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Autore: cartacciabianca    12/11/2013    1 recensioni
Aveva promesso a se stesso che sarebbero stati via solo poche ore, ma scendendo una prima rampa di scale Charles capì che la loro escursione nei sotterranei di Boston avrebbe potuto protrarsi per giorni. A loro disposizione avevano un cambio d'olio per entrambe le lampade; armi e munizioni necessarie, ma non la certezza di trovare quello per cui erano venuti. Avrebbero potuto vagare intere settimane senza incontrare ombra di anima viva e per cosa? Per sfatare una leggenda? No, Haytham non era il tipo. C'era sotto qualcos'altro.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Lee, Haytham Kenway
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Hunting Cats'
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IL FANTASMA DI BOSTON

III parte

.: * :.

León Garat

 

 

 

 

 

 

La mattina seguente…

 

— Tranquillo, gli passerà. —

John Pitcairn diede un morso al suo pane bruscato coperto di fagioli in salsa e poi si pulì signorilmente la bocca con un angolo del tovagliolo che gli pendeva dal colletto.

— Non è certo il tipo che si fa coinvolgere da simili idiozie, — continuò. — Forse l'ha presa un po' sul personale, ma se ne dimenticherà in fretta. —

— Vorrei credervi, John, — disse Lee, cupo, incrociando le braccia sul tavolo. — Ma voi non eravate lì, non potete capire. —

— Prova a spiegarcelo, — disse Church dalla sedia accanto, dove comodamente stravaccato stava sfogliando le pagine del Boston Daily.

Charles si grattò la testa. — Poteva essere un pazzo qualunque, ma quando è scappato lo ha inseguito come Hickey inseguirebbe l'ultima donna del Mondo. —

— Ah Ah! — rise Thomas con la bocca piena e le mani che vagavano nel piatto in cerca del pezzo di pancetta migliore. — Allora, signori, la situazione è davvero grave! —

— Dico sul serio, — continuò Lee. — Credo che abbia il sospetto che si tratti di un Assassino, — disse mentre gli altri interrompevano le loro attività per scambiarsi un'occhiata.

— L'ultimo, — precisò Charles.

Ci fu un lungo silenzio.

D'un tratto Pitcairn si levò il tovagliolo dal colletto e lo poggiò sul tavolo. — Bhé, non mi sorprenderebbe sapere che per tutto questo tempo ha continuato le ricerche da solo, — confessò senza sforzarsi di nascondere l'amarezza nel tono di voce.

— Non facciamo conclusioni affrettate, — replicò Church chiudendo il giornale. — Haytham ci avrebbe detto tutto. —

— A quanto pare non tutto, — evidenziò Hickey, accompagnando il cibo in gola con un lungo sorso di birra.

— Ma come fai a bere quella merda anche a colazione? — lo riprese Church.

— Comunque… A mio parere non abbiamo nulla da temere, Charles, — disse Pitcairn rivolgendosi esclusivamente a lui. — Niente più Tempio, niente più Assassini… dobbiamo capirlo, è un uomo d'azione e cosa non s'inventerebbe per rimanere tale! Certo, sarebbe andare contro la sua natura accettarne, ma Haytham ha solo bisogno di un po' di riposo, di svuotare la mente. Concediamogliene un po' e vedrai che tornerà in forma prima che tu possa dire "Dio salvi il Re". —

— Nel frattempo glielo apro io il culo a quel Fantasma… — borbottò Thomas sputando il boccone nel piatto, dopodiché scansò definitivamente la pancetta dalle sue uova. Non che ce l'avesse con la pancetta, ma Catherine gliel'aveva cotta troppo e sembrava di masticare carbone.

— A gratis? Sono colpito, Thomas. Un gesto davvero carino, da parte tua, — disse Church facendo dello spiccato sarcasmo.

Hmgn, — mugugnò quello con la bocca piena di uovo.

— Sappi che lo apprezzerei molto, Thomas, — disse una voce fuori campo.

Hickey ingoiò il boccone di colpo e si alzò scompostamente, rischiando di cappottare la sedia. Attorno a lui i suoi compagni erano già in piedi.

— Comodi, signori, vi prego, — li scongiurò Haytham. Il cravattino ben arricciato, la coda di cavallo pettinata con cura e il tricorno bordato d'oro sottobraccio. — Terminate la vostra colazione con calma. Volevo solo informarvi che ho delle faccende da sbrigare all'emporio e che queste potrebbero trattenermi fino a tardi. Buona giornata, — augurò loro con un sorriso insolitamente ampio.

— Lasciate che vi scorti, Mastro Kenway, — fece Lee scattando come una molla, ma Haytham gli strinse una spalla a mo' di arpione e lo riaccompagnò seduto al suo posto.

— Conosco la strada, Charles, — disse mettendosi il cappello, — e a quest'ora del giorno il peggio che potrebbe capitarmi sarebbe di imbattermi in una delle galline caratterialmente instabili del pollaio degli Smith. — 

Qualcuno si permise una risata.

Di nuovo quel sorriso troppo largo e poi Haytham lasciò la Green Dragon.

 

.: * :.

 

A dargli il bentornato una volta raggiunta la fine della galleria fu lo squittire di un topo, che passò di gran corsa tra i piedi di Haytham e si mostrò alla luce della sua lanterna giusto un istante, prima di zampettare su del vecchio cordame e dileguarsi tra delle assi ammuffite. Lì, notò il Templare sollevando il lume, si annidava un'intera colonia.

Ciechi ma attratti dal calore, i topolini si protendevano verso la fiamma alzandosi su due zampe e aprendo i baffi come per volerla abbracciare.

C'era qualcosa di affascinante in quel comportamento, quasi un modo per riconoscere la capacità dell'uomo di imbrigliare un tale potere, per alcuni; una tale minaccia, per altri… Ma più guardava quei loro occhietti luminosi più Haytham pensava che c'era ben poco di dignitoso in un gesto come quello, ben poco di dignitoso nella cieca sottomissione.

Pensò a tutti gli uomini di cui aveva preso le vite negli ultimi anni e a come ognuno di loro avesse lottato, chi più chi meno, per tenersela stretta. Inevitabilmente la metafora che aveva usato con Charles la notte precedente gli tornò alla mente e non poté che compiacersene con un sorriso. Dopotutto come Templari non avevano fatto altro che dar loro la caccia allo stesso modo dei gatti coi topi, stanandoli anche lì dove si sentivano più al sicuro, nelle loro stesse tane, nei loro stessi letti...

Tornò sul luogo del loro primo incontro, sotto le assi del soppalco, e senza staccare gli occhi dalla galleria per la King's Chapel sedette sulla cassa che recava il segno della sua lama, ma non dovette aspettare molto prima che fosse lui a mostrarsi.

— Credevo di essere stato chiaro. —

Era alle sue spalle, ma Haytham rimase immobile, perché anche il movimento più impercettibile avrebbe potuto giustificare l'inizio di un nuovo duello, e quella volta non era venuto per sguainare la spada.

— Desidero semplicemente parlare. —

— Io no. —

— Allora io parlerò e voi ascolterete, — disse il Templare alzandosi. — So chi siete. So cosa avete passato. E sono venuto per aiutarvi. —

— L'uomo che era con te l'ultima volta mi ha sparato. Ben due volte. Lo chiami aiuto, quello? —

— Confidava nel fatto che i fantasmi non potessero morire di nuovo… e comunque sperava di spaventarvi più di quanto lui non lo fosse già, ma avrei dovuto farlo aspettare fuori, ne convengo. Perdonatemi. —

Silenzio.

— È  la mia guida in città, — spiegò Haytham. — Un'ottima guida. Gli ho chiesto di essere condotto in questo luogo, ma ho mancato di rivelargliene le motivazioni. Non sapeva perché vi stessi cercando e non dovrà mai saperlo. —

— E perché mi cercavi? —

Agiamo nell'ombra per servire la luce. ­Perché sono un Assassino, naturalmente. —

Haytham lo sentì indietreggiare e finalmente poté voltarsi.

— Come voi, dopotutto. —

— Grazie a Dio… —

Quando l'uomo si gettò ad abbracciarlo disperatamente come si abbraccerebbe un parente, in una frazione di secondo Haytham ingoiò l'istinto di conficcargli la lama celata nel fianco, e piuttosto, anche se con una certa riluttanza, ricambiò il gesto.

Possono essercene degli altri, si disse. E sarà lui a condurmi da loro.

 

 

— Non avevo notato il simbolo sul vostro bracciale, — disse il Fantasma di Boston facendogli strada nelle gallerie. Si dirigevano verso il centro del labirinto dove l'Assassino aveva detto di avere il suo piccolo rifugio, e dove Haytham era certo ci fossero nascosti altri come lui. Perciò doveva essere cauto, mantenere il sangue freddo e memorizzare il percorso per poter tornare con i rinforzi, se necessario.

— Sono quasi otto anni che vivo qua sotto, ma il buio mi gioca ancora brutti scherzi. Il vostro modo di agire, la vostra… Avrei dovuto capirlo che eravate uno di noi! — La sua voce aveva cambiato completamente tono ed ora, a parte la nazionalità francese, Haytham riusciva a leggervi anche l'età: quaranta, quarantacinque anni al massimo.

— Voi da quanto siete a Boston? — gli chiese l'Assassino ad un tratto, richiamandolo dai suoi pensieri.

— Sono sbarcato una settimana fa col diretto da Londra. —

— Sapevate delle gallerie? —

— Veramente no, e speravo che poteste dirmi di più… —

— Una più antica rete di tunnel naturali scavati dall'acqua attraversava quest'appezzamento di terra, e infatti ci sono ancora pozzi attivi. I coloni li hanno usati per molti anni come magazzini ma sono stati i Massoni i primi a modificarne la struttura per ragioni strategiche, pur rispettando la conformazione dei canali originali. All'inizio collegarono le cantine delle loro case e poi interi distretti. Vi sarete imbattuto nei… —

— Sì, affascinanti. —

— Inutile dire che è mia mansione tenerli sempre riforniti d'olio, assieme alle torce, in attesa del giorno in cui un altro Fratello avrà bisogno di attraversare questo luogo, — disse con un sorriso.

— Perciò siete una specie di custode? —

— Non ufficialmente, s'intende. —

— Spiegatevi meglio. —

— I Templari. Ci hanno decimato e ormai controllano tutto, qui. Dopo il tradimento di uno dei nostri che tre anni fa mise in mano loro una lista di nomi, se sono ancora vivo ho ragione di credere che non abbiano saputo di me come di queste gallerie. —

Haytham rimase in silenzio e per un po' nessuno disse niente.

— Voi come avete fatto a trovarmi? —  domandò l'Assassino.

Haytham sorrise.

— Se non fosse stato per la sbronza di un esploratore che sosteneva di essere tornato vivo dall'Oltretomba, non sarei mai stato colpito a tal punto dalla vostra copertura, perché presumo sia questo lo scopo di quegli abiti bianchi e consunti. —

Il Fantasma di Boston scoppiò in una sommessa risata. — Una volta questi abiti erano un simbolo che dava speranza alla gente, ma da quando l'Ordine si è indebolito impedendomi anche solo di mettere il naso là fuori, li indosso come un costume teatrale, lo ammetto. E guardandovi noto con un certo dispiacere che l'Ordine di Londra deve aver perso definitivamente la tradizione; per motivi strategici, immagino. —

— Infatti. Come vi chiamate? —

León Gérard Garat. Pour vous Léon, monsieur. —

— Il vostro rango? —

— Assassino di secondo grado. Et voi? Eh, l'abitudine di conversare con  me stesso! Chiedo venia. E voi? —

— Arnold, — mentì. — Arnold Scott Edwards. Maestro. —

— I miei ossequi. —

Non poteva più aspettare.

— Siete solo? Qui sotto, intendo. —

Je vais vous dire vous quand nous sommes arrivés, — e si voltò giusto un attimo per lanciargli un sorriso.

Nascondi qualcosa, eh, maledetto?

D'accord, — rispose Haytham con un ghigno poco convincente e León, incuriosito, si voltò di nuovo a scoccargli un'occhiata.

— Parlate francese, monsieur? —

— Buona educazione nobiliare, — spiegò Haytham. — Voi siete cresciuto nelle Colonie? —

— No, — rispose León. — Sono nato a Nantes e ho servito l'Ordine di Bordeaux sotto François Morel fino ai suoi ultimi giorni, prima che uno dei nostri ci tradisse dando fuoco all'intero Covo. Ero solo un ragazzo. È stato orribile. —

— Mai quanto assistere alla disfatta di un'intera Confraternita, — osservò Haytham, stuzzicandogli ancora le informazioni di cui aveva dannatamente bisogno per concludere la sua caccia.

— No, — mormorò León irrigidendo visibilmente le spalle. — Mai. —

Il cuore della Boston sotterranea consisteva nell'ennesimo stanzone affollato da casse, barili e teloni che nascondevano altre casse e altri barili. Qui l'Assassino sollevò un lenzuolo e spostò un vecchio baule, rivelando una piccola botola che sarebbe stata impossibile individuare altrimenti; dopodiché l'aprì e vi scomparve per primo, seguito dal Templare.

Li accolse una stanzetta quadrata di media grandezza con le pareti e il soffitto ben integri e il pavimento coperto di pellicce. C'era spazio sufficiente per una ventina di persone al massimo e il sistema di riscaldamento consisteva in una stufa di fortuna, ricavata nella parete e che probabilmente si collegava ad un qualche condotto in disuso. Il letto era soppalcato a non più di due metri da terra ed era ancora sfatto, ma per il resto un ordine maniacale regnava sovrano. Le provviste in un angolo e vestiti, armi e munizioni negli altri.

Mentre León accendeva qualche candela, Haytham allungò lo sguardo verso una serie di carte impilate su un tavolo: erano tracciati ben dettagliati delle varie città coloniali e c'erano nomi che il Templare conosceva bene, uomini e donne a cui aveva dato la caccia personalmente, insieme alle date e ai luoghi esatti in cui erano stati giustiziati. Era incredibile che un solo uomo avesse potuto sapere tanto senza aver mai messo piede in superficie negli ultimi tre anni…

— Vi ha aiutato qualcuno a raccogliere queste informazioni? — domandò.

— No, — rispose León appoggiando la lanterna sul tavolo. — E temevo che nessuno sarebbe venuto più ad offrirmi il suo aiuto, prima d'ora, — disse levandosi il bavero e abbassandosi il cappuccio sulle spalle. Aveva i capelli di media lunghezza, una folta barba e occhi azzurri contornati da rughe e da occhiaie. — Se là sopra i gatti ballano perché pensano di averci eliminati tutti, credevo che neppure i nostri Ordini in Europa conoscessero la verità sul mio conto. Mi stavo preparando al peggio, quando siete apparso voi. —

— Perciò siete davvero l'ultimo rimasto… — sussurrò Haytham a fior di labbra.

Siamo, — lo corresse León, e il Templare, che gli dava le spalle, lo sentì avvicinarsi…

— Adesso che siete nelle Colonie, anche la vostra vita è in pericolo, Fratello, — stava dicendo Léon, ma il suono dei suoi passi ad Haytham risuonava quasi più forte di quello della sua voce…

— Insieme rifonderemo la Confraternita e restituiremo ai Templari quello che ci hanno fatto con la loro stessa mone… —

Uno scatto secco e il dolore gli inondò gli occhi, a cui Haytham incatenò i propri per tutta la durata dell'agonia. Poi l'Assassino si accasciò tra le sue braccia e il Templare lo sostenne, accompagnandolo dolcemente verso terra. Haytham sentì il sangue scorrergli caldo tra le dita e inzuppargli la manica della camicia come non accadeva da tempo… un brivido di eccitazione gli corse lungo la spina dorsale, ma non richiamò a lungo la lama, piantata ben a fondo nella carne dell'altro che aveva preso a stringergli convulsamente una spalla, aggrappandosi ad un lembo del suo mantello come si stava disperatamente aggrappando alla vita.

— Hay… Hayt… — rantolò Lèon con un fiotto di sangue che gli colava all'angolo della bocca. I tremori ormai condensatosi in violenti spasmi.

— Hayth… am Kenway, — riuscì a concludere. — Il traditore… — aggiunse mentre un sorriso insanguinato si disegnava sulla sua bocca dalle labbra pallide e screpolate.  — Ti stavo… aspet… tando. —

— Menti, — sbottò Haytham con un luccichio agghiacciante negli occhi chiari. — Avreste impiegato secoli prima di arrivare a me. Ho mandato Hickey alla vecchia segheria apposta: avreste trovato quello che io volevo che trovaste. —

— Ti sbagli… noi… noi avevamo un piano... —

— Allora avete esitato. E non c'è posto nel Nuovo Mondo per gli Assassini come per gli insicuri. Porta i miei saluti a Morel. Addio. —

Richiamò a sé la lama e con essa anche l'anima dell'uomo, il cui corpo divenne improvvisamente pesante e molle tra le sue braccia. Fu allora che Haytham lo adagiò sul pelo ispido di una pelliccia d'orso, senza riuscire a capacitarsi che fosse davvero l'ultimo… che la caccia fosse realmente giunta al termine.

Si alzò dopo un tempo infinito e cominciò a sfogliare gli appunti di León in cerca di un indizio che potesse contestare quella consapevolezza alla quale era così disgustosamente scettico. Trovò la prova che l'Assassino sapeva di lui in una piccola nota nell'angolo di una pagina di diario, dove Haytham Kenway - traditore e maestro templare era stato calcato più volte, rendendo visibile la scritta anche dall'altra parte del foglio.

Si voltò per lanciare un'occhiata al cadavere del francese e immaginò la situazione esattamente capovolta, con se stesso steso a terra e l'Assassino in piedi a guardarlo. In un attimo realizzò di essere stato avventato come un bambino: aveva creduto di averlo ingannato, ma in realtà il suo avversario, sapendo benissimo chi avesse di fronte, lo aveva ingannato a sua volta.

Ma a quanto pare il tempismo era dalla mia parte.

Tornò a leggere con la foga e la voracità di un avvoltoio su una carcassa, ma all'improvviso buttò le carte a terra con rabbia, seppellendo il cadavere del francese sotto fogli e fogli riempiti con nomi di Assassini defunti.

Che ironia.

In quel momento un'ombra calò come un rapace dal piccolo soppalco e fu per miracolo se Haytham riuscì a deviare la lama, cavandosela con un graffio a fior di pelle sotto al mento; poi rovesciò il corpo stranamente leggero del suo aggressore sul pavimento, inchiodandogli i polsi e immobilizzandogli le gambe col proprio peso, quando si accorse che davanti non aveva altri che un ragazzino.

Un ragazzino con la faccia di chi ha appena assistito all'esecuzione del proprio padre e brama vendetta.

Vide che al polso portava già una lama celata e in un istante capì che se lo avesse lasciato andare tutto ciò per cui aveva combattuto gli sarebbe crollato sotto ai piedi da lì a pochi anni. Aveva ucciso, e in modi terribili a volte, per un fine che gli aveva scaldato il cuore e chiuso gli occhi nelle notti più gelide della sua coscienza, ma per la prima volta dopo anni si sentì stanco… e non ebbe la forza… non ebbe la forza di arrivare a tanto...

Si alzò senza allentare la presa sui polsi magri del giovane e lo sollevò quasi di peso, guardandolo bene. Era gracile, pallido e troppo lungo per la sua età. Non sarebbe sopravvissuto un altro mese in quello squallore, eppure negli occhi aveva tanto ardore da...

Quello gli mollò un calcio tra le gambe, cogliendolo del tutto alla sprovvista, ed Haytham si piegò dal dolore cercando un appoggio intorno a sé. Ottenne di liberare il ragazzino, sbattere un fianco contro il tavolo e rovesciare a terra la lanterna, che andò in frantumi su una mappa del North End di Boston.

In un attimo la cellulosa prese fuoco e la stanza cominciò a riempirsi di fumo. Haytham cercò invano di rintracciare quel bastardo per dargliene quattro sul sedere e si rese conto di quanto fosse realmente grave la situazione quando sentì la botola chiudersi con un tonfo e il chiavistello venir sbarrato dall'esterno. Dovette oltretutto ricredersi sulla gracilità del ragazzo, che riuscì a trascinarci sopra un numero indefinito di casse.

— Bon nuit, monsieur Haytham! —

E poi il silenzio, accompagnato dallo scoppiettio delle fiamme che masticavano le mappe e la mobilia della stanza.

E così questo luogo avrà davvero un fantasma che gli farà da padrone? Si chiese Haytham mentre cercava una via di fuga contro le pareti, zoppicando ancora per il dolore tra le gambe e con il naso premuto sulla manica per posticipare l'asfissia il più possibile, quando la provvidenza lo fece inciampare in una vecchia camicia e poté fabbricarsi un bavaglio.  A quel punto, con entrambe le mani libere, afferrò un moschetto dall'armeria privata di Léon e cominciò a martellare la caldaia di fortuna, che sembrava avere una bocca abbastanza larga da lasciarlo passare, quanto meno spogliato del più dei suoi abiti.

Guardatevi, o cittadini, dal Fantasma di Haytham Kenway, — recitò, ridendo istericamente tra un colpo e l'altro contro la caldaia. — Traditore… Omicida a sangue freddo e…

Ma d'un tratto si fermò e tese le orecchie, allungandole oltre il crepitio delle fiamme. Aveva sentito come un… Sciocchezze, non aveva tempo: alzò il moschetto e ricominciò a colpire la caldaia con più foga di prima, adesso che il fuoco aveva iniziato ad assaggiare il corpo di Léon e nell'aria, oltre al fumo, c'era odore di carne bruciata.

Poi di nuovo, una voce, ovattata dalle pareti, chiamare il suo nome: —…stro Ken…! Do… …te?! —

A quel punto non c'erano più dubbi. Haytham gettò a terra il moschetto e attraversò il cuore dell'incendio per correre ad arrampicarsi sulle scalette. Quindi si abbassò il bavero e cominciò a percuotere la botola quasi col desiderio di sfondarla.

— CHARLES, QUI! SONO QUI! — gridò.  — QUI, CHARLES! QUA SOTTO! — tossì.

— Porco cazzo… ma quello è fumo… — sentì la voce di Hickey.

— Dio… Mastro Kenway! Resistete! Presto Thomas, le casse! — e con lui c'era anche Lee.

Frastuono generale e un po' di bestemmie, poi finalmente la botola si aprì e due paia di braccia lo pescarono da quell'Inferno. Charles lo guidò verso l'uscita mentre dietro di loro Hickey rimetteva tutto com'era, sperando che l'incendio si soffocasse da solo.

 

.: * :.

 

— Un colpo di fortuna, signore, perché se Charles vi avesse creduto davvero all'emporio ora sareste un po' più abbrustolito di così, — ridacchiò Hickey camminando in testa al gruppo con una lanterna, quando il calore del rifugio in fiamme era ormai lontano e solo l'umidità dei sotterranei avrebbe potuto ucciderli.

— Certo, certo… Il ragazzino, Charles, lui è… l'avete… — farfugliò Haytham, non sapendo bene cosa dire e come dirlo.

— Non abbiamo visto nessun marmocchio, sir, — fu la risposta di Lee, che da quando si erano messi in cammino lo fissava con una faccia seria e preoccupata. — Ma cosa è successo là sotto? —

— Non l'hai visto tu stesso, amico? La situazione si è… scaldata, — ridacchiò Hickey soffocando a stento una risata.

Haytham preferì far finta di non aver sentito, si slacciò la camicia da attorno al collo e la usò per asciugarsi il viso ancora imperlato di sudore, dopodiché la gettò via. — La nostra battaglia è conclusa, Charles. —

— Signore? — chiese Lee, sgranando tanto d'occhi.

— Gli Assassini, — spiegò Haytham, che adesso aveva attirato anche l'attenzione di Hickey, voltatosi a guardarlo.

— Un capitolo chiuso. —

Quindi Haytham tolse la lanterna dalle mani di Thomas e li superò, puntando a passo sicuro verso l'uscita.

— Allora i gatti hanno vinto… — mormorò Charles, assaporando quel momento.

Thomas ruttò e l'eco risuonò fin nelle viscere dei sotterranei, facendolo scoppiare dalle risate. — Hai detto qualcosa? — chiese poi, quando si accorse che Charles lo fissava con odio da sotto le folte sopracciglia.

— Il solito idiota… cammina! — sbottò Lee, acchiappandolo come un randagio per la collottola della giacca e spintonandolo su per le scale mentre quello ancora rideva. Poi Charles si fermò, come un prurito alle orecchie, e si voltò giusto un istante prima di lasciare i sotterranei a sua volta; ma Haytham aveva portato via con sé la lanterna e l'oscurità era troppo fitta anche solo per vedere oltre il suo naso, e forse doveva smetterla di lasciarsi suggestionare da quella faccenda del fantasma, così...

Una coppia di topi gli passò squittendo tra i piedi e Charles sobbalzò, lasciandosi sfuggire un gemito poco virile. Da qualche gradino più su sentì la risata volgare di Hickey e la sua vocina stridula che gli dava della femminuccia. In un attimo Charles si rimboccò le maniche e si fiondò sulle scale scrocchiandosi le nocche delle mani, ma quando fu sul pianerottolo della cantina Hickey non c'era e Haytham lo stava aspettando oltre il foro nella libreria, preparandosi a spegnere la lanterna.

— Non ti tornerà difficile tracciare i suoi spostamenti e riacciuffarlo di qui a 'sta sera, Charles, è sempre Thomas Hickey, un non esattamente uomo che beve e va a donne, — lo rassicurò Haytham mentre uscivano in strada. — Ma adesso vorrei che mi accompagnassi in un posto. —

— Quale, Sir? — chiese lui con una nota amara nella voce.

No.

Aveva appena dato per certa la totale sconfitta degli Assassini, non poteva uscirsene ora con quell'ultimo conto in sospeso.

Era sinceramente stanco di scavare e richiudere la stessa buca.

— Al porto, — disse con un sorriso rivolto a Charles. — Un po' d'aria fresca è quello che mi ci vuole. —

Lee parve illuminarsi. — Sono contento di sentirvelo dire, Sir. —

 

.: * :.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note d'Autrice

I miei disegni di Léon, fatti circa un anno fa: http://postimg.org/gallery/23nnyrci/

 

Fa sempre un po' impressione mettere la parola fine, non trovate? Soprattutto su un aggiornamento che ero sicura di aver pubblicato tipo due mesi fa e invece mi sono ritrovata a prendere polvere nelle cartelle del computer. Oh bhé, non ho molte dichiarazioni particolari da fare, tranne una, ovvero che in questi due mesi è successo che ho letto Forsaken e giocato a Black Flag, perciò la mia visione di Haytham è un po' mutata… quindi rileggendo questo capitolo prima di postarlo mi sono resa conto di quanto OOC l'avessi dipinto. Senza contare la totale assenza di riferimenti a Ziio.

Vabbhé, basta parole. BASTA.

Ora sono quasi convinta che Hunting Cats non avrà un futuro, ma chissà…

A presto.

 

 

   
 
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