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Autore: Debbie_93    12/11/2013    1 recensioni
L’oscurità lo rendeva ancora più misterioso di quanto non lo era qualche secondo fa. I suoi occhi, incrociarono i miei e rimasi lì quasi ipnotizzata. Era alto circa uno e novanta, sembrava venuto da quelle terre fredde e misteriose. I suoi capelli biondi si intravedevano leggermente, come i suoi canini che sporgevano leggermente.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eric Northman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentivo il suo alito sul mio collo, le sue labbra quasi percettibili. La notte era ormai scesa, in un silenzio quasi tombale. L’aria fredda che accarezzava la mia pelle, facendone nascere dei piccoli brividi intensi lungo la schiena. Lo sguardo perso nel buio più profondo e misterioso, con la sensazione di essere in trappola. La paura che mi pervadeva il cuore, bloccandolo assieme al respiro. Il sangue che scorreva veloce, attraverso arterie che solo lui poteva vedere.
Le sue mani appoggiate ai miei fianchi, non voleva lasciarmi sfuggire. Non voleva che me ne andassi e non voleva altro che attenzioni per me. Ancora il suo respiro freddo sul mio collo, brividi ovunque. Lentamente avvicinava il suo corpo e sentivo che aveva tirato fuori i canini con un suono secco, quasi come se perforassero la sua stessa carne impenetrabile o quasi.
Voltai lo sguardo al cielo, scuro e profondo. Nemmeno una nube faceva capolino e la luna era ben in vista con le stelle che le facevano da cornice.
Rimasi immobile ad aspettare, mentre i secondi scorrevano lenti e interminabili. Lui sapeva cosa ottenere, mentre io mi ero ritrovata così. Senza saperne il perché. Non aveva ancora proferito parola, ma le sue intenzioni erano nettamente chiare. Sentivo il suo sguardo anche se non lo vedevo, come se mi stesse studiando ogni dettaglio. La pelle bianca che quasi rifletteva sulla giacca di blue jeans. I miei capelli che oscillavano lentamente sulla spalla destra e di nuovo il suo respiro sul mio collo.
Pensai di essere spacciata, che questo era il mio destino: morire per mano sua. No, non mi avrebbe uccisa. Eppure mi ero sempre chiesta perché questi esseri esistevano, perché succhiavano il sangue alla gente? Erano esseri che non avevo mai concepito, ma in questo momento ero sospesa fra la vita e la morte. Sapevo che una volta che ti avevano morso, non smettevano di prosciugarti fino all’ultima goccia. Era così che doveva finire? Per mano di un vampiro, sbucato dal nulla?
La presa ai miei fianchi si fece più salda, ma non troppo forte. Sentii la sua lingua che leccò la mia pelle. Sembrava che volesse essere sicuro di quello che stava facendo, come se stesse valutando tutti i dettagli della situazione. Come se fiutasse qualche genere di pericolo, anche se io non ne vedevo. Anzi, ero io quella in pericolo. Eppure non avevo il coraggio di parlare, di chiedergli perché voleva mordermi o qualsiasi altra cosa perché la mia voce mi era morta in gola. Riecheggiava insistente nel mio cervello, come se volesse in qualche modo raggiungere le orecchie del vampiro. Ma che stavo dicendo? Stavo dando letteralmente i numeri!
Ero completamente paralizzata, nemmeno il mio corpo rispondeva agli impulsi del mio cervello… Che dovevo fare? Che potevo fare? Continuava a tenermi stretta a sé e la cosa non mi piaceva. Il fatto che non avesse detto nulla, diceva solo una cosa: ero spacciata!
Le sue mani risalirono lentamente sul mio tronco, facendomi sospirare leggermente. Chiusi leggermente gli occhi, cosa voleva da me? Faceva così con tutte le sue prede? Farle eccitare e poi illuderle di lasciarle andare con un piccolo e insignificante morso sul collo? Scese di nuovo ai fianchi e con una presa poderosa m’incatenò a sé, sbarrai leggermente gli occhi. Era il momento?
«Davvero non hai paura?», chiese con voce profonda e fredda. Allora poteva parlare! E la sua voce faceva eco nella mia mente, annebbiando i miei pensieri e facendoli risucchiare in un vortice.
Tentai di far uscire la voce, ma nulla da fare. Le sue mani passarono sulle mie spalle e il suo mento si appoggiò su quella di sinistra dove il mio collo era scoperto. Lo sentivo respirare regolarmente e passarsi più volte la lingua sulle labbra. Stava esitando di nuovo? O mi stava mettendo alla prova?
«Mi piacciono i tuoi capelli…», sussurrò al mio orecchio e il suo alito mi faceva il solletico. Cosa c’entrava un commento del genere in questo momento? Per giunta in un vicolo, completamente al buio dove non si vedeva anima viva. Scappare? No, non se ne parlava o sarei morta all’istante. Doveva sapere cosa voleva da me. Presi fiato e cercai di parlare, lasciando la paura se ne andasse.
«Cosa vuoi da me?», chiesi quasi con un filo di voce, sperando che mi sentisse. Il silenzio si era interrotto nello stesso istante che avevo parlato, per poi tornare a regnare fra me e lui.
Lo sentivo ridere o sorridere, immaginavo le sue labbra e i suoi canini affilati come coltelli pronti ad affondar nella mia pelle senza nessun minimo sforzo.
«Voglio solo vedere, se non avevi paura», che risposta era? Cos’era una prova per vedere se riuscivo a resistere e  magari non urlare come una pazza che un vampiro mi stava aggredendo? Era una cosa così idiota, perché non avevo nessuna speranza. Nessuna.
«Ti ho sorpreso?», cercai di stare al gioco. Magari potevo trovare una via d’uscita, sempre se avevo speranza di fuggire. Mi lasciò le spalle e scese le mani lungo le braccia, potevo sentire il suo sguardo su di me. I suoi occhi che fluivano da una parte all’altra della mia giacca, era una sensazione così frustrante.
Sospirò leggermente. Forse avevo sbagliato qualcosa? Forse non dovevo proferire parola. Di nuovo quella sensazione di paralisi mi bloccò da capo a piede.
Mi prese nuovamente per i fianchi e mi ritrovai davanti a lui. L’oscurità lo rendeva ancora più misterioso di quanto non lo era qualche secondo fa. I suoi occhi, incrociarono i miei e rimasi lì quasi ipnotizzata. Era alto circa uno e novanta, sembrava venuto da quelle terre fredde e misteriose. I suoi capelli biondi si intravedevano leggermente, come i suoi canini che sporgevano leggermente. A prima vista sembrava una specie di dio, ma sapevo che non lo era. Era solo un vampiro assettato di sangue. Lui sorrise, guardandomi.
«Ho superato il test?», chiesi incrociando le braccia al petto. Male che andava ne potevo uscire viva.
Lui continuava a guardarmi sorridendo, come se ne fosse divertito. Da un certo punto di vista non sembrava così cattivo, non come tutti quei vampiri che volevano a tutti i costi il nostro sangue.
Si avvicinò cautamente a me e mi cinse di nuovo i fianchi, scostò i miei capelli.
«Non ti ucciderò, tranquilla», disse piano come se le sue stesse parole potevo in qualche modo ferirmi. Chiusi gli occhi e in un secondo esatto le sue zanne mi penetrarono nella carne, seguito da un mio piccolo gemito. Lo sentivo bere il sangue che sgorgava dal mio collo e il dolore invadere il mio cervello. Mi aggrappai a lui e continuò. Mi sentivo la testa sotto sopra e pregai di non morire così. Leccava la mia pelle e assaporava il mio sangue, mentre stavo perdendo i sensi. Poi non sentii più la terra sotto ai miei piedi e la vista che si offuscava, a un tratto le mie labbra si macchiarono di qualcosa di caldo e fluido. Non capii che stava succedendo, ma sentivo che dovevo “bere”. Il suo sapore era dolce e intenso come un bacio a fior di labbra e non avevo alcuna intenzione di staccarmene per nessuna ragione. Cercai comunque di capire di che cosa si trattava, ma i miei occhi si erano persi nei suoi. In quei occhi profondi come l’oceano, che mi riportavano a riva come un onda che mi avvolgeva tutta.
«Ora sei mia», disse lui con voce profonda e penetrante. Mi ritrovai di nuovo a terra e cercai di muovere due passi per vedere se riuscivo a sorreggermi, era comunque buio e profondo. Era dietro di me, ne sentivo la presenza e questo mi rassicurava. Mano a mano che il mio sguardo andava da una parte all’altra sembrava che tutto sparisse, aguzzai la vista e più ci provavo e più le tenebre inghiottivano tutto. Guardai dietro di me, non c’era più nulla. Come se fossi stata rinchiusa in una stanza senza via d’uscita.
«Eric!», gridai. Mi portai la mano al collo, dove sentivo scendere del liquido lungo la mia pelle. Mi sentii mancare l’aria e l’ultima cosa che vidi erano un paio di canini affondare in esso.
Mi svegliai di soprassalto, guardando attorno e poggiandomi una mano al collo. Il respiro che non smetteva di farsi più corto, deglutii e guardai alla mia destra. Mi stava guardando preoccupato, chiusi gli occhi e scacciai quel pensiero tornando sotto le coperte. In fondo era un sogno.

   
 
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