Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: virgily    11/11/2013    2 recensioni
"Ci vediamo dunque costretti a sguinzagliare le tre ombre della Regina: il fedele Cane; l’abile Ragno e la nobile Perla. Speriamo che la collaborazione di questi grandi enti della sicurezza inglese possano rendere sua Altezza fiera di voi, come sempre è stato.
Cordiali saluti.
Sua maestà, la Regina."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tra gemiti soffocati e grida straziate il giovane conte riprese finalmente conoscenza. Con il capo immerso nel petto del suo maggiordomo, Ciel era totalmente impossibilitato a vedere ciò che nel frattempo stava succedendo attorno a lui. Stretto fra le sue braccia, per il giovane lord non fu difficile capire che c’era qualcosa che non andava, che qualcuno mancava all’appello
-Sebastian- lo chiamò con fredda sicurezza mentre sollevava lentamente lo sguardo, mescolando il suo gelido blu notte con il suo rosso fiamma ardente
-Si è ripreso, Bocchan...-
-D-Dov’è Viola?- chiese immediatamente disarmando il suo diabolico servitore, che spalancando gli occhi evitò di rispondergli
-Ti ordino di rispon...- ma la frase che stava bestialmente fuoriuscendo dalle sue labbra gli morì in gola nello stesso momento in cui sentì un gridolino dilaniato alle spalle del suo maggiordomo. Immediatamente un groppone in gola cominciò a soffocare il giovane conte, mentre con impacciata incertezza invitava il demonio, suo servitore, a spostarsi. Il suo cuore ebbe un sussulto, facendogli evitare qualche battito. Stesa su quel massiccio blocco di ghiaccio, che fino a qualche ora prima sorreggeva un cadavere abominevole in putrida decomposizione, adesso esponeva un corpo asciutto e sinuoso; candido e sanguinante. La sua cara Viola era ancora viva, ma dal sudore che stillava dalla fronte e dallo sguardo smorto e pallido Ciel deduceva perfettamente che stava patendo le peggiori pene dell’inferno. E c’era un uomo distinto al suo fianco. Probabilmente sulle quaranta, lunghi capelli scuri raccolti in una coda bassa, abiti di manifattura eccellente, privi anche della più piccola chiazza di sangue sebbene stesse armeggiando con un coltello all’interno della ferita che il proiettile aveva aperto sul petto della donna. Aveva lo sguardo fisso sul volto della giovane duchessa, e sebbene quelle grandi iridi verdi e familiari potessero sembrare del tutto prive di emozioni, queste trasudavano una profonda e angosciosa disperazione
-E lei chi diavolo...?- ma Ciel non ebbe neanche il tempo di finire di parlare che lo sconosciuto lo zittì prontamente.
-Perdonatemi conte Phantomhive per la mancanza di convenevoli. Ma in questo preciso istante sto cercando di estrarre una pallottola dal corpo di mia figlia- così, con un brivido che lo percosse dalla testa ai piedi, un lampo di genio illuminò i ricordi del piccolo rampollo
-Voi siete Lord Killarney?!- affermò il giovane socchiudendo appena le labbra per lo stupore. Ecco cosa celavano quelle fiamme scure e ardenti, un diavolo... Un padre. Immediatamente riconobbe quel verde intenso che illuminava le iridi di quell’uomo, lo stesso tono malinconico e forte della sua cara collega. Un sorriso si dipinse sulle labbra del duca che finalmente veniva smascherato. Tuttavia quell’inarcatura enigmatica sulla sua bocca celava un grande quesito nella mente di Ciel: sorrideva per la sua affermazione? Si, forse anche per quello. Ma il piccolo Phantomhive trovò la risposta quando vide la mano grande di lord Killarney afferrare quel maledetto proiettile che tanto lo stava facendo penare. Ricoperto da uno spesso strato di sangue ancora caldo, quell’arma misera pareva una scheggia, un sassolino dispettoso che tuttavia aveva torturato la sua amica fino a consumarle le forze
-Ecco bambina mia. Ora è tutto finito...- sussurrò con smielata dolcezza, mentre portava ambo i palmi al polso della fanciulla, afferrandole e strappandole da dosso quel maledetto gioiello che avrebbe potuto portargli via quell’unica cosa bella che un diavolo, a parte un pasto prelibato, potesse desiderare. Si udì con chiarezza l’impatto dei rubini contro il suolo, macchiandosi a loro volta di quel liquido cremisi che orami si espandeva a macchia d’olio per l’intera cantina. Un sussulto sgusciò fuori dalle labbra pallide e screpolate della nobile perla, la quale finalmente cominciava a sentire il lento attenuarsi di quel dolore che tanto la faceva gridare. Non aveva mai sofferto così profondamente, eppure un sapore dolce inteneriva il suo animo; dopo tutto era per salvare la vita di Ciel che sarebbe morta volentieri. Roteando appena lo sguardo poi, Viola guardò finalmente in viso quel padre che da anni era scomparso dalla sua vita. Certo, era abituata a vederlo apparire nei suoi sogni, ma ritrovarlo dal vivo, al suo fianco che le stringeva la mano le procurava un certo tepore malinconico. Lord Killarney aveva strappato un lembo di stoffa dalla veste della fanciulla, fasciandole il petto prima di ricoprire alla buona quel corpicino pallido e diafano. Infine, accogliendola al petto, l’uomo la sollevò di peso dirigendosi a passo lento e aggraziato verso il giovane maggiordomo, che per qualche secondo sentì qualcosa dentro di lui sussultare. Come se il suo cuore avesse cominciato a galoppare all’impazzata prima di arrestarsi di colpo. Sembrava essersi addormentata la sua bella duchessa, e non avrebbe osato disturbarla dal suo meritato riposo.
-Le dispiacerebbe, signor Sebastian, farmi strada fino alla residenza? Viola ha bisogno di dormire al caldo e soprattutto con delle vere bende...- affermò inarcando appena verso l’alto ambo gli angoli delle sue labbra. Quel diavolo, inginocchiato con un bambino ai suoi piedi, era l’unico essere che era riuscito a catturare il cuore di sua figlia, e ancora stentava a crederci.
-Certamente. La prego Bocchan si stringa a me- e il mero maggiordomo attese che le braccine esili del suo padroncino si legassero attorno al suo collo. Con passi leggeri e silenziosi giunsero fuori della mesta abitazione nel giro di pochissimi istanti. La contemplarono nella sua rurale semplicità, prima che con un gesto rapido della mano il duca lanciasse un cerino accesso. Come un mastodontico falò tutte le pareti presero fuoco, tramutando in cenere quella dura verità che finalmente era venuta a galla. Anche un altro caso era stato risolto... E sebbene lo sguardo vivo di Ciel sembrava esserci acceso assieme a quelle lingue infuocate che dilaniavano il portico e piegavano sgraziatamente le pareti, il piccolo lord non si sentiva ancora a suo agio. C’erano nuove questioni che annebbiavano la sua mente ora: che fine aveva fatto Alois? Cosa sarebbe successo ora che lord Killarney era tornato? Ma soprattutto: cosa avrebbe scritto nel rapporto alla regina?

***
-Mio signore?! Santo cielo! Padrone!- erano sbiancate di colpo le goti tonde e rosee della cameriera che di tutta fretta era andata ad aprire alla porta. Era rimasta da sola nella residenza cittadina dei Phantomhive, con il cuore in gola e il pensiero rivolto continuamente verso la sua padroncina, la sua migliore amica. E adesso, ora che finalmente l’agonia era cessata, gli occhi di Cecily si erano spalancati innanzi a quell’affasciante figura di cui aveva perso le tracce. L’uomo di verde vestito sorrise con estrema cordialità alla ragazza che sembrava aver visto un fantasma, e con fare delicato e garbato rispose
-Cara Cecily, aiutami a medicare per bene Viola e ti racconterò tutto...- solo in quel momento la serva dei Killarney si rese conto della sua amica dormiente e sporca di sangue tra le braccia del suo genitore
-Dio mio! É grave?-
-Non preoccuparti di questo, adesso. È preferibile fasciarla e metterla immediatamente a letto- affermò l’uomo lasciando che Cecily gli facesse strada sino alla camera da letto di sua figlia. Sebastian, dal canto suo, rimase assieme al suo Bocchan, sfrecciando in men che non si dica nelle sue stanze.
Dopo averlo spogliato, il giovane maggiordomo stava preparò degli abiti puliti per il suo padrone, che mezzo nudo sostava in piedi al lato del suo giaciglio
-Siete piuttosto silenzioso, signorino...- constatò il moro inginocchiandosi innanzi la gracile figura, aiutandolo ad infilarsi i pantaloni di velluto scuro
-Stavo solo pensando...- rispose senza scomporsi. Già lo aveva fatto abbastanza quella sera, e ora che era tornato nella sua dimora, il giovane rampollo era pronto a tornare Ciel Phantomhive: serio e austero, freddo e spietato
-Tu piuttosto. Dovresti stare con Viola. Ha bisogno di te...-
-Tutto quello che lady Killarney ha bisogno, adesso, sono le cure amorevoli di suo padre. Io sono un mero maggiordomo, e servo voi...- cominciò sistemandogli la camicia, allacciandogliela con cura bottone per bottone per poi passare ad annodargli un morbido fiocco attorno al collo
-E poi... Viola è una donna forte...- solo pronunciare il suo nome faceva nascere un dolce sorriso sulle labbra del diavolo, che senza rendersene conto aveva deliberatamente dimenticato di usare la consueta formula di cortesia. Tuttavia, Ciel non sembrava aver dato troppa importanza a quella mancanza, anzi, la ignorò del tutto. Si udirono dei rintocchi di nocche sottili che bussarono alla porta, ed entrando nella camera del giovane Bocchan, Cecily s’inchinò elegantemente
-Lady Viola sta per riprendere conoscenza. Lord Killarney ha espresso il desiderio di invitarvi nelle sue stanze- sembrava serena la cameriera, finalmente. Aveva la traccia di un sorriso genuino che le coccolava le labbra, e questo per gli occhi del demone parve come un buon segno
-Bene, andiamo Sebastian- e silenziosamente, i tre cominciarono a camminare lungo il corridoio che li separava da quella camera da letto. Sebbene non fosse molto distante, arrivare a destinazione sembrò un viaggio senza fine. C’era una quiete ovattata, quasi surreale, e mano a mano che si avvicinavano tutto pareva perdere senso. Ciel non si sarebbe mai aspettato che sarebbe andata a finire così: di affezionarsi ad una persona come Viola, di prendere parte ad una avventura che riuscisse a fare breccia nel cuore di Sebastian. La porta si aprì cigolando appena; la luce soffusa incorniciava quell’ambiente tranquillo e sereno. Seduto all’angolo del grande giaciglio, il duca Killarney sedeva con le gambe accavallate l’una sull’altra, la mano legata alle dita della sua bambina, lo sguardo rivolto sul suo viso candido. Viola dormiva con la bocca distesa in un vellutato sorriso. Nessuna ruga affilata graffiava il suo volto, nessuna lacrima di dolore corrodeva la sua pelle sottile. I capelli sembravano una cornice di legno, intarsiata a  dovere come per riprendere il movimento sinuoso delle sue onde brune. Ciel e il suo maggiordomo si avvicinarono piano, cogliendo l’attenzione del nobiluomo che immediatamente puntò il suo sguardo sul giovane rampollo e il suo diabolico servitore. Il verde, il blu e il rosso mi mescolarono e si sfidarono in occhiate serie, eppure complici. Un mugugno soffocato, uno sbadiglio leggero. Voltando il capo a destra e sinistra, la fanciulla spalancò le palpebre, sbattendole ripetutamente per mettere bene a fuoco. Era stordita, spaesata. Ancora non capiva bene quello che le stava accadendo intorno. Poi, i suoi occhi s’immersero nel color malinconico che la legava a quell’uomo seduto al suo fianco. Ora che rivedeva suo padre, la sua mente venne pervasa dai ricordi: Ciel, la pallottola, Sebastian... Le fiamme, e poi il buio
-Padre?- sussurrò piano, sollevandosi appena. La ferita sull’addome tirava, ma il formicolio dovuto all’autorigenerazione dei tessuti le faceva capire che si stava riprendendo in fretta
-Fa attenzione, mia cara. Hai perso molto sangue e la rigenerazione non è stabile. Movimenti troppo bruschi potrebbero riaprire la ferita- l’ammonì suo padre aiutandola a posare la schiena sul morbino guanciate deposto sullo schienale del possente letto. Ora riuscì a vedere anche gli altri due personaggi all’interno delle sue stanze: Ciel, ripulitosi delle luride vesti, avanzò verso di lei con quel portamento d’adulto precoce che calzava a pennello in quella figura esile e austera. I lineamenti affilati, rigidi, molto seri. Ma dentro quell’affasciante iride color oceano le fu trasparente intravedere un umano barlume di preoccupazione
-Sei viva…- constatò con tono distaccato. Immediatamente un ghigno divertito si allungò sulla bocca piccola e fine della fanciulla
-Così pare!- ridacchiò la duchessa, portando la mano verso la sua, stringendola con dolcezza. Non indossava più i suoi guanti, il suo scudo per non far vedere ad occhi indiscreti la sua diabolica sfumatura delle unghie. Un calore affettuoso andò immediatamente a coccolare le sue dita, riscaldandogli il cuore. Ciel era stato veramente preoccupato per lei, e vederla ancora sorridente e beffarda fu come se il peso che portava nel petto si fosse alleggerito
-L’importante è che tu stia bene, Ciel- afferrando la mano piccola e affusolata del conte con ambo le mani, la fanciulla la portò al viso, carezzandola con la superfice morbida e vellutata della sua guancia. Sorrise dolcemente, sospirando appena quando i suoi occhi volteggiarono verso la figura di nero vestita che attendeva dietro il suo padroncino. Le iridi malinconiche e cupe della fanciulla si folgorarono immediatamente, appena il suo sguardo cremisi la ricambiò della medesima premura. Eccolo lì, il diavolo che era riuscito a corromperla. Non sapeva se era un bene provare un affetto di tal misura nei confronti di quell’essere che da sempre aveva detestato, ma da quando aveva pensato che sarebbe morta in quel lugubre scantinato, avvolta dalle sue braccia, si convinse totalmente ed incondizionatamente che sarebbe sempre rimasta legata a lui. Si infilzarono per secondi interminabili, fissandosi con una consapevolezza maggiore che mai avevano mostrato prima. Non avevano bisogno di parlarsi, i loro occhi erano più loquenti e saggi delle comuni parole. Schiarendosi la gola, il duca fece come per riportare con i piedi per terra i due alienati, che immediatamente si voltarono nella sua direzione per prestargli ascolto:
-Se non vi dispiace…- Cominciò –Desidererei discutere in privato con voi, Lord Phantomhive, e il vostro maggiordomo a proposito di certe questioni…- affermò serio, donando al contempo una lunga ed estenuante occhiata di complicità alla sua unica figlia ancora stesa sul letto. Viola non aveva ben compreso le parole del padre, ma in men che in un istante trasalì silenziosamente.

***
I tre s’incontrarono nello studio privato del giovane conte, accompagnanti da un immancabile velo di silenzio che li avvolse come una fitta nebbia, che celava dietro il suo spessore quella marea di interrogativi a cui il piccolo lord e il suo diavolo non riuscivano a trovarvi risposta. Perché li aveva convocati così all’improvviso? Perché in privato?
-So bene che siete un uomo a cui non piacciono i giri di parole, per tanto vado dritto al punto della questione: mia figlia ha bisogno di protezione. Motivo per cui questa notte abbandoneremo questa casa.- Ciel non ebbe neanche il tempo di sedersi comodamente sulla maestosa sedia del suo studio, che sprofondando su di essa come un pesantissimo macigno rimase impietrito, e al contempo esterrefatto. Il duca non lasciava trapelare la benché minima emozione, eppure in quelle parole Ciel aveva intuito astio, gelo. Deglutendo silenziosamente, il giovane si ricompose, congiungendo le mani sulla superficie lignea dell’elegante scrivania intarsiata, assumendo egregiamente la gestualità del giovane ed affabile uomo d’affari qual era.
-Perdonatemi, lord Killarney, ma non vedo il motivo per cui dobbiate andarvene. Oltretutto, non sono convinto che lady Viola sia in grado di poter intraprendere un viaggio nelle sue condizioni…- rispose fermamente il conte, scrutando affondo l’espressione beffarda e canzonatoria dell’uomo che aveva innanzi
-Non dovete preoccuparvi…- rise quest’ultimo abbassando appena lo sguardo, mentre una sfumatura violacea e rovente prendeva possesso del caldo colore delle sue grandi iridi. Solo quando il verde intenso dei suoi occhi fu interamente inglobato da quella diabolica luce, lord Killarney sollevò di scatto lo sguardo:
-Dove ho intenzione di portarla, mia figlia non dovrà più patire alcun dolore o sofferenza…- silenzio. Un brivido freddo percosse l’intera colonna vertebrale del giovane Phantomhive. Non lo convinceva il tono viscido e spietato con cui aveva parlato. E proprio come se fosse riuscito a leggergli nel pensiero, Sebastian si era scagliato contro il duca con una velocità sovraumana. Un tonfo tuonò per l’intera camera, mentre con un ringhio roco e basso Ciel chiamava a gran voce quel maggiordomo che aveva letteralmente messo alle strette il suo diabolico ospite: petto contro petto, Sebastian Michaelis quasi mostrava i denti mentre teneva saldamente con le spalle premute contro il muro il corpo del duca, il quale al contrario sogghignava divertito.
-Sebastian! Ti ordino immediatamente di…- tuttavia, il giovane non ebbe neanche il tempo di terminare il suo comando che il suo mero servitore lo zittì immediatamente:
-Chiedo venia, Bocchan, ma non posso. Voi stesso mi avete ordinato di proteggere lady Killarney ad ogni costo. E se adesso ubbidissi contravverrei al vostro precedente comando- udite quelle parole, un riso sgusciò dalle labbra fine del duca
-Quanto ardore… E solo per una misera mezzosangue…- Sebastian strinse i denti, digrignandoli con forza mentre l’ombra scura della sua anima cominciava a prendere consistenza alle sue spalle. E fu un vero e proprio fuoco quello che brillò veemente dai suoi occhi, mentre con furia afferrava l’altro demone per la gola, sollevandolo con forza a quasi più di trenta centimetri dal suolo
-Lady Viola non è affatto misera. Ha patito tanto dolore per mantenere la sua integrità. Ha affrontato la morte per salvare la vita del mio padroncino. È la donna più coraggiosa che abbia mai conosciuto. Siete voi, mio signore, il miserabile-
Silenzio. Una quiete quasi mistica e rivelatrice si era posata con il suo sottile velo sui tre protagonisti di quella scena: Ciel, quasi come un narratore esterno, poteva soltanto osservare e descrivere ciò che gli stava succedendo proprio innanzi il suo limpido e profondo occhio blu: due demoni mostravano il veleno delle loro anime marce e dannate. Eppure, in quella rivalità ormai palese, il piccolo conte poteva leggervi quasi una sorta di affinità malsana.
Uno scricchiolio poi, sottile e gracchiante, aveva colto la sua attenzione. Posò allora il suo sguardo attento e studioso sulla porta che permetteva l’ingresso al suo studio: era semiaperta, e in quell’affilato spiraglio poteva osservare un’esile figura in camicia da notte; con gli occhi lucidi e le labbra tremanti
-Viola?- quello di Ciel fu appena un sussurro, un lieve respiro che quasi automaticamente fece voltare i due diavoli contro quella medesima porta che il conte stava fissando con curiosità. Che avesse ascoltato tutto?
La spessa parete di legno massicciò si spalancò, mostrando al suo interno la fanciulla di bianco vestita, con i capelli sciolti lungo le spalle, un pallore quasi mortale, le labbra rosee, distese in un soffice sorriso, e lacrime luminose che colavano sulle sue gote tonde. Teneva le mani strette al petto, le dita fine e affusolate intrecciate tra di loro, custodendo la sua preziosa perla. Guardava quel diavolo di un maggiordomo con una luce negli occhi che gli mostrava una sublime pace, un sollievo, ed una tenerezza spietata e disarmante. Dal canto suo, Michaelis ricambiò il suo sguardo attonito nel vederla in piedi, debole eppure con una forza d’animo tale che le aveva permesso di sgattaiolare dalle sue stanze e venirli ad origliare. Lord Killarney invece, ancora stretto alla gola dalle forti mani del demone, osservava i due con occhi compiaciuti, e l’angolo delle labbra sollevato verso l’alto. Sospirò, e ridacchiando appena disse:
-Arrivi giusto in tempo, figlia mia…- il duca posò le mani su quelle del maggiordomo, guadagnandosi un’occhiataccia ostile da parte sua,
-Lasciami pure, ragazzo. Il test è finito…-
-Test?!- domandò improvvisamente il conte Phantomhive, incalzando prima di tutti gli altri. Davvero li stava testando? Perché? Né il maggiordomo né tantomeno il suo padrone avrebbero potuto capire quali fossero i piani del duca.
-Padre…- Viola avanzò piano, arrancando con quelle poche forze che le erano rimaste. Lei aveva capito, e non poteva attendere sotto quelle calde lenzuola che suo padre prendesse una decisione definitiva. Ancora una volta la curiosità ebbe la meglio, e adesso fremeva soltanto al pensiero del verdetto finale.
-Perdonatemi, signore, ma non capisco…- rispose formalmente Sebastian, riassumendo in men che non si dica il suo portamento elegante e sobrio, perfettamente consono alla sua servizievole etichetta. Il duca non gli rispose subito. Amava  tenere tutte le sue pedine sulle spine, così si prese del tempo per sistemarsi le vesti, e prendere un bel respiro profondo, dando dei piccoli colpi di tosse, modulando la voce. Dopo tutto, anche se nessuno lo sapeva, quello era un momento di vitale importanza:
-Viola, per favore, puoi cedermi la tua perla?- la giovane annuì, e senza dire nulla si portò le mani al collo, sganciando con delicatezza quel gioiello che da sempre l’aveva contraddistinta, quel gioiello che era stata la causa di tutti i suoi problemi, ma anche la medesima che le aveva permesso di incontrare Sebastian e il suo padroncino. La affidò alle mani di colui che l’aveva creata, e successivamente, con passi brevi ma scanditi e imperiosi, il duca si avvicinò a quel diavolo che tanto lo aveva fatto divertire. I due si fissarono intensamente negli occhi: quelli cremisi e ardenti di Michaelis da un lato, quelli verdi e raggianti di lord Killarney dall’altro. La tensione poteva tagliarsi con un coltello, l’aria quasi si faceva più pesante e rarefatta. Viola sentiva il cuore batterle fortissimo nel petto, quasi come se si sentisse da svenire da un momento all’altro, mentre Ciel restava silente, immobile dietro quella grande scrivania, cercando di capire a quale strana procedura stesse facendo parte. Poi, a disincantare quell’immobile stasi, il duca lasciò tra le candide mani guantate del maggiordomo  la perla si sua figlia. Fu in quel esatto istante che il diavolo sgranò lo sguardo, incredulo. La sua quasi spietata inespressività era mutata tutta d’un tratto, e questo fece trasalire il suo piccolo Bocchan, che immediatamente intuì che con quel gesto, lord Killarney voleva dimostrare qualcosa di fondamentale importanza.
-Deduco che vi stiate domandando che cosa sia appena successo, lord Phantomhive- si rivolse direttamente a lui il duca –Ebbene, si tratta di un rituale molto antico con il quale ho appena concesso la mano della mia unica figlia mezzosangue al vostro maggiordomo- le labbra di Ciel si spalancarono appena
-Cosa?-
-Desidero che Viola appartenga a lui. Dunque confido in voi, in quanto possessore del contratto con il signor Sebastian, che concediate la vostra benedizione, oltre che il vostro permesso, sulla loro unione- per la prima volta, Ciel era stato chiamato a dare la sua benedizione. A causa della sua tenera età, mai gli sarebbe venuto in mente di dover concedere il suo consenso sulle imminenti nozze di qualcuno, tantomeno del suo maggiordomo, lo strumento della sua vendetta. Non pensava al futuro, se non in funzione di quella succulenta e prelibata rivincita che da tanto tempo ormai stava pregustando. Tuttavia, doveva ammettere che la sua vita aveva preso una strana piega, da quando aveva incontrato la perla della regina nel suo cammino. Quante cose aveva appreso, quanti sentimenti aveva riscoperto nella sua fanciullezza ormai sopita. Si avvicinò dunque ai due che da tempo osservava sornione, come due amanti sbagliati… corrosi da un amore proibito che tuttavia ebbe la meglio su di loro.
-Sebastian- disse fermamente, fissandolo intensamente negli occhi. Tutti in quella stanza allora seppero quello che il conte Phantomhive stava per dire. Tanto che infine non ci fu neanche il bisogno di parlare, poiché solo il suo sguardo era capace di comunicare l’immensa fiducia che il giovane conte stava lasciando nelle mani di Sebastian, il quale, d’ora in poi, si sarebbe ritrovato a salvaguardare ben due vite. Dunque, non vi fu più alcuna parola. Solo una lacrima della giovane duchessa, commossa, ed un inchino elegante e umilmente sottomesso dell’ormai celebre diavolo di un maggiordomo:
-Yes, my lord-
 
***
Solo una notte di luna piena, due demoni, un conte, una mezzosangue. Il silenzio e il buio erano i sovrani nella grande residenza dei Phantomhive, che in gran segreto, sotto quei pallidi spiragli di luce, accoglievano la nascita di un nuovo e prelibato nucleo: Sebastian Michaelis e Viola Killarney si promettevano l’uno all’altra alle sempiterne tenebre, con il duca e il giovane Ciel come unici testimoni. Con le mani, i due tenevano una vecchia coppa di cristallo macchiata di un caldo liquido purpureo. Al suo interno, infatti, i due  sposi avevano lasciato colare poche gocce del loro stesso sangue, lasciando che si mescolassero in un tutt’uno cremisi e denso, per poi berlo. Da quel poco che Ciel aveva potuto intuire, quel passaggio stava a simboleggiare formalmente la loro unione. Il sangue di Sebastian diventava parte di Viola. Il sangue di Viola diveniva parte di Sebastian. Questo, creava un legame che ormai era indissolubile.
-Io sono tuo, tu sei mia- affermò con solennità il diavolo, baciando la mano candida e vellutata della sua giovane sposa.
-Io sono tua, tu sei mio- rispose quest’ultima sorridendogli amorevolmente. Nessuno sarebbe riuscito a crederci, ma Ciel era emozionato. Pur nascondendolo a dovere, si sentiva tutto un tremito, e provava un forte calore nel petto. Un tepore che alleviava quel vuoto e quel profondo dolore che lo attanagliava giorno e notte. Sapeva, tra l’altro, che il pensiero che gli passò per la mente era a dir poco folle quanto inusuale. Eppure, si convinse che forse, quella che aveva davanti, era la sua nuova famiglia.
E nell’ombra di un piccolo sorriso, poche parole giunsero al suo orecchio:

“Che niente o nessuno osi  dividere ciò che nella notte il sangue ha unito. Perché è il sangue a darci la vita. E il sangue non perdona.”  


*Angolino di Virgy*

Era il 23/01/2012 l'ultima volta che avevo aggiornato questa fiction. Mancava un solo capitolo, e ammetto con mio grandissimo rammarico che mi sono fatta letteralmente soggiogare dall'ansia. Così ho cominciato a dilungarmi in una pausa che praticamente non ha avuto più fine. Ho cominciato a scrivere altre cose, a studiare come una matta per gli esami. Insomma, ogni scusa era buona per non pensare che avevo quasi finito questa storia e che mi mancava soltanto un misero capitolo. So che probabilmente mi starete tutti aspettando al varco, con tanto di mazze, torce e forconi. e onestamente me lo merito. Spero solo che il fantomatico "The End" possa quantomeno alleviare l'incazzatura post pausa di riflessione. Spero che raggiunga le vostre aspettative, e che sotto un certo verso vi incuriosisca, perchè (università permettendo) ho una mezza idea per un possibile sequel. Viola, Ciel e Sebastian mi hanno fatta crescere moltissimo come scrittrice... e abbandonarli mi fa un certo effetto. Grazie per aver letto fino a questo punto. grazie a tutti coloro che mi hanno seguita dall'inizio di questo piccolo viaggio, e grazie a chi comincerà solo oggi a leggere la mia piccola gioia. 
Un bacio.
V

Ps. sto modificando tutti i precedenti capitoli mano mano sia nel format che nella stesura. Non apporterò grandi modifiche, ma giusto nell'ventualità che qualcuno si sia scordato che cosa è successo nelle puntate precedenti, è il più che benvenuto a rileggere :) 
  
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