLU. Blu come Michael. Oddio.
Lascio Ashton e corro da lei, che fa cadere il borsone e la valigia sul pavimento per strigermi le braccia al collo. Almeno il suo profumo è sempre lo stesso.
«ma che ti è successo Kat?» mormoro tra i suoi capelli, rendendomi conto forse solo in quel momento di quanto mi fosse mancato avere una persona della mia vecchia vita a Londra qui a Sydney. Abbracciare Kat è come tornare ad essere l’Andy di un anno fa. È una cosa stranissima, perché quasi mi sono dimenticato di tutto ciò che è al di fuori di Sydney e di quei quattro ragazzi. Mi sono dimenticato anche di lei, quando forse avrebbe avuto bisogno del mio aiuto.
«Tu lo sapevi che mamma e papà non sarebbero venuti?» mi chiede schietta, allontanandosi dal mio petto per potermi guardare negli occhi. Riesco a vedere così tanta delusione in quelle iridi castane che mi vengono i brividi. In fondo, non se l’aspettava di essere abbandonata in quel modo. «non mentirmi Andy»
«si» devo risponderle, perché dopo un anno quasi senza sentirla si merita almeno la verità. 
«e non mi raggiungeranno domani, vero? E neanche dopodomani? Non verranno mai a riprendermi, no? Mi hanno scaricato da te.»
«speravano solo che saresti stata tu a non voler più tornare, ma si, in sostanza ti hanno affidato a me»
Kat tira un respiro, scuote la testa ed io stringo i pugni per paura della sua risposta, ma quello che non mi sarei mai aspettato è un sorriso. Il timido sorriso di Kat.
«Sono contenta di vederti Andy» dice ed io non posso fare altro che abbracciarla ancora una volta. È così piccola a mio confronto che sembra indifesa. So, però, di cosa è capace.
«Kat, ti presento il mio migliore amico» faccio dopo che mi rendo conto che Ashton è stato zitto per fin troppo tempo. Lui spunta da dietro la mia schiena e, limitandosi ad un leggero sorriso, allunga la mano verso mia sorella.
«Sono Ash, piacere di conoscerti» parla trattenendo la felicità di presentarsi, dopo tanto tempo, come un ragazzo qualunque. 
«Kat» risponde lei e la sua mano scompare tra le dita di Ashton. «ma che diavolo di lingua parli?»
La faccia di Ashton è tutta un programma.
Ecco, forse non è più abituato ad essere trattato da ragazzo qualunque.
Kat scoppia a ridere, rendendosi conto dell’espressione del povero ragazzo che non riceveva una critica da una ragazza da fin troppo tempo. E non posso che ridere anche io.
«In una settimana riuscirai a capire cosa dicono, in un mese parlerai come loro» le spiego circondandole le spalle con un braccio e cominciando a camminare verso l’uscita. Ash, da vero gentiluomo (che non è mai), prende la valigia di Kat e cammina al nostro fianco senza lamentarsi dello sforzo. Se dovessi raccontarlo agli atri non ci crederebbero. Giuro, vorrei fargli un video.
Una volta in macchina prende comunque possesso del suo posto davanti e il controllo della radio, attaccando l’EP dei 5 Seconds of Summer a massimo volume.
Io e Ash ci guardiamo, capendoci al volo.
Così, quando il motore comincia a rombare sotto i nostri piedi, ci giriamo contemporaneamente verso Kat. Mega sorriso e via, si parte, mentre le gridiamo un «Benvenuta in Australia» 
   
 
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