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Autore: Aout    12/11/2013    2 recensioni
[Nel secondo capitolo SPOILER di Thor: The Dark World]
Come Pepper conobbe i Vendicatori, di questo tratta esattamente questa raccolta, inutile fare storie. Tutti i Vendicatori, anche quelli che non sono propriamente Vendicatori e quelli che in realtà aveva già conosciuto prima (sì, d’accordo, forse molto meno “esattamente” di quanto avessi progettato all’inizio, ma tant’è).
Dalla Parte I:
Ma era così? La sua... paura, bastava a giustificare quella che era una più che evidente perdita di professionalità? Insomma, lei era Pepper Potts, lei era la Professionalità, con la lettera maiuscola e pure un bel pedigree! Gli errori si fanno, si ammettono e poi si ripara la situazione. Bene, almeno era già a un terzo dell’opera.
Dalla Parte II:
Successe tutto al rallentatore e Pepper rimane tutt’oggi convinta che i film d’azione di cui da adolescente era appassionata le abbiano evidente rovinato la psiche. Perché, se così non fosse stato, lei non si sarebbe mai nemmeno sognata di intervenire. Perché, dai, sul serio? Cosa voleva fare, l’eroina tragica?
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Pepper Potts, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte I

Ragione & Pregiudizio

poca ragione e pregiudizi a palate




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Era una bella giornata.
Era domenica, che come base di partenza era già qualcosa, c’era il sole, altro punto a favore, e, più importante ancora, nessun esercito alieno aveva tentato di conquistare e/o distruggere la città, non fino a quel momento almeno. Il che, considerando gli eventi degli ultimi mesi, era cosa da non sottovalutare.
Perciò, Pepper era discretamente felice.
“Discretamente” perché quel giorno avrebbe dovuto sovrintendere ai lavori di riassetto degli impianti elettrici della Stark Tower e anche solo la prospettiva la annoiava a morte. In più, nel mentre, si sarebbe dovuta portare avanti con l’organizzazione degli eventi di beneficenza pro ricostruzione della città che avrebbero avuto luogo di lì a poco, cosa questa che, più che dispiacerle, la intristiva un po’.
Comunque, era una bella giornata. Era innegabile, da quella visuale. La finestra panoramica dell’ultimo piano della Torre le permetteva di dare uno sguardo a tutta Mead Town e, doveva ammetterlo, bastava quel sole tiepido, tanto diverso da quello ruggente di Miami, a risollevare gli animi, anche di fronte alle macerie in ricostruzione.
Mancano gli uccellini che cantano e potrei quasi sentirmi all’interno di un film della Disney.
- Pepper? – disse qualcuno dalle parti dell’ascensore, appena al di là della porta alle sue spalle.
E ho anche il mio bel cavaliere errante senza macchia e senza paura. Anche se di macchie qualcuna ne ha e pure con le paure scommetto che non scherziamo, non dopo quella faccenda della testata nucleare e del buco spazio-temporale...
- Sono qui, Tony. Come posso aiutarti?
- Ma buongiorno, Pepper. - Tony era appena entrato e la guardava con il suo sguardo sornione, - Ci svegliamo a quest’ora? Devo ammettere di essere un po’ deluso dal mio Amministratore Delegato. – disse, scotendo la testa.
- Già, peccato che, per la cronaca, io mi sia svegliata ben un’ora prima di te, abbia già rivisto i piani di oggi, contattato i costruttori, messo in riga gli assistenti e rivalutato e confermato l’intero piano organizzativo di JARVIS riguardo...
- Sì, sì va bene. – la interruppe lui, avvicinandosi, - Sai, non c’è affatto bisogno di inventarsi tutte queste scuse per stare un po’ a poltrire nel letto la domenica mattina, magari con della buona compagnia. Insomma, tutti perdono qualche colpo, prima o poi.
Pepper lo fissò di rimando, un sopraciglio elegantemente alzato. Tony l’aveva raggiunta e le aveva messo le braccia intorno ai fianchi. – Perdere colpi? Perdere, colpi? Scusami, ma credo che non ti farebbe piacere se ti ricordassi la nostra effettiva differenza di età, mi sbaglio?
- Ssh, - disse Tony, avvicinando le labbra alla sua guancia, - credi che tu non mi possa piacere, un po’ più stagionata? Insomma, si sa, gallina vec...
Pepper gli rifilò una poderosa gomitata nello sterno, - Terreno pericolo, Signor Stark. Molto pericoloso. Fossi in lei non mi farei innervosire.
Tony la fissò per qualche secondo, un sorriso molto poco celato sul volto.
Ma quanto si diverte a far arrabbiare la gente!
Poi, però, spalancò gli occhi ed esclamò: - Innervosire... mi sono appena ricordato perché ero venuto qui a chiamarti. Riesci sempre a distrarmi.
- Distrarti? Prima o dopo la gomitata?
Tony liquidò la sua protesta con un movimento del polso e sguardo paziente. Paziente, lui! – Ero venuto qui, comunque, perché volevo chiederti se potevi scendere un attimo, voglio presentarti una persona.
Pepper assottigliò lo sguardo: - Una persona?
- Sì, una persona. Perché mi guardi così? Cos’hai adesso contro le persone?- rispose Tony, sulla difensiva.
- Niente, ovviamente. Ma tutto questo mi pare... sospetto.
Non sapeva perché, esattamente, ma in quegli anni aveva stranamente sviluppato un sesto senso per le idee problematiche (malsane, a volte. Folli, anche.) di Tony.
Lui sbuffò, piuttosto evidentemente. – Bene, Miss Fletcher, quando vorrai verificare i tuoi sospetti ti aspetto di sotto, sì?
Lei scosse la testa. In fondo, era possibile che si fosse immaginata tutto. – Arrivo arrivo, d'accordo, scusami.
Tony le sorrise e le si avvicinò per darle un bacio veloce. - Tenterò. – disse in tono allegro, prima di avviarsi verso la porta.
Pepper gli sorrise di rimando, guardandolo allontanarsi. – Ah, Tony. – gli urlò alle spalle, - Non mi scorderò tanto presto la storia della “gallina vecchia”, tienilo presente.
Sentì echeggiare la sua risata dall’ascensore.
Era vero, era proprio una bella giornata.
 
Poi Pepper però scese le scale e si ricredette.
Ma andiamo per ordine.
 
Tony la aspettava al piano 63 prima stanza a sinistra lungo il corridoio parallelo all’androne centrare, o così almeno le aveva detto Happy. Il fatto che avesse bisogno di tutte quelle indicazioni era abbastanza inusuale, considerando che quell’edificio l’aveva pianificato lei (e più del 12 %, grazie). Tuttavia, i piani riservati a Tony, lei preferiva... riservarli a Tony, ecco. Un po’ perché “in una coppia ognuno deve avere i suoi spazi” un po’ perché con gli altri sessantanove piani a disposizione aveva già comunque il suo buon lavoro da fare e il settore “ricerca e sviluppo” non le interessava più di tanto.
Comunque, trovò Tony quasi subito. Era all’interno della stanza che le era stata indicata, riusciva a vederlo grazie alla parete di vetro (chissà perché poi l’ha voluta di vetro...), era in piedi di fianco ad un tavolo con una strana apparecchiatura con molti più fili elettrici di quanti potesse contarne e gesticolava animatamente verso un uomo con una camicia chiara e i capelli castani che lei non aveva mai visto.
Bussò piano alla porta aperta.
- Pep! – Tony si girò verso di lei, sorridendo. – Vieni, vieni che ti presento Bruce.
Pepper sentiva di nuovo riaffiorare il sospetto. Com’è che è così... euforico?
Bruce?
- Salve, è un piacere conoscerla. – disse lei, porgendo la mano a quell’uomo castano. Ebbe il tempo di dargli un’occhiata veloce e la prima impressione che ne ebbe fu che fosse... stanco, molto stanco, almeno a giudicare da quelle occhiaie.
- Non me lo dicono spesso. – rispose lui, la voce gentile e un sorriso accennato.
Pepper rimase un secondo interdetta.
Poi intervenne Tony a chiarificare la situazione: - Pepper Potts ti presento Bruce Banner. Bruce, Pepper. Ah, sì, lui ogni tanto si trasforma in un enorme mostro verde irritabile, forse non l’avevo accennato. Comunque anche lei non scherza, nei suoi giorni no.
Smise di respirare.
Poi, con calma, cercò di ridurre gli occhi a una dimensione normale, mentre diceva a Tony, nel modo più indifferente possibile: - Posso parlarti un secondo?
La voce non era uscita così stridula come le era sembrato, vero?
Tony la fissò, ignaro (mai che lo sia veramente!): - Ceerto. Scusaci, Bruce. – poi la seguì verso la porta.
 
- Cosa...?
- QUELLO. È. HULK? – gli chiese, con la voce bassa e rabbiosa. E no, è proprio stridula.
Tony pareva sconvolto. Ma lei era fin troppo esperta per lasciarsi ingannare. – Bruce? Beh, sì. Perché? Qualche problema?
Nessuno riesce a fare la voce innocente come lui. – Problema? Qualche prob... – Pepper prese un respiro, - Tony, qual è esattamente l’insana idea che sta dietro a questa storia, uh?
- In che senso?
- In che...? – altro respiro profondo. Mai servito a tanto poco come in questo momento... – L’ho sempre saputo che eri una persona infantile, Tony, ma adesso stai esagerando. È un gioco, questo, per te?
Lui alzò gli occhi al cielo e sbuffò. – Diamine, parli come Capitan Ghiacciolo.
- Chi?
- Senti, Pepper. Bruce è ok. Non si arrabbierà, non spaccherà niente. Sul serio, è tutto a posto. Ma lo sai che è stato costretto a vivere per tutto l’anno scorso in una baraccopoli indiana, perché non c’è nessuno disposto a dargli fiducia?
Pepper si sentiva davvero... arrabbiata, con lui. Dargli fiducia? Tony l’aveva portato lì per dargli fiducia? – Certo, come no. È compassione, la tua.
Lui la fissò ad occhi spalancati: -  No, Pepper non lo è. Io... non mi sarei mai aspettato questa reazione da te.
- Non te la saresti mai aspettata? Invece forse avresti dovuto considerando quello che è...
Improvvisamente, sentirono dei colpi leggeri dalla parete alla loro destra. La parete di vetro.
Bruce, dall’altra parte, rosso in viso, era rivolto verso di loro ma teneva gli occhi fissi a terra.
- M-mi dispiace interrompervi. Ma la parete è trasparente e... beh, la stanza non è nemmeno insonorizzata, quindi... sì, insomma, mi sento un guardone a stare qui e sentire i vostri discorsi, ecco.
Pepper si era girata di scatto verso di lui e sentì che, lentamente, il viso le diventava fucsia dalla vergogna. Non fece nemmeno in tempo a vedere la reazione di Tony, era già fuggita.
 
 
Sono un’idiota.
Seriamente.
Nella vita mi sono sempre considerata una persona sufficientemente intelligente, almeno per il lavoro che faccio. E invece adesso scopro di essere un’idiota.
Che tristezza.
Pepper era accucciata sul pavimento della camera da letto.
L’ultima volta che le era capitata una cosa simile... no, non le era mai capitata una cosa simile. Era sempre stata troppo fissata sui suoi obiettivi per lasciarsi abbattere da qualunque cosa avrebbe abbattuto un’adolescente, che fosse stato un ragazzo che la rifiutava o... qualunque altra cosa avrebbe abbattuto un’adolescente, al momento non le veniva in mente niente.
Era sempre stata abbastanza sicura di sé, più o meno. Gli errori si fanno, si ammettono e poi si ripara la situazione. Con tutti quegli anni come assistente personale di Tony, a “riparare” le cose era anche diventata piuttosto brava, manco fosse lei il meccanico.
Ma quella era una situazione diversa.
Era diversa innanzitutto perché... beh, Hulk era appena qualche piano sotto di lei e già questo bastava a renderla una situazione diversa.
Ma era così? La sua... paura, bastava a giustificare quella che era una più che evidente perdita di professionalità?
Insomma, lei era Pepper Potts, lei era la Professionalità, con la lettera maiuscola e pure un bel pedigree!
Gli errori si fanno, si ammettono e poi si ripara la situazione. Bene, almeno era già a un terzo dell’opera.
Pepper si alzò, si lisciò la gonna, prese un respiro profondo (mai avuto bisogno di tanto ossigeno come in questo momento) e si avviò verso la porta dell’ascensore.
Mancò di un soffio la testa di Tony, che stava entrando proprio in quel momento.
 
- Uh, ci mancava poco. – disse lui, sorpreso, afferrandola un secondo prima che andasse a decorare le piastrelle del pavimento. – Tutto ok?
Pepper si staccò immediatamente, lo sguardo fisso a terra.
Quanto l’ho combinata grossa stavolta?
La verità era che la risposta a quella domanda a Tony sfuggiva e il fatto che lui non sapesse effettivamente qualcosa, lo rendeva un po’ isterico. Era spesso così con Pepper, ma mai come in quel momento.
Che le succede?
- Pep? Ti dispiace se parliamo un momento? – Cavoli, che frase da libricino Harmony... ma tant’è, quando ci vuole ci vuole.
La verità era che la risposta a quella domanda gli sfuggiva, ma aveva come l’impressione che invece avrebbe dovuto conoscerla. Era una sensazione strana, ma il comportamento di Pepper era stato così diverso dall’ordinario che... che, beh, si sentiva confuso.
Pepper si morse il labbro e finalmente alzò lo sguardo ad incontrare il suo. – Tony...
- Pepper, senti. Io non... Banner non è pericoloso, sul serio, sa controllarsi. Non trovo... giusto, come mi suona male detta così, che venga discriminato... cioè... uff, niente le frasi buoniste mi rimangono in gola, non credo che il mio corpo sia abituato a cose del genere. Comunque, intendevo...
Lei lo fermò, poggiandogli una mano sul braccio. Quando parlò, sorrideva. – Lo so, Tony, cosa intendevi. Io mi fido di te, se tu ti fidi di lui, anch’io mi fido di lui. Vedila come una sorta di proprietà transitiva.
Quel sorriso cambiò immediatamente l'atmosfera, e non c’era nemmeno bisogno di dire che lui si sarebbe adeguato subito. – Ah, ci diamo alle speculazioni matematiche?
- Beh, avrei potuto parlare in termini di sillogismo aristotelico, ma forse per te era più facile capirlo così. – disse Pepper, il sorriso sempre più aperto, mentre la mano gli saliva il braccio e andava a poggiarsi dietro la sua nuca.
- Oh, grazie per esserti abbassata al mio livello allora. – rispose lui, prima di scoccarle un bacio.
Quando si staccarono, la parte razionale atta alle relazioni sentimentali del cervello di Tony, quella molto piccola e posizionata un po’ nascosta dietro alle parti di “ego” e “megalomania”, gli suggerì di stare zitto e, nel caso, mordersi la lingua. Ovvio che lui non la ascoltò.
- Comunque hai avuto una reazione molto... non “da te”. Che mi sono perso?
Pepper tornò a fissare il pavimento. E Tony si morse la lingua.
Mmh, credo che, razionalmente, avrei dovuto morderla prima di dire una cosa stupida.
 
Pepper non riusciva a dirglielo.
Perché? Perché... per un sacco di motivi.
Forse non voleva mostrare la sua debolezza, forse pensava che la sua immagine di impeccabile Amministratore Delegato senza macchia e senza paura (ecco, nemmeno io sono immune) potesse in qualche modo intaccarsi, da quell’idiota rivelazione. Forse perché era convinta che la compagna di un supereroe certe paure non dovesse averle, punto e basta.
Ma doveva dirglielo, anche perché altrimenti non avrebbe completamente esaudito la clausola “ammettere l’errore commesso” e nessuno avrebbe voluto che quel piccolo contratto che aveva stipulato con se stessa fosse annullato.
Inoltre, fortunatamente, la parte razionale del suo cervello era molto più sviluppata di quella del suo supereroe.
Così glielo disse.
 
♦♦♦
 
Bruce era seduto su uno degli sgabelli del laboratorio e si stava massaggiando l’attaccatura del naso, tentando di lenire un mal di testa che certamente non aveva voluto.
Quella giornata era cominciata davvero bene. Certo, ci aveva messo due mesi per accettare l’invito di Stark a tornare a New York, ma una volta che l’aveva fatto, tutto era andato per il meglio. Aveva passeggiato per Central Park e nessun passante l’aveva additato urlando, il che comunque gli faceva sempre un gran piacere, si era fermato a prendere un tè in una delle caffetterie che avevano appena riaperto i battenti vicino a centro (e ancora nessuno era scappato) e poi, quando aveva trovato un po’ di coraggio, e aveva dovuto cercarlo parecchio, si era finalmente deciso ad entrare alla Stark Tower.
Per quanto le condizioni fossero ancora abbastanza pessime e i lavori in alto mare, soprattutto agli ultimi piani, Bruce aveva davvero faticato a nascondere il suo sguardo ammirato di fronte alle meraviglie tecnologiche che si era trovato davanti nel grande laboratorio del sessantatreesimo piano, rimasto quasi del tutto illeso. Non c’era riuscito, comunque, a nasconderla bene, quella sorpresa, e quindi probabilmente Tony non avrebbe fatto altro che prenderlo in giro per il resto dei suoi giorni, ma andava bene anche così. Si sentiva molto più... sereno del solito, e questa era decisamente una cosa buona, non solo per lui ma anche per qualsiasi altro essere vivente e non che si trovasse nelle sue vicinanze.
Poi era arrivata Miss Pepper Potts e la situazione era radicalmente peggiorata.
Non che fosse colpa sua, ben inteso, ma così erano andate le cose.
Bruce sospirò, inforcò di nuovo gli occhiali e ricominciò a mettere via le sue cose in quella vecchia borsa che nessuno mai avrebbe avuto ancora il coraggio di chiamare ventiquattrore.
Poi sentì bussare alla porta. Senza voltarsi, disse un “avanti” poco convinto. In quel momento in laboratorio c’era solo lui, vista la pausa pranzo, e quindi probabilmente la persona che aveva bussato se ne sarebbe semplicemente andata, una volta scoperto che non era lì quel qualcuno che stava cercando.
- Signor Banner, le dispiace se scambiamo qualche parola? – disse invece una voce gentile, alle sue spalle. Quando si girò, Bruce notò che Miss Pepper Potts era sulla porta, l’espressione amichevole e un pacchetto bianco in mano.
- No, certo che... no.
Per un momento, ma solo per un momento, si chiese se l’avrebbe cacciato via. Magari intimandogli di non ritornare mai più.
Poi però si ricordò che quella era la vita reale e non film drammatico stile Hollywood intitolato “La tragica storia di Bruce Banner: un uomo, due volti”. Beh, un po’ lo era, d’accordo, ma di certo aspettarsi un trattamento del genere da ogni persona che incontrava era patologico persino per lui.
Pepper si avvicinò, appoggiò il pacco bianco sul tavolo di fianco a lui e gli porse la mano. – Mi rendo conto che la nostra precedente presentazione avesse qualche pecca. La prego di perdonarmi, se può.
Bruce rimase interdetto. La fissò come inebetito per qualche secondo e poi, poco coscienziosamente, le porse la mano e strinse la sua. – Non è un problema, glielo assicuro. Non sarò un problema, non si preoccupi.
Pepper fece per aprire la bocca, poi la richiuse, smise di guardarlo negli occhi, si morse il labbro, sbuffò, e alla fine ripiantò lo sguardo nel suo.
Pare quasi un toro pronto alla carica...
Il che razionalmente non avrebbe dovuto fargli paura, ma che in realtà un po’ lo faceva.
- Signor Banner, mi dispiace. Il mio atteggiamento di prima è stato... inadeguato.
- Senta...
- No, ascolti. Non era affatto mia intenzione comportarmi come mi sono comportata. Ciò che ho fatto è andato contro la mia razionale volontà. Vede, io avevo... ecco... – Bruce aveva la sensazione che stesse combattendo con se stessa in quel momento, - Avevo paura, insomma. Io c’ero. Sì, insomma, a New York, non molto tempo fa, quando lei... beh, la versione di lei più grossa e arrabbiata, ha raso al suolo mezzo quartiere del centro mentre combatteva con un mostro altrettanto grosso e altrettanto arrabbiato. Mi dispiace, davvero, credo che, per una volta nella mia vita, il mio istinto abbia prevaricato. La prego di scusarmi, glielo ripeto.
L’ultima parte del suo discorso l’aveva fatta così in fretta che Bruce aveva faticato a coglierne alcune parti. O forse era solo lui ad essere lento.
Comunque, alla fine capì.
- Capisco, glielo ripeto anch’io, non dovrà più avere paura... dell’altro tizio. Sul serio, me ne vado e...
- Lei non se ne va! Se non vuole. – disse Pepper, cercando di riaggiustare un tono che le era uscito lievemente autoritario. – Senta, io mi fido di Tony, per quanto possa essere... complicato. Sul serio. Se lui si fida di lei, anche io mi fido di lei.
Bruce la fissava scettico: - Una sorta di proprietà transitiva, in pratica.
Pepper gli sorrise: - Esatto. Ah, e ho anche portato questa, per lei. – disse, aprendo il pacco bianco che aveva con lei. Dentro, Bruce scorse delle ciambelle.
Ok, ciambelle. Mmh...
- Ehm...
- Quando sono scesa nella Hall mi hanno detto che non l’avevano vista passare, né per uscire né per andare in mensa. Ho ipotizzato che non avesse ancora pranzato e quindi... beh, questa è la conseguenza. Le consideri... un’aggiunta alle scuse.
Bruce abbozzò un sorriso. – È una specie di tradizione, tra lei e Tony, offrire del cibo agli altri?
Pepper lo fissò, un sopraciglio alzato.
Mai che riesca a tenere la bocca chiusa...
Poi però lei rispose amichevole: - Sì, sì credo di sì.
 
♦♦♦
 
- Le ciambelle dell’amicizia, è così? Carino.
Erano davanti allo stesso davanzale panoramico di quella mattina, l’unica differenza era, in effetti, che era calata la notte. Per qualche strana ragione, infatti Pepper credeva ancora che, in fondo, la giornata non fosse andata poi così male.
- Le ciambelle dell’amicizia? Dove l’hai sentito, in un cartone animato?
- Ah ah ah, che ridere. Comunque, pensi che Bruce tornerà? Mi dispiacerebbe sprecare energie per andare a recuperarlo in qualunque paese sperduto si rifugiasse.
- Tornerà, tornerà.
- Come fai a dirlo? Senza offesa, ma la tua sceneggiata...
Stavolta la gomitata riuscì a evitarsela. Eccone un altro che impara dai propri errori.
- Tornerà perché sa che altrimenti andresti a cercarlo in qualunque paese sperduto si rifugiasse.
- Adesso non farmi sentire uno stalker, però.
 
 
 
 
 

Note: Per cominciare, complimenti a chi è giunto alla fine di questa lunghissima one-shot (per i miei standard, ovviamente), meritate un biscotto *porge biscotto* e già sono contenta che l’abbiate letta.
Come avrete notato, questa non è una one-shot singola, ma una raccolta. Non ho ancora deciso se sarà composta da solo due altri capitoli o ce ne saranno di più (dipende se Steve mi si dimostrerà collaborativo o no e, anche, se alla fine mi deciderò a mettere quel siparietto “Pepper & Phil” che progetto da un po’ ma che non ho ancora scritto).
Se vi interessa sapere quale sia lo strano impulso che mi ha spinto a chiedermi come Pepper abbia conosciuto i Vendicatori, è colpa dell’altra mia raccolta Pepperony, da cui ho deciso di staccare questa mini-raccolta perché altrimenti avrei dovuto trasformare il tutto in un cross-over IronMan/The Avengers e la cosa... boh, non mi sembrava giusta, visto che tutti gli altri capitoli era prettamente "IronMan" e non avevano niente a che fare con "The Avengers"...
Comunque, di Bruce non ho mai scritto niente. Ho letto tanto, ma non mi ero mai presa l’onere, quindi non siate troppo duri che nei suoi panni mi trovo ancora un po’ scomoda.
Noticina tecnica: Il titolo è un mix dei titoli dei romanzi più famosi di Jane Austin: “Orgoglio e Pregiudizio” e “Ragione e Sentimento”. Perché? Mmh... perché no?
  
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